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La risoluzione storica del partito comunista cinese

di - 10 Gennaio 2022
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Introduzione
La VI Sessione Plenaria del 19o Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, in occasione del centenario dalla fondazione del Partito, avvenuta il 1 luglio 1921, ha prodotto la terza Risoluzione Storica del Partito Comunista Cinese (中国共产党)[1]. Il documento è accompagnato da un articolo a firma di Xi Jinping, “Esperienza del Partito nell’ultimo secolo”, che fornisce alcuni chiarimenti[2].
Si tratta, come si accennava, della terza volta che il Partito, nei suoi cent’anni di storia, cristallizza una valutazione sul proprio ruolo storico in un’interpretazione ufficiale. Le precedenti Risoluzioni Storiche sono state adottate nel da Mao Zedong nel 1945 e da Deng Xiaoping nel 1981.
E’ bene aggiungere che l’analisi del partito sul proprio operato è un’attività continua, che oltre alle risoluzioni storiche, emerge consolidandosi in altri importanti testi. Il più importante tra questi è il Preambolo della Costituzione del 1982, che, pubblicato solo un anno dopo la seconda Risoluzione storica (1981), incastona la Costituzione cinese in una visione marxista materialista della storia. All’interno della Costituzione, il Preambolo storico, per la sua stessa natura di visione ufficiale del Partito sulla storia cinese contemporanea e sul ruolo che il Partito in essa svolge, rappresenta uno degli elementi rigidi ed immutabili della Costituzione.

Le origini.
Il confronto tra la Risoluzione storica del 1945 e quella del 1981 evidenzia il passaggio del Partito Comunista Cinese dalla fase iniziale di partito di lotta a quella del partito come struttura organizzativa. La Risoluzione del ’45, infatti, ha avuto il ruolo di creare una narrazione condivisa all’interno del Partito, sull’andamento di 28 anni di guerriglia dalla fondazione del Partito nel 1921 alla costituzione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Dalla base di Yan’an, Mao raccontava il Partito come una forza la cui missione storica era l’anti-imperialismo, riferendosi sia all’espansionismo giapponese a lui contemporaneo[3], sia al colonialismo occidentale che aveva portato al collasso dell’impero cinese. La presenza occidentale in Cina nel 1945 era limitata e consisteva in buona parte di truppe Alleate che combattevano i giapponesi. Eppure, l’Occidente aveva avviato con le Guerre dell’Oppio il processo che aveva  trasformato la Cina in una società semi-coloniale e semi-feudale.  Una manciata di “sfruttatori dei lavoratori” beneficiava della disunione, della debolezza, dei privilegi concessi alle potenze straniere attraverso i cosiddetti Trattati diseguali (conosciuti in Occidente come Trattati di Nanchino del 1849). Oltre ad essere una reazione anti-imperialista, il Partito era al contempo una forza rivoluzionaria. La resistenza contro l’invasore giapponese coesisteva con la lotta rivoluzionaria per liberare la Cina dalle strutture feudali alle quali era legata da migliaia di anni e che secondo Mao erano funzionali a mantenere le masse di lavoratori legate al giogo imposto dai propri signori feudali, la cui forza derivava dall’appoggio di potenze straniere.

Il partito di lotta al governo.
Dalle Risoluzioni successive, compresa quella attuale, nonché dal Preambolo della Costituzione, è evidente come il Partito Comunista Cinese abbia mantenuto una natura di Partito di lotta ben oltre la costituzione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. Le maggiori battaglie combattute dal Partito dopo la presa di potere non sono state le fortunate campagne militari che hanno portato all’unificazione militare delle Cina (eliminazione dei signori della guerra e delle forze del Kuomintang, liberazione del Tibet dalla teocrazia lamaista e unificazione della terraferma cinese), né l’aver arrestato l’avanzata americana in Corea. Si è invece trattato di battaglie contro i “mali” interni alla Cina: dapprima i “tre mali” (corruzione, spreco e burocrazia) e successivamente i “cinque mali“ (corruzione, evasione fiscale, uso indebito dei beni pubblici, le truffe ai danni dello stato ed i furti di informazioni economiche). Tralasciando le  numerazioni ed elencazioni che punteggiano le ricostruzioni storiche cinesi, la Risoluzione del 2021 evidenzia come, in realtà, tutta l’attività di governo nei primi anni successivi alla fondazione della Repubblica Popolare sia stato un insieme di battaglie economiche e sociali, dalla trasformazione dell’agricoltura all’eguaglianza (almeno formale) delle donne.
La narrazione degli anni ’60 e ’70 del Novecento, durante i quali si è svolta la Rivoluzione Culturale, è estremamente complessa. Da un lato, la Risoluzione del ’21, pone l’accento sulle grandi innovazioni tecnologiche e sulle modernizzazioni verificatesi in quegli anni. La Cina rimaneva un Paese disperatamente povero e ancorato ad un’economia agraria, ma aveva acquisito alcune tecnologie militari necessarie alla sua sopravvivenza, come le armi nucleari, missili, satelliti, oltre ad un’aviazione ed una marina moderne. D’altro canto, le modernizzazioni hanno riguardato la stessa struttura del Partito, in delle campagne che sono però degenerate in una lotta troppo ampia.
In questi termini, la Rivoluzione culturale può essere compresa come la tensione tra la volontà rivoluzionaria del Partito comunista organizzazione combattente e la tendenza dello stesso Partito a maturare in una struttura organizzativa tendente alla preservazione di sé stessa. Al tentativo di “incoraggiare i quadri allo studio della teoria, all’accrescimento del sapere, al miglioramento delle capacità di comando”, si affianca un rafforzamento della disciplina del partito stesso, sfociato in campagne (sanguinose) contro “la burocratizzazione, lo spreco, l’appropriazione, la tendenza a comandare gli altri e i favoritismi”.

Le lezioni fondamentali di Mao, secondo Xi.
Secondo la Risoluzione, il pensiero di Mao Zedong è la corretta applicazione del Marxismo-Leninismo al contesto cinese. Esso si concentra sulla distinzione tra nemici esterni, gli imperialisti, e nemici interni, contro i quali si deve rivolgere la lotta di classe. Il pensiero di Mao, secondo Xi, si traduce in tre grandi principi che continuano tutt’ora ad indirizzare il modus operandi del partito: cercare la verità nei fatti o实事求是, la “linea di massa” o群众路线 ed il mantenimento dell’indipendenza. Cercare la verità nei fatti è un invito al pragmatismo ed ad un approccio scientifico nel governo. Le convinzioni ideologiche devono arretrare innanzi all’evidenza scientifica ed empirica. La legge deve avere un fondamento scientifico e mirare alla risoluzione di problemi concreti. Nel proclamare di cercare la verità nei fatti, il Partito ammette candidamente la propria inesperienza e fallibilità, dipingendo il progresso della Nazione cinese verso il socialismo come un percorso lento e puntellato di errori.  Anche i grandi errori pratici del maoismo, che sono il grande balzo in avanti e la rivoluzione culturale, sono apertamente ammessi e condannati[4].
La linea di massa è l’applicazione al contesto comunista della benevolenza confuciana, l’idea che una struttura organizzativa autocratica possa e debba operare nell’interesse del popolo. Secondo un’interpretazione del Congresso Nazionale del Popolo del 2013, linea di massa vuol dire che il popolo è la forza che decide il destino del Paese ed è pertanto in esso che il governo deve cercare consiglio[5]. “I decreti sono seguiti se conformi alle aspirazioni del popolo e inefficaci se ad esse contrari”, recita una nota massima della scuola confuciana.
Per quanto riguarda il principio maoista dell’indipendenza, è opportuno menzionare il distacco dalla politica diplomatica cinese dell’epoca semi-coloniale. Al servilismo del tardo impero Qing e della Repubblica nazionalista si sostituiva una Cina rivoluzionaria che ambiva ad essere modello per tutti i Paesi vittime del colonialismo e che ispirava la propria politica estera al principio di non interferenza e all’opposizione all’imperialismo, all’egemonia occidentale, al colonialismo ed al razzismo.  L’indipendenza ha però anche un risvolto interno, che è la convinzione che non esista un modello di sviluppo universalmente applicabile, tantomeno che la Cina possa seguire il percorso storico dei Paesi occidentali.

Dalla rivoluzione alla riforma.
Il Gaige Kaifang o 改革开放 (1978 – 2012), il periodo di apertura all’estero, modernizzazione socialista e riforma voluto da Deng, secondo Xi, si caratterizza per l’abbandono del concetto di lotta di classe. Cercando la verità nei fatti, e quindi seguendo un percorso di faticosa sperimentazione, il Partito ha identificato il principale nemico del popolo cinese non più nell’imperialismo o nei controrivoluzionari, bensì nelle condizioni sociali che impedivano al popolo di soddisfare i propri bisogni materiali. L’obiettivo del Partito è così diventato di trasformare la Cina in una “società moderatamente prospera”. Cercare la verità nei fatti è ciò che ha consentito al Partito di ammettere i limiti di un’impostazione eccessivamente dogmatica e così di utilizzare soluzioni pratiche di varia natura. Il sistema di contratti a responsabilità familiare, che di fatto riportava i lotti agricoli alla gestione delle famiglie di contadini, sottraendoli alle comuni, ha di fatto rappresentato la negazione delle riforme agricole volute da Mao. La prerogativa degli individui di gestire cose di proprietà statale o collettiva[6], liberi dalla stretta supervisione si è sviluppata dapprima nei mercati socialisti, e successivamente nel socialismo di mercato. Qui il libero mercato non è preso in considerazione come un fine ultimo che lo Stato deve perseguire o come una fonte di regole per gli individui, ma come uno strumento di allocazione delle risorse particolarmente efficiente, che può coesistere con meccanismi di redistribuzione della ricchezza.

Note

1.  Il documento può essere consultato presso il link http://www.news.cn/english/2021-11/16/c_1310314611.htmhttp://www.news.cn/english/2021-11/16/c_1310314611.htm

2.  L’articolo può essere consultato presso.

3.  la stessa Yan’an, città nella Cina centrale dove i comunisti hanno avuto la loro base principale dalla fine della lunga marcia alla fine della Guerra civile nel ’49 era soggetta a frequenti bombardamenti giapponesi.

4.  Beninteso, la figura di Mao viene comunque mantenuta in una luce positiva, poiché le principali colpe sono attribuite a Lin Biao.

5.  http://www.npc.gov.cn/englishnpc/c23934/202005/77af8d1ff8eb42dc9e49bedd8051fca8.shtml

6.  Il sistema giuridico cinese conosce tre forme di proprietà, v. GCR.

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