La tutela dei lavoratori in Cina durante l’epidemia di coronavirus

In Cina, l’apice della lotta contro il coronavirus ha avuto luogo dal 23 gennaio al 4 aprile. La prima fase ha preso il via il 23 gennaio quando sulla municipalità di Wuhan è stata imposta una quarantena totale. Il giorno successivo, a tutti i cinesi è stato chiesto di non uscire di casa fino al 9 febbraio, ed è stata decisa la sospensione di tutte le attività produttive non essenziali[1]. Ma ben presto, in virtù della gravità della situazione, la sospensione delle attività non essenziali in tutta la Cina è stata prolungata fino alla fine di febbraio. A partire dai primi di marzo, si è avuta una progressiva ripresa delle attività lavorative al di fuori della provincia più colpita, lo Hubei.
Al fine di limitare gli effetti economici di tale interruzione e di garantire il sostentamento della popolazione, il governo ha preso delle misure volte a distribuire le perdite economiche dell’interruzione tra lavoratori e imprese. Tali misure sono incentrate sulle categorie del diritto del lavoro, che, come discuteremo, mancano di cogliere il rapido evolversi delle figure lavorative in Cina e hanno così lasciato escluse ampie fette della popolazione.

1. Cenni generali sul diritto del lavoro in Cina.

La storia della legislazione cinese in tema di tutela del lavoro si articola lungo tre fasi. La prima ebbe luogo dalla fondazione della Repubblica Popolare nel 1949 al 1978 e si basava sull’economia pianificata. A partire dal 1978, si ebbe una netta inversione di tendenza. La “politica della porta aperta”, intrapresa dal governo cinese in quegli anni, mirava ad un progressivo passaggio ad un’economia di mercato, così esponendo ampie fette della popolazione a rapporti di lavoro basati su contrattazioni individuali. La terza fase si aprì nel 1995, con la promulgazione della Legge sul lavoro (劳动法). Con questa legge si vollero aumentare le tutele dei lavoratori dipendenti, sostanzialmente attraverso la previsione di meccanismi di tutela del lavoratore, inteso come parte debole del contratto.
Tuttavia, le categorie concettuali della legge si fondano sull’economia di mercato socialista. Essa è basata sulla coesistenza tra settori di punta dell’economia, in cui vige un dirigismo più marcato, dominati da grandi imprese, pubbliche e private, ed altri lasciati alla competizione tra privati, spesso di piccole dimensioni. La legge sul lavoro riconosce in parte questo dualismo, suddividendo i lavoratori in due grandi categorie: subordinati (劳动关系) e non subordinati (劳务关系). I contratti applicabili a questi ultimi, quali il lavoro autonomo, le prestazioni professionali ed il lavoro domestico, sono previsti nelle norme in tema di diritto civile. Le tutele previste dalla legge sul lavoro del ’95 si applicano invece ai soli lavoratori subordinati.
Altra caratteristica peculiare è la situazione del sindacato, che opera in Cina come un’organizzazione amministrativa dei lavoratori, privati così di un importante strumento di leva. Svuotate della loro tradizionale importanza sono anche le contrattazioni collettive. Complici la debolezza dei sindacati ed in generale l’assenza di organizzazioni che rappresentino esclusivamente gli interessi particolari dei lavoratori, il contratto collettivo è usato raramente e con effetti trascurabili.

2. La tutela del lavoro al tempo del coronavirus

Quando nella seconda metà del gennaio 2020 la diffusione del Covid-19 ha raggiunto una portata epidemiologica, la Cina era raccolta nei festeggiamenti del capodanno lunare. Si tratta della più importante festività dell’anno, durante la quale i numerosissimi migranti interni si riuniscono con le proprie famiglie. Nel mese del capodanno cinese, il Chunyun (o 春运), si verifica ogni anno la più grande migrazione di massa della terra. Per rendersi conto della portata di tali spostamenti basti pensare che la CNN riporta che durante il Chunyun del 2019 vennero fatti 2,9 miliardi di spostamenti su media e lunga distanza, di cui oltre 400 milioni su rotaia e 70 milioni per via aerea. La piena presa di coscienza della portata dei primi focolai a Wuhan, tra il 14 ed il 23 gennaio, è dunque avvenuta in un momento in cui milioni di lavoratori immigrati nella metropoli dalle campagne e da altre città cinesi si stavano riversando nelle città e nei villaggi di origine.
La prima misura emergenziale presa dal governo a tutela della salute dei lavoratori è stata di prolungare il periodo di ferie retribuite, che originariamente era previsto dal 24 al 30 gennaio fino al 2 febbraio[2]. Scopo di questa misura è stato di evitare la migrazione di rientro il più a lungo possibile. I tre giorni aggiuntivi sono stati retribuiti dai datori di lavoro. Nei settori essenziali, non interrotti dalle festività del capodanno, i lavoratori sono stati retribuiti il doppio dello stipendio ordinario anche per i giorni in cui la festa è stata prolungata[3].

A partire dal tre febbraio, al di fuori della zona in quarantena dello Hubei, ai datori di lavoro è stata concessa ampia discrezionalità nella predisposizione di misure flessibili, anche in deroga ai contratti di lavoro subordinato, allo scopo di continuare lo svolgimento di attività produttive. Tra queste rientrano la riduzione degli orari di lavoro, la turnazione, e l’interruzione della produzione. In quest’ultimo caso, il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell’intero stipendio per il primo ciclo di pagamenti (che solitamente corrisponde ad un mese)[4]. Al protrarsi dell’inattività per oltre un mese, si è voluta favorire la ripresa parziale delle attività lavorative, consentendo i datori di lavoro di retribuire l’attività di particolari categorie di lavoratori che prestassero il proprio lavoro in misura ridotta, come guardiani o personale

amministrativo, nella misura prevista dallo standard salariale minimo locale[5]. Ogni provincia cinese, di anno in anno, indica uno standard salariale minimo per il lavoro dipendente. Si tratta di una somma ben al di sotto dello stipendio medio dei lavoratori dipendenti delle rispettive province, ma ritenuta sufficiente a garantire un’esistenza. Dall’altro lato, per i lavoratori la cui attività sia del tutto sospesa, come gli operai in alcuni settori produttivi non essenziali, il datore del lavoro deve assicurare un contributo minimo per il sostentamento. Questo è calcolato sulla base delle spese per consumo pro capite della quale provincia, della regione autonoma, e della municipalità dell’anno precedente.
Consentire ai datori di lavoro di avvalersi dello standard salariale minimo impone un sacrificio ai lavoratori che potrebbero essere retribuiti meno del valore effettivamente rappresentato dalle ore di lavoro. D’altra parte disincentiva l’uso, da parte dei datori di lavoro, di schemi volti ad organizzare le ore di lavoro dei dipendenti in modo da ottimizzarne il costo, a scapito dell’inclusione di un ampio numero di dipendenti.

Le misure prevedono un trattamento di favore per il lavoratore ricoverato con sintomi da Covid-19 e per il lavoratore in quarantena a causa di stretti contatti con le persone contagiate o comunque impossibilitato a lavorare in virtù di quarantene imposte dal governo. Questi non può essere licenziato. Il datore di lavoro è tenuto a retribuirlo, a prescindere dalla circostanza che la produzione sia stata interrotta. La determinazione della misura della retribuzione varia di provincia in provincia. Nella municipalità autonoma di Pechino e nella provincia del Sichuan, è prevista una retribuzione ridotta durante il periodo di trattamento medico[6]. A Shanghai e nel Guangdong il datore di lavoro è tenuto alla corresponsione dell’intero reddito, anche nei periodi di malattia[7]. Altri governi locali, come la municipalità autonoma di Tianjin[8], hanno implementato combinazioni delle misure appena descritte.
Deve in ogni caso segnalarsi che moltissime imprese hanno deciso di avvalersi di formule di cd. “lavoro agile”, volte a consentire ai lavoratori di lavorare da casa in piena sicurezza (ed ottenere il pagamento del proprio reddito).

La continuazione delle attività produttive è subordinata alla messa in sicurezza degli impianti. L’art. 38 della legge sul lavoro (劳动法) e dell’art. 17 della legge sulla sicurezza del lavoro (安全生产法), impone la predisposizione di un sistema di gestione e prevenzione della trasmissione delle epidemie.
Il rischio di infezioni sul luogo di lavoro ricade sul datore. Ai sensi dell’art. 41 della Legge sul controllo delle malattie infettive (传染病防治法), il fatto che sul luogo di lavoro si verifichi un’infezione dà luogo ad una sorta di responsabilità oggettiva del datore, che è tenuto a risarcire i lavoratori contagiati. A prescindere dal numero di lavoratori coinvolti, al verificarsi di un’infezione le attività produttive debbono essere immediatamente sospese, ma, a differenza di quanto normalmente previsto, il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell’intero stipendio (se oltre un ciclo, segue il modo di pagamento suddetto). Sono inoltre previste sanzioni amministrative e penali[9].

E’ indubbio che l’infezione da coronavirus rappresenti un infortunio sul lavoro se contratta da medici ed infermieri addetti alla cura del morbo. La dottrina si è già interrogata su se e quando la contrazione del coronavirus da parte di altri lavoratori sia un infortunio sul lavoro. Secondo l’art. 14 del regolamento sull’assicurazione degli infortuni da lavoro, la qualificazione del contagio di una malattia come infortunio sul lavoro deve essere valutata con riferimento al tempo, al luogo ed alla causa della prestazione lavorativa. In questo senso, il pericolo di contrarre il coronavirus sul posto di lavoro non è ritenuto un rischio intrinseco all’esercizio dell’attività lavorativa. Né deve ritenersi un rischio correlato all’esercizio di attività lavorativa. Parimenti, non si ritiene infortunio da lavoro la contrazione della malattia lungo il percorso da casa a lavoro. Questo perché nel caso di lavoratori che non siano medici e infermieri, l’coronavirus non ha alcuna relazione con l’oggetto della prestazione lavorativa. In ogni caso, si ritiene sufficiente il fatto che lo Stato si faccia integralmente carico delle spese mediche di tutte le persone contagiate.

Allo scopo di salvaguardare l’economia, il Consiglio di Stato (organo grossomodo equivalente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), ha liberato le imprese medie, piccole ed individuali dall’obbligo di pagare i premi delle assicurazioni pensionistiche, per la disoccupazione e contro gli infortuni, da febbraio a giugno. Per le grandi imprese l’esenzione ha avuto una portata più circoscritta. E’ efficace dalla ripresa delle attività dopo il capodanno cinese a febbraio ad aprile, e non annulla, ma dimezza, i premi da pagare. Per le sole imprese collocate nello Hubei, la provincia in cui si trova Wuhan, l’esenzione si estende a qualunque tipo di impresa e si protrae da febbraio a giugno.

Disposizioni ulteriori sono state prese dai governi locali a tutela delle famiglie con figli a carico[10]. Le differenze nelle tutele offerte ai lavoratori in varie zone del paese sono abissali ed offrono una fotografia precisa del divario che esiste tra varie province in Cina. Ad esempio, a Pechino, in ogni famiglia con figli minorenni, è consentito ad almeno uno dei genitori lavoratori dipendenti di restare a casa con lo stipendio pagato per intero. Ma in Liaoning, provincia a vocazione industriale ma non

tra le più sottosviluppate del paese, i regolamenti locali si limitano a vietare il licenziamento dei genitori che rimangano a casa a prendersi cura dei figli minorenni.

3. Le falle nel sistema di tutela del lavoratore al tempo del Coronavirus come specchio di regole sul lavoro ancora lacunose.

Si evidenzia così come il divario sociale in Cina non sia solo relativo alle diverse classi sociali, ma anche a zone diverse del paese. Il governo centrale cinese ha istituito uno schema di disposizioni lavorative e previdenziali contro il coronavirus, volto a ripartire il costo della sospensione delle attività lavorative tra lavoratori, imprese e governo. Il risultato di arrestare la progressione dell’epidemia è stato raggiunto con successo. Allo stesso tempo, le gravi lacune della tutela offerta ai lavoratori cinesi nel corso dell’epidemia di coronavirus sono specchio di un sistema di tutela dei rapporti di lavoro del tutto incentrato sull’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in senso formale.

Alla figura del lavoro subordinato si affianca una moltitudine di schemi volti a regolare la prestazione di lavoro, ma non ricompresi nell’ambito di tutela del diritto del lavoro. Tali schemi si incentrano sull’autonomia delle parti e trovano la propria base giuridica non tanto nel diritto del lavoro, quanto nelle Disposizioni generali del diritto civile (民法总则) e nella Legge sul contratto (合同法). Essi prendono forma come adesioni ai servizi offerti da piattaforme digitali, ricorso a specialisti ed esperti esterni, cooperazioni individuali con imprese. Molto frequente è anche il lavoro in nero.

La diffusione del ricorso a piattaforme online non è nata allo scopo di aggirare le norme a tutela del lavoro. Il fenomeno ha però subito un’accelerazione tale negli ultimi anni da portare all’erosione ulteriore delle tutele offerte dalle norme in materia di lavoro. Numerose piattaforme Internet intermediano tra lavoratori non qualificati con individui ed imprese che abbiano bisogno di servizi quali pulizie, trasporti, manovalanza, ecc. Formalmente, tra l’impresa ed il lavoratore non si instaura alcun rapporto. Quest’ultimo è infatti considerato un imprenditore individuale iscritto alla piattaforma, che svolge inoltre la funzione di trattenere il pagamento del corrispettivo, finché la prestazione non è portata al termine. Da tale pagamento trattiene una piccola percentuale. La convenienza e l’efficienza di queste piattaforme hanno però portato alla graduale esternalizzazione di un crescente numero di mansioni non qualificate all’interno delle imprese. L’esternalizzazione è avvenuta a spese dei lavoratori che in passato godevano quantomeno delle limitate tutele apprestate dall’ordinamento cinese e che si trovano oggi a dover aderire alle condizioni d’uso di piattaforme online. Sono così privati di tutele antinfortunistiche, di sussidi in caso di maternità o malattia e, negli ultimi tragici mesi, delle tutele contro l’inattività imposta dal Coronavirus.

Per i motivi appena esposti, la giurisprudenza ha risposto in parte all’esigenza di ricomprendere questi rapporti nel novero delle tutele di diritto del lavoro. Si è infatti riconosciuto che talvolta le condizioni d’uso della piattaforma internet creino un vincolo di subordinazione a carico dell’utente, assimilabile al rapporto di lavoro.

Le lacune della tutela dei lavoratori in Cina sono ancora evidenti, poiché tale tutela è incentrata sull’esistenza di uno status formale di lavoratore subordinato. Il lavoro non subordinato rimane escluso dalle forme di tutela, anche quando vi sia una dipendenza di fatto dalle scelte del datore di lavoro. D’altra parte, chi goda dello status di lavoratore subordinato continua a beneficiare delle tutele anche quando raggiunga posizioni dirigenziali tali da garantire un’ampia autonomia. Un diverso inquadramento formale del rapporto dà luogo a tutele di diversa intensità.

Con l’epidemia di Coronavirus, le contraddizioni della tutela dei lavoratori in Cina sono emerse con evidenza. Tra i giuslavoristi cinesi, è diffusa la convinzione che sia arrivato il tempo delle riforme.

Xu Jianbo

Note

1.  Il novero delle attività essenziali era ristretto alle sole attività necessarie alla sussistenza, quali la produzione e la distribuzione di derrate alimentari e la fornitura di servizi medici, la comunicazione tecnologica, etc.

2.  Circolare sul prolungamento della vacanze di capodanno 2020 (关于延长2020年春节假期的通知).

3.  La misura della retribuzione per il lavoro prestato durante le vacanze è disciplinata dall’art.44 della Legge sul lavoro e dall’art.13 del Regolamento provvisorio sul pagamento dei salari.

4.  Secondo la circolare del ministero delle risorse umane e della sicurezza sociale (4/2016) (人力资源社会保障部财政部关于建立传染病疫情防治人员临时性工作补助的通知,2016年第4号文件) e la circolare del Consigli di Stato (5/2020)(关于全面落实进一步保护关心爱护医务人员若干措施的通知, 2020年第5号文件), in base al tipo del lavoro, il personale medico e gli operatori sanitari possono ottenere un contributo rispettivamente 300 o 200 yuan al giorno. Per il personale attivo in Hubei, il contributo può essere raddoppiato. Inoltre, per il personale medico e gli operatori che lavorano in terapia intensiva, il numero di giorni lavorativi al fine della retribuzione dei contribute straordinari, deve essere calcolato sulla base di 1,5 volte. Ad esempio, un dottore in Hubei ha lavorato 10 giorni in ICU, lui potrebbe ottenere un contributo 9000 yuan RMB.

5.  Regolamento 5/2020 del Ministero delle risorse umane e della previdenza sociale.

6.  Secondo le circolari 11/2020 e 46/2020 su questioni relative al mantenimento di rapporti di lavoro stabili durante la prevenzione e il controllo dell’epidemia, adottate dalle rispettive autorità locali.

7.  Ai sensi, rispettivamente, delle Circolari 38 e 13 del 2020.

8.  Circolare 5/2020.

9.  In particolare, a seguito delle epidemie di SARS degli anni passati, sono state introdotte una serie delle leggi per stabilire i meccanismi di comunicazione delle informazioni sulle emergenze in materia di salute pubblica: la Legge sulla prevenzione delle malattie infettive(传染病防治法), la Legge sulla risposta alle emergenze(突发事件应对法), il Piano nazionale di risposta alle emergenze generali per le emergenze pubbliche (国家突发公共事件总体应急预案) ecc. I legislatori cinesi chiariscono la funzione e la responsabilità sulla comunicazione delle informazioni di epidemie dei dipartimenti amministrativi sanitari a tutti i livelli e vari tipi di istituzioni mediche e sanitarie; classificano inoltre le emergenze sanitarie, in base alla natura, al grado di danno e alla portata delle emergenze sanitarie pubbliche, come quattro livelli (dal massimo al minimo), richiedendo i differenti livelli delle misure ai dipartimenti amministrativi sanitari, istituzioni mediche, agenzie di prevenzione e controllo delle malattie, agenzie di supervisione sanitaria, agenzie di ispezione e uscita di quarantena e aree non incidenti. Riguardo al nuovo fcoronavirus, 24 province, municipalità e regioni autonome hanno avviato il secondo livello delle emergenze sanitarie pubbliche, coprendo una popolazione totale di oltre 1,2 miliardi.

10.  Delle più limitate tutele sono attualmente prese in considerazione per le famiglie con anziani a carico.