Costituzione ed ambiente. Effetti sulla divisione dei poteri di una revisione costituzionale largamente condivisa
C’è un insieme di minacce che gravano sull’umanità e mettono in pericolo la sua sopravvivenza.
Il cambiamento climatico, l’innalzamento del livello dei mari, la distruzione della biodiversità, gli inquinamenti industriali, i processi di riduzione dei bacini idrici, la desertificazione, la deforestazione sono elementi di questo processo che, alla sua fine, potrebbe travolgere la stessa vita della nostra specie sul pianeta.
Agli intellettuali consapevoli tocca la parte di Tiresia.
Peraltro la questione dei limiti allo sviluppo era stata focalizzata già da Aurelio Peccei e dal Club di Roma a metà del secolo scorso.
Siamo di fronte a sessanta anni di inerzie.
E la guerra del gas prossima ventura ( il gas essendo la fonte energetica necessaria per uscire dal mondo delle energie fossili principali imputate del climate change ) dimostra che ora che si vanno creando i presupposti del cambiamento la storia – con i suoi duri conflitti – si rimette non casualmente in movimento ( per frenare pacifici processi evolutivi ).
Ai giuristi tocca ora la progettazione di principi, regole e procedure che consentano di adottare decisioni in grado di farci mutare la rotta.
Fra queste decisioni vi sono le riscritture delle Costituzioni novecentesche, mediante procedure di revisione costituzionale.
E’ quello che viene menzionato come green constitutionalism.
Le Costituzioni come Grundnormen sulle quali puntare per imporre limiti e vincoli a quelli che Luigi Ferrajoli chiama i “poteri selvaggi” degli Stati sovrani e dei mercati globali.
Ciò naturalmente è solo una risposta transitoria.
Un problema globale richiede una risposta globale.
Uno Stato mondiale, magari improntato a principi di giustizia ecologica.
Un nuovo Leviatano che rischia di essere neo-totalitario, soffocando le diversità che sono state prodotte dai travagli del Novecento.
La prospettiva kantiana dello Stato mondiale è tuttavia lontanissima, occuparsene non ha alcun senso, mentre sono aperte le danze sul baratro.
Dobbiamo riflettere – incalzati oggi dalla guerra – sempre più a partire dal mondo come è e non dall’idea di mondo che vorremmo che fosse.
Resta acquisita, sul piano puramente filosofico, la prospettiva di una rifondazione dei rapporti mondiali fra economia, diritto e politica, come necessità storica che si manifesterà certamente ( speriamo senza eccessivi travagli ).
Nel frattempo disponendo solo degli Stati nazionali come comunità politiche dobbiamo, nel lavoro culturale, seguire la loro rifondazione costituzionale con spirito critico ( evitando gli autoinganni del pensiero politicamente corretto vera e propria grande malattia della cultura occidentale che stende una cappa di conformismo sul mondo ed ostacola la libertà di manifestazione del pensiero aggravando le ragioni della crisi, esponendoci agli effetti non calcolati o non voluti di scelte apparentemente da tutti esaltate come manifestazioni di un nuovo spirito di giustizia e per questo motivo non costruite convenientemente ) .
La legge costituzionale n. 1 del 2022, approvata con la maggioranza dei due terzi dei componenti, interviene sugli articoli 9 e 41 della Costituzione per introdurre la tutela dell’ambiente nelle loro previsioni.
Il testo introduce un nuovo comma all’articolo 9 della Costituzione, al fine di riconoscere – nell’ambito dei principi fondamentali enunciati nella Costituzione – il principio di tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamato dal secondo comma dell’art. 9 Cost., si attribuisce alla Repubblica anche la tutela di tali aspetti.
Viene inoltre inserito un principio di tutela degli animali, attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi.
È al contempo oggetto di modifica l’articolo 41 della Costituzione in materia di esercizio dell’iniziativa economica. In primo luogo, si interviene sul secondo comma stabilendo che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all’ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti, ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. La seconda modifica investe, a sua volta, il terzo comma dell’articolo 41, riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali.
Il testo reca infine una clausola di salvaguardia per l’applicazione del principio di tutela degli animali, come introdotto dal progetto di legge costituzionale, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
L’introduzione della clausola ambientale in materia di principi fondamentali può essere vista come semplice recezione degli approdi della giurisprudenza costituzionale in materia di ambiente.
In Costituzione in verità vi è già la menzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” prevista dall’articolo 117, secondo comma della Costituzione – introdotto con la riforma del Titolo V approvata nel 2001 – nella parte in cui enumera le materie su cui lo Smenzione della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” previsto dall’articolo 117, secondo comma della Costituzione – introdotto con la riforma del Titolo V approvata nel 2001 – nella parte in cui enumera le materie su cui lo Stato abbia competenza legislativa esclusiva.
Ora però l’ambiente diviene un principio fondamentale equiordinato al paesaggio.
La Corte ha fatto riferimento (nella sentenza n. 179 del 2019) ad un “processo evolutivo diretto a riconoscere una nuova relazione tra la comunità territoriale e l’ambiente che la circonda, all’interno della quale si è consolidata la consapevolezza del suolo [di questo si trattava, in quel giudizio, ndr.] quale risorsa naturale eco-sistemica non rinnovabile, essenziale ai fini dell’equilibrio ambientale, capace di esprimere una funzione sociale e di incorporare una pluralità di interessi e utilità collettive, anche di natura intergenerazionale”.
“In questa prospettiva la cura del paesaggio riguarda l’intero territorio, anche quando degradato o apparentemente privo di pregio”, aggiunge la sentenza n. 71 del 2020 – la quale sottolinea altresì che “la tutela paesistico-ambientale non è più una disciplina confinata nell’ambito nazionale”, soprattutto in considerazione della Convenzione europea del paesaggio (adottata a Strasburgo dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 luglio 2000 e ratificata con legge n. 14 del 2006), secondo la quale “il concetto di tutela collega indissolubilmente la gestione del territorio all’apporto delle popolazioni” (donde “il passaggio da una tutela meramente conservativa alla necessità di valorizzare gli interessi pubblici e delle collettività locali con interventi articolati”, tra i quali, in quel caso, l’acquisizione e il recupero delle terre degradate).
Su questa evoluzione interpretativa della tutela, da paesaggistica (dunque morfologica, visiva, culturale) ad ambientale (costitutiva, valoriale, comunitaria), è intervenuta altresì la riforma del Titolo V, modificativa dell’articolo 117, secondo comma della Costituzione.
In tale ambito è stata introdotta la previsione della “tutela” dell’ambiente e dell’ecosistema, tra le materie riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (con attribuzione invece della “valorizzazione” dei beni ambientali alla potestà concorrente delle Regioni).
La Corte ha avuto modo di ribadire in proposito (con la sentenza n. 407 del 2002) come “l’evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una ‘materia’ in senso tecnico, qualificabile come ‘tutela dell’ambiente’, dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze”. Donde “una configurazione dell’ambiente come ‘valore’ costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia ‘trasversale’, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale”.
L’ambiente come valore costituzionalmente protetto (e come entità organica complessa: sentenza n. 378 del 2007) fuoriesce da una visuale esclusivamente ‘antropocentrica’. Nella formulazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), ambiente ed ecosistema non si risolvono in un’endiadi, in quanto, “col primo termine si vuole, soprattutto, fare riferimento a ciò che riguarda l’habitat degli esseri umani, mentre con il secondo a ciò che riguarda la conservazione della natura come valore in sé” (sentenza n. 12 del 2009).
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