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La risoluzione storica del partito comunista cinese

di - 10 Gennaio 2022
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L’apertura ha portato la Cina dapprima ad importare tecnologie e metodi produttivi attraverso le zone economiche speciali, fino ad arrivare a fare parte dell’OMC ed esportare prodotti in tutto il mondo. La Cina ha resistito al crollo dell’Unione sovietica, alla crisi finanziaria Asiatica, ha organizzato le Olimpiadi del 2008, nonché resistito a numerosi disastri naturali, tra cui la SARS.
In politica estera, Deng ha concepito il sistema “un Paese, due Sistemi”, che ha consentito il pacifico ritorno di Hong Kong e Macao sotto la sovranità cinese, ponendo così fine all’ultimo lascito del  “secolo delle umiliazioni” (come i cinesi si riferiscono al 1848 – 1948).
La Risoluzione individua il 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista, apertosi nel 2012, come l’inizio di una nuova era, quando, per inciso, Xi Jinping ha preso il posto di Hu Jintao come Segretario Generale del Partito Comunista Cinese. E’ interessante notare che nella narrativa storica che si descrive, il passaggio dall’ideologia di Mao all’approccio sperimentale di Deng, è giustificato da circostanze che la Risoluzione presenta come fatti storici oggettivi: la necessità di concentrare il lavoro del Partito dalla lotta di classe alla riforma economica. Se il 2012 rappresenta un passaggio verso una nuova era, occorre chiarire cosa giustifica un cambiamento di rotta. In larga parte, la Risoluzione storica glorifica l’azione del Partito negli ultimi anni. Le necessità che giustificano un cambiamento di rotta non sono elencate in modo esplicito, ma solo accennate, attraverso omissioni e allusioni.
Mentre la figura di Deng Xiaoping è riverita come la figura centrale nel processo di modernizzazione del Paese, Jiang Zemin e ancor più Hu Jintao sono raramente menzionati[7]. In un breve passaggio si aggiunge però che, in passato, il governo lassista e debole ha consentito alla corruzione di dilagare tra i ranghi del Partito, corrompendo i rapporti tra pubblico e privato.

Il ruolo di Xi e del Partito nel futuro, tra disciplina interna e diritto.
La Risoluzione identifica un gran numero di obiettivi che la Cina deve raggiungere entro il 2050, che la trasformerebbero sostanzialmente in una superpotenza con un ruolo centrale nella scena internazionale. Questi vanno dalla riforma dell’Esercito di Liberazione Popolare allo sviluppo di tecnologie verdi ma non sono l’unico oggetto della Risoluzione storica.
L’obiettivo primario è infatti identificato nel riequilibrio delle diseguaglianze che affliggono il Paese e la cui soluzione è identificata in una migliore disciplina di Partito. Dopo essere stato partito di lotta e partito di riforma, il PCC deve trovare una nuova veste di struttura organizzativa. Di grande interesse è quindi il rapporto, cui la Risoluzione fa riferimento, tra disciplina interna del Partito e legge, che rappresenta in realtà una questione antica quanto il partito stesso.
Commissioni disciplinari sono esistite nel PCC fin dalla sua costituzione. Il processo di specializzazione delle commissioni nella risoluzione di problemi amministrativi ha tuttavia preso il via nel 1949, con l’istituzione della Commissione Centrale di Ispezione Disciplinare del Partito(中央纪律检查委员会) e della Commissione di Supervisione Centrale del Popolo. La gestione di più ampie campagne punitive era tuttavia gestita direttamente dai Comitati di Partito, vale a dire il sistema nervoso centrale del Partito[8]. L’abuso di tali campagne ha portato alla costituzione di una Commissione Centrale di Supervisione del Partito, un organismo eletto dai rappresentanti delle Commissioni di Supervisione di Partito. Nelle fasi iniziali della Rivoluzione Culturale, questi organi disciplinari sono stati coinvolti nelle campagne anticorruzione, fino a divenirne vittima essi stessi. Nel corso del decennio 1965 – 1976, sono stati sostituiti dai Gruppi di Esaminazione Speciali 专案组, che venivano costituiti di volta in volta per esaminare casi specifici.
Alla fine degli Anni ‘70 le commissioni disciplinari di Partito sono state ripristinate, deprivate però del potere di giudicare l’operato dei funzionari pubblici che non fossero membri del Partito. Contemporaneamente, è stato accresciuto il potere delle Procure del Popolo, organismi esterni alla struttura del Partito. Queste, sebbene sprovviste di adeguate garanzie di indipendenza (anzi, l’adesione al Partito dei componenti di Procure e Tribunali del Popolo non era vietata) sono soggetti distinti dal Partito.
Le indagini da queste svolte, in particolare casi di corruzione, potevano arrivare a coinvolgere membri del Partito. Peraltro, nel trentennio 1978 – 2012, un crescente numero di non-membri del Partito ha potuto accedere ai più alti livelli della pubblica amministrazione, il che ha portato ad un’ulteriore diluzione del potere delle commissioni disciplinari di partito. Dal momento che le indagini coinvolgevano frequentemente soggetti esterni al partito, le commissioni si trovavano a dover cooperare con il Ministero della Sicurezza (che a sua volta, nelle gerarchie della piramide istituzionale cinese, ricopre un ruolo che non gli consente di avviare investigazioni sui soggetti che abbiano un rango più alto di quello di Ministro).
Rimaneva vivo il potere del Partito di sostituirsi alle procure, che però doveva essere attivato per singoli casi e non era generalizzato. Il fatto che le procure non fossero munite di sufficienti garanzie non implicava necessariamente che le prerogative ad esse attribuite fossero sistematicamente violate.
L’attribuzione alle Procure del potere di vigilare sull’operato degli organi pubblici ha rappresentato un tassello fondamentale nella costruzione dello Stato cinese come secondo potere affiancato al Partito, trasferendo l’amministrazione della giustizia amministrativa dalle mani del Partito allo Stato. Peraltro, ciò è avvenuto di pari passo con l’emersione di alcune pratiche proprie degli Stati di diritto. Sono state previste tutele dell’integrità fisica dei soggetti sottoposti a procedimenti penali; una crescente professionalizzazione dei funzionari coinvolti nell’amministrazione del diritto, ed un’ espansione del sistema legale.
L’azione delle procure è stata particolarmente importante perché il ridimensionamento delle Commissioni Disciplinari ha finito con il renderle inidonee a svolgere il loro ruolo primario, vale a dire assicurare la disciplina dei funzionari del Partito. Il tentativo di assoggettare le commissioni disciplinari a meccanismi democratici interni al Partito era degenerato in un meccanismo in cui i componenti delle commissioni disciplinari erano nominati dai comitati di partito che avrebbero dovuto controllare[9]. Tenuto conto che le procure erano a loro volta soggette al potere dei quadri locali di Partito, è evidente come il sistema cinese fosse sprovvisto di rimedi efficaci contro la corruzione dilagante soprattutto nelle ramificazioni periferiche dello Stato[10].
Il periodo successivo al 2012 si è aperto con un’estesa campagna anticorruzione (2012-2017), guidata dalla Commissione Disciplinare del Partito Comunista che ambiva a colpire “tanto le tigri quanto le mosche”, vale a dire a reprimere la corruzione sia a livello centrale, sia a livello locale, in seguito alla quale la Commissione per gli Affari Politici e Legali del PCC è Stata relegata ad un’attività principalmente di ricerca. Nel lustro 2007 – 2012, la Commissione per gli Affari Politici e Legali, sotto la guida del potente Zhou Yongkang, era stata in effetti al centro di numerosi scandali per aver utilizzato le procure allo scopo di promuovere gli interessi di alcune frange del PCC.
La Decisione del Quarto Plenum del 18o Congresso del PCC, tenutasi nel 2014, aveva affrontato per la prima volta, in modo diretto e autoritativo, il problema del ruolo della legge in Cina. Il termine yifazhiguo, 依法治国 “governare lo Stato secondo diritto”, era utilizzato fin dai tempi di Jiang Zemin. Quest’ultimo, in numerosi discorsi, si serviva del termine nell’accezione “occidentale”, sostenendo che fosse opportuno condizionare l’efficacia dell’azione pubblica al rispetto della legge e l’attività legislativa al rispetto della Costituzione. Con il Quarto Plenum, la concezione di yifazhiguo è cambiata. Lo Stato di diritto è un modello di governo, caratterizzato da professionalità e trasparenza dell’operato dei giuristi-funzionari scelti in modo meritocratico (garantendo così il ricambio dei quadri, anche in applicazione al principio della linea di massa), con lo scopo di proiettare la Cina verso il grande ringiovanimento. Allo stesso tempo nel documento si dice che il PCC deve esercitare la leadership attraverso tutti i processi dello Stato di diritto, mettendo così fine alla suggestione che la costituzione e la legge cinese potessero arrivare a delimitarne i poteri.

Note

7.  Si può aggiungere che il successore identificato da Hu Jintao non era Xi Jinping, ma problabilmente  Ling Jihua, Capo dell’Ufficio Generale del PCC tra il 2007 e il 2012. Le fortune politiche di Ling hanno subito un tracollo nel 2012, quando il figlio di Ling Jihua, Ling Gu, è morto in un incidente stradale a Pechino a bordo di una Ferrari con due donne nude, dando il via ad uno scandalo che ha gettato luce sulla corruzione all’interno dei ranghi del Partito. https://www.scmp.com/news/china/article/1081916/oil-chief-quizzed-over-bid-cover-death-hu-aides-son-ferrari-crash. Dopo essere stato espulso dal Partito nel 2015, attualmente Ling Jihua sconta un ergastolo per corruzione, possesso illecito di segreti di Stato e abuso di potere.

8.  LING LI, The Organizational Weapon of the Chinese Communist Party: China’s Disciplinary Regime From Mao to Xi Jinping, in Law and the Party in China, a cura di R. CREEMERS e S.TREVASKES, p. 199.

9.  L. SULLIVAN, The Role of the Control Organs in the Chinese Communist Party (1977 – 1983), in Asian Survey, 1984.

10.  E’ significativo che, nei primi anni ’90, la Commissione avesse promulgato un documento interno che includeva cinque divieti rivolti ai membri del Partito Comunista. Questi dovevano astenersi da: svolgere attività imprenditoriale, prestare il proprio lavoro in entità economiche, effettuare investimenti finanziari, accettare doni, utilizzare fondi pubblici per “svaghi lussuosi”. Il divieto è riportato da X. GUO, in Controlling Corruption in the Party: China’s Central Discipline Inspection Commission, in The China Quarterly, 2014.

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