Prima lettura del nuovo Codice dei contratti e dei suoi tre principi fondamentali
SOMMARIO: 1.- Premessa sulla natura del Codice; .2- I tre principi fondamentali: risultato, fiducia, accesso al mercato; segue- 2.1 il principio del risultato; segue- 2.2 Il principio della fiducia e dell’accesso al mercato; 3.- Conclusioni: novità, problemi e speranze.
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1.- Premessa sulla natura del Codice
Di un Codice in senso classico il nuovo codice dei contratti ha tutti i caratteri: il libro I stabilisce i principi della materia e indica i criteri di interpretazione delle sue norme, quasi evocando l’art. 12 delle preleggi al Codice civile; inoltre, il nuovo codice non si limita a dettare la disciplina della materia (codice di settore in senso oggettivo), ma opera in senso soggettivo, ricevendo nella prima parte l’impostazione tipica del Codice civile, perché ordina la materia dei contratti presupponendo un certo modo di essere del contraente pubblico, finendo per assumere l’amministrazione come soggetto giuridico, dotato di una certa autonomia [1]. Basta leggere i primi articoli per rendersene conto: l’art. 1 dice che il risultato è il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”; l’art. 2 “favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici”; l’art. 7 riconosce il principio di “auto-organizzazione amministrativa”, mentre l’art. 8 riconosce il principio di “autonomia contrattuale” dell’amministrazione.
Se a questo si aggiunge che la disciplina codificata nei libri successivi è animata da uno spirito che realizza una certa chiarezza e intelligibilità, ne viene che senz’altro il nuovo codice ambisce ad essere un Codice comme il faut, un codice riformista e illuminista[2].
Questo spirito si trasfonde anzitutto nei principi del Libro primo. Prima dell’analisi, conviene leggere questi principi in una prospettiva più ampia, quella della “codificazione” nel diritto amministrativo, considerandone un aspetto particolare: la scrittura dei principi in un testo, concepito per la pubblica amministrazione, trasfonde nel testo stesso un valore giuridico che spesso va oltre le parole, creando un “eccesso di significato”, che s’irradia nella determinazione e nella comprensione di tutta la materia codificata; questo per vari fattori: anzitutto per l’efficacia dei principi stessi nell’ordinamento giuridico, e, poi, per quanto è insito nella scrittura stessa, ovvero, per l’espressione di una certa cultura giuridica[3]. Ne viene una conseguenza fondamentale: la forza ordinante del principio sulla materia codificata. Con la conseguenza finale che quella forza giuridica non solo determina la materia, ma la spiega e la orienta nei suoi sviluppi successivi, quanto a validità e interpretazione[4].
Questa forza ordinante potrebbe essere il riflesso di un’idea universale di Codice, che da sempre appartiene alla nostra cultura giuridica. E in una certa misura quell’idea è ben visibile anche nel nuovo codice e nella sua impostazione preliminare, specie nell’art. 4, in cui il codice assume i suoi primi tre principi a criteri di interpretazione di tutte le sue norme. Fenomeno, questo, assolutamente peculiare, che costituisce il carattere di un vero Codice.
In questa luce si svolgono le seguenti note. Vertono sul testo e soprattutto sulla portata semantica dei principi. Vorrebbero dare alcuni suggerimenti, evitando alcune implicazioni imperfette, che vengono fuori, inevitabilmente, ogni volta che l’interprete si volga a considerare la portata dei principi sull’insieme.
2.- I tre principi fondamentali: risultato, fiducia, accesso al mercato.
La lettura iniziale del libro I dà al lettore un’impressione positiva, di visibile anticipazione dei principi e dei valori sottintesi, ove si fa chiara l’immagine di ciò che viene prima e che deve star prima[5].
Con qualche ombra, perché forse sono troppi i principi trascritti– undici principi in dodici articoli[6].
In ogni caso, tre sembrano fondamentali: risultato, fiducia e accesso al mercato[7]. Questo perché sono i principi assunti per l’interpretazione e l’applicazione delle norme codicistiche da parte del codice stesso, secondo la volontà espressa nell‘art. 4: le disposizioni si interpretano e si applicano ai sensi degli artt. 1, 2 e 3.
Vediamone il significato.
segue- 2.1 Il principio del risultato
Art. 1, principio del risultato. Il testo conferisce al risultato una prima consistenza oggettiva e lo identifica in un quid preciso: affidamento del contratto e sua esecuzione, con “tempestività” e “miglior rapporto qualità-prezzo”. In questo senso, il risultato assume il significato di efficienza economica. Ma il risultato assume anche il valore di fine e di principio: il testo dice che il risultato è espressione del principio di “buon andamento” e aggiunge che è “nell’interesse della comunità” e che è “obiettivo” della Unione europea. Cogliendo il riferimento del testo alla comunità e poi all’Unione europea, intesi come ordinamenti originari e non particolari, tutta la formula potrebbe acquisire una luce diversa: potrebbe significare interesse generale. Il risultato, dunque, potrebbe rappresentare il valore che viene alla comunità dalla scelta del miglior contraente, quello idoneo a garantire il miglior lavoro o servizio in termini di fruibilità collettiva[8]. Questo significato si ispira a quello sedimentato nella storia dell’art. 97 Cost., rivelando il significato costituzionale di garanzia del miglior interesse. Questa è solo una possibile lettura, ma, in ogni caso, la formula “nell’interesse della comunità” potrebbe migliorare e forse andrebbe meglio l’espressione “interesse generale”. Inoltre, al buon andamento varrebbe la pena di aggiungere il riferimento esplicito all’imparzialità, che per molti costituzionalisti è distinta dal buon andamento e non cade in endiadi con esso. Su questo si tornerà nelle conclusioni.
Intanto, in questa luce, acquisendo il significato di interesse generale, il risultato ha il vantaggio di divenire una entità riferibile all’amministrazione e non all’interesse delle imprese in gara. Potrebbe così segnare un bilanciamento rispetto al passato e la revisione di una certa lettura del primato della U.e,, quando in dottrina si diceva che il sistema delle direttive appalti poteva prevalere sino al punto di trasformare l’interesse delle imprese in diritto soggettivo e, dunque, determinare la prevalenza sugli interessi dell’amministrazione, con relativa risarcibilità; sembra invece che attraverso il buon andamento il testo possa designare un pertinente richiamo all’ordinamento italiano classico e all’interesse dell’amministrazione, inteso non come esigenza particolare della stazione appaltante (interesse pubblico specifico), bensì come interesse prevalente in quanto interesse del soggetto pubblico, che è chiamato a garantire il meglio alla collettività. Questo significato di prevalenza è confermato leggendo il secondo comma, che riconosce che la concorrenza è principio “funzionale” al miglior risultato.
Infine, secondo l’art. 1, il risultato è “criterio prioritario” nell’esercizio del potere discrezionale. In questo modo, il risultato acquisisce anche un valore giuridico esplicito, perché serve ad orientare l’esercizio del potere discrezionale. Il codice rivela qui tutta la sua forza ordinante, volta ad orientare non solo l’applicazione ma l’interpretazione delle norme e del potere dell’amministrazione. Il risultato si pone dunque come criterio di validità e soprattutto come criterio di predeterminazione di ciò che l’amministrazione può e intende fare. Così l’efficacia giuridica del principio di buon andamento non solo genera la regola del caso concreto, ma aiuta l’interprete a identificare in anticipo il buon significato di quella regola, quando vi siano più alternative interpretative, specie nell’esercizio della predeterminazione dei criteri della scelta. In questa direzione, il principio del risultato potrebbe avere sviluppi notevoli nel momento in cui si specificano i criteri di aggiudicazione, nella valutazione delle offerte e delle anomalie, nella conformazione degli avvisi e degli altri atti di gara, e in fondo nel dare una precisa impronta a tutto il modo di essere della gara. Così le esigenze dell’amministrazione diventano rilevanti, ma solo se finalizzate al risultato dell’interesse generale. Il che sembra, in fondo, un riflesso del principio di funzionalità, che è immanente ad ogni riconoscimento di autonomia pubblica. Senz’altro, si tratta di un recupero della discrezionalità dell’amministrazione, superando un passato che la mortificava, perché tendeva a ridurre ogni potere amministrativo (fattispecie vincolate, discrezionalità tecnica).
Nel ritorno del potere vi è anche quello delle sue conseguenze e quindi vi è anche il ritorno della responsabilità. In quest’ottica, è naturale il richiamo finale alla responsabilità, quando l’art. 1 dice che il risultato serve anche a “valutare” la responsabilità dell’amministrazione.
Tutto l’art. 1 sembra dunque promettente, perché si chiude (e chiude il sistema) saldando insieme potere e responsabilità. In questa luce viene anche la redazione dell’art. 2.
segue- 2.2 Principio della fiducia e principio dell’accesso al mercato
Fiducia, art. 2. Il principio è nuovo e ha una indubbia matrice in quel vasto dibattito di opinione e di dottrine che vuole superare l’inerzia dell’amministrazione e la paralisi della firma del funzionario, in un noto conflitto, per ora irrisolto, tra parlamento, giudice e amministrazione, con un eccesso di responsabilità a carico dell’amministrazione[9]. In questo senso, la norma favorisce e protegge “l’iniziativa e l’autonomia decisionale” dei funzionari (con incentivi e assicurazioni), ma, soprattutto, prevede esplicitamente un limite alla responsabilità amministrativa per colpa del funzionario. Però, se la volontà della norma è chiara nel limitare la responsabilità, meno chiara è nell’individuare quando esista la responsabilità per colpa. Difatti la norma dice che la responsabilità per colpa sussiste per la violazione di “norme di diritto”. Ma che significa “norma di diritto”?
Esistono forse norme che non sono di diritto?
E infine: la violazione dei principi forse non conta?
La formula è ambigua e senz’altro va migliorata. Si potrebbe specificare che la norma violabile e suscettibile di responsabilità è solo la norma giuridica e le si potrebbero contrapporre le norma interne e le linee guida, contenenti i relativi autolimiti dell’amministrazione, di rango non normativo, evitando di parlare, come fa il testo, di “auto-vincoli” “dell’amministrazione”. Sono concetti che diventano pericolosi e ambigui quando si tratta di configurare la responsabilità. Quando si parla di responsabilità amministrativa, il precetto sanzionabile dovrebbe essere scolpito con assoluta chiarezza e dovrebbe derivare da una norma giuridica o da un principio dell’ordinamento e non da un “auto-vincolo” dell’amministrazione o da una sua norma interna (art. 97, terzo comma, Cost.)[10].
Infine, l’art. 3, l’accesso al mercato degli operatori. Sembra questo il vero principio di concorrenza, inteso in senso europeo e come apertura al mercato e a tutti i suoi soggetti, come sinonimo di par condicio. Sembra un fine in sé considerato e in questo senso sembra contrapporsi alla concorrenza menzionata nell’art.1, comma 2, che dice che la concorrenza è “funzionale” al miglior risultato e, dunque, rivela il fatto che lì la concorrenza è solo un mezzo e non un fine. Servirebbe dunque un coordinamento tra l’art. 3 e l’art. 1 (comma 2), i quali, così come sono formulati, sembrano vivere in reciproco contrasto, rischiando di creare un’antinomia, giacché per l’art. 4 hanno il medesimo rango di super-principi.
3.- Conclusioni: novità, problemi e speranze
La forza ordinante dei tre principi fa intravedere tutto il valore del nuovo Codice e tutta la difficoltà insita in esso. Scrivere i principi in un Codice e configurare come “super-principio” l’autonomia amministrativa di risultato, è operazione che ha bisogno di contrappesi chiari e fermi. Difatti, come nella favola dell’apprendista stregone, il riconoscimento del potere è qualcosa di meravigliosamente creativo, ma anche di sfuggente e di pericoloso. La raccomandazione finale, dunque, è quella di non dimenticare che quel potere dev’essere esplicitamente limitato dal principio di imparzialità e di responsabilità dell’amministrazione. Altrimenti le contraddizioni sono immediate. Per esempio: in una successione di gare, in nome del risultato, l’amministrazione sceglie come miglior contraente quello che da sempre vince, perché in fondo è quello che oggettivamente garantisce la migliore prestazione ed è un contraente “storico” di quell’amministrazione; il che, però, può costituire anche un potenziale conflitto d’interessi e questo può accadere (è accaduto) perché dal ricorso e dal giudizio viene fuori che il vincitore, nel passato, ha assunto un ex dipendente pubblico, che è in possesso di informazioni che appartengono al passato ma che forse sono ancora privilegiate e potrebbero avere peso (conflitto potenziale).
In questa situazione, quale principio prevale: risultato o imparzialità ?
Potrebbe prevalere il risultato come principio di buon andamento del codice, tenendo ferma l’aggiudicazione del contratto a favore di quel contraente per il buon motivo che in fondo è un ottimo performer e da sempre è il miglior contraente; oppure, ex art. 97 Cost., potrebbe prevalere l’immagine costituzionale di imparzialità dell’amministrazione, come soggetto che agli occhi delle imprese in gara è al di sopra di ogni sospetto, con relativo annullamento dell’aggiudicazione.
Ecco dunque che al peso che il risultato acquisisce come principio bisogna sempre anteporre un esplicito contrappeso e in questo senso l’inserimento nel testo del principio di imparzialità e la riscrittura del principio di responsabilità sembrano un’operazione importante per non dire necessaria.
Per il resto tutto bene: la novità positiva è la forza ordinante dei principi codificata nell’art. 4 e quindi benvenuto nuovo Codice.
[1] Sul Codice civile e sui caratteri suoi propri, tra i quali spiccano la dotazione di disposizioni interpretative nelle preleggi e la concentrazione delle norme sull’individuo come soggetto di diritto. per tutti, v. R. NICOLO’, «Diritto civile», in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 904 ss., 905, 909, ove si dice che «(…) non basta la constatazione di quale sia la materia recepita nei codici per intendere la portata del diritto civile. (…) Si potrebbe dire che esso è rappresentato da quel settore dell’esperienza giuridica in cui esercita un ruolo preminente l’autonomia riconosciuta all’individuo. Autonomia nel triplice significato di libertà` della esplicazione dei valori individuali, di potere, come signoria sui beni, di potestà di autodeterminarsi per il regolamento dei propri interessi»; nella stessa ottica, nel diritto amministrativo, v. ALB. ROMANO, Autonomia nel diritto pubblico, Dig. Disc. pubbl., II, 30 ss., ove l’autonomia dell’amministrazione, intesa come autonomia funzionale di un particolare soggetto giuridico, costituisce la materia e il suo fattore unificante.
Che il nuovo Codice assuma questa impostazione e consideri l’amministrazione come soggetto dotato di autonomia e di potere discrezionale è indubbio sin dai principi, come meglio si dice nel testo.
[2] Sul nuovo Codice, per i primi studi, v. M.A. SANDULLI, Prime considerazioni sullo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, L’amministrativista, dicembre 2022; S. PERONGINI, Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici, L’amministrativista, 2 gennaio 2023; importante è anche la lettura della Relazione agli articoli e agli allegati, che precede lo Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, trasmesso dal Consiglio di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri il 7 dicembre 2022.
Che il Codice abbia efficacia innovativa è opinione condivisa dai primi autorevoli commenti- v. M.A. SANDULLI, Prime considerazioni sullo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici … cit., 1.
[3] Sulla codificazione nel diritto amministrativo v. S. CASSESE, Codici e codificazioni: Italia e Francia a confronto, Giornale di Dir. amm., 2005, 95 ss.; B.G. MATTARELLA, Codificazione, in Dizionario di dir. pubbl., diretto da Cassese, Milano, 2006, II, ad vocem; M.A. SANDULLI (a cura di), Codificazione, semplificazione e qualità` delle regole, Milano, 2005.; A. CIOFFI, “Codificazione” e principi generali (Dir. amm.), Dig. Disc. pubbl., vol. aggiornamento, 37 ss.
[4] V. R. CAVALLO PERIN, La validità dell’atto amministrativo tra legge, principi e pluralità degli ordinamenti giuridici, Dir. amm., 2017, 637 ss., spec. 650-651.
[5] v. C. MORTATI, Osservazioni sulla natura e funzione di una codificazione dei principi generali del diritto, in Scritti sulle fonti del diritto e sull’interpretazione, Milano, 1972, II, 661 ss., 666, nota 3.
[6] Gli altri principi sono buona fede e tutela dell’affidamento, solidarietà e sussidiarietà orizzontale, auto-organizzazione amministrativa, autonomia negoziale, conservazione dell’equilibrio contrattuale, tassatività delle cause di esclusione, applicazione dei contratti collettivi di lavoro.
[7] Sul fatto che i primi tre siano i più importanti per la forza che deriva loro dall’art. 4 del codice, v. M.A. SANDULLI, Prime considerazioni sullo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici … cit., 2.
[8] Così S. PERONGINI, Il principio del risultato e il principio di concorrenza nello schema definitivo di codice dei contratti pubblici … cit.
[9] In argomento, ex multis, v. G. BOTTINO, Il conflitto tra il legislatore e la giurisprudenza come causa della “burocrazia difensiva”, la responsabilità penale per “abuso d’ufficio” come paradigma, Il lavoro nelle pubbliche Amministrazioni, n. 2/2022, 242 ss. ; M.A. SANDULLI (a cura di), Abuso d’ufficio e responsabilità amministrativa: il difficile equilibrio tra legalità ed efficienza, seminario webinar del 13 luglio 2020.
[10] In argomento cfr. G. BOTTINO, Norme interne (dir. amm.), Il Diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, X, 62 ss.; F. FRACCHIA, M. OCCHIENA, Le norme interne: potere, organizzazione e ordinamenti, Napoli, 2020; M. ROVERSI MONACO, La norma interna nel sistema amministrativo, Milano, 2020.