La digitalizzazione nel nuovo Codice dei contratti pubblici

Il Codice[1] prevede un’ampia e iniziale parte dedicata alla digitalizzazione delle procedure. Sull’importanza della digitalizzazione non sembra più necessario interrogarsi[2]: essa è necessaria anche nel settore dell’approvvigionamento di beni e servizi[3], la pandemia ne ha accelerato l’implementazione, e il conseguente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ne chiede una definitiva messa a sistema[4].

Il PNRR prevede infatti la digitalizzazione delle procedure per gli appalti pubblici, e in particolare un Sistema Nazionale di e-procurement, che riguardi tutta la procedura, dalla fase della programmazione dei bisogni fino alla esecuzione del contratto; il tutto mediante la realizzazione di una piena interoperabilità e interconnettività tra stazioni appaltanti e soggetti pubblici[5].

L’art. 1, lett. m) della legge delega ha stabilito che i nuovi decreti legislativi debbano essere adottati sulla base della “riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti (…) e all’esecuzione degli appalti, anche attraverso la digitalizzazione e l’informatizzazione delle procedure, la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici e del fascicolo virtuale dell’operatore economico”. Alla luce di ciò il libro I del Codice, che ha ad oggetto “Dei principi, della digitalizzazione, della programmazione e della progettazione”, ha quindi appunto dedicato la seconda parte alla “digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti”. Il riferimento al ciclo di vita dei contratti indica appunto che la digitalizzazione dovrà riguardare ogni fase, dall’adozione dei primi atti fino al termine dell’esecuzione.

Nell’attuare la delega, un aspetto di novità rispetto al vigente codice è il raggruppamento delle disposizioni relative alla digitalizzazione negli articoli dal 19 al 36. Si può discutere se fosse necessario dedicare un capitolo così ampio, all’interno di codice che si vorrebbe il più asciutto possibile, alla digitalizzazione; se non fosse magari preferibile intervenire il più possibile sul Codice dell’Amministrazione Digitale, misconosciuta fonte normativa di riferimento della digitalizzazione dell’amministrazione, lasciando alla fonte in commento solo l’inserimento di norme di dettaglio, seppur a discapito di una sempre presente (utopistica) aspirazione alla completezza; se le disposizioni, ad esempio sulle banche dati (si pensi agli artt. 23-24) dovessero essere più sintetiche.

Ad ogni modo, rispetto ad un processo necessario come quello della digitalizzazione, l’aspetto più rilevante attiene alla sua effettiva e rapida implementazione, per cui le norme andranno valutate soprattutto in ordine alla loro effettiva capacità di veicolare e non ostacolare la trasformazione. Anche le sigle sindacali che sono intervenute, anche criticando aspetti del progetto di codice, hanno riconosciuto comunque la necessità di promuovere la digitalizzazione[6].

Le finalità richiamate dalla Relazione del codice sono da tempo note: semplificazione, efficienza ed efficacia, risparmio dei costi e riduzione dei tempi, prevenzione della corruzione (grazie alla completa tracciabilità e trasparenza di tutte le attività), aumento della concorrenza. L’auspicio, sempre citato, è di una riorganizzazione dei processi, affinché essi siano pensati in chiave digitale, e non semplicemente tradotti in digitale, e in cui dati e informazioni siano inseriti o acquisiti senza bisogno di scansioni di documenti e di richieste e trasmissione di allegati. Ovviamente, al di là delle risorse economiche e tecniche, sono richieste riorganizzazioni, nuove competenze, formazione del personale.

Alcune disposizioni sono degne di attenzione.

L’art. 19 afferma i principi e i diritti digitali[7], che anche la legislazione regionale deve rispettare (ultimo comma). Prevede che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti garantiscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale e operano secondo i principi di neutralità tecnologica, di trasparenza, nonché di protezione dei dati personali e di sicurezza informatica”. In questo modo esso richiama alcuni principi già noti in materia di digitalizzazione, nonché la nozione, non ancora consolidata, di cittadinanza digitale[8].

Al comma 2 menziona un altro principio, di unicità dell’invio (once only), secondo il quale le stazioni appaltanti non richiedono agli operatori economici dati o informazioni che siano già nella loro disponibilità oppure che possano essere acquisiti tramite accesso a banche dati di altre amministrazioni.

Altre indicazioni dell’articolo ribadiscono principi e concetti noti e che, allo stato attuale, dovrebbero essere maggiormente rispettati dalle amministrazioni: le attività si svolgono digitalmente mediante piattaforme e servizi digitali delle stazioni e degli enti (comma 3); dati e informazioni sono gestiti e resi fruibili in formato aperto (comma 3); deve essere resa effettiva l’interoperabilità automatica tra banche dati (comma 4); vanno adottate misure, tra cui anche la formazione, per la sicurezza informatica e la protezione dei dati (comma 5); va garantita la trasparenza (comma 6).

In generale si può essere scettici verso l’ennesima riproposizione di principi noti, espressi in più documenti nazionali e ultranazionali, con il rischio di una certa ripetitività per un certo verso, di incompletezza per altro, visto che il profluvio di atti sulla digitalizzazione comporta rapidamente nuove aggiunte ed esplicitazioni, che non riescono sempre ad essere recepite dalle fonti. Ad ogni modo, si ribadisce come sia importante che questi principi siano effettivi.

L’art. 22 è in realtà il cuore della parte in esame. Esso prevede la creazione di un ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale, costituito dalle piattaforme e dai servizi digitali infrastrutturali abilitanti per la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici e dalle piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle stazioni appaltanti.

Vi è un elenco esemplificativo delle attività che devono essere svolte in forma digitale (tra cui l’acquisizione o la redazione degli atti in formato nativo digitale, l’accesso elettronico alla documentazione di gara, la presentazione del documento di gara, la presentazione delle offerte, i controlli), e un’indicazione delle banche dati coinvolte, che devono rispondere al principio di interoperabilità (come l’anagrafe delle persone fisiche e giuridiche, il registro delle imprese, l’indice delle pubbliche amministrazioni).

L’art. 23 disciplina in particolare lo strumento centrale, la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, collettrice delle altre banche dati, e sono previste sanzioni nel caso in cui i dati non le vengano trasmessi.

L’art. 24 disciplina il Fascicolo virtuale dell’operatore economico (in sostituzione del sistema AVCpass, recentemente introdotto dall’ANAC anche per la gestione delle gare in corso): esso è destinato a contenere dati e informazioni da utilizzare per tutte le gare alle quali l’operatore partecipi. In questo modo stazioni appaltanti ed enti aggiudicatori potranno verificare l’assenza di cause di esclusione e la presenza di attestazioni e certificazioni, e gli stessi operatori economici potranno inserire i documenti utili per la partecipazione alle procedure, la cui produzione è a proprio carico. Sarà inoltre possibile utilizzare questo sistema anche per la fase esecutiva del contratto.

L’art. 25 disciplina le piattaforme digitali di approvvigionamento digitale, che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono utilizzare per svolgere le procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, secondo le regole tecniche di cui all’art. 26 del Codice, e che, ovviamente, non dovranno alterare la parità di accesso degli operatori, impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, o modificare l’oggetto dell’appalto.

In ordine alle appena citate regole tecniche, l’art. 26 stabilisce che i requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale, nonché le regole per assicurare l’interoperabilità e la conformità delle piattaforme siano stabilite dall’AgID, che si pronuncerà anche sulle modalità di certificazione delle piattaforme digitali: l’adozione di queste disposizioni è prevista per marzo 2023, e comunque la scadenza sarà ragionevolmente legata all’eventuale approvazione del nuovo codice.

La pubblicità legale quindi passerà attraverso la banca dati, e la pubblicazione degli atti sulla banca dati produrrà gli effetti legali (art. 27).

Tra gli articoli di questa seconda parte risulta particolarmente interessante l’art. 30: esso, sulla scorta della lett. t dell’art. 1 della legge delega, prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di utilizzare innovative soluzioni tecnologiche, quali le tecnologie di registri distribuiti e l’intelligenza artificiale. La prima espressione rimanda alle blockchain, che garantiscono certificazione e immutabilità dei dati inseriti.

La seconda costituisce la prima disposizione di questo tipo nell’ordinamento italiano, anche al di fuori del settore dei contratti pubblici. Già si faceva uso di forme di automazione per il confronto di alcuni parametri, ma la norma vuole consacrare l’uso di tale strumento, al tempo stesso ribadendo i principi emersi sia a livello unionale che nazionale (si pensi alle sentenze del giudice amministrativo[9]). Si autorizza così il ricorso a sistemi di apprendimento automatico, assicurando la disponibilità del codice sorgente, della documentazione, nonché di ogni altro elemento utile a comprenderne le logiche di funzionamento, e introducendo negli atti di indizione delle gare clausole volte ad assicurare le prestazioni di assistenza e manutenzione necessarie alla correzione degli errori e degli effetti indesiderati, in particolare discriminatori. Sono richiamati a tal proposito in particolare i tre principi, oramai diffusi, di conoscibilità e comprensibilità, non esclusività della decisione algoritmica, non discriminazione algoritmica[10]. La situazione appare fluida, con il Regolamento sull’intelligenza artificiale dell’UE ancora in elaborazione: il richiamo ai principi già ritenuti sinora adeguati appare tuttavia in questa fase sufficiente[11].

I successivi articoli prevedono poi l’introduzione dell’anagrafe degli operatori economici (art. 31), e ripropongono, con qualche emendamento, la disciplina dei sistemi dinamici di acquisizione (art. 32), delle aste elettroniche (art. 33), dei cataloghi elettronici (art. 34).

Due articoli particolarmente rilevanti sono poi dedicati alla trasparenza: il Codice prevede l’accesso interamente digitalizzato agli atti, nonché il ricorso all’istituto dell’accesso civico generalizzato (artt. 35-36), anche se poi, come ragionevole, in quanto l’interesse più immediato e diretto è quello dei concorrenti alle gare, ci si concentra sull’accesso ai documenti “ordinario”, precisando come si debba svolgere.

L’istituto risulta quindi adattato al sistema delle piattaforme, e questa è la maggiore novità: enti e stazioni acquisiscono direttamente le informazioni tramite le piattaforme; gli operatori vedono invece differito l’accesso ex lege al termine della scadenza per la presentazione delle offerte o al momento dell’aggiudicazione. Viene ribadito inoltre il tendenziale limite all’accesso con riguardo ai segreti tecnici e commerciali, ai pareri legali, alle relazioni riservate (del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto), alle piattaforme digitali e infrastrutture informatiche utilizzate, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.

Si stabilisce poi, innovando sul punto rispetto all’attuale normativa, che, per un verso entro i confini temporali prima indicati, l’offerta dell’aggiudicatario, i verbali di gara e atti, dati e informazioni siano resi disponibili attraverso la piattaforma digitale a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi, così come,  per altro verso, agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria siano rese reciprocamente disponibili anche  le offerte dagli stessi presentate[12].

Da ultimo, appare necessario richiamare anche altri due articoli che, sebbene non sono contenuti nella parte seconda, fanno comunque riferimento alla digitalizzazione: si tratta degli artt. 221 e 222, in tema di governance, i quali rispettivamente affermano che la cabina di regia per il codice dei contratti pubblici, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sovrintende alla digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici, e che l’ANAC esercita le funzioni legate alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale è esclusiva titolare, oltre a contribuire al coordinamento della digitalizzazione del sistema dei contratti pubblici da parte della cabina di regia.

In ultima analisi, al netto delle norme sui principi, le norme sull’implementazione dell’ecosistema digitale, se rese effettive, sembrano in grado di migliorare la qualità e l’efficienza della contrattazione pubblica. Da questo punto di vista, si può guardare quindi con moderata soddisfazione al lavoro compiuto.

Fulvio Costantino

 

[1] Per un’introduzione generale, si v. l’articolo di A. Cioffi, Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali, in questa rivista.

[2] P. Ciocca, F. Satta, La dematerializzazione dei servizi della P.A.: un’introduzione economica e gli aspetti giuridici del problema, Dir. amm., 2008, 283.

[3] Per tutti, G. Racca, La digitalizzazione necessaria dei contratti pubblici: per un’Amazon pubblica, DPCE, 2021, https://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/view/1183.

[4] P. Clarizia – G. Sgueo, Lo stato digitale nel PNRR: la digitalizzazione come necessità trasversale, IRPA, 2021, https://www.irpa.eu/lo-stato-digitale-nel-pnrr-la-digitalizzazione-come-necessita-trasversale/.

[5] P. Clarizia, Lo Stato Digitale nel PNRR – L’e-procurement, IRPA, 2021, https://www.irpa.eu/lo-stato-digitale-nel-pnrr-le-procurement/. Risulta possibile controllare il rispetto delle scadenze sul sito https://openpnrr.it/scadenze/166/.

[6] http://www.fenealuil.it/wp-content/uploads/2022/12/RASSEGNA-DEL-6-DICEMBRE.pdf.

[7] La locuzione richiama la dichiarazione solenne interistituzionale sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale proposta il 26 gennaio 2022 dalla Commissione europea. Si v. in generale https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/europes-digital-decade-digital-targets-2030_it.

[8] Si v. sul punto E.N. Fragale, La cittadinanza amministrativa al tempo della digitalizzazione, Dir. amm., 2022.

[9] CdS, III, 7891 del 25.11.2021.

[10] Sul quale si v. A. Simoncini, Amministrazione digitale algoritmica. Il quadro costituzionale, R. Cavallo Perin-D.U.Galetta, Torino, 2020, 26.

[11] Proposta di regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale (legge sull’intelligenza artificiale) e modifica alcuni atti legislativi dell’Unione https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52021PC0206&from=IT

[12] Sul punto la relazione precisa come si sia scelta la soluzione intermedia, che per un verso amplia la trasparenza, per altro però non consente in maniera automatica a tutti l’accesso, per evitare forme di partecipazione alle gare meramente esplorative. Il riferimento a cinque operatori appare però arbitrario: si sarebbe potuta stabilire una percentuale di operatori aventi diritto, rispetto al numero totale dei partecipanti.