La finanza UE al tempo del coronavirus

Sommario: 1. Un difficile banco di prova per l’UE ed il mondo: il coronavirus. – 2. Segue: le gravi implicazioni economiche e i presupposti per il loro superamento. – 3. Le difficoltà del settore bancario. – 4. Il nuovo assetto della supervisione europea: perplessità… – 5. Segue: … e rischi per la tenuta dell’Unione. – 6. Segue: … la modifica del MES. – 7. Cosa ha in serbo il futuro?

1. Funesto quanto non mai, violento come un ciclone si è abbattuto su noi tutti il coronavirus, seminando morte e determinando una tragica emergenza socio economica. Il bollettino di ‘guerra’, rilasciato quotidianamente dalle strutture ospedaliere, e i provvedimenti adottati dal Governo italiano (ai quali si stanno adeguando anche le autorità politiche degli altri Stati dell’Unione) ci rappresentano uno sconcertante scenario colmo di incognite e timori. La gravità e la rapida diffusione del contagio sottopongono a dura prova i sistemi sanitari (che evidenziano limiti arrivando vicini al collasso, come accade nella Regione Lombardia), inducendo la politica all’adozione di misure di significativa durezza, in quanto si sostanziano nella sospensione, quasi totale, del processo produttivo e nell’ingiunzione di misure restrittive della libertà personale.
I mass media offrono un’informazione che nel continuum reca aggiornamenti non solo in ordine alla diffusione in termini esponenziali della malattia, bensì alla configurazione di un quadro pressoché completo delle implicazioni negative a livello economico finanziario. La precipitosa corsa al ribasso delle ‘borse valori’ europee e di quella statunitense, le tristi (ma veritiere) previsioni della caduta del PIL negli stati colpiti dal virus delineano un quadro in cui pericolo, incertezza, preoccupazione caratterizzano il fil rouge che lega la comunità internazionale.
Viene comunque percepita, a livello generale, la sensazione che l’auspicata fine del contagio e il ritorno alla cd. normalità segneranno una svolta nella vita di noi tutti: è ormai comune la consapevolezza che cambieranno le forme di socializzazione, le metodologie lavorative, le programmazioni individuali e collettive. Con tutta probabilità si aprirà un’era caratterizzata da  speranze e sacrifici, quali in passato sono stati conosciuti e sperimentati da coloro che – come me – hanno avuto la ventura di vivere i difficili anni successivi alla conclusione del secondo conflitto mondiale.
2. In tale premessa, volendo soffermarmi sulla specifica tematica degli effetti del coronavirus sull’economia e sulla finanza locale e globale, il pensiero va alle modalità reattive dell’Europa e, in particolare, delle sue istituzioni di vertice, nonché degli altri esponenti del sistema globale di fronte all’evento in parola. Si individuano comportamenti dai quali è dato trarre alcune significative riflessioni con riguardo vuoi alla giustificata adozione di necessarie misure straordinarie per la salvaguardia della salute pubblica, vuoi al riscontro della mancanza di un’adeguata condivisione – e tanto meno solidarietà – tra paesi che, da oltre mezzo secolo, hanno deciso di avviare un percorso di integrazione economica, destinato a concludersi in un’unione politica.
I provvedimenti assunti dal Governo italiano – per quanto possano apparire decisamente onerosi per la popolazione improvvisamente costretta a mutare il tenore di vita – evidenziano una ratio di significativa importanza: mi riferisco all’esigenza di prendere decisioni di eccezionale gravità (a mia memoria sconosciute fino ad oggi) in presenza di situazioni nelle quali è messa in pericolo un bene reputato primario della Carta; donde l’indispensabile ricorso ad un ‘piglio autoritario’, capace di limitare il diritto costituzionalmente garantito della «libertà di circolazione» (art. 16 cost.)[1]. Va sottolineato che solo con il d.l. n. 19 del 25 marzo 2020[2] (o più precisamente con l’approvazione della sua legge di conversione) è stata data una puntuale copertura legislativa, ai fini del rispetto della riserva di legge prevista dalla Carta negli articoli relativi alla salvaguardia delle libertà, ad una serie di provvedimenti limitativi di queste ultime previsti nei vari d.p.c.m. emanati a partire dalla ‘proclamazione dello stato di emergenza’ (22 gennaio 2020),  i quali – a stretto rigore – in relazione al tenore del precedente d.l. 23 febbraio 2020 n. 6 del 2020 avevano una copertura che poteva essere ritenuta non pienamente rispondente al ‘principio di precisione’[3].
Ciò posto, non è ravvisabile nella fattispecie una deviazione dai canoni tipicamente propri di ogni regime democratico, bensì una responsabile azione dell’autorità che, a seguito di un’accurata ponderazione degli interessi in campo, si è orientata necessariamente verso scelte alla cui adozione è legata la sopravvivenza stessa della popolazione[4].
Da qui l’inaccettabilità di critiche che lamentano la inadeguatezza dei provvedimenti sul coronavirus[5] ovvero considerano l’intervento di cui trattasi «troppo generico e sfornito di un adeguato supporto scientifico» in quanto l’azione della Pubblica Amministrazione, pur legittima in astratto, «potrebbe non esserlo in concreto, perché le peculiarità del caso specifico richiedono la applicazione del principio di proporzionalità»[6]. E’ qui il caso di ricordare che la proporzionalità, nel riferimento all’agere della Pubblica Amministrazione, è indicativa di una misura frutto di una «ponderazione» tra più interessi, tale da evitare che la discrezionalità tracimi nella sproporzione, nell’abnormità[7]. Ne consegue il raccordo tra proporzionalità e discrezionalità, il quale di certo viene meno allorché si versi in presenza di decisioni vincolate in concreto dallo stato di necessità determinato dalla situazione contingente che induce ad assumerle.
Sono facilmente intuibili le implicazioni economiche indotte dalla pandemia: tra queste denota specifica gravità la prospettiva di una rilevante recessione segnalata nelle sedi più diverse, la quale si tradurrà in un’inevitabile perdita di PIL inflitta al nostro Paese e agli altri Stati membri colpiti dal ‘contagio’. La chiusura delle filiere di produzione, unitamente al blocco di ogni attività del terziario, lasciano intravedere, infatti, una contrazione dell’offerta e della domanda la cui conseguenza sarà, per l’appunto, l’avvio di un processo recessivo.
Orbene, è convinzione di molti analisti e politici che per la soluzione delle problematiche conseguenti alla delineata realtà necessiti da parte dell’autorità politica analoga fermezza a quella mostrata negli interventi volti a contenere il diffondersi del contagio; donde l’autorevole suggerimento di «mobilitare completamente interi sistemi finanziari: mercati obbligazionari […] sistemi bancari […] immediatamente, evitando ritardi burocratici»[8]. In presenza di una crisi finanziaria destinata a espletare i suoi effetti negativi sull’economia reale, viene ravvisato indispensabile il ricorso ad un intervento salvifico della finanza, chiamata a svolgere un’azione di soccorso per superare la grave situazione indotta dal coronavirus.
Con specifico riguardo alle misure urgenti prese dal Governo italiano per fronteggiare l’emergenza economica causata dal coronavirus, rileva lo stretto legame esistente tra il superamento della emergenza sanitaria ed il «sostegno economico per le famiglie, lavoratori e imprese», cui fa espresso riferimento il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, cd. cura Italia, contenente ‘misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19’. Con tale provvedimento, a fronte di un ampio intervento volto a rafforzare il sistema sanitario nazionale, se ne rinvengono altri finalizzati a contenere gli esiti negativi determinati dall’impatto della pandemia sul sistema produttivo.
Da qui la peculiarità dell’azione posta in essere dall’autorità politica che appare rivolta essenzialmente al sostegno dei lavoratori la cui occupazione è d’improvviso venuta meno; obiettivo perseguito finanziando gli ammortizzatori sociali (previo incremento dei cassaintegrati), sospendendo gli obblighi di versamento dei tributi, dei contributi, nonché di altri adempimenti fiscali, congelando le rate in scadenza, procedendo al riconoscimento di un assegno di sostentamento per tutte le tipologie di lavori autonomi. A ciò si aggiunga la previsione di ulteriori misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario volte a conferire un particolare supporto alle PMI (mi riferisco agli interventi del Fondo centrale di garanzia)[9].

Tali rimedi, correlati alla destinazione ed all’impegno politico ad essi sotteso, potrebbero indurre ad una loro erronea valutazione negativa, in quanto da essi emerge che il Governo si è impegnato solo in una duplice direzione, sostegno alla sanità ed alle famiglie, disertando quindi la previsione di investimenti strutturali, dei quali il nostro Paese necessita per risollevarsi dopo questo nefasto evento. Una più attenta riflessione, suggerisce che essi costituiscono la parte iniziale di un più  ampio piano strategico che dovrebbe essere incentrato essenzialmente su una «logica ricostruttiva» del nostro Paese, orientata alla ridefinizione di un innovativo programma di sviluppo fondato non solo su interventi a favore della industria e dell’agricoltura, bensì sull’impegno per il Green Deal e sulla realizzazione di nuove infrastrutture (volte soprattutto alla sistemazione idrogeologica del territorio)[10].
È evidente come l’attuazione di un programma di ampio respiro, in linea con le note indicazioni della ricetta keynesiana, dovrebbe assicurare la rinascita economico finanziaria che l’Italia – come la sua storia insegna – merita di conseguire, per la capacità di «risorgere» superando insormontabili difficoltà (che, nel presente, stanno affrontando le regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto nella lotta contro il coronavirus).
Come si vedrà meglio nel prosieguo, in ogni caso, solo la messa in campo di una risposta comune dell’Europa contro l’emergenza sanitaria, da cui è afflitta la gran parte degli Stati membri, consentirà di dare concretezza al disegno che, con tutta probabilità, anima il Governo italiano.

3. Il settore bancario gioca un ruolo determinante nel contrasto agli impatti della pandemia sull’economia. Tuttavia sono di intuitiva percezione le difficoltà registrate dalle banche dell’intera eurozona nell’attuale frangente. Esse subiscono, infatti, le ripercussioni negative di un processo degenerativo dell’economia che investe la quasi totalità dei settori produttivi; nel nostro Paese tale situazione risulta aggravata dal fatto che ampia parte del tessuto imprenditoriale è costituito da PMI le quali, proprio in ragione della loro ridotta dimensione, sono tra le entità produttive più colpite dal ‘fermo’ stabilito dalla politica con i provvedimenti legislativi di recente adottati i quali, per far fronte all’emergenza epidemiologica in corso, hanno imposto di evitare il contatto sociale.
In tale premessa, si individua all’orizzonte un aggravarsi dei problemi endemici che connotano il sistema bancario italiano a causa delle asimmetrie riscontrabili tra i vincoli imposti dalle regole di vigilanza prudenziale (di origine sovranazionale) e il ridimensionamento dell’attività svolta. La problematica dei crediti deteriorati – annoso retaggio della crisi finanziaria del 2007, faticosamente avviata a soluzione dagli appartenenti al settore mediante operazioni di cartolarizzazione ovvero di cessione ad appositi fondi di NPL – sembra inevitabilmente destinata a subire una recrudescenza, con quel che ne consegue sul piano della difficoltà operativa cui andranno incontro gli intermediari. È questo, a mio avviso, il principale impatto negativo a carico del settore creditizio in quanto in esso si compendia sia un significativo ridimensionamento dell’attività svolta, sia l’esposizione delle banche a possibili situazioni di crisi, con inevitabili ripercussioni a livello sistemico[11].
Più in particolare, rilevano i dati che caratterizzano l’impianto regolatorio in subiecta materia ed i risultati dell’analisi condotta dalla dottrina. La ricerca ha evidenziato, infatti, che la normativa vigente richiede, per un verso, l’accertamento del ‘merito creditizio’ dei debitori (effettuato sulla base dei comuni parametri di valutazione dei rischi), per altro impone alle banche di contenere entro ristretti margini l‘NPL ratio, all’uopo prescrivendo misure che inducano la progressiva riduzione di quest’ultimo nel tempo[12]. Va da sé che, a seguito dell’attuale emergenza da coronavirus, finiranno con essere classificati come deteriorati i crediti della clientela che è divenuta insolvente per il semplice fatto di aver subito gli effetti negativi di misure restrittive da considerare al presente eccessivamente onerose ovvero, più in generale, per aver dovuto rispettare le nuove limitazioni operative adottate dal Governo per proteggere dal Covid-19. Da qui, la prevedibile conseguenza dell’obbligo a carico delle banche di procedere a svalutazioni che incidono sia sui loro profili economico-patrimoniali (determinando una riduzione dei fondi propri in ragione delle predette rettifiche di valore), sia sulle rendicontazioni di vigilanza (incrementando oltremodo l’NPL ratio).
A fronte di una realtà siffatta, appare senz’altro giustificata una sospensione degli ordinari criteri prudenziali di valutazione delle banche riguardanti i profili di rischio dei debitori (attualmente previsti dal Regolamento UE n. 575 del 2013, cd. CRR). Naturalmente tale misura siffatta dovrebbe essere integrata dalla previsione di procedere a più approfondite analisi della situazione oggetto di segnalazione, verifiche nelle quali dovrà essere presa in considerazione la realtà macroeconomica in cui il prenditore di credito ha operato (al presente compromessa dall’emergenza socio-sanitaria), assumendo come riferimento uno scenario temporale di lungo periodo. Ciò, fermo restando che, ai fini di tale valutazione, sono poco significativi gli approcci segnati da uno short-termism, in un contesto in cui appare lontano il ritorno ad una nuova normalità[13].
Ed invero, l’analisi non deve essere volta solo alla salvaguardia degli equilibri prudenziali degli enti creditizi, ma anche ad evitare che l’approccio europeo alla gestione dei crediti deteriorati delle banche (orientato a promuovere la fuoriuscita degli stessi dai bilanci di queste ultime)[14] determini, come si è anticipato, una crisi sistemica degli intermediari in un momento di fragilità dell’intero ordinamento creditizio. Trattasi di una questione di interesse generale, che pertanto non può esser rimessa alla sola discrezionalità tecnica dei vertici di settore, evidenziandosi la necessità di appositi interventi degli organi muniti di piena legittimazione democratica.
Da qui, l’alternativa che si pone alle autorità finanziarie (nazionale ed europea) di optare tra la mera aderenza alle regole previgenti con l’incognita di dover affrontare il rischio di una rinnovata situazione di crisi a carico di molti enti creditizi e l’adozione di una politica regolamentare più flessibile, idonea a salvaguardare il risparmio, il credito e – più in generale – la stabilità dei mercati interni. Naturalmente, la problematica in questione appare risolvibile attraverso l’adozione di un complesso regolatorio che consenta alle banche di (i) offrire al sistema la liquidità per assorbire le perdite e (ii) continuare a svolgere la loro attività di supporto finanziario al settore produttivo.
Valide indicazioni al riguardo sembrano pervenire dalle istituzioni europee. Come si avrà modo di evidenziare nei prossimi paragrafi, la BCE – nel duplice ruolo di organismo gestore della politica monetaria dell’eurozona e titolare della funzione di supervisione bancaria -, dopo una timida azione interventistica iniziale, sembra orientata ad adoprarsi al meglio (siccome in passato aveva fatto Mario Draghi per il sostegno dell’euro, del quale si ricorda la storica affermazione: Whatever it takes) affinché le banche, le famiglie e le imprese siano tutelate dalle implicazioni dello shock economico causato dal coronavirus
Sotto il profilo della vigilanza regolamentare, appare significativa la introduzione di alcune misure di supervisione che si riflettono positivamente sul trattamento dei crediti deteriorati: a) pieno utilizzo delle riserve di capitale e della liquidità al fine di continuare a svolgere le attività di finanziamento dell’economia reale; b) trattamento particolarmente favorevole nella composizione del capitale sulla base dei requisiti del II Pilastro della vigilanza; c) specifici rimedi per consentire maggiore flessibilità operativa, come la riprogrammazione delle ispezioni in loco[15].

È evidente come la BCE, intervenendo sull’applicazione delle regole di Basilea, dimostra di aver ben compreso che l’adesione alle prescrizioni suddette assurgono, nell’attuale momento di difficoltà operativa, a presupposto di ulteriori impedimenti alle possibilità di ripresa del sistema. Infatti, la previsione di una necessaria correlazione degli impieghi rischiosi alla dimensione del patrimonio si risolve in un condizionamento per l’ampliamento delle attività (che risultano subordinate alla capacità dell’impresa bancaria di collocare sul mercato passività idonee ad essere ricomprese nei calcoli di adeguatezza previsti da Basilea). Ne consegue che, al presente, tener ferma la normativa in parola significa limitare le prospettive di crescita delle banche; ciò in quanto il ricorso di queste ultime al mercato risente inevitabilmente dell’attuale clima di incertezza che, a giudicare dall’andamento delle «borse»[16], determina una contrazione degli investimenti da parte dei risparmiatori ed una riduzione degli scambi, con conseguente illiquidità del mercato stesso. Non a caso, nella pregressa crisi del 2007, nonostante la diversa natura di quest’ultima rispetto a quella attuale, le competenti autorità di supervisione concordarono sulla opportunità di addivenire ad una sospensione (sia pure limitata nel tempo) delle regole di Basilea[17].
Anche l’EBA è intervenuta sollecitando le autorità competenti a «condurre le attività di supervisione in modo pragmatico e flessibile e, eventualmente, rimandare quelle ritenute non essenziali»[18]; donde l’evidente intento di offrire margini di tolleranza su alcuni comportamenti soggetti a controllo. In particolare, in un suo comunicato l’EBA ha reso noto che gli «stress test condotti dalle autorità europee sono rinviati al 2021 per consentire alle banche di dare priorità alla continuità operativa»; fermo restando il suo impegno ad effettuare un’«ulteriore verifica della trasparenza bancaria al fine di fornire informazioni aggiornate sulle esposizioni delle banche e sulla qualità degli asset degli operatori del mercato»[19].
In tale contesto rileva, dunque, la volontà di ascrivere peculiare importanza alla classificazione delle esposizioni dalla quale evincere «in modo accurato e tempestivo qualsiasi deterioramento della qualità degli asset». In altri termini – pur riconoscendo l’opportunità di utilizzare margini di flessibilità nella gestione delle esposizioni non-performing e forborne – detta autorità riconosce primario rilievo all’esigenza di definire adeguate strategie (concordate tra l’organo di vigilanza e le singole banche) nella ricerca di soluzioni alla problematica che ci occupa.
Da ultimo va tenuto presente l’atteggiamento aperturista della Commissione UE che ha presentato un «progetto di proposta di un quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato a sostegno dell’economia nel contesto dell’epidemia di COVID-19», dichiarando di voler mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per attenuare le conseguenze del coronavirus[20]; cioè assicurando la liquidità necessaria al sostegno dell’economia e consentendo un’interpretazione flessibile della disciplina sugli «aiuti di Stato». Indubbiamente sottesa a tale indicazione è il riferimento alla previsione normativa dell’107, par. 3, lett. b), del TFUE, secondo cui sono compatibili col mercato interno gli «aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro»[21]. Tale flessibilità viene, peraltro, circoscritta al sostegno degli operatori solo nel difficile momento della epidemia di COVID-19; essa infatti trova applicazione unicamente nei confronti delle «società che sono entrate in difficoltà dopo il 31 dicembre 2019», come si evince dal carattere temporaneo della stessa e dalla sua mancata incidenza sull’osservanza degli obblighi generali di trasparenza.
Il quadro di interventi è completato dalle recenti decisioni di politica monetaria assunte dalla Banca Centrale Europea, la quale – superando l’atteggiamento tristemente negativo del Presidente Christine Lagarde a seguito della risposta data dai mercati alle sue parole che lasciavano intravedere una probabile crisi finanziaria del nostro Paese[22]  – sembra disposta a mettere in campo misure altrettanto straordinarie , tali cioè da non far rimpiangere il tempo in cui Mario Draghi era a capo di detta istituzione.
Di certo, la grave situazione economica causata dal coronavirus – e soprattutto la espansione a carattere generale dell’epidemia – ha responsabilizzato le istituzioni finanziarie europee, inducendole ad assumere linee comportamentali che non sarebbero state ipotizzabili in un diverso contesto storico. Dalle modalità che connotano gli interventi in esame (temporaneità e carattere anticiclico a fronte della situazione emergenziale) si comprende come i medesimi finiscano con l’agire da catalizzatore nell’offrire un’ulteriore conferma dei limiti della regolazione europea; risulta chiaro, infatti, che un’interazione solidale tra i paesi membri è possibile solo in occasione di catastrofi che li accomunano nel bisogno e nel dolore e, dunque, essa non individua una costante metodologica nella conduzione delle politiche europee. Ne consegue che devono essere frenati i facili entusiasmi che possono trarsi dalle odierne decisioni dell’UE per riflettere sulla necessità di rimuovere le rigidità che tuttora ne caratterizza l’agere.
Anche il Governo italiano col menzionato d.l. 17 marzo 2020, n. 18, cd. cura Italia, ha introdotto alcune «misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario» (Titolo III). In particolare esse riguardano: a) un più diffuso e facile accesso al Fondo Centrale di Garanzia per le PMI (art. 49); b) la concessione di un credito di imposta alla società che ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, «crediti pecuniari vantati nei confronti di soggetti che si sono resi inadempienti a causa di un mancato pagamento che si è protratto per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto» (art. 54); c) sostegno finanziario alle piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19 le cui esposizioni debitorie non siano classificate come esposizioni creditizie deteriorate, a queste parificando le inadempienze probabili (art. 55); d) la possibilità di una garanzia dello Stato per le esposizioni assunte dalla ‘Cassa depositi e prestiti S.p.A.’ in favore di banche che erogano finanziamenti ad imprese che, a causa dell’emergenza da coronavirus, hanno sofferto una riduzione del fatturato (art. 56).
Si tratta di misure che potranno senz’altro essere di giovamento per le imprese costrette a subire i danni di una chiusura forzata e le altre prevedibili implicazioni negative registrabili nei prossimi mesi[23]. Il provvedimento disciplinare in parola trascura, tuttavia, di prendere in considerazione l’annosa questione dei non performing loans, ad eccezione del riconoscimento di un «credito d’imposta» per la loro cessione. Sicchè, la presenza di tale tipologia di crediti costituisce una dirimente ai fini di una possibile fruizione dei benefici di cui sopra si è detto[24]. Ma v’è di più. Nelle richiamate disposizioni si rinviene una sommaria equiparazione tra «inadempienze probabili» e «sofferenze», nella quale riecheggia la logica del rigore a fondamento di alcune previsioni disciplinari della CRR (e in particolare al disposto dell’art. 178, nel quale, al fine della individuazione di un default del debitore, NPL e UTP sono assimilati).
È bene sottolineare, pertanto, come in sede di applicazione delle nuove regole adottate dal Governo – nonché di quelle che si propone di adottare nell’immediato futuro[25] – la ricerca di opportune forme di conformazione col complesso dispositivo europeo debba tener conto delle peculiari modalità con cui, a livello domestico, sono trattate tipologie di crediti come gli UTP che, per quanto riconducibili nel genus dei ‘deteriorati’ in base ad una logica prudenziale, vanno tuttavia distinte da quella degli NPL per l’intrinseco differenziale costituito dal «valore del credito», che in esse è decisamente molto più significativo di quello riconosciuto a questi ultimi.

4. Gli sforzi delle autorità finanziarie e dei singoli governi, tuttavia, resteranno inefficaci in assenza di misure comuni adottate dai vertici politici dell’UE, ai quali fanno capo le importanti decisioni che consentano di superare i vincoli interventistici rivenienti dal ‘patto di stabilità’ e dalla Convenzione del 2013 sugli «aiuti di Stato» al settore finanziario. Occorre evitare, infatti, che si addivenga, nel presente frangente, ad interpretazioni delle regole dei Trattati poco propense a consentire spazi di flessibilità ai paesi membri, in tal modo incidendo negativamente sulla prospettiva di un consolidamento dell’Unione, improntato a condivisione e solidarietà. Come si dirà qui di seguito, sono configurabili giustificati timori al riguardo, per cui viene sottoposto a dura prova l’euroentusiamo di chi – come me – ha da sempre creduto nella possibilità di realizzare un federalismo europeo.
Dopo alcune esitazioni iniziali dei ministri delle Finanze dell’Eurozona sembrava che questi, di fronte all’aggravarsi del contagio nei loro paesi, mostrassero  disponibilità ad acconsentire, per contrastare la pandemia, una maggiore flessibilità economica  nella gestione dei conti pubblici degli Stati membri: ne danno conferma talune affermazioni della presidentessa della Commissione europea. D’altronde, un orientamento d’apertura è conforme alle previsioni dei Trattati; è il caso di far presente che, a seguito dell’attivazione della «clausola di crisi generale» presente nel Patto di stabilità, gli Stati membri possono discostarsi dall’osservanza degli obiettivi di bilancio assunti prima dell’esplosione del contagio da coronavirus. Pertanto, le spese affrontate per l’emergenza sanitaria e per il sostegno economico di coloro che hanno perso il lavoro (o, comunque, lo hanno visto improvvisamente ridimensionato) dovranno essere considerate interventi one off, vale a dire di carattere straordinario e, dunque, da non conteggiare ai fini del calcolo del deficit strutturale. In questo senso si orienta la proposta formulata dalla Commissione nella comunicazione del 20 marzo 2020[26].
Va da sé che l’occasione è propizia non solo per poter disporre di mezzi finanziari idonei ad eliminare le carenze della nostra sanità pubblica, ma anche per indurre l’Europa a ridefinire le regole fiscali e delle procedure di bilancio nel quadro della risposta europea alla luce del mutato contesto determinato dalla crisi; disegno interventistico che sembrava trovare conferma nelle inequivoche parole del Cancelliere tedesco Angela Merkel: «faremo quel che occorrerà per uscire da questa situazione […] Mettere fine alla propagazione della epidemia è la priorità, al di sopra del rispetto delle regole di bilancio»[27]. Tale affermazione sembrava non lasciar dubbi in ordine alla prospettiva di un necessario cambiamento della regolazione UE che, al presente, vincola in modalità molto  stringenti i piani di spesa degli Stati membri.
Diviene, pertanto, ipotizzabile l’abbandono, da parte della Corte Costituzionale tedesca della nota tesi che ritiene ‘indisponibili’ i principi di stabilità dell’euro e dell’autonoma responsabilità di ciascuno Stato per i propri debiti. Tale indirizzo interpretativo, fino ad oggi, ha impedito alla Germania di accettare «strumenti permanenti» che individuano un elevato livello partecipativo dei paesi membri al bisogno di altri componenti dell’Unione[28]; se ne deduce che detto Stato membro potrebbe, auspicabilmente, recedere dalla posizione negativa assunta con riguardo alla problematica dell’emissione di eurobonds (che, com’è noto, realizzano una sostanziale messa in comune del debito nazionale o di una parte di questo)[29]. In tal senso orientano, del resto, le considerazioni di Angela Merkel «dalla seconda guerra mondiale non c’è stata più nessuna sfida che richiedesse al nostro Paese un agire comune e solidale di questa portata»[30]; parole che sintetizzano la gravità del momento ed indicano la via da seguire per vincere la guerra contro il nemico oscuro che sta colpendo l’Europa: unione e solidarietà.
È questa un’indicazione che se, di certo, potrà trovare adeguato riscontro in Germania, appare di dubbia attuazione ove venga riferita all’intera compagine dell’UE. Per vero, gli accadimenti degli ultimi mesi, verificatisi all’interno della eurozona  dimostrano quanto poco sentito sia lo spirito di unione e solidarietà tra i paesi che ne fanno parte. Conseguentemente può dirsi che il coronavirus ha agito da catalizzatore nell’evidenziare i limiti e le carenze che, da tempo, sono oggetto di denuncia, non solo da parte degli studiosi, ma anche di talune correnti politiche le quali, aderendo ad una crescente tendenza sovranista, hanno sottoposto a dura critica vuoi le intransigenti misure di austerity praticate durante la menzionata crisi finanziaria del 2007, vuoi la difficoltà di applicare talune prescrizioni dei Trattati, donde la necessità di ricorrere a richieste di deroghe (più volte avanzate dal nostro Paese).
Per vero, non può trascurarsi di considerare che, nell’ultimo decennio, nonostante i sensibili sforzi compiuti dall’Unione nel tentativo di adeguare la propria struttura finanziaria ai cambiamenti resi necessari dalla crisi economica, non si è realizzata quella comunione di intenti (rectius: l’idem sentire) che deve caratterizzare la unitarietà di un popolo. L’Europa continua ad essere un insieme di nazioni, ora non più in guerra tra loro, ma di certo prive di quel collante che si fonda sulla coesione e sulla solidarietà. Tale realtà risulta particolarmente evidente in campo economico finanziario, nel quale la diversità non ha trovato compendio in un «processo di convergenza economica», laddove l’armonizzazione normativa si è rivelata insufficiente a tal fine (in quanto non è riuscita a creare il tessuto connettivo indispensabile per il superamento degli individualismi nazionali).
Nel passato ho cercato, in molteplici occasioni, di individuare le ragioni tecniche di tale stato di cose. Mi è sembrato di ravvisarle nelle difficoltà di mettere in comune le politiche nazionali secondo la visione federalistacostituente, delineata da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, nonché nel metodo seguito per la realizzazione della Comunità europea, ispirato al funzionalismo di Mitrany e al neo-funzionalismo di Haas e Lindberg[31]. L’indagine mi ha chiarito, tuttavia, che col decorso degli anni sono emersi i limiti dell’orientamento teorico secondo cui l’avvio di processi di integrazione funzionale (nei quali alcuni Stati mettono in comune determinate attività e risorse economiche) tende a incoraggiare e favorire integrazioni ulteriori (in linea con un meccanismo di tracimazione, il cd. spillover) a valenza anche politica.
Più in particolare, il fatto che il potere deliberativo nell’UE faccia capo ad un sostanziale processo di co-decisione – in base al quale la proposizione dei progetti disciplinari compete essenzialmente alla Commissione, laddove spetta al Consiglio dell’Unione e al Parlamento approvarne il testo – rende chiara la ragione per cui la formazione delle regole viene ricondotta ad un accordo tra i diversi paesi. A ciò si aggiunga che gli impulsi necessari allo sviluppo dell’UE e la definizione degli orientamenti e delle priorità politiche generali (art. 15 del TUE) sono affidati ad un meccanismo comitologico, retaggio di un equilibrio anacronisticamente sbilanciato in senso intergovernativo[32]. Appaiono evidenti, quindi, i limiti del quadro istituzionale europeo, causa della mancata convergenza politica ed economica all’interno dell’UE[33].
La realizzazione dell’euro all’inizio di questo millennio non ha recato l’auspicato cambiamento verso un sistema comunitario fortemente coeso. La permanenza di politiche fiscali differenziate e il mancato raggiungimento degli obiettivi avuti di mira hanno messo in evidenza i limiti di un’unione incentrata sulla sola «moneta unica»; a poco è valsa la peculiare caratteristica di quest’ultima che, comportando una cessione di sovranità da parte dei paesi aderenti, ha innovato significativamente la tradizionale figura dello Stato-Nazione. Per converso, si è registrato una sorta di sfaldamento della pregressa consistenza relazionale in ambito UE, in quanto i paesi che non hanno aderito all’UME (in primis la Gran Bretagna) inevitabilmente hanno perseguito interessi spesso divergenti rispetto a quelli della eurozona.

Successivamente, anche la creazione dell’UBE – nonostante abbia segnato un avanzamento nel processo d’integrazione, attuando un’ulteriore cessione di parte della sovranità nazionale – non ha innovato la sistematica bancaria in modalità volte a ridurre le differenziazioni tra gli Stati membri e, dunque, a facilitare la conquista della meta indicata dai padri fondatori. Molti studiosi salutarono con gioia questo evento nella convinzione di essere in presenza di una sfida che avrebbe dato un abbrivio alla sospirata unificazione politica… che oggi, invece, appare più lontana che mai[34].
Per vero, già all’indomani della creazione dell’Unione Bancaria Europea – che con il SSM ha ridefinito il modello di supervisione e con il SRM ha ridisegnato le modalità di gestione delle banche in crisi – si sono percepite le difficoltà di un adeguato coordinamento delle politiche prudenziali (ora rimesse alle autorità europee e domestiche) con la stabilità del sistema. I numerosi tentativi attuati dai vertici dell’ordinamento del credito italiano per rinviare l’entrata in vigore dei nominati ‘meccanismi’ sono indicativi di una presa d’atto della scarsa compatibilità della disciplina speciale così introdotta con le esigenze di una realtà post crisi[35]. Come si è anticipato, gli appartenenti al settore, al presente, sono infatti costretti ad affrontare crescenti problematicità essendo gravati da ingenti masse di NPL e UTP, nonché a modificare il loro tradizionale business, essendo venute meno le pregresse forme operative (fondate essenzialmente sull’intermediazione creditizia) e, con queste, la possibilità di profittevoli risultati.
Più in particolare, va fatto presente che, nella logica ordinatrice del Meccanismo Unico di Vigilanza, si riscontrano rilevanti asimmetrie legate alla distinzione tra banche significant e less significant, stante la riferibilità ad una tecnica ordinatoria che – pur non ammettendo disuguaglianze negli interventi di supervisione – a volte risulta disomogenea. A titolo esemplificativo, si richiama l’applicazione alle BCC, aderenti a gruppi bancari cooperativi, di regole uniformi a quelle delle banche significant, snaturandone l’essenza e ingabbiandone l’operatività a causa delle «strettoie» determinate da differenti condizioni strutturali, che legittimerebbero una diversa modalità di prevenzione dai rischi [36]. Inoltre, la linea comportamentale della BCE sorprende anche per l’atteggiamento silente tenuto in presenza di situazioni – quale, ad esempio, il recente commissariamento della Banca Popolare di Bari – nelle quali, in base alla normativa speciale (art. 6, comma 5, lett. b, regolamento UE n. 1024/2013), le è consentito ‘far sentire la propria voce’ assumendo provvedimenti idonei a fermare per tempo il degrado dell’ente bancario. A livello sistematico, infine, rileva il particolare favor che la BCE dimostra per la «grande dimensione bancaria»; donde la ipotizzabile prospettiva di assistere, nel futuro, ad una progressiva riduzione del numero delle piccole banche, con il conseguente venir meno del carattere «pluralistico» dell’ordinamento del credito, notoriamente correlato all’esigenza di soddisfare variegate realtà di operatori economici[37].
Passando alla nuova regolazione delle crisi bancarie rileva l’abbandono delle pregresse forme interventistiche che rimettevano il ripianamento delle perdite degli enti in crisi al «concorso sociale», evidenziando un fondamento sostanzialmente solidaristico nella soluzione delle patologie creditizie[38].
Il legislatore europeo attualmente delinea uno scenario composito, caratterizzato dalla presenza di centri decisionali diversi che vanno dalla BCE (che interviene quale organo di supervisione ai sensi dell’art. 18, comma primo, reg. n. 806/2014) al Single Resolution Board (cui è demandata la formulazione degli schemi di risoluzione), alla Commissione (garante della mancata alterazione delle condizioni concorrenziali) al Consiglio (al quale è deputato il controllo sulla sussistenza dell’interesse pubblico all’avvio della procedura di risoluzione). Aspetto centrale della procedura in parola è l’applicazione dello strumento del «bail-in», fondato sull’utilizzo della tecnica del c.d. haircut, vale a dire dell’imposizione in via prioritaria di riduzioni di valore a carico dei titolari di azioni, di debito subordinato e dei creditori non garantiti (art. 53 della direttiva n. 2014/59/UE)[39].
Nella gestione delle recenti crisi che hanno interessato alcune delle proprie banche, l’Italia ha seguito un percorso interpretativo della nuova disciplina volto ad individuare eccezioni al divieto degli «aiuti di Stato», percorso sostanziatosi nella ricapitalizzazione con fondi pubblici di due banche venete in dissesto (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) prevista dal d.l. n. 99 del 25 giugno 2017 e, più di recente, con le misure riguardanti la Banca Popolare di Bari, disposte col d.l. n. 142 del 16 dicembre 2019. Alcuni commentatori hanno giudicato tale interpretazione non in linea con il dettato della disciplina europea, donde le perplessità che si pongono con riguardo alle modalità di applicazione future. Vengono alla mente i commenti di alcuni politici tedeschi (Ferber, Schaeuble), i quali – valutando detto orientamento legislativo – hanno dichiarato che, per tal via, si conduce l’UBE sul «letto di morte»[40]. Tali perplessità denunciano la difficile applicabilità concreta della normativa; di conseguenza si pongono dubbi, a livello domestico, in ordine all’efficacia di un impianto regolatorio, accettato sul piano formale e disatteso su quello della concreta applicazione.[41]
Da ultimo, va tenuta presente la mancata attuazione di un «sistema di assicurazione europea» sui depositi, terzo pilastro dell’Unione Bancaria. Essa è dovuta ai molteplici condizionamenti imposti dalla Germania («introduzione di coefficienti di rischio sulle esposizioni delle banche in titoli di Stato eccedenti limiti di concentrazione prefissati, tetto del 5% all’ammontare lordo dei crediti deteriorati, unica legge Europea sulle insolvenze bancarie…»), come viene sottolineato in letteratura[42]; posizione ostativa che, secondo le indicazioni di un esponente della Banca d’Italia, ha trovato conferma in quella espressa da alcuni Stati membri secondo cui «le misure di mutualizzazione del rischio attraverso la garanzia europea dei depositi de(vo)no essere precedute dall’approvazione di ulteriori interventi volti a rafforzare la stabilità del sistema bancario e finanziario»[43]. È evidente come, sul piano delle concretezze, la mancata realizzazione di questa importante parte della Unione Bancaria è causata dal prevalere degli individualismi nazionali, che hanno impedito la creazione di un sistema integrato di assicurazione dei depositi nel timore che da esso possano derivare ‘ritorni’ inferiori agli esborsi necessari per attivarlo.
Concludendo sul punto, può dirsi che la nuova disciplina UE in tema di ‘supervisione’, ‘crisi bancarie e ‘tutela dei depositi’, in ragione dei suoi limiti, rende necessario procedere ad una revisione dell’impianto normativo; ciò in linea con l’esigenza, fortemente avvertita soprattutto dal nostro Paese, di ricercare soluzioni congrue con le specifiche realtà sulle quali incide la regolazione in parola. Le iniziative al riguardo intraprese nell’Unione, per quanto attestino una generalizzata consapevolezza in ordine ai menzionati limiti dei Trattati, non presentano i tratti di un cambiamento destinato ad una compiuta ridefinizione di questi ultimi (necessaria per modificare essenziali profili del quadro normativo dai medesimi segnato); il percorso per la realizzazione dell’european dream appare ancora decisamente in salita e tale obiettivo, ad avviso di molti, è diventato un mero wishful thinking.

5. L’emergenza coronavirus impatta sulla delineata realtà: come si è anticipato la scia di dolore e di morte che l’accompagna pone i paesi colpiti di fronte ad un crescente bisogno di aiuto. Il nostro Paese raggiunge il triste primato del maggior numero di contagi e decessi dell’intera Europa! Ciò per converso offre l’occasione per verificare se l’Unione sia disponibile ad accettare una logica di solidarietà e possa davvero rappresentare la ‘casa comune’ di tutti i cittadini europei.

Come si è anticipato, la difficoltà del momento, induce il nostro Governo ad assumere provvedimenti eccezionali con i quali venire incontro ai lavoratori, alle imprese e alle famiglie che devono subire i negativi riflessi economici di tale stato di cose. Quando l’Italia si accorge di essere il paese più colpito del pianeta dopo la Cina (solo a fine marzo 2020 superato dagli USA) deve prendere atto con amarezza che la sospirata solidarietà che Essa attende dalla Europa purtroppo, sinora, non è venuta; per converso, si riscontra un atteggiamento difensivo di molti Stati membri (chiusura delle frontiere, blocco delle linee aeree ecc.) che, oltre a deludere tutti gli europeisti convinti, come me, ha fatto temere a molti l’implosione dell’UE. Ciò a fronte di inaspettati interventi a sostegno della nostra sanità collassata da parte della Repubblica Popolare Cinese, della Federazione Russa e degli Stati Uniti d’America. Significative, in proposito, sono le considerazioni di Massimo Cacciari sul post-coronavirus: «mi pare proprio che sarà una pietra tombale […] (per l’Unione) […], per quanto la speranza sia l’ultima a morire. […] mi pare che ormai il sogno europeo dobbiamo metterlo via. Il coronavirus è stato il colpo di grazia per una situazione già compromessa. Mi auguro ardentemente di sbagliare però»[44].
In effetti, l’unica concreta forma di intervento sovranazionale è consistita finora nel  sostegno della BCE, di cui si è detto. Tale intervento destinato a fornire liquidità consiste in un aumento del Quantitative Easing in previsione di un massiccio programma di prestiti a lungo termine, il cosiddetto TLTRO III[45]. Tuttavia esso appare subito insufficiente considerata la gravità della situazione, non solo del nostro Paese, cui deve porsi rimedio. I mercati ritengono inadeguate tali misure e, come si è anticipato, si assiste ad un vertiginoso calo delle «borse» mondiali, le quali raggiungono minimi vicini a quelli del 2008[46].
Questa situazione di ritrosia interventistica dell’Unione sembrava destinata a dissolversi quando, su proposta della Commissione, è stato raggiunto un accordo circa la sospensione delle stringenti regole fiscali dettate dal patto di stabilità. Di fronte al dilagare del contagio, che ha colpito indistintamente numerosi paesi europei, si diffonde il convincimento che necessita resistere allo shock di una prevedibile emergenza economica di proporzioni incalcolabili, destinata di certo a sopravanzare quella sanitaria. I Governi responsabili comprendono che deve essere evitato un possibile disallineamento tra un’indispensabile espansione monetaria e i vincoli di una regolamentazione restrittiva. Purtroppo il passo successivo e decisivo stenta ad essere compiuto.
In questo scenario l’imperativo categorico deve essere quello di rinvenire i mezzi finanziari per far ripartire l’economia europea bloccata a causa del coronavirus, di addivenire quindi a «più elevati livelli di debito pubblico», come suggerisce Mario Draghi[47]. La BCE – di fronte al giusto risentimento del Presidente della Repubblica italiana per la mancanza di solidarietà ed alla presenza di azioni destabilizzanti[48] -, forse sollecitata al suo interno dal componente italiano del comitato esecutivo[49], muta d’improvviso la sua posizione, procedendo ad una variazione del programma Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) di 750 bilion di euro «to counter the serious risks to the monetary policy transmission mechanism and the outlook for the euro area posed by the outbreak and the escalating diffusion of the coronavirus, COVID-19»[50]. A questa fa seguito la decisione di «allargare le maglie del controllo» – attraverso la concessione di maggiore flessibilità alle banche sui requisiti di capitale e nell’applicazione dei principi contabili  – per consentire un più semplice e spedito accesso al credito ad imprese e famiglie[51]. Di significativo rilievo è anche la raccomandazione alle banche di non distribuire i dividendi durante la pandemia da COVID-19, nonché l’approccio ‘prudente e lungimirante’ nello stabilire politiche di remunerazione[52].
La stessa BCE tuttavia è stata chiara nel sostenere che la politica monetaria non può fronteggiare da sola la crisi, ma che le decisioni più importanti spettano a coloro che determinano le politiche di bilancio.
Da ultimo, la stampa specializzata diffonde la notizia secondo cui la Presidentessa della Bce ha dichiarato «di prendere in seria considerazione l’idea di un’emissione congiunta one off di coronabond per arginare gli effetti della pandemia da coronavirus»[53]. Non può omettersi di considerare, tuttavia, che il carattere one off di tale intervento e la opposizione di Germania, Olanda e altri Paesi del Nord Europa (da sempre contrari a tali emissioni) ridimensionano le aspettative di un cambiamento di prospettiva e vivificano il clima di incertezza sul futuro dell’Unione.
Per questa ragione la Commissione UE ha cercato di dare segnali rasserenanti. La Presidentessa Ursula von der Leyen, invia un videomessaggio pronunciato in italiano nel quale esprime vicinanza, condivisione e solidarietà[54]. Ella forse ha compreso appieno la tensione non solo sociale ed economica ma anche politica che il coronavirus ha scatenato, le sue parole dichiarano che l’Europa esiste ed intende mettere le sue forze a disposizione dei paesi colpiti da eventi eccezionalmente dannosi. È il messaggio atteso dopo l’iniziale indifferenza (da parte di alcuni Stati membri) di cui si è detto, la quale sembrava volta negare ogni aspettativa di coesione e spirito di unitarietà[55].
Alle parole sono seguiti subito i fatti. La Commissione propone di applicare con flessibilità le regole UE per rispondere anche alle esigenze umane oltre che a quelle socio economiche dei paesi europei; ciò addivenendo ad una sospensione del ‘Patto di stabilità’ affinché, come la Presidentessa Ursula von der Leyen tiene a precisare, gli Stati possano «affrontare la crisi sanitaria e le sue conseguenze economiche dirette»[56]. Tale apertura alla flessibilità è, tuttavia, mitigata dalla puntualizzazione che «la deviazione dagli obiettivi di bilancio deve essere temporanea», quasi ad indicare la necessità che il Patto resti in vigore. Se ne deduce la consapevolezza che, all’interno dell’UE, permangono tuttora vaste aree nelle quali non è stata ancora del tutto debellata la logica (ispirata al liberismo ed all’individualismo) che impedisce di accettare la prospettiva di un rinnovamento delle regole, la cui sperimentazione – come si è detto – non ha prodotto esiti positivi, lasciando immutate nel tempo le diversità e l’intento di contenere il processo di integrazione entro ben definiti limiti.
È indubbio che il coronavirus abbia segnato una nuova frontiera nel ridurre ad unità gli orientamenti in ordine alla costruzione europea; di ciò è conferma nel diffuso convincimento che devono ritenersi ormai superati gli strumenti utilizzati in occasione della crisi del 2007, la quale ha avuto un’origine finanziaria e, dunque, legata ad asimmetriche forme reattive[57]. Più in generale, si deve prendere atto della necessità di abbattere gli ambigui baluardi di posizioni d’interesse e/o egemonia, che sono di ostacolo nella «determinazione di intenti comuni» finalizzati al conseguimento di obiettivi da molti paesi accettati soltanto a livello formale.

6. Rilevante, in tale contesto, è anche la riflessione che l’autorità governativa italiana conduce, a livello internazionale, in ordine alla possibilità di utilizzare strumenti che il regolatore europeo ha creato con la finalità di dare un supporto a paesi in difficoltà economiche. Mi riferisco, in particolare, alla intervista rilasciata dal Premier Conte al Financial Times il 20 marzo 2020; nell’occasione è stata prospettata la richiesta all’Unione di fruire del MES – noto come ‘Fondo Salva Stati’ – in quanto questo ultimo, con la sua disponibilità di 500 miliardi di euro, è in grado di aiutare l’economia del continente a superare «uno choc globale senza precedenti»[58]. Tale proposta ha suscitato perplessità, a livello interno, sulla base della considerazione che in passato l’Italia – anche nella fase più acuta della recente crisi finanziaria (2011-2012) – non ha mai aderito all’invito dei maggiori paesi creditori e di alcune istituzioni di richiedere l’assistenza di tale Fondo[59]. Ciò ha permesso di evitare l’automatico assoggettamento del nostro Paese al regime di sorveglianza rafforzata, che avrebbe comportato il sostanziale “commissariamento” della politica economica italiana.

A ben riflettere, tuttavia, la richiesta italiana sottende la volontà di procedere ad un radicale cambiamento del ruolo del nominato Fondo. Dalle parole del Premier Conte si evince con chiarezza che non è sua intenzione accedere al MES alle condizioni che al presente ne regolano il funzionamento, in base alle quali un suo eventuale intervento finirebbe inevitabilmente con l’aggravare l’attuale situazione  del nostro Stato. Il progetto che Egli propone è quello di adattare il Fondo «alle nuove circostanze in modo da poter usare tutta la sua potenza di fuoco»[60]; e ciò in una logica che ne vorrebbe l’apertura a «tutti gli Stati membri, in modo da aiutarli a combattere le conseguenze dell’epidemia di Covid».
Si è in presenza di un disegno volto ad usare il MES in modalità diverse da quelle previste dai Trattati, a mutarne nella sostanza il ruolo e la funzione da questi ultimi prevista. A mio avviso, deve ritenersi un rimedio pienamente valido la trasformazione di tale organismo, sì da consentire agli Stati membri, in relazione alla eccezionalità del momento, di beneficiare di finanziamenti (se del caso di ammontare contenuto nei limiti dei versamenti da ognuno di essi effettuati fin dal momento della sua costituzione nel 2012) conseguiti a tassi ridotti (prossimi allo zero). Il Fondo potrebbe incrementare le proprie disponibilità mediante emissione di strumenti di debito (denominati coronabond o in altra maniera) da offrire in sottoscrizione ad investitori istituzionali – incluse le banche centrali –  alimentando per tal via una «provvista» da mettere a disposizione degli Stati che a causa della presente catastrofe (o, in futuro, di altre ugualmente rilevanti) versano in gravi difficoltà economiche.
Si avrebbe, in tal modo, una riforma del MES che cambia la sostanza del Trattato attualmente in vigore; sicché, i titoli emessi dal Fondo, a differenza di quanto è stato fino ad oggi previsto per il Fondo Salva Stati[61], dovrebbero essere inquadrati alla stregua di innovativi strumenti finanziari (garantiti dalle realtà economico finanziarie degli Stati membri) i quali non necessitano di avere a monte un’unione fiscale (e, dunque, un bilancio comune dei Paese UE) perché non si sarebbe in presenza della temuta «mutualizzazione del rischio», bensì di un intervento finanziario volto finalmente ad introdurre una logica solidale nelle relazioni fra Stati. Va da sé che, ove si coagulasse una volontà comune al riguardo, sarebbe possibile procedere celermente alla realizzazione di tali modifiche; il riferimento all’emergenza sanitaria identifica, infatti, una giusta causa che incide sulla necessità di individuare la «giusta direzione» della riforma in passato sollecitata dall’autorità di settore[62].
Il MES verrebbe, in tal modo, modificato da strumento oggi considerato espressione di un bieco interventismo divisivo (che consente agli Stati egemoni di imporre la loro primazia) – in quanto, nella sua funzione riparatrice di sistemi in dissesto, risulta privo di qualsivoglia ‘compenetrazione’ nelle altrui esigenze, nei bisogni dei paesi aderenti ad un comune progetto di unificazione – in un innovativo «congegno solidaristico», destinato ad avvicinare i popoli della Unione, disposti per il suo tramite ad optare per una via di condivisione e di coesione. Ciò, modificando ovviamente la sua mission, da collocare in un contesto operativo, anche di medio-lungo periodo, finalizzato ad interventi da attuare in presenza di specifiche circostanze (emergenze sanitarie, catastrofi naturali, ecc.) nelle quali è bene che l’Europa tenga un agere conforme alla sua storia di civiltà e progresso.
In passato sono state rappresentate  difficoltà alla introduzione di modifiche al MES da coloro che ritengono necessario far precedere siffatti  interventi da altri (ugualmente significativi), come l’unione fiscale e/o la ristrutturazione del debito pubblico. Basti guardare in tal senso alla dura reazione con cui otto paesi del nord Europa (noti come Nuova Lega Anseatica) si sono opposti alla proposta della Commissione di trasformare il MES in un fondo monetario europeo integrato nel sistema legale dell’Unione[63] e alla determinazione degli Stati membri di conservare il carattere intergovernativo di tale meccanismo. Del pari, si è fatto riferimento ad impedimenti di tipo formale (come la preventiva modifica dell’attuale statuto del Fondo) e, comunque, si sono denunciati timori al riguardo che si iscrivono nel quadro di un pretestuoso ulteriore rinvio di una vivificatrice «spinta» verso l’unitarietà. Di certo, sotteso a tale orientamento è la volontà di alcuni paesi del nord Europa di continuare a fruire della loro posizione di «paradisi fiscali», riveniente da un regime d’imposizione tributaria sulle società particolarmente favorevole a queste ultime[64].
Per converso, il superamento della logica dell’interesse individualistico degli Stati membri dovrebbe, a mio avviso, connotare il programma europeo, al quale oggi – paradossalmente grazie al coronavirus – può essere conferito il necessario abbrivio per una svolta nella sua realizzazione[65].
È di questi giorni la storia di tale progetto; i paesi del nord Europa si oppongono alla realizzazione dello stesso temendo di dover «condividere» con gli Stati mediterranei il plus/valore finanziario dei propri bond. Si riscontrano forti tensioni nei vertici europei, tanto da indurre il Premier Conte a pronunciarsi in chiave critica sul «fondamento stesso dell’Unione»[66] e a respingere, insieme alla Spagna, la ‘bozza d’accordo discussa dal Consiglio dell’Unione europea’ sul coronavirus (documento nel quale sono identificati gli aiuti da garantire ai Paesi membri colpiti dall’emergenza)[67]. Nell’ultim’ora la presidentessa della Commissione, facendo retromarcia rispetto alla sua offerta di massima collaborazione, ha dichiarato la propria adesione alle posizioni della Germania, manifestando l’intento di volersi disimpegnare al riguardo[68].
Di fronte a siffatta ambivalenza di fondo sorgono ulteriori dubbi in ordine alla tenuta dell’UE; i vertici delle istituzioni europee si ostinano a non voler comprendere che all’Europa delle regole deve sostituirsi quella della solidarietà, dando vita peraltro ad interventi differenti dalla beneficenza; ciò, in primo luogo, al fine di predisporre i necessari presidi per evitare che l’emergenza sociale si tramuti in rabbia alimentando una contestazione i cui esiti sono imprevedibili [69]. Forse è questa l’ultima occasione per ricercare rimedi che assicurino la continuità dell’Unione assumendo una linea (diversa da quella tante volte tenuta in passato)  affidata unicamente alla realizzazione di fragili compromessi.
Tale rinvio produce l’effetto di posticipare la decisione da assumere ad una ‘nuova proposta’, elaborata dall’Eurogruppo entro due settimane di tempo[70]. La posizione di intransigenza assunta dal Premier italiano – il quale, nell’occasione, ha ribadito che la risposta dell’Italia «verrà intensificata, se necessario, con ulteriori azioni in modo inclusivo, alla luce degli sviluppi, e al fine di fornire una risposta globale»[71]– se, per un verso, non dà adito a dubbi in merito alla ‘buona volontà’ di alcuni Stati membri di dirimere la tensione, per altro ci fa comprendere che forse sono «maturi i tempi» per una rivisitazione della stessa nozione di Unione. Tutti i paesi UE devono comprendere che l’Europa per uscire  dalla presente impasse non può più seguire la strategia dell’individualismo; appare, altresì, chiara l’insufficienza di interventi correlati unicamente alla eccezionale gravità della presente situazione. Va ribadito ancora una volta che necessitano rimedi di lungo periodo come la creazione di «uno strumento di debito comune», che superando le ritrosie dei singoli Stati mostri all’intera collettività del pianeta che, se pur a fatica, sono state poste le basi reali di una compagine statuale unitaria.
Naturalmente, al fine di reperire i mezzi finanziari per superare l’attuale emergenza sembra ipotizzabile (e forse facilmente praticabile nell’immediato) – in un momento storico in cui il sentimento nazionale è rafforzato dalla dura prova che attraversiamo -, piuttosto che il ricorso a forme di prelievo forzoso (patrimoniali) che lacererebbero il tessuto sociale e darebbero all’opposizione facili argomenti di critica, una strategia che persegua l’obiettivo di allungare il debito, ridurre la percentuale dello stesso in mani estere ed esprima la sua finalizzazione a obiettivi specifici.

L’idea potrebbe essere quella di emettere titoli di debito (Investi Italia), anche di piccolo taglio, destinati all’emissione solo a soggetti residenti (piccoli risparmiatori italiani); tali titoli dovrebbero essere a lunga scadenza (20/30 anni), muniti di particolari premi (i.e. previsione di crediti di imposta o di cedole speciali) correlati al loro mantenimento in portafoglio, premi eventualmente cadenzati nel tempo (clausola di lock-in flessibile); da ultimo, la loro raccolta dovrebbe avere una speciale e ineludibile destinazione (ad es. investimenti infrastrutturali, settore sanitario, ecc.). Inoltre, essi dovrebbero essere liberamente trasferibili (anche immediatamente) a terzi, anche stranieri, salva la previsione che, in tal caso, verrebbero meno i vantaggi testé rappresentati. Va anche presa in considerazione, in base ad analisi specifiche, la possibilità di utilizzare la apposizione di cacs (clausole di azione collettiva), con un loro alleggerimento o limitazione (per rafforzare l’appetibilità dei titoli); stabilendo altresì (per ovviare qualsivoglia riferibilità all’art. 12 del Trattato MES) che i titoli in parola siano emessi da CDP.
Non v’è dubbio che la situazione presente è percepita dalla collettività nei suoi profili drammatici, che incidono sulla continuità del processo di aggregazione europea, da decenni auspicato da tanta parte della cittadinanza UE. I continui «crolli» del mercato, registrati nel marzo del 2020, scontano i timori di un ‘male’ che, a livello mondiale, segna un arresto della produzione, facendo rivedere al ribasso le previsioni di crescita. È indispensabile che l’Europa dia un forte segnale in senso contrario: è possibile, necessita farlo. Oggi si decide il futuro dell’Unione; ed è questa una decisione senza appello!
Di certo, il futuro dell’UE e  della tenuta economico sociale del nostro Paese dipenderà dalla velocità di reazione delle rispettive istituzioni, velocità che dovrà riguardare non solo l’adozione di regole adatte ai nuovi tempi ma anche, e soprattutto, una loro immediata applicabilità attraverso una deburocratizzazione delle procedure.

7.Sulla base di quanto precede si può dire che forse è giunto il momento per veder attuata la previsione formulata da Romano Prodi all’indomani della creazione dell’euro. Il presagio di un necessario raccordo ad un evento straordinario (per superare le paure degli Stati membri a cedere la loro sovranità) presenta, nell’attuale contesto storico, una valenza ancor più grande di quella ravvisabile all’epoca della crisi finanziaria degli anni 2007 e seguenti. Quest’ultima ha, infatti, causato in ampia parte del globo incertezze e pericoli per un agere finanziario incurante dei parametri della correttezza operativa e, dunque, del rispetto delle regole sulle quali è fondato l’equilibrio e la stabilità dei sistemi. L’Unione è stata costretta a lottare contro un nemico, le cui armi tuttavia erano ben conosciute: speculazione, incontrollabile anelito al profitto e tendenza a trarre vantaggi dalle asimmetrie del mercato. Al presente va combattuto un «nemico invisibile», che colpisce d’improvviso, portando morte e disorientamento, donde il riscontro di un generalizzato senso d’impotenza a contrastarne l’impeto e la virulenza.

Si individua un futuro che – come si è già avuto modo di precisare – si caratterizza per una serie di incognite e di interrogativi tra i quali primeggia quello concernente l’an sulla continuità del progetto europeo. L’UE sta affrontando il ‘momento della verità’; mai nel passato si è trovata di fronte ad una situazione drammatica ed economicamente devastante come quella attuale. La capacità di offrire agli Stati membri, colpiti dal nominato shock da coronavirus, rimedi congrui alle loro necessità (peraltro non accompagnati all’imposizione di un regime di austerity, tristemente sperimentato durante la crisi del 2007) costituirà il metro di riferimento a base delle determinazioni da assumere con riguardo alla opportunità di tener fermo il disegno comune.
Purtroppo, nonostante le positive indicazioni fornite dall’UE a fine marzo 2020, permangono significativi dubbi in proposito. Un appello di 67 economisti all’Europa e alle sue istituzioni denuncia la fragilità delle misure adottate e  la difficoltà dei vertici dell’Unione di prendere atto dei propri sbagli, indicando il significato da ascrivere alle reazioni dei mercati (riconducibile ad una perdita di credibilità della BCE); ciò nel riferimento al carattere eccezionale riconosciuto dalle autorità europee agli interventi da esse disposti (dal quale è dato desumere il tacito intento di recuperare il previgente regime regolatorio dopo la fine della tempesta)[72]. Se ne deduce che solo un deciso «cambio di passo» può preservare il processo d’integrazione europea da una triste fine! Pertanto, se l’Europa vuole ancora proseguire verso la meta indicata dai padri fondatori, il superamento della crisi economica causata dal coronavirus dovrà inevitabilmente essere accompagnato da una revisione dei Trattati, sì da consentire agli Stati membri la possibilità di perseguire linee di sviluppo comune, fondate su una logica solidaristica e, dunque, sull’abbandono degli individualismi fino ad oggi imperanti.
Si delinea, quindi, un obiettivo difficile; l’Europa dovrà affrontare un’intrapresa estremamente ardua perché non potrà essere disgiunta dalla rinuncia, da parte dei paesi egemoni dell’eurozona, alla gestione di un ruolo di primazia, nonché dalla accettazione dei limiti e delle criticità da tempo riconosciuti ad alcuni Stati dell’area mediterranea. Per converso, dovrà essere compito di questi ultimi assumere un impegno responsabile nell’assecondare la fiducia in essi riposta, superando innate avversità per la rigidità teutonica ovvero per i sentimenti di grandeur francesi.
Accadrà tutto questo? Non so dirlo. Mi rendo conto, peraltro, di aver fatto parte della ‘generazione’ fortunata che ha visto l’entusiastico avvio del processo di integrazione europeo, confidando nell’affermazione di uno spirito di unitarietà dopo secoli di guerre che, purtroppo, hanno contribuito a rafforzare gli individualismi e le diversità. Devo constatare con amarezza che, forse, un percorso di avvicinamento di soli sessanta anni è insufficiente a realizzare un ‘sogno’, che presuppone una maturazione delle coscienze di più lunga durata!
Mi piace ricordare, tuttavia, che in passato, chiudendo alcuni saggi sulla difficoltà del percorso europeo, ho sempre fatto riferimento alla speranza che anima coloro che, come me, hanno sempre creduto nel sogno europeo… una speranza che, a ben considerare, si traduce in un interesse comune a «stare insieme» in una realtà geopolitica globale nella quale il ‘vecchio continente’ potrà ancora giocare un proprio ruolo solo se sarà unito da un legame politico.

Note

1.  Con il D.p.c.m. 4 marzo 2020, il Premier Conte ha sospeso attività scolastiche, manifestazioni, eventi e spettacoli di qualsiasi natura. Siamo in presenza di misure restrittive di alcune libertà dei cittadini, i quali stanno dando segnali di piena maturità con un’osservanza quasi totalitaria delle medesime.

2.  Tale d.l. per rendere più efficaci le misure sanitarie dovute alla diffusione del virus COVID -19 «definisce la cornice degli  interventi , in particolare sulla limitazione  degli spostamenti e sulle misure di quarantena che, su specifiche parti del territorio nazionale, o, se necessario, sulla totalità di esso possono essere adottati per periodi predeterminati, di durata non superiore a trenta giorni reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 (termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020) e con la possibilità di variarne il carattere restrittivo secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus».

3.  Cfr. Gatta, Coronavirus, limitazione di diritti e libertà fondamentali, e diritto penale: un deficit di legalità da rimediare, visionabile su https://sistemapenale.it/it/opinioni/coronavisus-covid-19-diritti-liberta-fondamentali-diritto-penale-legalita, nel quale l’A. sostiene che è «lecito dubitare che …(il).. decreto-legge …(n. 6 del 2020,  convertito in l. 5 marzo 2020, n. 13) rappresenti effettivamente una valida base legale» in quanto la «natura “in bianco” dell’art. 2 del d.l. n. 6/2020…(rende)… quanto meno lecito dubitare della compatibilità di una simile disposizione con la riserva di legge che la Costituzione prevede quale condizione e garanzia per limitare l’esercizio di libertà fondamentali». Si veda, altresì, anche il saggio di Gatta intitolato Un rinnovato assetto del diritto dell’emergenza COVID-19, più aderente ai principi costituzionali, e un nuovo approccio al problema sanzionatorio: luci ed ombre nel d.l. 25 marzo 2020, n. 19, visionabile su https://sistemapenale.it/it/articolo/decreto-legge-19-del-2020-covid-19-coronavirus-sanzioni-illecito-amministrativo-reato-inosservanza-misure, nel quale si sottolinea «l’importanza del d.l. n. 19/2020 …(che)… all’art. 5, abrog(a) il d.l. n. 6/2020 (salvo alcune disposizioni di rilievo molto marginale), andando così a sostituire l’architrave della disciplina dell’emergenza», ora costruita in modalità maggiormente aderenti alle prescrizioni costituzionali.

4.    In tal senso le considerazioni di Azzariti riportate nell’editoriale intitolato Coronavirus, Azzariti: “Le misure sono costituzionali a patto che siano a tempo determinato”, visionabile su www.repubblica.it/politica/2020/03/08/news/ coronavirus_azzariti_le_misure_sono_costituzional_a_patto_che_siano_a_tempo_determinato_-250680089/

5.  Cfr. l’editoriale intitolato Lo sciacallaggio di Salvini sull’emergenza del coronavirus visionabile su www.ilfoglio.it/l-italia-vista-dagli-altri/2020/03/04/news/lo-sciacallaggio-di-salvini-sull-emergenza-del-coronavirus-305043.

6.  Cfr. al riguardo l’editoriale di Todero intitolato Il governo per contenere il coronavirus limita alcune libertà dei cittadini. Può farlo? visionabile su www.ilfoglio.it/politica/2020/03/05/news/il-governo-per-contenere-il-coronavirus-limita-alcune-liberta-dei-cittadini-puo-farlo-305169.

7.  Cfr. ampiamente sul punto Montedoro, Il giudice e l’economia, Roma, 2015, p. 226 ss; Troiano, Potere, tecnica e proporzione nel volume «il giudice e l’economia», in Riv. trim. dell’econ., 2015, p. 319 ss.

8.  Cfr. l’editoriale di Financial Times intitolato Draghi: we face a war against coronavirus and must mobilise accordingly | Free to read visionabile su https://www.ft.com/content/c6d2de3a-6ec5-11ea-89df-41bea055720b

9.  Cfr. Comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 37, visionabile su http://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-37/14324

10.  Cfr. Masera, Buoni investimenti in (buone infrastrutture), in laRepubblica, Affari e finanza, del 23 marzo 2020.

11.  Cfr. Capriglione, Crisi bancarie e crisi di sistema. Il Caso Italia, in federalismi.it, n. 6 del 18 marzo 2020.

12.  Cfr. gli Atti del Convegno “La problematica dei crediti deteriorati. Rischi e opportunità”, organizzato nei giorni 17 e 18 ottobre 2019 presso l’Università “Parthenope” di Napoli, pubblicari in Riv. trim. dir. ec., 2019, suppl. al n. 2, nel quale economisti e giuristi hanno chiarito i variegati della problematica in parola che condiziona il processo evolutivo dell’industria finanziaria.

13.  Si veda, al riguardo, Dallas, Short-Termism, the Financial Crisis, and Corporate Governance, in Journal of Corporation Law, 2011, p. 264; nonché Padoa Schioppa, La veduta corta, Bologna, 2009, ove si affrontava il tema del progressivo sfaldamento dell’intelaiatura di regole, controlli e azioni di governo che in un’economia di mercato fa da necessario complemento alla ricerca del tornaconto da parte degli individui e delle imprese.

14.  Si veda stamegna, Credit servicers, credit purchasers and the recovery of collateral: Fostering secondary markets for non-performing loans (NPLs) and easing collateral recovery, European Parlliamentary Research Service, Febbraio 2019; Id., Minimum loss coverage for non-performing loans, European Parlliamentary Research Service, Marzo 2019

15.  Cfr. il documento ECB Banking Supervision provides further flexibility to banks in reaction to coronavirus, visionabile su www.bankingsupervision.europa.eu/press/pr/date/2020/html/ssm.pr200320~4cdbbcf466.en.html.

16.  Cfr. l’editoriale intitolato Virus e petrolio gelano le Borse. Piazza Affari a -11%, la peggiore seduta dopo Brexit. Spread a 225, visionabile su www.ilsole24ore.com/art/il-virus-affonda-borse-asiatiche-tokyo-chiude-5percento-europa-un-pesante-rosso-AD4CpXB.

17.  Cfr. draghi, Indagine conoscitiva sulle tematiche relative al sistema bancario e finanziario, Audizione presso la Commissione VI della Camera dei Deputati (Finanze), 17 marzo 2009, il quale, in proposito tenne a puntualizzare che «le banche … (sono) … chiamate a sopportare parte del costo di un eventuale dissesto».

18.  Cfr. EBA statement on actions to mitigate the impact of COVID-19 on the EU banking sector, visionabile su https://eba.europa.eu/eba-statement-actions-mitigate-impact-covid-19-eu-banking-sector,

19.  Cfr. l’editoriale di Dal Maso intitolato L’Eba rinvia gli stress test delle banche al 2021 visionabile su www. milanofinanza.it/news/l-eba-rinvia-gli-stress-test-delle-banche-al-2021-202003121508563291

20.  Cfr. la Dichiarazione della Vicepresidente esecutiva Vestager su tale progetto, visionabile su https://ec.europa.eu/ italy/news/20200317_dichiarazione_vicepresidente_Vestager_su_aiuti_di_stato_it.

21.  La normativa del TFUE, agli artt. 107 e seguenti limita i contributi pubblici che, «sotto qualsiasi forma», hanno la finalità di falsare (o minacciare di falsare) la concorrenza; cfr. ex multis Tesauro, Diritto dell’Unione Europea, Padova, 2012, p. 807 ss; Rossano D., La nuova regolazioni delle crisi bancaria, Milano, 2017, p. 46 ss.

22.   Uno dei momenti considerati più infelici della conferenza stampa è avvenuto quando Lagarde ha detto che il ruolo della BCE «non è ridurre gli spread», il che è sembrato a molti un’indicazione che la presidente non intende proteggere i paesi più deboli che usano l’euro come moneta

23.  Va fatto presente  che sono allo studio misure che introducono una regolazione più flessibile in tema di NPL; cfr. l’editoriale intitolato  Le Maire a UE: “Regole più morbide per npl” visionabile su https://www.ilmessaggero.it/ economia/news/le_maire_a_ue_regole_piu_morbide_per_npl-5101011.html,  nel quale si riporta la dichiarazione di tale Ministro: «Se applicassimo le regole europee troppo severamente, questo peserà sui bilanci delle banche che saranno nervose nel dilazionare il rimborso dei debiti», ricordando la necessità di consentire ad imprese e famiglie di avere accesso al  credito per «evitare una spirale» negativa.

24.  Cfr. l’art. 48 del nominato decreto ‘cura Italia’ nel quale si afferma: «si rileva l’esclusione da tali benefici per le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze” o “inadempienze improbabili” ai sensi della disciplina bancaria o che rientrino nella nozione di “impresa in difficoltà” ai sensi dell’art. 2 punto 18, del Regolamento (UE) n. 651/2014 (c. 1, lett. g)».

25.  Cfr. l’editoriale intitolato Conte conferma: nuovo piano da €25 miliardi contro il coronavirus. I dettagli, visionabile su https://www.money.it/nuovo-decreto-25-miliardi-contro-coronavirus-dettagli

26.  Commissione europea, COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE COUNCIL on the activation of the general escape clause of the Stability and Growth Pact, COM(2020) 123

27.   Cfr. l’editoriale intitolato Pronti a rivedere la regola del pareggio di bilancio, ha detto Angela Merkel visionabile su https://www.agi.it/estero/news/2020-03-11/coronavirus-germania-merkel-7435183/

28.  Cfr. Bundesverfassungsgericht – Pressestelle -Pressemitteilung Nr. 37/2011 vom 9. Juni 2011, visionabile su www.bundesverfassungsgericht.de/pressemitteilungen/bvg11-055en.html. Per un commento di tale orientamento giurisprudenziale cfr. Tosato, La Corte costituzionale tedesca e il futuro dell’euro, in Affarinternazionali, 2011, www.iai.it.

29.   Ampliamente sul punto cfr. Capriglione – Sacco Ginevri, Politica e finanza nell’Unione europea, Padova, 2015, p. 150 ss.

30.  Cfr. l’editoriale intitolato Coronavirus, Merkel: «È la sfida più grande dalla Seconda guerra mondiale», visionabile su https://video.corriere.it/esteri/coronavirus-merkel-sfida-piu-grande-seconda-guerra-mondiale/bab0f6da-6968-11ea-913c-55c2df06d574.

31.  Cfr. Capriglione – Sacco Ginevri, Politica e finanza nell’Unione europea, cit., p. 59 ss.

32.  Cfr. Savino, La comitologia dopo Lisbona: alla ricerca dell’equilibrio perduto, in Giornale di diritto amministrativo, 2011, p. 1041.

33.  Come opportunamente è stato osservato, si è dato vita ad un processo d’ integrazione il cui svolgimento, per quanto orientato in termini continuativi e progressivi, risulta limitato dal contesto geopolitico di riferimento caratterizzato da significative diversità non solo economiche, ma anche culturali e sociali; cfr. De Caro, Integrazione europea e diritto costituzionale, in aa.vv, Elementi di diritto pubblico dell’economia, Padova, 2012, p. 53.

34.  Cfr. tra gli altri Wymeersch, The European Banking Union. A first Analysis, Universiteit Gent, Financial Law Institute, WP, 2012-07, ottobre 2012, p. 1 ss.; Aa.Vv., Dal testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione di poteri [Atti del convegno organizzato dalla Banca d’Italia, Roma, 16 settembre 2013], in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 75; Aa.Vv., L’unione bancaria europea, Pisa, 2016; Ibrido, L’unione bancaria europea. Profili costituzionali, Roma, 2017).

35.  Cfr. Visco, Intervento al 22° Congresso Assiom Forex, 30 gennaio 2016 nel quale suggerì l’opportunità di un «passaggio graduale e meno traumatico» alla nuova procedura.

36.  È il caso di far presente la perdita della possibilità per le BCC di avere requisiti di capitale di gran lunga inferiori a quelli previsti per le banche cui ora esse sono assimilate, nonché la loro sottrazione alle deroghe disciplinari connesse allo status di enti creditizi di piccole dimensioni che si qualificano per la loro specificità operativa; cfr. Capriglione, Fiduciosa attesa di un intervento legislativo riparatore, in Sole24Ore del 25 marzo 2020.

37.  Cfr. De Vecchis, Commento sub art. 5 l.b., in aa.vv., Codice commentato della banca, Milano, 1990, tomo I, p. 84, ove si puntualizzano le ragioni della previsione legislativa concernente la presenza nel settore del credito di differenti tipologie di banche.

38.  Cfr. Capriglione, Crisi bancarie e crisi di sistema. Il caso Italia, in federalismi.it del 18 marzo 2018.

39.  La normativa ha coinvolto nel bail in i depositi ordinari, ricompresi nell’area dell’8% delle passività totali, consentendo peraltro alle autorità di settore di circoscrivere, in base alle loro caratteristiche, i depositi assoggettati a detto meccanismo.

40.  Cfr. l’editoriale intitolato Popolari venete, ok dell’Ue al salvataggio. Berlino: Muore l’unione bancaria, visionabile su www.ilfattoquotidiano. it/2017/06/26/popolari venete -okdellue-al -salvataggio-berlino-muore-lunionebancaria.

41.  Cfr., per tutti, rossano d., La nuova regolazione delle crisi bancarie,  Milano, 2017, p. 121 s. il quale solleva forti dubbi in ordine alla legittimità della procedura in parola; ID, Nuove strategie per la gestione delle crisi bancarie: il bail-in e la sua concreta applicazione, in Federalismi.it, 13 gennaio 2016, p. 10 ss.

42.  Cfr. Minenna, Titoli illiquidi, quei rischi che la Germania non vuole vedere, editoriale pubblicato da IlSole24Ore del 25 novembre 2019, nel quale si critica la proposta del Ministro delle Finanze tedesco, avallata dal suo omologo francese, riguardante un’applicazione selettiva del concetto di riduzione dei rischi, concentrata in via esclusiva sulla riduzione dei rischi altrui ma non dei propri.

43.  Così De Polis, La tutela dei depositi bancari nel quadro dell’Unione Bancaria Europea, relazione tenuta presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, Roma 27 aprile 2016, p. 13.

44.  Cfr. l’intervista di Bedini Crescimanni intitolata Massimo Cacciari: il coronavirus è la pietra tombale sulla integrazione europea, sarà la Cina a risollevare l’Italia, visionabile su https://it.businessinsider.com/massimo-cacciari-il-coronavirus-e-la-pietra-tombale-sullintegrazione-europea-sara-la-cina-a-risollevare-litalia/

45.  Tale programma è completato dalla previsione di acquisto di asset per un ammontare supplementare di 120 miliardi di euro fino alla fine del 2020, mentre nessuna modifica è arrecata ai tassi d’interesse; decisione di immobilità che non è piaciuta ai mercati. In argomento cfr. https://www.soldionline.it/notizie/economia-politica/diretta-bce-12-marzo-2020#001?cp=1

46.  Cfr. l’editoriale di Penati intitolato Madame Lagarde e le sofferenze, in Milano Finanza del 16 marzo 2020.

47.  Cfr. l’editoriale di Financial Times citato nella nota n. 7.

48.  Si riporta la nota del Quirinale 12 marzo 2020: «L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione».

49.  Cfr. l’ Intervista con Corriere della Sera del 15 marzo 2020 visionabile su www.ecb.europa.eu/press/inter/date /2020 /html/ ecb.in 200315~d04fd25b5d.it.html nella quale, riferendosi alla conferenza stampa del Presidente della BCE causa di rilevanti controlli in borsa, si precisa: «Al di là di singoli episodi che possono verificarsi in momenti concitati, di grande lavoro e di forte tensione, la Bce e le banche centrali nazionali hanno deciso di intervenire con forza e di applicare tutta la flessibilità necessaria in questo momento, e sono decise a prendere ulteriori misure se necessario».

50.  Cfr. Banca d’Italia, ECB announces a new Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) to counter the serious risks posed by the coronavirus, visionabile su https://www.bancaditalia.it/media/notizia/ecb-announces-a-new-pandemic-emergency-purchase-programme-pepp-to-counter-the-serious-risks-posed-by-the-coronavirus/

51.  Cfr. Massaro, Coronavirus, la Bce «libera» 1.800 miliardi per prestiti a famiglie e imprese, visionabile su https://www.corriere.it/economia/finanza/20_marzo_20/coronavirus-bce-libera-1800-miliardi-prestiti-famiglie-imprese-b000a0ac-6abf-11ea-b40a-2e7c2eee59c6.sht.

52.  Cfr. BCE, recommendation of the european central bank of 27 March 2020  on dividend distributions during the COVID-19 pandemic and  repealing Recommendation (ECB/2020/1), alla quale si rinvia per ulteriori misure di dettaglio. A tale raccomandazione ha fatto seguito analogo provvedimento della Banca d’Italia rivolto alle banche non significative, visionabile sul sito di quest’ultima.

53.  Cfr. l’editoriale intitolato Sì della Lagarde ai coronabond, ma una tantum, visionabile su www.milanofinanza.it/news /si -della-lagarde-ai-coronabond-ma-una-tantum-202003251339293985.

54.  Inequivoche sono le sue parole: «cari italiani, in questo momento difficile, voglio dirvi che non siete soli. In Europa stiamo seguendo con preoccupazione e ma anche con profondo rispetto e ammirazione quello che state facendo. L’Italia è parte dell’Europa, e l’Europa soffre con l’Italia. In questo momento in Europa siamo tutti italiani». Esse sono indicative di una sincera partecipazione al dramma che l’Italia vive, lasciando ipotizzare l’intento di una innovativa apertura nella ridefinizione dei rapporti infrastatuali all’interno dell’Unione; cfr. l’editoriale intitolato Coronavirus, videomessaggio di Von der Leyen: “Siamo tutti italiani”. Il cinese Xi scrive a Mattarella visionabile su www. repubblica.it/politica/2020/03/11/news/xi_jinping_sergio_mattarella-250958105.

55.  Cfr. ex multis l’editoriale intitolato Coronavirus, la denuncia dell’assessore regionale Chiorino: “La Francia blocca le mascherine, il governo intervenga” visionabile su www.lastampa.it/biella/2020/03/18/news/coronavirus-la-denuncia-dell-assessore-regionale-chiorino-la-francia-blocca-le-mascherine-il-governo-intervenga-1.38608838 , ove è riportata la dichiarazione del politico piemontese : «E’ vergognoso che la Francia che dovrebbe essere uno dei nostri più importanti alleati, blocchi alla frontiera migliaia di protezioni che, in questo momento, sono di fondamentale importanza per il Piemonte e per il Biellese».

56.  Cfr. Beda, La Ue attiva le clausole che allentano i vincoli del Patto, in IlSole24Ore del 21 marzo 2020.

57.  Cfr. Beda, Non possiamo farcela con gli strumenti anti crisi di 10 anni fa, in IlSole24Ore del 22 marzo 2020.

58.  Cfr. l’editoriale intitolato Coronavirus, Conte al Ft: “Attivare Mes contro shock globale senza precedenti“, visionabile su https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2020/03/20/coronavirus-conte-attivare-mes-contro-shock-globale-senza-precedenti_jEL5m3NI2jVucXl9yB0WTM.html?refresh_ce

59.  Cfr. Perrone – Trovati, Mes, Cinque Stelle contro Conte Il premier insiste: più strumenti, in IlSole24Ore del 21 marzo, ove si riportano le parole del capo politico del movimento 5S «A un Mes senza condizioni non credo», sorprendentemente allineate alla posizione della Lega e Fdi. Di certo può suscitare preoccupazione il fatto che un cambiamento di indirizzo potrebbe dar adito a critiche da parte dei partiti di opposizione, con ipotizzabili intralci nell’azione del Governo. Ed invero, il timore che i mercati rispondano negativamente in presenza di un ricorso tout court al MES appare giustificato ove tale intervento venga interpretato come una dichiarazione di prefallimento, cosa da escludere in questo caso in considerazione dei chiarimenti che accompagnano la proposta in parola.

60.  Si fa presente che l’Italia costituisce il terzo creditore per importanza del MES, disponendo fra l’altro di un numero di quote sufficienti per esercitare un autonomo diritto di veto nelle procedure di emergenza.

61.  Cfr. Sul punto Capriglione – Sacco Ginevri, Politica e finanza nell’Unione europea, Padova, 2015, p. 146, ove si specifica come, in base all’attuale meccanismo funzionale del Fondo, i titoli da quest’ultimo emessi assumono una configurazione non diversa da quella ascrivibile alla concessione di «prestiti bilaterali», effettuata direttamente da alcuni Stati nell’ambito di un piano concordato e soggetto a continua verifica degli adempimenti.

62.  Cfr. l’editoriale intitolato Fondo salva-Stati, Visco: “Riforma nella giusta direzione”, visionabile su www. ilfattoquotidiano.it/2019/12/04/fondo-salva-stati-visco-riforma-nella-giusta-direzione-centeno-no-a-modifiche-del-testo-fonti-ue-verso-rinvio-a-gennaio/5593792/ . 

63.  Si veda Hanseatic Statement on the ESM,  https://www.rijksoverheid.nl/documenten/kamerstukken /2018/11/02/ hanseatic-statement-on-the-esm

64.  Cfr. Bini, Che cos’è il Mes. Domande e risposte sulla riforma del Fondo Salva Stati, visionabile su www.repubblica.it /economia/2019/11/30/news/che_cos_e_il_mes-24228688.

65.  Cfr. l’editoriale di Ciriaco e D’argento intitolato Conte assisa “senza i coronabond l’Unione rischia il tracollo”, in laRepubblica del 26 marzo 2020.

66.  Cfr. l’editoriale di Valentini intitolato La mossa di Conte, visionabile su www.ilfoglio.it/politica/2020 /03/26/news/la-mossa-di-conte-307245.

67.  Cfr. l’editoriale intitolato Coronavirus Italia, la Ue ci lascia soli. Von der Leyen è la peggiore nemica dell’Italia, visionabile su https://www.iltempo.it/politica/2020/03/29/news/coronavirus-von-der-leyen-italia-coronabond-unione-europea-commissione-ue-1304633.

68.  Cfr. l’editoriale intitolato Coronavirus e rabbia sociale, gruppo su Fb: “Rompiamo tutti i supermercati” visionabile su https://www.lasicilia.it/news/palermo/332926/coronavirus-e-rabbia-sociale-gruppo-su-fb-rompiamo-tutti-i-supermercati.html.

69.  Cfr. l’editoriale di Gagliarducci intitolato UE: perché in realtà non è stato trovato alcun accordo contro il coronavirus, visionabile su https://www.money.it/accordo-UE-su-coronavirus-non-e-stato-trovato.

70.  Se ne veda il testo integrale su www.money.it/accordo-UE-su-coronavirus-non-e-stato-trovato

71.  Se ne veda il testo integrale su www.money.it/accordo-UE-su-coronavirus-non-e-stato-trovato

72.  Cfr. l’editoriale pubblicato col titolo Ue e Bce, non è così che si supera la crisi”. L’appello di 67 economisti visionabile su http://temi.repubblica.it/micromega-online/ue-e-bce-non-e-cosi-che-si-supera-la-crisi-appello-di-67-economisti.