Riflessione sulla rigenerazione urbana e sul consumo del suolo

L’OICE, l’Associazione che riunisce le società di ingegneria e di architettura italiane aderente a Confindustria, intende contribuire al dibattito del consumo del territorio e della rigenerazione urbana rivolgendo la propria attenzione all’esplorazione delle più avanzate strategie di riqualificazione, rigenerazione, valorizzazione e riappropriazione dello spazio urbano da mettere in atto nel nostro paese.

I temi del consumo del territorio e della rigenerazione urbana sono presenti nelle agende parlamentari da molti anni; il primo dibattito venne affrontato nel 2012 durante il governo Monti e non c’è da stupirsi se ancora oggi i ddl non abbiano ancora trovato una definitiva approvazione con la promulgazione di una legge. Ciò non tanto perché i ddl si discostino tra loro sul momento esatto di arresto del consumo del suolo, ma perchè il tema della proprietà dei suoli e della rendita fondiaria non è stato mai risolto lasciando il  vuoto legislativo sul Regime dei Suoli ovvero su lo  ius aedificandi e diritti edificatori.

Per governare i processi di urbanizzazione, le trasformazioni di aree agricole e naturalistiche, da agricole a urbanizzate occorre una Legge Quadro sul consumo del suolo e sulla rigenerazione urbana che possa dare una coerente cornice normativa alle Regioni che oggi sono limitate e condizionate dalle attuali leggi statali che costituzionalmente prevalgono su quelle regionali.

OICE, che vuole essere presente attivamente nel dibattito parlamentare, ritiene che quanto prima debba essere approvata la legge sulla riduzione del consumo del suolo favorendo la rigenerazione urbana anche verso la densificazione delle aree urbanizzate, incentivando il cambio di destinazione d’uso del patrimonio immobiliare, l’adeguamento sismico e l’efficientamento energetico sostenendo con la rigenerazione anche gli interventi sulle reti infrastrutturali, sul restauro ambientale e sul risanamento idrogeologico.

L’assenza di spazi pubblici di qualità e il consumo del suolo arrivato al livello di guardia,

il costo energetico non più in grado di sopportare sprechi , lo smaltimento dei rifiuti e dei materiali non riciclabili, hanno determinato la consapevolezza  di interventi e di soluzioni non più derogabili.

Con una legge urbanistica antiquata, con leggi regionali troppo spesso velleitarie ed inefficaci, i piani urbanistici nascono vecchi e non in grado di contenere le disfunzioni in atto e di programmare il futuro delle città post-industriali, caratterizzate dalla carenza di infrastrutture e servizi indispensabili e in cui le funzioni abitative convivono in una congestione insostenibile con le attività secondarie e terziarie.

L’amministrazione pubblica deve pianificare lo sviluppo, governando il territorio ai vari livelli, nazionale, regionale e comunale.

L’utilizzo della perequazione urbanistica, strumento indispensabile per il riequilibrio territoriale, può attivare capitali privati più di quanto abbiano fatto gli incentivi volumetrici previsti nei recenti piani casa. È quanto mai urgente una riforma urbanistica che sappia affrontare l’emergenza sismica e geologica, pianificare un reale sviluppo del contenimento dei consumi energetici, e ridare un senso civile e dignitoso alle periferie.

La riqualificazione del patrimonio immobiliare è una priorità per garantire ai cittadini la qualità e la sicurezza dell’abitare e per migliorare la qualità sociale e ambientale delle periferie degradate, oltre che una grande occasione per promuovere l’occupazione e l’impiego dell’imprenditoria locale.

Per garantire la possibilità d’interventi sostitutivi, demolendo e ricostruendo non necessariamente sullo

stesso sedime, si deve superare l’approccio espropriativo, non sostenibile dalla Pubblica Amministrazione

nelle operazioni di trasformazione urbana, affiancando ai principi perequativi quelli compensativi.

Alla stessa compensazione urbanistica può essere ricondotta l’attribuzione di crediti edilizi agli operatori

che realizzano interventi di miglioramento della qualità urbana e/o di riqualificazione ambientale, come ad

esempio la bonifica di siti inquinati, la demolizione di manufatti dismessi e il potenziamento e/o l’ammodernamento delle infrastrutture, che potranno essere realizzate mediante interventi di project financing e gestite da società opportunamente costituite.

Vi è ormai la consapevolezza della chiusura di un ciclo storico postbellico, durato oltre settant’anni, e caratterizzato da un’espansione disordinata che non ci possiamo più assolutamente permettere; è per questo che occorre puntare sul rinnovo dell’esistente per non consumare ulteriore suolo, per dare soluzione ai problemi energetici, per tutelare il paesaggio e per rilanciare l’intera economia italiana.

Queste iniziative sono da attuarsi anche mediante sostituzione di isolati, parti o interi quartieri costruiti nel

secondo dopoguerra, caratterizzati da un’edilizia di scarsissima qualità, inadeguata sia in riferimento alle norme antisismiche ed idrogeologiche, che a quelle sulla qualità degli impianti e contenimento dei consumi. Si tratta di un progetto ambizioso ma inevitabile: in un futuro non più rimandabile, un patrimonio di circa 90 milioni di vani costruiti negli ultimi 70 anni, sarà inadeguato e dovrà essere sostituito da una pianificazione che non può che essere pluridecennale.

Occorre da parte di tutti superare il tabù della demolizione ricostruzione

OICE propone  una sostanziale  modifica della legge urbanistica n° 1150 che quando venne scritta nel 1942 prevedeva, contrariamente a quanto oggi si sostiene, proprio il consumo del territorio; e dunque, poiché ogni Comune in Italia, oggi,  prevede nel proprio Piano Regolatore zone di espansione in aree prive di urbanizzazioni, i Comuni dovranno approvare varianti ai propri strumenti di pianificazione per normare differentemente le previsioni di edificabilità che comportino consumo del suolo non urbanizzato.

Ritiene altresì necessaria una modifica del Dlgs 42/2004 per fissare norme certe di intervento  e procedure celeri in merito al tema della Rigenerazione nei siti qualificati come Città Storica determinando una classificazione di interventi ammissibili per ogni singolo ambito o tessuto da conservare.

Auspica una modifica al T.U. 380/2001 che preveda per ogni tipo di intervento l’utilizzo della SCIA in alternativa al PdC e il Silenzio Assenso su ogni parere di altre amministrazioni. Riuscendo in tal modo ad attuare lo snellimento delle procedure richiamato dal DDL sulla Rigenerazione .