La risoluzione storica del partito comunista cinese

Introduzione
La VI Sessione Plenaria del 19o Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, in occasione del centenario dalla fondazione del Partito, avvenuta il 1 luglio 1921, ha prodotto la terza Risoluzione Storica del Partito Comunista Cinese (中国共产党)[1]. Il documento è accompagnato da un articolo a firma di Xi Jinping, “Esperienza del Partito nell’ultimo secolo”, che fornisce alcuni chiarimenti[2].
Si tratta, come si accennava, della terza volta che il Partito, nei suoi cent’anni di storia, cristallizza una valutazione sul proprio ruolo storico in un’interpretazione ufficiale. Le precedenti Risoluzioni Storiche sono state adottate nel da Mao Zedong nel 1945 e da Deng Xiaoping nel 1981.
E’ bene aggiungere che l’analisi del partito sul proprio operato è un’attività continua, che oltre alle risoluzioni storiche, emerge consolidandosi in altri importanti testi. Il più importante tra questi è il Preambolo della Costituzione del 1982, che, pubblicato solo un anno dopo la seconda Risoluzione storica (1981), incastona la Costituzione cinese in una visione marxista materialista della storia. All’interno della Costituzione, il Preambolo storico, per la sua stessa natura di visione ufficiale del Partito sulla storia cinese contemporanea e sul ruolo che il Partito in essa svolge, rappresenta uno degli elementi rigidi ed immutabili della Costituzione.

Le origini.
Il confronto tra la Risoluzione storica del 1945 e quella del 1981 evidenzia il passaggio del Partito Comunista Cinese dalla fase iniziale di partito di lotta a quella del partito come struttura organizzativa. La Risoluzione del ’45, infatti, ha avuto il ruolo di creare una narrazione condivisa all’interno del Partito, sull’andamento di 28 anni di guerriglia dalla fondazione del Partito nel 1921 alla costituzione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Dalla base di Yan’an, Mao raccontava il Partito come una forza la cui missione storica era l’anti-imperialismo, riferendosi sia all’espansionismo giapponese a lui contemporaneo[3], sia al colonialismo occidentale che aveva portato al collasso dell’impero cinese. La presenza occidentale in Cina nel 1945 era limitata e consisteva in buona parte di truppe Alleate che combattevano i giapponesi. Eppure, l’Occidente aveva avviato con le Guerre dell’Oppio il processo che aveva  trasformato la Cina in una società semi-coloniale e semi-feudale.  Una manciata di “sfruttatori dei lavoratori” beneficiava della disunione, della debolezza, dei privilegi concessi alle potenze straniere attraverso i cosiddetti Trattati diseguali (conosciuti in Occidente come Trattati di Nanchino del 1849). Oltre ad essere una reazione anti-imperialista, il Partito era al contempo una forza rivoluzionaria. La resistenza contro l’invasore giapponese coesisteva con la lotta rivoluzionaria per liberare la Cina dalle strutture feudali alle quali era legata da migliaia di anni e che secondo Mao erano funzionali a mantenere le masse di lavoratori legate al giogo imposto dai propri signori feudali, la cui forza derivava dall’appoggio di potenze straniere.

Il partito di lotta al governo.
Dalle Risoluzioni successive, compresa quella attuale, nonché dal Preambolo della Costituzione, è evidente come il Partito Comunista Cinese abbia mantenuto una natura di Partito di lotta ben oltre la costituzione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Le maggiori battaglie combattute dal Partito dopo la presa di potere non sono state le fortunate campagne militari che hanno portato all’unificazione militare delle Cina (eliminazione dei signori della guerra e delle forze del Kuomintang, liberazione del Tibet dalla teocrazia lamaista e unificazione della terraferma cinese), né l’aver arrestato l’avanzata americana in Corea. Si è invece trattato di battaglie contro i “mali” interni alla Cina: dapprima i “tre mali” (corruzione, spreco e burocrazia) e successivamente i “cinque mali“ (corruzione, evasione fiscale, uso indebito dei beni pubblici, le truffe ai danni dello stato ed i furti di informazioni economiche). Tralasciando le  numerazioni ed elencazioni che punteggiano le ricostruzioni storiche cinesi, la Risoluzione del 2021 evidenzia come, in realtà, tutta l’attività di governo nei primi anni successivi alla fondazione della Repubblica Popolare sia stato un insieme di battaglie economiche e sociali, dalla trasformazione dell’agricoltura all’eguaglianza (almeno formale) delle donne.
La narrazione degli anni ’60 e ’70 del Novecento, durante i quali si è svolta la Rivoluzione Culturale, è estremamente complessa. Da un lato, la Risoluzione del ’21, pone l’accento sulle grandi innovazioni tecnologiche e sulle modernizzazioni verificatesi in quegli anni. La Cina rimaneva un Paese disperatamente povero e ancorato ad un’economia agraria, ma aveva acquisito alcune tecnologie militari necessarie alla sua sopravvivenza, come le armi nucleari, missili, satelliti, oltre ad un’aviazione ed una marina moderne. D’altro canto, le modernizzazioni hanno riguardato la stessa struttura del Partito, in delle campagne che sono però degenerate in una lotta troppo ampia.
In questi termini, la Rivoluzione culturale può essere compresa come la tensione tra la volontà rivoluzionaria del Partito comunista organizzazione combattente e la tendenza dello stesso Partito a maturare in una struttura organizzativa tendente alla preservazione di sé stessa. Al tentativo di “incoraggiare i quadri allo studio della teoria, all’accrescimento del sapere, al miglioramento delle capacità di comando”, si affianca un rafforzamento della disciplina del partito stesso, sfociato in campagne (sanguinose) contro “la burocratizzazione, lo spreco, l’appropriazione, la tendenza a comandare gli altri e i favoritismi”.

Le lezioni fondamentali di Mao, secondo Xi.
Secondo la Risoluzione, il pensiero di Mao Zedong è la corretta applicazione del Marxismo-Leninismo al contesto cinese. Esso si concentra sulla distinzione tra nemici esterni, gli imperialisti, e nemici interni, contro i quali si deve rivolgere la lotta di classe. Il pensiero di Mao, secondo Xi, si traduce in tre grandi principi che continuano tutt’ora ad indirizzare il modus operandi del partito: cercare la verità nei fatti o实事求是, la “linea di massa” o群众路线 ed il mantenimento dell’indipendenza. Cercare la verità nei fatti è un invito al pragmatismo ed ad un approccio scientifico nel governo. Le convinzioni ideologiche devono arretrare innanzi all’evidenza scientifica ed empirica. La legge deve avere un fondamento scientifico e mirare alla risoluzione di problemi concreti. Nel proclamare di cercare la verità nei fatti, il Partito ammette candidamente la propria inesperienza e fallibilità, dipingendo il progresso della Nazione cinese verso il socialismo come un percorso lento e puntellato di errori.  Anche i grandi errori pratici del maoismo, che sono il grande balzo in avanti e la rivoluzione culturale, sono apertamente ammessi e condannati[4].
La linea di massa è l’applicazione al contesto comunista della benevolenza confuciana, l’idea che una struttura organizzativa autocratica possa e debba operare nell’interesse del popolo. Secondo un’interpretazione del Congresso Nazionale del Popolo del 2013, linea di massa vuol dire che il popolo è la forza che decide il destino del Paese ed è pertanto in esso che il governo deve cercare consiglio[5]. “I decreti sono seguiti se conformi alle aspirazioni del popolo e inefficaci se ad esse contrari”, recita una nota massima della scuola confuciana.
Per quanto riguarda il principio maoista dell’indipendenza, è opportuno menzionare il distacco dalla politica diplomatica cinese dell’epoca semi-coloniale. Al servilismo del tardo impero Qing e della Repubblica nazionalista si sostituiva una Cina rivoluzionaria che ambiva ad essere modello per tutti i Paesi vittime del colonialismo e che ispirava la propria politica estera al principio di non interferenza e all’opposizione all’imperialismo, all’egemonia occidentale, al colonialismo ed al razzismo.  L’indipendenza ha però anche un risvolto interno, che è la convinzione che non esista un modello di sviluppo universalmente applicabile, tantomeno che la Cina possa seguire il percorso storico dei Paesi occidentali.

Dalla rivoluzione alla riforma.
Il Gaige Kaifang o 改革开放 (1978 – 2012), il periodo di apertura all’estero, modernizzazione socialista e riforma voluto da Deng, secondo Xi, si caratterizza per l’abbandono del concetto di lotta di classe. Cercando la verità nei fatti, e quindi seguendo un percorso di faticosa sperimentazione, il Partito ha identificato il principale nemico del popolo cinese non più nell’imperialismo o nei controrivoluzionari, bensì nelle condizioni sociali che impedivano al popolo di soddisfare i propri bisogni materiali. L’obiettivo del Partito è così diventato di trasformare la Cina in una “società moderatamente prospera”. Cercare la verità nei fatti è ciò che ha consentito al Partito di ammettere i limiti di un’impostazione eccessivamente dogmatica e così di utilizzare soluzioni pratiche di varia natura. Il sistema di contratti a responsabilità familiare, che di fatto riportava i lotti agricoli alla gestione delle famiglie di contadini, sottraendoli alle comuni, ha di fatto rappresentato la negazione delle riforme agricole volute da Mao. La prerogativa degli individui di gestire cose di proprietà statale o collettiva[6], liberi dalla stretta supervisione si è sviluppata dapprima nei mercati socialisti, e successivamente nel socialismo di mercato. Qui il libero mercato non è preso in considerazione come un fine ultimo che lo Stato deve perseguire o come una fonte di regole per gli individui, ma come uno strumento di allocazione delle risorse particolarmente efficiente, che può coesistere con meccanismi di redistribuzione della ricchezza.

L’apertura ha portato la Cina dapprima ad importare tecnologie e metodi produttivi attraverso le zone economiche speciali, fino ad arrivare a fare parte dell’OMC ed esportare prodotti in tutto il mondo. La Cina ha resistito al crollo dell’Unione sovietica, alla crisi finanziaria Asiatica, ha organizzato le Olimpiadi del 2008, nonché resistito a numerosi disastri naturali, tra cui la SARS.
In politica estera, Deng ha concepito il sistema “un Paese, due Sistemi”, che ha consentito il pacifico ritorno di Hong Kong e Macao sotto la sovranità cinese, ponendo così fine all’ultimo lascito del  “secolo delle umiliazioni” (come i cinesi si riferiscono al 1848 – 1948).
La Risoluzione individua il 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista, apertosi nel 2012, come l’inizio di una nuova era, quando, per inciso, Xi Jinping ha preso il posto di Hu Jintao come Segretario Generale del Partito Comunista Cinese. E’ interessante notare che nella narrativa storica che si descrive, il passaggio dall’ideologia di Mao all’approccio sperimentale di Deng, è giustificato da circostanze che la Risoluzione presenta come fatti storici oggettivi: la necessità di concentrare il lavoro del Partito dalla lotta di classe alla riforma economica. Se il 2012 rappresenta un passaggio verso una nuova era, occorre chiarire cosa giustifica un cambiamento di rotta. In larga parte, la Risoluzione storica glorifica l’azione del Partito negli ultimi anni. Le necessità che giustificano un cambiamento di rotta non sono elencate in modo esplicito, ma solo accennate, attraverso omissioni e allusioni.
Mentre la figura di Deng Xiaoping è riverita come la figura centrale nel processo di modernizzazione del Paese, Jiang Zemin e ancor più Hu Jintao sono raramente menzionati[7]. In un breve passaggio si aggiunge però che, in passato, il governo lassista e debole ha consentito alla corruzione di dilagare tra i ranghi del Partito, corrompendo i rapporti tra pubblico e privato.

Il ruolo di Xi e del Partito nel futuro, tra disciplina interna e diritto.
La Risoluzione identifica un gran numero di obiettivi che la Cina deve raggiungere entro il 2050, che la trasformerebbero sostanzialmente in una superpotenza con un ruolo centrale nella scena internazionale. Questi vanno dalla riforma dell’Esercito di Liberazione Popolare allo sviluppo di tecnologie verdi ma non sono l’unico oggetto della Risoluzione storica.
L’obiettivo primario è infatti identificato nel riequilibrio delle diseguaglianze che affliggono il Paese e la cui soluzione è identificata in una migliore disciplina di Partito. Dopo essere stato partito di lotta e partito di riforma, il PCC deve trovare una nuova veste di struttura organizzativa. Di grande interesse è quindi il rapporto, cui la Risoluzione fa riferimento, tra disciplina interna del Partito e legge, che rappresenta in realtà una questione antica quanto il partito stesso.
Commissioni disciplinari sono esistite nel PCC fin dalla sua costituzione. Il processo di specializzazione delle commissioni nella risoluzione di problemi amministrativi ha tuttavia preso il via nel 1949, con l’istituzione della Commissione Centrale di Ispezione Disciplinare del Partito(中央纪律检查委员会) e della Commissione di Supervisione Centrale del Popolo. La gestione di più ampie campagne punitive era tuttavia gestita direttamente dai Comitati di Partito, vale a dire il sistema nervoso centrale del Partito[8]. L’abuso di tali campagne ha portato alla costituzione di una Commissione Centrale di Supervisione del Partito, un organismo eletto dai rappresentanti delle Commissioni di Supervisione di Partito. Nelle fasi iniziali della Rivoluzione Culturale, questi organi disciplinari sono stati coinvolti nelle campagne anticorruzione, fino a divenirne vittima essi stessi. Nel corso del decennio 1965 – 1976, sono stati sostituiti dai Gruppi di Esaminazione Speciali 专案组, che venivano costituiti di volta in volta per esaminare casi specifici.
Alla fine degli Anni ‘70 le commissioni disciplinari di Partito sono state ripristinate, deprivate però del potere di giudicare l’operato dei funzionari pubblici che non fossero membri del Partito. Contemporaneamente, è stato accresciuto il potere delle Procure del Popolo, organismi esterni alla struttura del Partito. Queste, sebbene sprovviste di adeguate garanzie di indipendenza (anzi, l’adesione al Partito dei componenti di Procure e Tribunali del Popolo non era vietata) sono soggetti distinti dal Partito.
Le indagini da queste svolte, in particolare casi di corruzione, potevano arrivare a coinvolgere membri del Partito. Peraltro, nel trentennio 1978 – 2012, un crescente numero di non-membri del Partito ha potuto accedere ai più alti livelli della pubblica amministrazione, il che ha portato ad un’ulteriore diluzione del potere delle commissioni disciplinari di partito. Dal momento che le indagini coinvolgevano frequentemente soggetti esterni al partito, le commissioni si trovavano a dover cooperare con il Ministero della Sicurezza (che a sua volta, nelle gerarchie della piramide istituzionale cinese, ricopre un ruolo che non gli consente di avviare investigazioni sui soggetti che abbiano un rango più alto di quello di Ministro).
Rimaneva vivo il potere del Partito di sostituirsi alle procure, che però doveva essere attivato per singoli casi e non era generalizzato. Il fatto che le procure non fossero munite di sufficienti garanzie non implicava necessariamente che le prerogative ad esse attribuite fossero sistematicamente violate.
L’attribuzione alle Procure del potere di vigilare sull’operato degli organi pubblici ha rappresentato un tassello fondamentale nella costruzione dello Stato cinese come secondo potere affiancato al Partito, trasferendo l’amministrazione della giustizia amministrativa dalle mani del Partito allo Stato. Peraltro, ciò è avvenuto di pari passo con l’emersione di alcune pratiche proprie degli Stati di diritto. Sono state previste tutele dell’integrità fisica dei soggetti sottoposti a procedimenti penali; una crescente professionalizzazione dei funzionari coinvolti nell’amministrazione del diritto, ed un’ espansione del sistema legale.
L’azione delle procure è stata particolarmente importante perché il ridimensionamento delle Commissioni Disciplinari ha finito con il renderle inidonee a svolgere il loro ruolo primario, vale a dire assicurare la disciplina dei funzionari del Partito. Il tentativo di assoggettare le commissioni disciplinari a meccanismi democratici interni al Partito era degenerato in un meccanismo in cui i componenti delle commissioni disciplinari erano nominati dai comitati di partito che avrebbero dovuto controllare[9]. Tenuto conto che le procure erano a loro volta soggette al potere dei quadri locali di Partito, è evidente come il sistema cinese fosse sprovvisto di rimedi efficaci contro la corruzione dilagante soprattutto nelle ramificazioni periferiche dello Stato[10].
Il periodo successivo al 2012 si è aperto con un’estesa campagna anticorruzione (2012-2017), guidata dalla Commissione Disciplinare del Partito Comunista che ambiva a colpire “tanto le tigri quanto le mosche”, vale a dire a reprimere la corruzione sia a livello centrale, sia a livello locale, in seguito alla quale la Commissione per gli Affari Politici e Legali del PCC è Stata relegata ad un’attività principalmente di ricerca. Nel lustro 2007 – 2012, la Commissione per gli Affari Politici e Legali, sotto la guida del potente Zhou Yongkang, era stata in effetti al centro di numerosi scandali per aver utilizzato le procure allo scopo di promuovere gli interessi di alcune frange del PCC.
La Decisione del Quarto Plenum del 18o Congresso del PCC, tenutasi nel 2014, aveva affrontato per la prima volta, in modo diretto e autoritativo, il problema del ruolo della legge in Cina. Il termine yifazhiguo, 依法治国 “governare lo Stato secondo diritto”, era utilizzato fin dai tempi di Jiang Zemin. Quest’ultimo, in numerosi discorsi, si serviva del termine nell’accezione “occidentale”, sostenendo che fosse opportuno condizionare l’efficacia dell’azione pubblica al rispetto della legge e l’attività legislativa al rispetto della Costituzione. Con il Quarto Plenum, la concezione di yifazhiguo è cambiata. Lo Stato di diritto è un modello di governo, caratterizzato da professionalità e trasparenza dell’operato dei giuristi-funzionari scelti in modo meritocratico (garantendo così il ricambio dei quadri, anche in applicazione al principio della linea di massa), con lo scopo di proiettare la Cina verso il grande ringiovanimento. Allo stesso tempo nel documento si dice che il PCC deve esercitare la leadership attraverso tutti i processi dello Stato di diritto, mettendo così fine alla suggestione che la costituzione e la legge cinese potessero arrivare a delimitarne i poteri.

L’aspetto più problematico è conciliare le due componenti della teoria dell’yifazhiguo: da un lato professionalizzazione dell’amministrazione della cosa pubblica attraverso il diritto, dall’altro, l’espresso riconoscimento della superiorità del partito alla legge. Il Partito è profondamente intrecciato nella struttura della pubblica amministrazione, tanto da risultarne difficilmente distinguibile. E’ evidente dunque che il ruolo del diritto è di essere strumento di realizzazione della riforma, strumento che poiché però non può vincolare il partito, deve necessariamente coesistere con dei meccanismi disciplinari, interni al partito stesso.
L’appropriazione esclusiva della definizione del concetto di Stato di diritto da Parte del Partito ha posto le premesse per una rinnovata centralità della disciplina di Partito nell’architettura statale. Nel 2018, è stata promulgata una Legge sulla Supervisione Nazionale (监察法). Questa costituisce Commissioni di Supervisione (监察委员会), che hanno in larga parte assorbito i funzionari delle Procure del Popolo. Le Commissioni esistono a tutti i livelli amministrativi, e sono organizzate secondo una struttura piramidale che riproduce quella dello Stato cinese. Al vertice di questa struttura di controllo, è posta la Commissione di Supervisione Nazionale. Le Commissioni hanno un ampio numero di poteri: valutano l’operato di tutti i funzionari pubblici, investigando su illeciti penali e amministrativi legati alla gestione della cosa pubblica, esercitano attività anticorruzione e contabili in senso ampio, nonché attività di indottrinamento e rieducazione politica(art. 3). L’art. 4 della legge stabilisce un principio di indipendenza rispetto all’interferenza delle autorità amministrative, che sono anzi tenute ad assistere le commissioni di supervisione. Le competenze delle Commissioni di Supervisione si rivolgono verso qualunque organizzazione ed entità alla quale sono affidati affari pubblici, incluso il Partito Comunista, il Congresso del Popolo, il Governo, i Tribunali, le aziende di stato, ecc. e costituire delle unità di supervisione inserite nella struttura delle organizzazioni che coinvolgono o inviare supervisori.
Hanno il potere di perquisire la persona, i beni, il domicilio, i dati elettronici della persona soggetta a investigazione, con l’obbligo di presentare un mandato (emanato dalla stessa Commissione di Supervisione) e di consentire la presenza dei familiari dell’investigato. Questo appare essere l’unico presidio a tutela dei soggetti a procedimenti disciplinari.
La Risoluzione storica allude alla portata troppo estesa delle campagne contro gli elementi di destra, svoltesi durante la Rivoluzione Culturale, come a una delle applicazioni pratiche scorrette del pensiero maoista. I Comitati di Ispezione Disciplinare, all’epoca, erano muniti di un potere di ispezionare trasversalmente tutti i soggetti coinvolti in crimini contro il patrimonio pubblico. Durante la Rivoluzione Culturale sono arrivati a competere per influenza con i Comitati di Partito, finché non sono essi stessi caduti sotto i colpi delle Guardie Rosse.
Xi Jinping, che ha trascorso la sua adolescenza in esilio nella contea rurale di Yangchun in seguito all’epurazione del padre, Xi Zhongxun, conosce i cicli storici che i tentativi di sottoporre l’amministrazione disciplinare del Partito e la giustizia amministrativa ordinaria sotto un’unica autorità hanno avviato. Nella Risoluzione, la consapevolezza sulle difficoltà di gestione che un sistema di disciplina di partito comporterà traspare, ma solo i fatti potranno chiarire se il nuovo sistema di Commissioni di Supervisione saprà trarne vantaggio.

Note

1.  Il documento può essere consultato presso il link http://www.news.cn/english/2021-11/16/c_1310314611.htmhttp://www.news.cn/english/2021-11/16/c_1310314611.htm

2.  L’articolo può essere consultato presso.

3.  la stessa Yan’an, città nella Cina centrale dove i comunisti hanno avuto la loro base principale dalla fine della lunga marcia alla fine della Guerra civile nel ’49 era soggetta a frequenti bombardamenti giapponesi.

4.  Beninteso, la figura di Mao viene comunque mantenuta in una luce positiva, poiché le principali colpe sono attribuite a Lin Biao.

5.  http://www.npc.gov.cn/englishnpc/c23934/202005/77af8d1ff8eb42dc9e49bedd8051fca8.shtml

6.  Il sistema giuridico cinese conosce tre forme di proprietà, v. GCR.

7.  Si può aggiungere che il successore identificato da Hu Jintao non era Xi Jinping, ma problabilmente  Ling Jihua, Capo dell’Ufficio Generale del PCC tra il 2007 e il 2012. Le fortune politiche di Ling hanno subito un tracollo nel 2012, quando il figlio di Ling Jihua, Ling Gu, è morto in un incidente stradale a Pechino a bordo di una Ferrari con due donne nude, dando il via ad uno scandalo che ha gettato luce sulla corruzione all’interno dei ranghi del Partito. https://www.scmp.com/news/china/article/1081916/oil-chief-quizzed-over-bid-cover-death-hu-aides-son-ferrari-crash. Dopo essere stato espulso dal Partito nel 2015, attualmente Ling Jihua sconta un ergastolo per corruzione, possesso illecito di segreti di Stato e abuso di potere.

8.  LING LI, The Organizational Weapon of the Chinese Communist Party: China’s Disciplinary Regime From Mao to Xi Jinping, in Law and the Party in China, a cura di R. CREEMERS e S.TREVASKES, p. 199.

9.  L. SULLIVAN, The Role of the Control Organs in the Chinese Communist Party (1977 – 1983), in Asian Survey, 1984.

10.  E’ significativo che, nei primi anni ’90, la Commissione avesse promulgato un documento interno che includeva cinque divieti rivolti ai membri del Partito Comunista. Questi dovevano astenersi da: svolgere attività imprenditoriale, prestare il proprio lavoro in entità economiche, effettuare investimenti finanziari, accettare doni, utilizzare fondi pubblici per “svaghi lussuosi”. Il divieto è riportato da X. GUO, in Controlling Corruption in the Party: China’s Central Discipline Inspection Commission, in The China Quarterly, 2014.