Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Luigi Pasinetti: una eredità da non disperdere

di - 13 Febbraio 2023
      Stampa Stampa      

Con Luigi Pasinetti, che ci ha lasciato il 31 gennaio scorso, scompare uno dei più grandi economisti dei tempi recenti e in particolare del pensiero economico italiano del dopoguerra.

I contributi teorici di Luigi Pasinetti si possono ricondurre a due filoni principali: uno critico della teoria neoclassica del valore, del capitale e della distribuzione, e uno costruttivo di un modello teorico multisettoriale adeguato a cogliere le trasformazioni dinamiche del sistema economico, in un mondo nel quale lo sviluppo economico, per i suoi aspetti postivi ma anche negativi, è dominato dal progresso tecnico.

Anche nel filone costruttivo del suo pensiero scientifico, Pasinetti manifesta la diversità del suo approccio dinamico, che si connette a quello degli economisti classici e di Keynes, rispetto a quello, statico, della teoria neoclassica.

Questo si vede fin dai primi contributi teorici di Pasinetti: quello sulla formulazione matematica del sistema di Ricardo del 1960 e quello sulle relazioni tra tasso di profitto e tasso di crescita del 1962, entrambi pubblicati sulla Review of Economic Studies.

In entrambi gli articoli, Pasinetti sottolinea l’importanza del rapporto tra profitti e crescita economica: i profitti sono cruciali nel determinare l’accumulazione di capitale alla base della crescita economica e il tasso di questa crescita è determinante nella determinazione del tasso di profitto.

Nell’articolo del 1962 è formulato quello che è divenuto noto come “teorema di Pasinetti”  che assegna alla propensione a risparmiare dei capitalisti il ruolo fondamentale nel determinare la relazione tra tasso di crescita e tasso di profitto; questo, anche se la propensione al risparmio dei lavoratori non è nulla (come aveva affermato uno dei maestri di Pasinetti a Cambridge, Nicholas Kaldor in un suo famoso articolo del 1954) purché sia, come è del tutto naturale ritenere, inferiore alla quota di investimenti sul prodotto totale.

E’ della prima parte degli anni 1960 il contributo costruttivo cruciale di Pasinetti alla teoria della crescita economica con la tesi di dottorato a Cambridge pubblicata nel 1965 con il titolo “A New Theoretical Approach to the Problems of Economic Growth”.

A partire da quel lavoro, nel quale viene sottolineata l’importanza per una adeguata comprensione dello sviluppo economico di una analisi che consideri le variazioni strutturali della domanda e della produttività del lavoro determinata dal progresso tecnico, Pasinetti svilupperà più tardi, negli anni 1980, in modo più articolato una teoria più completa dello sviluppo economico.

Dalla fine degli ani 1960 e per tutto il decennio successivo Pasinetti sviluppa il suo originale contributo critico (seguito da altri) alla teoria neoclassica della funzione aggregata di produzione, secondo la quale esiste una relazione decrescente univoca tra il rapporto tra tasso di profitto e salario reale da un lato, e il valore del rapporto tra capitale e lavoro dall’altro lato.

Pasinetti si avvale del contributo teorico di Piero Sraffa nel suo “Produzione di merci a mezzo di merci”; la fondatezza della critica ha dovuto essere riconosciuta dal principale teorico della scuola neoclassica, Paul Samuelson e i suoi allievi, i quali avevano preteso di dimostrare il contrario usando un modello multisettoriale e non solo aggregato.

Nel corso degli anni 1980 e 1990 Pasinetti sviluppa la sua teoria multisettoriale dello sviluppo economico, in particolare in due volumi: “Structural Change and Economic Growth” del 1981 e “Structural Economic Dynamics” del 1993.

In questi contributi lo sganciamento radicale dalla teoria neoclassica dello sviluppo economico e dal suo determinismo legato alla indissolubile connessione con l’esistenza di mercati perfetti viene effettuato da Pasinetti adottando l’approccio degli economisti classici, integrato da quello multisettoriale di Sraffa (e anche di Leontief) che riconosce al lavoro un ruolo cruciale, e adottando l’approccio di Keynes e degli economisti post-Keynesiani della scuola di Cambridge (Kaldor, Robinson, Harrod, Domar) che riconosce un ruolo cruciale alla domanda effettiva.

Il punto cruciale dell’approccio analitico di Pasinetti (che, occorre riconoscerlo, gli ha procurato non poche critiche anche da oppositori della teoria neoclassica) è il rifiuto di legare la critica alla teoria neoclassica a un qualsiasi riferimento ideologico, a favore invece di un approccio che separa le caratteristiche strutturali della dinamica di un sistema economico, rappresentate dalla evoluzione del progresso tecnico  e dalla evoluzione della domanda (quelle che Pasinetti chiama le caratteristiche “naturali”), dalla caratteristiche istituzionali legate al modo di utilizzo dei mercati, i quali possono o non possono permettere, a seconda delle condizioni storiche, al sistema economico di svilupparsi in armonia con le sue caratteristiche “naturali”.

Questo approccio analitico ha consentito a Pasinetti di mettere in luce non solo le inadeguatezze del mercato nel garantire sentieri adeguati di sviluppo economico, ma anche quelle dell’intervento pubblico quando questo non faccia agire in modo adeguato le modalità e la struttura del progresso tecnico e la struttura della domanda.

La lettura dei due volumi appena citati permette di rendersi conto del pensiero di Pasinetti attraverso la molteplicità di esempi che egli fornisce su come le condizioni istituzionali si distacchino da quelle naturali e sui passi che devono essere seguiti per riarmonizzarle.

Un esempio di particolare interesse delle implicazioni pratiche dell’approccio teorico adottato da Pasinetti è un articolo del 2012 dal significativo titolo “A few counter-factual hypotheses on the current economic crisis” pubblicato sul Cambridge Journal of Economics.

In questo articolo Pasinetti critica il ben noto teorema Modigliani-Miller, ritenuto pietra angolare della teoria neoclassica della finanza d’impresa,  secondo il quale il valore di una impresa è indipendente dalla politica finanziaria adottata dal management per cui non ci si deve preoccupare troppo dell’eccessivo indebitamento.

Il teorema, l’accettazione del quale è alla base del consenso all’eccessivo indebitamento dal quale è scaturita la crisi finanziaria del 2008, viene criticato da Pasinetti per essere indissolubilmente legato all’ipotesi di mercati perfetti, una ipotesi del tutto irrealistica, adottata ignorando i fattori di imperfezione dei mercati e di connessa instabilità finanziaria sui quali Keynes ha molto insistito.

Pasinetti insiste che le relazioni finanziarie in un sistema industriale possono essere qualsiasi in astratto, ma poi devono fare i conti con le condizioni di equilibrio strutturale, alle quali le stesse relazioni finanziarie vanno subordinate senza farsi trascinare da una ipotesi astratta e irrealistica come quella di mercati perfetti.

La politica economica ha una grande responsabilità in questo senso e lo schema teorico multisettoriale dinamico proposto da Pasinetti è particolarmente adatto allo scopo.

L’eredità di Pasinetti è proprio questa: aver proposto, sulla base del contributo degli economisti classici e del pensiero keynesiano, uno schema teorico adeguato, a differenza di quello neoclassico la cui inadeguatezza si mostra ogni giorno più evidente, a cogliere la complessa dinamica della realtà economica e le azioni di politica economica necessarie a renderla a renderne l’evoluzione corrispondente alle esigenza di persistenza equilibrata e efficiente.

La speranza è che questa eredità non vada dispersa.

 

Ignazio Musu, 5 febbraio 2023


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy