Paternalismo e Immuni

I dilemmi dell’essere padri: zucchero, sigarette, contact tracing. Domande sul se, quando e come regolare.

Si discute molto del ricorso ad app per il contact tracing, (utili a identificare persone che potrebbero essere venute a contatto con una persona infetta) per impedire l’ampia diffusione del Covid-19. L’impiego di un’app del genere può essere imposto? E se non è possibile, o preferibile, come indurne l’utilizzo? Quale soluzione appare la più adeguata per un ordinamento che si definisce democratico[1]?

INTERDIPENDENZA E CONTROLLO.

Diane Coyle, economista e professore di politiche pubbliche all’università di Cambridge, ha sottolineato in un recente articolo Covid-19 and the End of Individualism che il declino della produzione complessiva in tutto il mondo, il massiccio aumento di disoccupazione causate dal Covid-19 proverebbe che Adam Smith aveva ragione nel dire che la divisione del lavoro ha la capacità di migliorare tutti i partecipanti[2].

L’interdipendenza della specializzazione comporta che “ciò che influenza alcune parti influenza sostanzialmente il tutto. Questa rete di collegamenti è quindi una vulnerabilità quando interrotta”. Le tecnologie hanno intensificato le possibilità di effetti di ricaduta grazie alle “sofisticate reti logistiche e alle catene di approvvigionamento just in time. La natura stessa dell’economia digitale significa che ciascuna delle nostre scelte individuali influenzerà molte altre persone”. La raccolta di dati nella maniera più esauriente possibile per rendere efficaci decisioni “globali” e di politica collettiva da parte dei governi risulta prevalente anche rispetto alla privacy: in particolare con riferimento alla necessità di conoscere la natura, le trasmissioni e gli impatti del coronavirus per progettare e attuare efficaci risposte, compresa la pianificazione del ritorno alla normalità.

Dal momento che l’approccio è efficace solo se una percentuale sufficientemente elevata della popolazione utilizza la stessa app e condivide i dati raccolti, e che, se si decide di trattenere informazioni sui movimenti e contatti, ciò influenzerebbe negativamente tutti, in virtù dell’obiettivo collettivo che supera le preferenze individuali… risulta del tutto coerente l’importanza di scaricare le app scelte dal governo sui rispettivi dispositivi mobili, di consentire di raccogliere le informazioni personale essenziali per tracciare i movimenti e le attività delle persone, consentire l’invio e l’integrazione dei propri dati con quelli trasmessi da altri.

Dall’altro lato dell’oceano, Richard Ebeling, liberista, ha risposto criticamente a questo articolo: le interdipendenze nazionali e globali dell’articolo della Coyle portano alla conclusione che oltre all’attuale crisi sanitaria, i governi e altri associati ai governi dovrebbero avere il potere di raccogliere e utilizzare una vasta gamma di frammenti di informazioni su tutti, sempre; la pandemia proverebbe la necessità di una maggiore azione collettiva organizzata politicamente, sia nell’attuale crisi che nelle prospettive future e quindi, al posto dell’economia di mercato, dovrebbe imperare il paternalismo politico nelle forme di regolamentazione e controllo[3]. Osserva Ebeling che peraltro conservatori e “progressisti” vogliono entrambi l’uso massiccio e la raccolta dei dati, sebbene per finalità differenti: i primi per la sicurezza nazionale per combattere il terrorismo, i trafficanti di droga, i clandestini; i secondi per combattere i “crimini d’odio”, i trafficanti di esseri umani, per la migliore gestione dei servizi pubblici. Dalla combinazione delle due categorie rimane escluso ben poco.

Il dibattito ha avuto luogo su siti web di buona diffusione, e coglie un problema centrale: quali debbano essere i limiti alla raccolta, alla gestione e all’uso di dati per finalità di pubblico interesse in un contesto in cui, in virtù dell’evoluzione della società, questi dati sono diventati indispensabili.

IL PATERNALISMO

Da più parti, in particolare nei dibattiti nei paesi di matrice anglosassone, si sta discutendo di paternalismo in merito all’approccio di politiche pubbliche alla pandemia in corso[4].

Il paternalismo è una concezione politica che, si sostiene, si fonda sul presupposto che l’uomo sia un essere “fragile, vulnerabile, a razionalità limitata, esposto alle insidie del mondo, incapace di scegliere fra il bene e il male, e perciò bisognoso di tutela e di una guida che ne illumini il cammino”: in quanto tale, esso “non è un tipo di potere, ma un modo di giustificarlo”[5].

Le concezioni moderne del paternalismo derivano dal filosofo politico e morale John Stuart Mill, secondo cui il potere dovrebbe essere esercitato su un’altra persona libera se l’azione di quest’ultimo azioni causi danni a qualcun altro[6]. L’impatto su terzi giustifica il potere e quindi la limitazione della libertà.

La più recente declinazione di successo del paternalismo è quella libertaria, che consiste in un insieme di interventi che cercano di superare le inevitabili distorsioni cognitive e le inadeguatezze nell’assumere decisioni degli individui tenendone conto in modo da influenzare le decisioni (in un modo facilmente reversibile) e indirizzarle verso scelte che l’individuo avrebbe fatto se avesse potuto disporre senza limiti di tempo e di informazioni e se avesse avuto le abilità analitiche ai un razionale decisore (più precisamente dell’Homo Economicus)[7]. In questa visione, i fallimenti della razionalità giustificano interventi pubblici. L’economista di Chicago Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein hanno infatti sviluppato il concetto di nudge come strumento di conciliazione tra l’intervento statale “paternalistico” e la libertà dell’individuo: fornire alle persone informazioni sui comportamenti corretti non è sufficiente per ottenere un cambiamento degli stessi, ma si possono introdurre modifiche strutturali agli ambienti per facilitare il comportamento desiderato: mettere a disposizione all’ingresso dei locali il disinfettante ne incentiva l’uso e quindi una migliore igiene.

Il principio del paternalismo, si è notato, ha informato le politiche pubbliche, in particolare in tema di assistenza sanitaria: esse a livello statale tendono a concentrarsi principalmente sulle malattie che possono arrecare danno a coloro che non ne sono affetti. E così negli ultimi tempi tutti i paesi democratici sono stati impegnati in dibattiti sui confini del paternalismo[8]: si pensi al dibattito italiano sulle leggi antifumo, sulla sicurezza alimentare, sulle bevande zuccherate, sulle vaccinazioni ai bambini.

Il principio a sostegno dell’adozione di misure paternalistiche in materia di salute pubblica è la protezione dei propri cittadini dai pericoli; in periodi di crisi, così come durante i periodi di normalità, come appunto nel caso di campagne antifumo e dallo zucchero.

QUALE PATERNALISMO?

Si distingue anche tra forme di paternalismo forti o deboli, il cui carattere distintivo è dato dalla coercitività della misura adottata. Un divieto costituisce, dal punto di vista dell’analisi del paternalismo, un “duro intervento”[9]. L’intervento aumenta il benessere (per un individuo o la popolazione) ma all’individuo è fortemente limitata la libertà. Invece le strategie regolatorie che promuovono e incentivano, fino a quelle che tengono conto delle scienze comportamentali, quali il nudging, sono classificate come “interventi paternalistici soft”[10]. In questo secondo caso si cerca di aumentare il benessere di una popolazione, ma senza impedire a una persona di prendere le proprie decisioni: la registrazione automatica delle persone nel registro dei donatori di organi, salvo che sia espressa una opzione diversa, fa crescere significativamente il numero di donatori di organi, mantenendo in capo al singolo la libertà di scelta.

LIVELLO DI ACCETTAZIONE DELLE APP E PROMESSE TRADITE

Uno studio comparato ha misurato la propensione dei cittadini all’impiego di app di contact-tracing, sia in caso di installazione volontaria che automatica da parte dei provider, anche nei diversi paesi[11]. La ricerca ha mostrato come ci fosse un forte supporto per l’app sia nel caso di opzione volontaria che di decisione imposta, in tutti i paesi, indipendentemente dal tasso di mortalità COVID-19, al netto di una prevedibile preoccupazione relativa alla sicurezza e la riservatezza, nonché di una generale mancanza di fiducia nei governi.

Di contro, la risposta effettiva ha tradito le buone intenzioni. A Singapore, una persona su quattro – il 25% della popolazione – ha scaricato TraceTogether da quando è stato lanciato alla fine di marzo. L’assorbimento di Covidsafe in Australia è del 24%, con sei milioni di download su una popolazione totale di 25 milioni.

IL TRIONFO DEL PRINCIPIO VOLONTARISTICO PURO

Nell’Unione europea, e in maniera molto netta in Italia, si è fatto ricorso ad un approccio volontaristico puro, stabilendo che la mancata adesione al sistema non limiti l’interessato nell’esercizio dei diritti relativi e non abbia conseguenze pregiudizievoli.

Nella raccomandazione della Commissione europea dell’8 aprile 2020, relativa a un pacchetto di strumenti comuni dell’Unione per l’uso della tecnologia e dei dati al fine di contrastare la crisi Covid-19 e uscirne, in particolare per quanto riguarda le applicazioni mobili e l’uso di dati anonimizzati sulla mobilità non si fa alcun riferimento alla volontarietà dell’installazione dell’applicazione.

Nella Letter concerning the European Commission’s draft Guidance on apps supporting the fight against the COVID-19 pandemic del 15 aprile, l’European Data Protection Board dell’Unione europea ha accolto con favore la proposta della Commissione di prevedere l’adozione di tali app su base volontaria, attraverso una scelta compiuta dai singoli nel segno di una responsabilità collettiva.

La volontarietà – ha sostenuto il board, andrebbe di pari passo con la fiducia individuale, a sottolineare ulteriormente l’importanza dei principi di protezione dati. Il fondamento giuridico per l’utilizzo delle app potrebbe individuarsi nella promulgazione di leggi nazionali che promuovano l’impiego di app su base volontaria senza alcuna penalizzazione per chi non intendesse farne uso. Ciò significa che gli interventi legislativi in oggetto non dovrebbero essere strumentali all’imposizione di un obbligo di utilizzo, e che le persone dovrebbero essere libere di scegliere se installare o disinstallare l’app.

Il Board sostiene che alla normativa potrebbero associarsi idonee attività di comunicazione a livello nazionale tese a promuovere l’uso di questi strumenti, con campagne di sensibilizzazione e supporto rivolte ai minori, ai disabili o ai settori della popolazione con un minor livello di istruzione e formazione, così da evitare un’adozione a macchia di leopardo o una conoscenza imperfetta dell’evoluzione della patologia nonché scongiurare ogni possibile discriminazione in ambito sanitario. Esso riconosce che lacune informative dovute a un uso disattento dell’app da parte delle persone, o magari al malfunzionamento della batteria del dispositivo, possono pregiudicare seriamente l’utilità pubblica di questi strumenti.

La Commissione, nella successiva Tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della COVID-19 (2020/C 126/01) dedica solo un passaggio alla volontarietà dell’app, indicando che il loro uso dovrebbe essere volontario per ciascuno, basato sul consenso degli utenti e totalmente rispettoso delle norme europee in materia di tutela della vita privata e protezione dei dati personali.

Nella congiunta Comunicazione Orientamenti sulle app a sostegno della lotta alla pandemia di covid-19 relativamente alla protezione dei dati (2020/C 124 I/01) del 17 aprile, ha così stabilito caratteristiche e requisiti delle app per garantire il rispetto del regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Se pure ha precisato che detti orientamenti non sono giuridicamente vincolanti e che non pregiudicano il ruolo della Corte di giustizia dell’UE, unica istituzione che può dare l’interpretazione autentica del diritto dell’UE, si è soffermata solo sulle app facoltative a sostegno della lotta alla pandemia di Covid-19 (app scaricate, installate e utilizzate su base volontaria dalle persone).

La motivazione riguardo all’uso di un’app facoltativa non è particolarmente approfondita: a norma della direttiva e-privacy l’uso di un’app che va a toccare i diritti alla riservatezza delle comunicazioni di cui all’articolo 5 è possibile solo mediante una legge che sia necessaria, opportuna e proporzionata al fine di conseguire determinati obiettivi specifici. Date l’elevata invasività di siffatto approccio e le sfide che comporta, anche in termini di messa in atto di idonee salvaguardie, la Commissione ritiene che prima di ricorrere a questa opzione sia necessario effettuare un’attenta analisi. Per i motivi suesposti, la Commissione raccomanda l’utilizzo di app facoltative. (…) Un fattore determinante per la fiducia delle persone nelle app è la dimostrazione che esse mantengono il controllo dei propri dati personali. Per questo, la Commissione raccomanda innanzitutto che l’installazione dell’app sul dispositivo avvenga su base volontaria e senza conseguenze negative per la persona che decide di non scaricare/utilizzare l’app.

Sul punto, a cascata, interviene l’autorità nazionale: il Parere del Garante, sulla proposta normativa per la previsione di una applicazione volta al tracciamento dei contagi da COVID-19 – 29 aprile 2020 [9328050] ha sottolineato l’importanza del profilo della volontarietà, stabilendo che, in ragione del rilevante impatto individuale del tracciamento, l’adesione al sistema deve essere frutto di una scelta realmente libera da parte dell’interessato. La mancata adesione al sistema non deve quindi comportare svantaggi né rappresentare la condizione per l’esercizio di diritti. Il parere suggeriva anche di precisare, come poi è effettivamente avvenuto, per fugare ogni possibile dubbio interpretativo, che il mancato utilizzo dell’applicazione non dovesse comportare conseguenze pregiudizievoli, in sostituzione della locuzione precedente, da contenuto più ristretto, riferita al solo esercizio dei diritti fondamentali.

L’art. 6 del decreto legge 28 del 30 aprile 2020, rubricato ‘Sistema di allerta Covid’, ha quindi delineato le linee guida per il funzionamento di un sistema di tracciamento dei contatti e dei contagi. Esso ha stabilito, al comma 4, che il mancato utilizzo dell’applicazione non comporta alcuna conseguenza pregiudizievole ed è assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento.

Non sarebbe legittimo, di conseguenza, associare all’utilizzo dell’app una sorta di green code (come accade in Cina) cui collegare un cd. immunity passport , anche perché si configurerebbe come una violazione del diritto a non essere soggetti a processi decisionali automatizzati (art. 22 GDPR).

La Relazione tecnico-giuridica sui profili connessi all’eventuale adozione di una soluzione di contact tracing per il contrasto al COVID-19, del Sottogruppo di lavoro “Profili giuridici della gestione dei dati connessa all’emergenza”, del 29 aprile, con una buona dose di realismo, afferma che[12] il conseguimento dell’obiettivo di effettivo utilizzo della soluzione tecnologica da parte di una adeguata percentuale della popolazione potrebbe essere difficilmente conseguibile qualora ci si limiti a promuoverne il download e l’uso attraverso un’idonea campagna di comunicazione, lasciando poi la decisione completamente affidata alla scelta individuale del singolo cittadino.

E pur tuttavia il gruppo di lavoro ritiene la previsione ex lege di un obbligo di utilizzo dell’app, pur non preclusa, costituzionalmente non agevole: a tal proposito viene citata la sentenza della Corte cost. n. 5/2018 sull’obbligatorietà delle vaccinazioni.

Inoltre la soluzione è ritenuta controindicata da ragioni di ordine pratico-giuridico, in favore di una soluzione a favore della incentivazione al download mediante semplice raccomandazione. Secondo la relazione infatti forme di obbligatorietà sarebbero impossibili sia per l’impossibilità di sanzionare l’inadempimento dell’obbligo (gli utenti potrebbero spegnere o non portare con sé il dispositivo, e comunque sarebbe impossibile provare il dolo e la colpa, visto che ad esempio lo smartphone potrebbe consumare la batteria), sia perché l’obbligatorietà sarebbe avversata in quanto percepita come forma di controllo di massa; molti sarebbero in difficoltà nell’adempimento dell’obbligo, in particolare proprio i più vulnerabili per età, stato di salute, digital divide; l’installazione potrebbe essere finalizzata al solo ottenimento dell’eventuale beneficio, con l’ipotesi quindi di aggiramenti, mediante disattivazioni del bluetooth o usi anomali dello smartphone. L’incentivazione rischierebbe di compromettere la libertà della prestazione del consenso e, conseguentemente, la sua validità.

In ultima analisi, la relazione sconsiglia quindi di introdurre qualsiasi obbligo legale di utilizzo della soluzione tecnologica e suggerisce il ricorso a una adesione libera, ancorché incentivata: sono però al tempo stesso sconsigliate forme di incentivo che graduino\limitino l’accesso dei cittadini a servizi altrimenti fruibili secondo principi di parità di trattamento o che vincolino l’esercizio di diritti di libertà all’adozione dell’app. Rimarrebbe quindi possibile una campagna informativa per l’adesione volontaria, sotto forma di messaggi pubblicitari, sia per chi è iscritto ai servizi di alert della protezione civile, sia per la messaggistica di fatturazione e pubblicitaria dei soggetti privati aderenti all’iniziativa.

INCENTIVAZIONE E NUDGE

L’incentivazione dell’adozione di app , senza dovere utilizzare sistemi di imposizione e divieti, può derivare da strumenti tradizionali: incentivi e agevolazioni, nonché dall’applicazione del nudge[13].

I due strumenti funzionano ancora meglio congiuntamente: anche nel caso di agevolazioni fiscali o tasse per la registrazione dell’app [14], peraltro l’economia comportamentale potrebbe amplificare gli incentivi fiscali, ad esempio concedendo a tutti una detrazione fiscale indipendentemente dal fatto che abbiano scaricato l’app, per poi recuperarla solo per chi non l’abbia scaricata e si sia registrato (secondo l’”effetto di dotazione”, per cui alle persone non piace rinunciare a qualcosa che hanno ottenuto di più di quanto a loro piaccia ricevere)[15].

Anziché utilizzare incentivi finanziari, si possono prendere in considerazione i “passaporti per app” in base ai quali le restrizioni sul distanziamento sociale vengono ulteriormente allentate per le persone che hanno scaricato e registrato sull’app[16]. Così come sarebbe possibile offrire una corsia preferenziale per il  tampone per coloro che ricevono una segnalazione di possibile contagio tramite Immuni.

Si è ipotizzata anche l’organizzazione di una lotteria in favore chi installa l’applicazione, sebbene anche questa ipotesi al momento appaia esclusa[17].

Ancora, altri impieghi del nudging rimangono possibili: ad esempio la sperimentazione dell’app, la quale conduce a una rapida “formazione dell’abitudine” e poi all’adozione permanente della stessa, per cui si è ipotizzata l’adozione di un “simulatore di app”, che permette per un periodo di prova di una settimana di sperimentare l’app, per verificarne la sicurezza e apprendere le informazioni che verrebbero fornite se si entrasse. Le persone potrebbero eliminare l’app dopo il periodo di prova, oppure conservare l’app e iniziare a utilizzarla. In questo modo, si combatterebbero i pregiudizi sulla privacy e si aiuterebbero le persone a prendere una decisione informata[18].

UN INSUCCESSO BEN ORGANIZZATO?

Il tema richiederebbe un adeguato approfondimento, ma già alcune superficiali considerazioni sono possibili.

Nella ponderazione tra tutela della salute e tutela dei dati personali è stata attribuita grande importanza alla seconda, che si è tradotta in un rifiuto verso qualsiasi forma di imposizione-sanzione, ma al tempo stesso anche come disfavore verso qualunque forma di incentivazione (se non blanda).

Se la tutela della salute ha giustificato sinora l’adozione di misure estremamente restrittive (in tema di libertà personale e di circolazione) come reazione all’epidemia, essa pure giustificherebbe un atteggiamento più incisivo a fini di prevenzione, peraltro consentito dalla normativa in vigore anche in materia di dati personali[19], e che sarebbe comunque meno impattante della eventuale reintroduzione delle misure restrittive già adottate.

In questo senso, anche senza volere ragionare sull’ipotesi di obbligatorietà dell’installazione e dell’uso dell’app, ci si può chiedere se non fosse il caso di consentire forme più incisive di incentivazione, che, alla luce del quadro attuale, possono essere adottate entro margini molto ristretti.

Non traspare adeguata attenzione verso una corretta modulazione degli strumenti regolatori per raggiungere gli obiettivi prefissati: a tal fine, anche il ricorso alle scienze comportamentali potrebbe essere utile a promuovere la necessaria diffusione delle app di contact tracing: si pensi all’installazione automatica delle stesse, salva la possibilità di disinstallarle, in particolare in congiunzione con misure più note di incentivazione.

Nell’ottica di non limitare la libertà di determinazione dei cittadini (che pure abbiamo visto è spesso mitizzata) ma di promuovere alcuni comportamenti necessari alla tutela della salute, appare così sproporzionato il ricorso a misure di tassazione sulle sigarette e sulle bevande gassate, da un lato, a fronte di una prospettiva di semplici messaggi promozionali volti all’installazione dell’app che potrebbe salvare la vita a moltissime persone: così come appare contraddittorio ritenere che sia indispensabile un certo comportamento e poi non preoccuparsi se esso sia o meno adottato.

L’economista dell’Università di Chicago Richard Thaler e lo studioso legale Cass Sunstein svilupparono inizialmente il concetto di nudge come una riconciliazione tra l’intervento statale “paternalistico” e la libertà dell’individuo. Sulla base dell’idea per cui fornire alle persone informazioni sulla cosa giusta non è sufficiente per ottenere un cambiamento dei comportamento, si possono apportare modifiche strutturali agli ambienti delle persone per facilitare il comportamento desiderato. Il personale ospedaliero, ad esempio, sa che è importante lavarsi le mani, ma è ancora più probabile che lo faccia se il disinfettante per le mani è facilmente disponibile e visibile in ospedale.

Note

1.  E. Nasi – G.Santoni, Il contact tracing: tra tutela dell’individuo ed efficacia dell’azione pubblica. L’esperienza Cinese e le sfide al sistema di valori europeo, Apertacontrada.it, 24 aprile 2020; F. Ballaguer Callejon, Social network, società tecnologiche e democrazia, nomos-leattualitaneldiritto.it; E. Carloni, “Fisime per la privacy”? Protezione dei dati personali e interesse pubblico nella pandemia, astrid-online.it, P. Clarizia – E. Schneider, Luci e ombre sulla procedura di selezione di “Immuni”, l’app del governo di tracciamento del contagio da Covid-19, irpa.eu, D. De Falco – M. L. Maddalena, La politica del tracciamento dei contatti e dei test per covid-19 alla luce delle ultime direttive OMS: nessun ostacolo giuridico impedisce di utilizzare il “modello coreano” anche in Italia, Federalismi.it, G. De Minico, Virus e algoritmi. Impariamo da un’esperienza dolorosa, lacostituzione.info, G. Della Morte, La tempesta perfetta covid-19, deroghe alla protezione dei dati personali ed esigenze di sorveglianza di massa, sidiblog.org, S. Dominioni, Nel ginepraio delle app di tracciabilità, ispionline.it, M. Farina, La data protection ai tempi del coronavirus tra prevenzione dei reati e repressione del contagio; M. Fasan, La tecnologia ci salverà? intelligenza artificiale, salute individuale e salute collettiva ai tempi del coronavirus, biolaw.it; F. P. Micozzi, Le tecnologie, la protezione dei dati e l’emergenza coronavirus: rapporto tra il possibile e il legalmente consentito, biodiritto.org, N. Miniscalco, La sorveglianza attiva per contrastare la diffusione dell’epidemia di Covid-19: strumento di controllo o di garanzia per i cittadini?, osservatorioaic.it, 2020; E. Schneider, “Immuni”, l’app del governo per il tracciamento del contagio da Covid-19, irpa.eu, G. Tropea, Il contact tracing digitale e l’epidemia: sindrome cinese?, LaCostituzione.info; G. BISCONTINI, M. E. COMBA, E. DEL PRATO, L. A. MAZZAROLLI, A. POGGI, G. VALDITARA, F. VARI, Le tecnologie al servizio della tutela della vita e della salute e della democrazia. Una sfida possibile, Federalismi.it; O. Pollicino – F. Resta, Data tracing, no a deleghe in bianco all’algoritmo, Corrierecomunicazioni.it; G. M. Ruotolo, Alcune osservazioni sulle app di tracciamento dei contatti e dei contagi alla luce del diritto dell’organizzazione mondiale del commercio, sidiblog.org; E. Cirone, L’app italiana di contact tracing alla prova del GDPR: dall’habeas corpus al ratchet effect il passo è breve?, sidiblog.org.

2.  project-syndicate.org/commentary/covid19-economic-interdependence-waning-individualism-by-diane-coyle-2020-05

3. aier.org/article/the-coronavirus-and-the-attack-on-liberty-and-privacy/

4. bluesci.co.uk/posts/to-do-no-harm-the-rise-of-paternalism-in-the-era-of-a-pandemic; telegraph.co.uk/news/2020/03/02/state-must-ditch-paternalistic-chaotic-approach-coronavirus/. Il paternalismo nel periodo del Covid-19 viene supportato anche dal sito manifesto del Libertarianismo, libertarianism.org. Nell’articolo N. K. Badhwar, Rights in the Time of Coronavirus, si rileva che la maggior parte delle libertà, se esercitate, potrebbero imporre un danno potenzialmente grave agli altri. Data l’elevata incidenza di individui infetti asintomatici (…) non abbiamo il diritto di rischiare di danneggiare gli altri, il divieto di attività potenzialmente dannose non costituisce una violazione dei nostri diritti. Come dice il proverbio, “La tua libertà di oscillare il pugno finisce dove inizia il mio naso”. Inoltre, la maggior parte delle azioni ordinate sono necessarie per appiattire la curva e impedire che il sistema sanitario venga sopraffatto.

5. V. Mura, Paternalismo e democrazia liberale: un equivoco da chiarire, Meridiana, 2014, 47. Sul tema si v. anche M. Cuomo – R. Sau, Ripensare il paternalismo in epoca neoliberale, ibidem, 29-46; F. Zappino, Il paternalismo, tra ≪proibizione≫ e ≪disciplinamento≫: un percorso critico nellaletteratura contemporanea, ibidem, 151.

6. J.S. Mill, Sulla libertà, trad. it., Milano, 1990, pp. 31-35. Si fa riferimento anche al paternalismo giuridico, come a la concezione etico-politica secondo la quale lo Stato, o un soggetto autorizzato dallo Stato, ha il diritto di usare la forza, contro la volontà di un individuo adulto, anche qualora le sue scelte siano, ad esempio, sufficientemente coerenti, basate sulla conoscenza dei fatti rilevanti e libere da coazione, al fine, esclusivo o principale, di tutelare (quelli che vengono considerati) i suoi interessi, ovvero (ciò che viene qualificato come) il suo bene; in particolare al fine di evitare che questi, tramite un’azione o un’omissione, cagioni, o rischi, o tenti, in modo significativo di cagionare, a se stesso (ciò che viene considerato) un danno, ad esempio fisico, psicofisico, economico (G. Maniaci, La forza dell’argomento peggiore. La retorica paternalista nell’argomentazione morale e giuridica, Ragion Pratica, 2012, 205).

7. R. Rebonato, Taking Liberties: A Criticai Examination of Libertarían Paternalism, Londra 2012, 6. I contributi citati si occupano tutti del tema: di ampio respiro e di taglio critico è M. Galletti – S. Vida, Libertà vigilata. Una critica del paternalismo libertario, Firenze, 2018. Sul paternalismo si vv. i contributi di G. Dworkin, Paternalism, The Monist, 1972, 64-84, e Moral Paternalism, Law and Philosophy, 2005.

8. E così, nel Regno Unito, la più grande campagna paternalistica di salute pubblica è stata la lotta nazionale contro il fumo: l’intervento di movimenti quali “Stoptober”, manifesti e immagini con messaggi anti-fumo, aumento della tassazione delle sigarette. In secondo luogo, altro caso, più controverso è stato l’introduzione del prelievo per l’industria delle bevande analcoliche (SDIL), o “Sugar Tax”, oggi applicata in almeno 39 del paesi del Mondo, tra cui Francia, Regno Unito , che agisce come deterrente dal consumo di bevande non salutari e prevista nei commi 661-676 della legge di bilancio 2020 (30 dicembre 2019, non 160).

9. Nel senso del coercitive paternalism, si v. S. Conly, Against Autonomy. Justifying Coercive Paternalism, Cambridge, 2013.

10. Ad Herbert Simon viene ricondotta l’origine della cd. «economia comportamentale». Alla luce degli studi di della psicologia cognitiva, è nata la dottrina del cd. paternalismo libertario (o leggero o asimmetrico), che ripensa la teoria delle decisioni politiche. Richard Thaler (Nobel Economia e Cass Sunstein) hanno pubblicato lo studio divulgativo sul punto, La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, ed. it. a cura di A. Oliveri, Milano, 2009. In Italia, si v. G. Pascuzzi, La spinta gentile verso le vaccinazioni, Merc. concor. reg., 2018, 89; E. Battelli, Il paternalismo giuridico libertario nella prospettiva dell’autonomia privata tra vincoli strutturali e limiti funzionali, Pol. dir., 2018, 579; M. Marchesiello, Nudge, ovvero il tramonto dell’uomo economico, Pol. dir., 2014, 947; M. Clarich, La riflessione scientifica attuale sulla regolazione dei mercati e la prospettiva delle “spinte gentili”, in Dir. proc. amm., 2015, 413; F. Di Porto – N. Rangone, Cognitive-based regulation: new challenges for regulators? (Regolamentazione su base cognitiva: nuove sfide per i regolatori?), Federalismi.it, 2013; L. Rampa, Paternalismo, autonomia e diritti sociali: una rilettura in termini di analisi economica, Pol. diritto, 2016, pp. 303 ss.; N. Rangone, Regolazione e scienze cognitive dopo l’“Executive Order” di Obama, Giorn. dir. amm., 2016, 16. e Errori cognitivi e scelte di regolazione, in Anal. giur. econ., 2012, 7; M. Franzini, Il paternalismo liberale, i nudge e la politica economica, Meridiana, 2014, 71. Il nudging si occupa di come migliorare l’alimentazione dei bambini negli asili; come combattere il tabagismo, l’obesità, come indurre i cittadini a pagare la tassa di circolazione, ridurre il consumo energetico, assicurarsi contro infortuni e malattie, accedere a piani pensionistici, vaccinarsi.

11. S. Altmann- L. Milsom et al., Acceptability of app-based contact tracing for COVID-19: Cross-country survey evidence, medrxiv.org.

12. (B) Esclusione dell’obbligo e adozione di strumenti di incentivazione all’utilizzo della soluzione tecnologica

13. Si v. come il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite consideri rilevante l’uso del nudge nella lotta al coronavirus: Using behavioural insights to respond to COVID-19: undp.org/content/undp/en/home/stories/using-behavioural-insights-to-respond-to-covid-19-.html

14. L’esempio è tratto da D. P. BYRNE – R. HOLDEN – J. B. MILLER, The big nudge: here’s how the government could spread its coronavirus tracing app far, fast and wide. https://www.crikey.com.au/2020/04/27/covidsafe-public-nudge/

15. Ovviamente l’introduzione di un’imposta per chi non si registra avrebbe un impatto ancora maggiore che non il rimborso di una tassa già pagata.

16. Ibidem.

17. agendadigitale.eu/cultura-digitale/floridi-app-coronavirus-devono-essere-etiche-o-e-meglio-rinunciare/

18. D. P. BYRNE – R. HOLDEN – J. B. MILLER, The big nudge: here’s how the government could spread its coronavirus tracing app far, fast and wide, cit.

19. L’art. 9 comma 2 par. i) del GDPR autorizza il trattamento ,se necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici, sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri che prevede misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti e le libertà dell’interessato, in particolare il segreto professionale;