Riforma del Codice dei Contratti Pubblici e impegni presi per il PNRR: una grande opportunità con alcuni pericoli1

La legislazione dei contratti pubblici, ormai da anni, sta attraversando una fase delicata e il  Codice vigente è considerato da molti inadeguato. Molte sono state le richieste di riforme, mai realizzate, e si è scelta la strada delle deroghe alla disciplina vigente, considerata un ostacolo alla realizzazione di lavori e servizi pubblici. L’impressione è che si navighi a vista, inseguendo urgenze e contingenze di un certo momento storico senza una visione d’insieme.
Con il d.l. 18 aprile 2019, n. 32 c.d. Sblocca Cantieri, convertito in legge n. 14 giugno 2019, n. 55, era stata annunciata una nuova “riforma complessiva del settore”, senza chiarirne contenuti e principi ispiratori (art. 1 comma 1). Lo stesso Decreto avviava la stagione delle sospensioni e deroghe della disciplina Codicistica, “in via sperimentale”, in attesa della riforma degli istituti sospesi (art. 1 comma 1). Era stata avviata, inoltre, una sorta di retromarcia rispetto ad una delle più significative tra le novità introdotte con il nuovo Codice del 2016, ovvero le linee guida dell’ANAC che avrebbero dovuto essere sostituite da un nuovo Regolamento mai venuto alla luce (art. 216 comma 27 octies del d.lgs. 50/2016, introdotto dal d.l. 32/2019).
Nell’attesa dell’annunciata riforma, è successivamente intervenuto il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale (c.d. Semplificazioni del Sistema Italia, convertito con l. 11 settembre 2020, n. 120) che, con il presupposto de “la straordinaria necessità e urgenza di realizzare un’accelerazione degli investimenti e delle infrastrutture attraverso la semplificazione delle procedure in materia di contratti pubblici”, ha apportato una serie di misure derogatorie a tempo alla disciplina vigente, fino alla sua totale disapplicazione per taluni  tipi di appalti sopra soglia (quelli nei settori previsti dal comma 4 dell’art. 2 dello stesso decreto) e per gli interventi infrastrutturali da assoggettarsi a commissariamento, in applicazione del c.d. “modello Genova”, utilizzato per la ricostruzione del ponte Morandi (art. 9). In tali casi, a ben vedere, si tratta della diretta applicazione, senza il filtro del Codice, delle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE.
Da ultimo, il d.l. 31 maggio 2021 n. 77 (“Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”, c.d. Semplificazioni 2021), convertito in l. 29.7.2021 n. 108, ha dedicato ai contratti pubblici gli artt. 47 e ss. che hanno costituito un primo pacchetto di disposizioni urgenti volte a perseguire i  target del PNRR e in particolare la milestone M1C1-69. Tale decreto ha dettato disposizioni generali, alcune delle quali hanno prorogato le proroghe e deroghe al Codice già contenute dei precedenti interventi del Legislatore, e disposizioni speciali per le procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione.
In tale contesto, una riforma organica della disciplina del Codice appare ormai inevitabile. Peraltro, gli impegni presi dall’Italia in relazione al PNRR prevedono nei prossimi mesi la riforma del diritto dei contratti pubblici, secondo le seguenti tempistiche:

– Legge delega (M1C1-70), entro il 30.6.2022.
– Decreto delegato – nuovo Codice (M1C1 -73), entro il 31.3.2023.
– Provvedimenti attuativi del Nuovo Codice (M1C1-74), entro il 31.6.2023.

Di seguito sono sinteticamente illustrate alcune idee e proposte di riforma del Codice dei Contratti Pubblici, che dovrebbero orientare la futura riforma. L’elenco non ha pretesa di essere esaustivo e potrebbero aggiungersi altri punti, relativi a questioni generali o specifiche.
Un primo gruppo di proposte, hanno carattere generale/valoriale e costituiscono idee di fondo che dovrebbero ispirare la riforma. A dire il vero, di esse già si discuteva ai fini del recepimento delle direttive del 2014, prima del Codice 50/2016.

1) Esercizio della discrezionalità e attuazione degli istituti flessibili. L’efficienza della contrattazione pubblica passa attraverso il riconoscimento della necessaria dose di discrezionalità in capo alle stazioni appaltanti, come previsto dalle Direttive europee del 2014. Un approccio flessibile è necessario soprattutto per i contratti complessi (anche in relazione all’aspetto della tecnologia) che devono essere negoziati (tanto in fase di affidamento che di esecuzione) per consentire all’Amministrazione di arricchire il suo bagaglio di conoscenze e addivenire a scelte consapevoli. A quasi sei anni dall’entrata in vigore del Codice si deve constatare che gli istituti flessibili (procedure di aggiudicazione e modelli contrattuali) non hanno trovato quasi mai attuazione e le Amministrazioni continuano a muoversi secondo lo schema tradizionale dell’appalto affidato per lo più con procedure aperte o ristrette. Anche gli interventi del Legislatore successivi al Codice (sblocca cantieri, semplificazioni 2020, semplificazioni 2021) si sono concentrati su tale modello tradizionale, il che è chiaro segnale di scarso interesse per i modelli innovativi e flessibili.

2) Contrasto della corruzione attraverso il perseguimento dell’efficienza. Corruzione e inefficienza sono due mali distinti e separati che affliggono il settore dei contratti pubblici. Ciò non toglie, tuttavia, che fra le due patologie vi sia una connessione e, in particolare, che il perseguimento dell’efficienza della contrattazione pub­blica possa costituire lo strumento più efficace per il contrasto alla corruzione che si nasconde dietro a tali inefficienze. Se la corruzione ha un costo, infatti, la riduzione delle inefficienze è la strada per creare un ambiente integro, meno permeabile a fenomeni indesiderati (se, infatti, l’inefficienza si azzerasse non vi sarebbe spazio per il costo derivante dalla corruzione, che costituisce una forma di inefficienza). Appare questo il sistema più idoneo a creare all’interno dell’amministrazione gli anticorpi per evitare che possa generarsi la malattia della corruzione.

3) Necessità che le specifiche misure pro-concorrenziali, per la trasparenza e per l’integrità non ostacolino l’obbiettivo dell’efficienza. Se l’obiettivo primario della regolazione e dell’attività amministrativa dei contratti pubblici deve considerarsi quello dell’efficienza degli acquisti, altri valori quali la concorrenza e la trasparenza e la stessa integrità devono considerarsi ad essa strumentali. Occorre che il perseguimento di tali obbiettivi strumentali non si traduca in un ostacolo al raggiungimento di quello primario, ponendosi in contrasto con l’ef­ficienza degli acquisti: è necessario assicurare che le procedure di affidamento dei contratti pubblici non siano imbrigliate nell’affermazione di una concorrenza fine a se stessa (Compulsory Competitive Tendering); anche la trasparenza delle procedure non deve essere fine a se stessa (con l’effetto di creare inutili appesantimenti burocratici), ma deve inserirsi in una risistemazione degli strumenti di controllo (per i quali sono necessarie solo le informazioni essenziali sugli appalti e non quelle inutili) ed essere finalizzata a renderli più efficaci;  sono certamente utili misure specifiche volte alla prevenzione della corruzione, ma queste non devono avere l’effetto di determinare perdite di efficienza, creando ulteriori margini dietro ai quali proprio la corruzione si può nascondere.

4) Dare fiducia ma misurare i risultati. La flessibilità dei modelli e la restituzione alle Amministrazioni del giusto grado di discrezionalità, che presuppone fiducia nelle pubbliche amministrazioni, esige un adeguato sistema di misurazione dei risultati raggiunti e del loro controllo, al fine di evitare un uso distorto della stessa fiducia data. A tali fini, appare necessario stabilire a priori quale debba essere il risultato (performance) programmato della pubblica amministrazione, anche attraverso il ricorso a valori standard universalmente riconosciuti, e poi procedere alla verifica del risultato conseguito. Tutto ciò dovrebbe determinare la maggiore ed effettiva responsabilizzazione delle stazioni appaltanti e dei singoli dirigenti e funzionari che operano al loro interno, chiamati ad assicurare l’efficientamento e la lotta alla corruzione nel settore dei contratti pubblici.

5) Ripensamento dei controlli e contrasto alla c.d. paura della firma. E’ necessario un ripensamento dei controlli giurisdizionali. Il controllo del Giudice (amministrativo e, soprattutto, contabile) dovrebbe tenere conto del risultato dell’attività amministrativa complessiva, ad esempio gli esiti di una procedura di affidamento o dell’esecuzione di un contratto, in termini di spesa, qualità, tempestività. L’attuale assetto di tali controlli, fondato sul controllo della legittimità dei singoli atti, appare un disincentivo per le amministrazioni dall’esercitare la discrezionalità, generando nei funzionari pubblici la c.d. paura della firma. Il solo rispetto della legalità formale, indipendentemente dai risultati raggiunti, mette al sicuro il funzionario pubblico dal pericolo di subire procedimenti giudiziari ai quali, in caso di scelte più coraggiose, sarebbe esposto. Occorre agire sulla componente motivazionale dei funzionari pubblici con la creazione di un adeguato sistema di premi e sanzioni legato all’effettivo raggiungimento del risultato dell’attività amministrativa.
A queste proposte di impostazione generale, se ne aggiungono altre, a carattere più operativo, derivanti da evidenti lacune della disciplina vigente, tra le quali:

1 Il presente scritto costituisce una rielaborazione dell’intervento di Gianfrancesco Fidone al seminario “PNRR, SEMPLIFICAZIONE E APPALTI”, LUISS – School of Governemnt, Lunedì 14 marzo 2022.  I punti che seguono sono tratti, con gli opportuni aggiornamenti, dall’articolo Quindici proposte per la riforma degli appalti pubblici, di A. Botto e G. Fidone, pubblicato sul quotidiano Il Foglio il 22.6.2020. Molti degli stessi punti sono stati discussi nell’ambito dell’Osservatorio sui Contratti Pubblici dell’Associazione Italia Decide e di Aperta Contrada.

6) Eliminazione dell’incertezza delle fonti.  L’attuale sistema delle fonti (in senso ampio, comprendendo anche provvedimenti a carattere non normativo ma comunque rilevanti) appare complesso e confuso. In ambito Europeo abbiamo il Trattato e le Direttive, una serie di atti ricognitivi (libri verdi, determinazioni della Commissione, ecc.) e le sentenze della Corte di Giustizia. Nel diritto interno, il testo del Codice è continuamente oggetto di emendamenti e correzioni. Si aggiungono una molteplicità di fonti secondarie con contorni spesso non chiari: le linee guida vincolanti e non vincolanti dell’ANAC, i decreti ministeriali. In tale contesto, il decreto Sblocca Cantieri del 2019 aveva previsto l’introduzione di un nuovo Regolamento Attuativo, mai venuto alla luce. Da ultimo, alcuni istituti sono stati sospesi prima dallo Sblocca Cantieri e poi dai decreti Semplificazioni 2020 e 2021, che hanno introdotto anche numerose deroghe (di cui alcune, peraltro, a tempo) per talune categorie di contratti. A tutto questo, si sono aggiunte specifiche altre norme derogatorie per i progetti finanziati con il PNRR, contenute nel semplificazioni 2021. La conseguenza è la grande incertezza di chi deve concretamente applicare le norme, che deve essere eliminata. E’ stata, peraltro, recentemente riattivata la Cabina di Regia prevista dall’art. 212 del Codice, che svolge il compito di preparare proposte e correttivi consapevoli e che coordinasse i diversi attori.

7) Concentrazione e qualificazione delle stazioni appaltanti. Per un corretto esercizio della discrezionalità è necessaria una ulteriore concentrazione e qualificazione delle stazioni appaltanti con la definizione dei requisiti di qualità che devono possedere. Occorre dunque dare attuazione all’art. 38 del Codice, che per note resistenze politiche è rimasto inattuato. Sarebbe, dunque, auspicabile  la professionalizzazione del buyer pubblico, focalizzato sulla qualità dei risultati e sul supporto ai centri di spesa nelle scelte e nella programmazione. Su questo ruolo si deve investire in competenze e motivazione, per la arrivare anche a valorizzare il procurement come strumento dell’attuazione delle linee politiche di sviluppo del paese. Attualmente l’attuazione dell’art. 38 del Codice è oggetto di un protocollo di intesa tra la Presidenza del Consiglio e l’ANAC che dovrebbe portare all’emanazione delle nuove linee guida entro la fine di marzo del 2022.

8) Redistribuzione del peso delle diverse fasi della vita del contratto. Il Codice vigente appare fortemente focalizzato sulla fase dell’affidamento dei contratti pubblici, che certamente dovrebbe essere semplificata, mentre sono decisamente trascurate le fasi della programmazione del contratto da affidare (che comprende la progettazione) e dell’esecuzione. Se questo squilibrio si giustifica nelle direttive Europee, per il fatto che esse si occupano essenzialmente degli istituti che hanno rilevanza ed impatto sul mercato unico, esso non è spiegabile nel diritto interno. Occorre anche considerare che l’esperienza dimostra che sono proprio le fasi della programmazione e dell’esecuzione dei contratti, proprio perché trascurate, quelle che richiedono tempi più lunghi e che sono a maggiore rischio di corruzione.

9) Riforma dell’ANAC e potenziamento della vigilanza collaborativa. L’ANAC ha assunto ormai troppe anime e appare ormai inadeguata a svolgere tutte le funzioni che le sono assegnate. A tale autorità dovrebbero rimanere generali competenze di Autorità anti-corruzione e per trasparenza, trasversali e non caratterizzanti la sola materia dei contratti pubblici.
Per il settore dei contratti pubblici occorre ricreare un’Autorità di settore che si occupi dell’efficienza degli acquisti con: l’abbandono definitivo del modello delle linee guida vincolanti; lo sviluppo sistematico di linee guida non vincolanti, anche e soprattutto a carattere tecnico (sul modello delle best praticies); l’implementazione della funzione di vigilanza collaborativa e di ausilio alle stazioni appaltanti; una modalità operativa che risponda ad una logica non repressiva ma di fiducia/controllo.
Un terzo gruppo di proposte riguardano particolari settori e discipline.  Ad esempio, appare importante:

10) Restituire la necessaria autonomia alle discipline dei servizi e delle forniture. Le discipline dei servizi e delle forniture hanno perso la loro autonomia e sono state assorbite in quella dei lavori, che costituisce l’asse portante del Codice e alla quale vengono operati continui rinvii con locuzioni del tipo “per quanto applicabile” o “in quanto compatibile”. Se questo in parte è inevitabile, visto che la Direttive Europee del 2014 (così come quelle del 2004) hanno unificato i tre settori, è pure vero che i servizi e le forniture appaiono oltremisura sacrificati, con la conseguenza di ulteriore incertezza degli operatori. E’ dunque necessario curare in modo particolare questi due settori che, peraltro, hanno la caratteristica di essere più sensibili all’innovazione tecnologica e informatica di quanto non lo siano i lavori. Il ragionamento vale per le discipline degli appalti della parte II del codice ma ancora di più delle concessioni della parte III e dei contratti di partenariato pubblico privato della parte IV.

11) Rendere autosufficiente la disciplina delle concessioni. Le parte III del Codice è dedicata ai contratti di concessione e recepisce la direttiva 2014/23/UE. Tuttavia, mentre tale direttiva è autosufficiente rispetto alla 2014/24/UE sugli appalti pubblici il nostro Legislatore ha deciso di costruire la disciplina delle concessioni in modo non autonomo con continui riferimenti a quella sugli appalti della parte II, che si pone come disciplina generale dell’intero Codice. Il problema si pone in modo ancora più grave per le concessioni di servizi, visto che il rinvio alla disciplina applicabile in questo caso è doppio: il primo è dalla disciplina delle concessioni di servizi a quella sulle concessioni di lavori e il secondo, appunto dalle concessioni agli appalti. La conseguenza di tutti questi rinvii è quella di creare enormi incertezze sulla disciplina concretamente applicabile. Dunque, sarebbe auspicabile riscrivere la parte III del Codice in modo autosufficiente rispetto alla parte II, così risolvendo gli attuali dubbi interpretativi.

13) Revisione della discplina dei partenariati pubblico privati e coordinamento con quella delle concessioni. Le disposizioni della parte IV del Codice sono dedicate ai contratti di partenariato pubblico privato, categoria generale nella quale rientrano anche le concessioni disciplinate dalla parte III. Le due parti tuttavia non appaiono coordinate, come dimostra la questione della collacazione delle concessioni c.d. fredde, che pure essendo concessioni (dunque, sotto il cappello della direttiva 23/2014/UE) pare (ma il dubbio rimane) siano collacate nella parte IV (che, trattando di partenariati, non dovrebbe fare riferimento alla stessa direttiva 23/2014/UE). La disciplina dei vari tipi di contratti di PPP (leasing in contruendo, contratto di disponibilità, ecc) è stata acriticamente importata dal Codice del 2006 ed è piena di contraddizioni, errori e lacune. Sono stati, in ultimo, inseriti in tale parte altre tipologie di contratti (interventi di sussidiarietà orizzontale e baratto amministrativo) che non hanno alcuna parentela con il partenariato pubblico privato ma che potrebbero essere considerati un partenariato pubblico – sociale. Il problema si pone, ancora una volta per i servizi, dal momento che le disposizioni della parte IV sono costruite per i lavori e applicabili ai serivizi “in quanto compatibili” (art. 179 comma 3), lasciando grande incertezza sulla disciplina concretamente applicabile.

L’attuale disegno di legge delega appare molto generico nel dettare i principi della riforma che verrà. Ricorrono le parole “razionalizzazione”, “revisione”, “semplificazione”, “individuazione delle ipotesi”, “riduzione e certezza dei tempi”. In tale ambito, tutte le idee e proposte che sono state descritte potrebbero trovare attuazione.  Si tratta di una grande opportunità, che dovrebbe essere colta dal Legislatore Delegato.
Per alcune delle proposte segnalate si può però intravedere un pericolo, derivante dalle stesse milestone che sono previste dal PNRR. Il pericolo consiste nella eventualità che siano trascurati i temi che esulano dallo schema consueto contratto di appalto/procedure tradizionali. Il riferimento è, ad esempio, al tema dell’esaltazione delle particolarità dei servizi, del partenariato pubblico privato, della sistemazione della disciplina delle concessioni, dell’utilizzo delle procedure innovative e flessibili, fondate sul confronto pubblico/privato). Tali temi, peraltro, sono stati già trascurati in tutti gli interventi normativi degli ultimi anni (sblocca cantieri, semplificazioni 2020, semplificazioni 2021).
Gli stessi temi appaiono trascurati dalle milestone del PNRR in materia di contratti pubblici, che vale la pena ricordare.
La milestone M1C1-70, dopo l’affermazione che “la legge delega deve stabilire principi e criteri precisi per una riforma sistemica del codice dei contratti pubblici” prevede che la stessa legge delega deve dettare quantomeno i principi e criteri direttivi seguenti volti a ridurre la frammentazione delle stazioni appaltanti; semplificare e digitalizzare le procedure delle centrali di committenza; definire le modalità per digitalizzare le procedure per tutti gli appalti pubblici e concessioni e definire i requisiti di interoperabilità e interconnettività; ridurre progressivamente le restrizioni al subappalto.

Anche la milestone M1C1-69, già conseguita con il d.l. 77/2021, era focalizzata sulla parte II del Codice (contratti di appalto), aggiungendo il tema degli appalti strategici, ed ha trascurato le parti III (concessioni) e IV (PPP). La milestone M1C1 è dedicata alla digitalizzazione delle procedure; la milestone M1C1-86 e M1C1-98 sono dedicate alla formazione del personale; le milestone M1C1-87 e M1C1-99 sono dedicate all’utilizzo dei sistemi dinamici di acquisizione.
Particolarmente rilevanti, in ultimo, le due milestone che prefissano obbiettivi quantitativi precisi. In particolare:

– M1C1-84 (scadenza 31.12.2023) per il quale “Sulla base dei dati della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (banca dati TED) il lasso medio di tempo che intercorre tra la pubblicazione del bando e l’aggiudicazione dell’appalto deve essere ridotto a meno di 100 giorni per i contratti superiori alle soglie di cui alle direttive dell’Unione europea sugli appalti pubblici”.
– M1C1 – 85 (scadenza 31.12.2023) per il quale “Il tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione dell’infrastruttura (“fase esecutiva”) deve essere ridotto almeno del 15 per cento”.
– M1C1-97 (scadenza 31.12.2024) per la quale “Il tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione dell’infrastruttura (“fase esecutiva”) deve essere ridotto almeno del 15 per cento”. (tale milestone prevede il mantenimento del valore della precedente M1C1 – 85 fino al 31.12.2024).

Dunque, la presumibile attenzione che il Legislatore, nell’ambito dell’attuazione della legge Delega, darà agli obbiettivi del PNRR potrebbe determinare (nonostante le buone intenzioni contenute nell’attuale disegno di legge delega) il trascurare i temi che esulano dallo schema consueto contatto di appalto/procedure tradizionali, primi tra tutti quelli della collaborazione pubblico /privato, delle procedure flessibili, delle concessioni, delle peculiarità dei servizi. Potrebbe, in buona sostanza, ripetersi quanto già avvenuto con il Codice del 2016 che, nonostante le previsione della legge delega di allora, ha poco curato queste tematiche, con tutte le conseguenze che si possono osservare in termini di applicazione degli istituiti in questione.

Due elementi appaiono addirittura in controtendenza:
– l’abbondanza di fondi pubblici, disponibili con il PNRR, potrebbe portare il Legislatore a trascurare le forme di finanziamento privato di opere e servizi e dunque a trascurare il tema del partenariato che si fonda su tale presupposto.
– Il perseguimento dell’obbiettivo orizzontale e quantitativo di riduzione del tempo delle procedure potrebbe indurre il Legislatore a promuovere l’utilizzo delle procedure tradizionali e automatiche (certamente più rapide) in luogo di quelle flessibili e complesse (che possono richiedere evidentemente più tempo). Lo stesso obbiettivo della riduzione dei tempi di esecuzione delle infrastrutture può essere di ostacolo alla promozione da parte del Legislatore dell’utilizzo di contratti complessi che possono richiedere tempi di esecuzione più lunghi.

L’auspicio è che il Legislatore delegato si avveda di questi rischi e che possa correggere la rotta rispetto alle tendenze del passato, finalmente riuscendo a dare agli operatori del settore una disciplina efficiente, chiara e stabile.