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La finanza UE al tempo del coronavirus

di - 31 Marzo 2020
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Tali rimedi, correlati alla destinazione ed all’impegno politico ad essi sotteso, potrebbero indurre ad una loro erronea valutazione negativa, in quanto da essi emerge che il Governo si è impegnato solo in una duplice direzione, sostegno alla sanità ed alle famiglie, disertando quindi la previsione di investimenti strutturali, dei quali il nostro Paese necessita per risollevarsi dopo questo nefasto evento. Una più attenta riflessione, suggerisce che essi costituiscono la parte iniziale di un più  ampio piano strategico che dovrebbe essere incentrato essenzialmente su una «logica ricostruttiva» del nostro Paese, orientata alla ridefinizione di un innovativo programma di sviluppo fondato non solo su interventi a favore della industria e dell’agricoltura, bensì sull’impegno per il Green Deal e sulla realizzazione di nuove infrastrutture (volte soprattutto alla sistemazione idrogeologica del territorio)[10].
È evidente come l’attuazione di un programma di ampio respiro, in linea con le note indicazioni della ricetta keynesiana, dovrebbe assicurare la rinascita economico finanziaria che l’Italia – come la sua storia insegna – merita di conseguire, per la capacità di «risorgere» superando insormontabili difficoltà (che, nel presente, stanno affrontando le regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto nella lotta contro il coronavirus).
Come si vedrà meglio nel prosieguo, in ogni caso, solo la messa in campo di una risposta comune dell’Europa contro l’emergenza sanitaria, da cui è afflitta la gran parte degli Stati membri, consentirà di dare concretezza al disegno che, con tutta probabilità, anima il Governo italiano.

3. Il settore bancario gioca un ruolo determinante nel contrasto agli impatti della pandemia sull’economia. Tuttavia sono di intuitiva percezione le difficoltà registrate dalle banche dell’intera eurozona nell’attuale frangente. Esse subiscono, infatti, le ripercussioni negative di un processo degenerativo dell’economia che investe la quasi totalità dei settori produttivi; nel nostro Paese tale situazione risulta aggravata dal fatto che ampia parte del tessuto imprenditoriale è costituito da PMI le quali, proprio in ragione della loro ridotta dimensione, sono tra le entità produttive più colpite dal ‘fermo’ stabilito dalla politica con i provvedimenti legislativi di recente adottati i quali, per far fronte all’emergenza epidemiologica in corso, hanno imposto di evitare il contatto sociale.
In tale premessa, si individua all’orizzonte un aggravarsi dei problemi endemici che connotano il sistema bancario italiano a causa delle asimmetrie riscontrabili tra i vincoli imposti dalle regole di vigilanza prudenziale (di origine sovranazionale) e il ridimensionamento dell’attività svolta. La problematica dei crediti deteriorati – annoso retaggio della crisi finanziaria del 2007, faticosamente avviata a soluzione dagli appartenenti al settore mediante operazioni di cartolarizzazione ovvero di cessione ad appositi fondi di NPL – sembra inevitabilmente destinata a subire una recrudescenza, con quel che ne consegue sul piano della difficoltà operativa cui andranno incontro gli intermediari. È questo, a mio avviso, il principale impatto negativo a carico del settore creditizio in quanto in esso si compendia sia un significativo ridimensionamento dell’attività svolta, sia l’esposizione delle banche a possibili situazioni di crisi, con inevitabili ripercussioni a livello sistemico[11].
Più in particolare, rilevano i dati che caratterizzano l’impianto regolatorio in subiecta materia ed i risultati dell’analisi condotta dalla dottrina. La ricerca ha evidenziato, infatti, che la normativa vigente richiede, per un verso, l’accertamento del ‘merito creditizio’ dei debitori (effettuato sulla base dei comuni parametri di valutazione dei rischi), per altro impone alle banche di contenere entro ristretti margini l‘NPL ratio, all’uopo prescrivendo misure che inducano la progressiva riduzione di quest’ultimo nel tempo[12]. Va da sé che, a seguito dell’attuale emergenza da coronavirus, finiranno con essere classificati come deteriorati i crediti della clientela che è divenuta insolvente per il semplice fatto di aver subito gli effetti negativi di misure restrittive da considerare al presente eccessivamente onerose ovvero, più in generale, per aver dovuto rispettare le nuove limitazioni operative adottate dal Governo per proteggere dal Covid-19. Da qui, la prevedibile conseguenza dell’obbligo a carico delle banche di procedere a svalutazioni che incidono sia sui loro profili economico-patrimoniali (determinando una riduzione dei fondi propri in ragione delle predette rettifiche di valore), sia sulle rendicontazioni di vigilanza (incrementando oltremodo l’NPL ratio).
A fronte di una realtà siffatta, appare senz’altro giustificata una sospensione degli ordinari criteri prudenziali di valutazione delle banche riguardanti i profili di rischio dei debitori (attualmente previsti dal Regolamento UE n. 575 del 2013, cd. CRR). Naturalmente tale misura siffatta dovrebbe essere integrata dalla previsione di procedere a più approfondite analisi della situazione oggetto di segnalazione, verifiche nelle quali dovrà essere presa in considerazione la realtà macroeconomica in cui il prenditore di credito ha operato (al presente compromessa dall’emergenza socio-sanitaria), assumendo come riferimento uno scenario temporale di lungo periodo. Ciò, fermo restando che, ai fini di tale valutazione, sono poco significativi gli approcci segnati da uno short-termism, in un contesto in cui appare lontano il ritorno ad una nuova normalità[13].
Ed invero, l’analisi non deve essere volta solo alla salvaguardia degli equilibri prudenziali degli enti creditizi, ma anche ad evitare che l’approccio europeo alla gestione dei crediti deteriorati delle banche (orientato a promuovere la fuoriuscita degli stessi dai bilanci di queste ultime)[14] determini, come si è anticipato, una crisi sistemica degli intermediari in un momento di fragilità dell’intero ordinamento creditizio. Trattasi di una questione di interesse generale, che pertanto non può esser rimessa alla sola discrezionalità tecnica dei vertici di settore, evidenziandosi la necessità di appositi interventi degli organi muniti di piena legittimazione democratica.
Da qui, l’alternativa che si pone alle autorità finanziarie (nazionale ed europea) di optare tra la mera aderenza alle regole previgenti con l’incognita di dover affrontare il rischio di una rinnovata situazione di crisi a carico di molti enti creditizi e l’adozione di una politica regolamentare più flessibile, idonea a salvaguardare il risparmio, il credito e – più in generale – la stabilità dei mercati interni. Naturalmente, la problematica in questione appare risolvibile attraverso l’adozione di un complesso regolatorio che consenta alle banche di (i) offrire al sistema la liquidità per assorbire le perdite e (ii) continuare a svolgere la loro attività di supporto finanziario al settore produttivo.
Valide indicazioni al riguardo sembrano pervenire dalle istituzioni europee. Come si avrà modo di evidenziare nei prossimi paragrafi, la BCE – nel duplice ruolo di organismo gestore della politica monetaria dell’eurozona e titolare della funzione di supervisione bancaria -, dopo una timida azione interventistica iniziale, sembra orientata ad adoprarsi al meglio (siccome in passato aveva fatto Mario Draghi per il sostegno dell’euro, del quale si ricorda la storica affermazione: Whatever it takes) affinché le banche, le famiglie e le imprese siano tutelate dalle implicazioni dello shock economico causato dal coronavirus
Sotto il profilo della vigilanza regolamentare, appare significativa la introduzione di alcune misure di supervisione che si riflettono positivamente sul trattamento dei crediti deteriorati: a) pieno utilizzo delle riserve di capitale e della liquidità al fine di continuare a svolgere le attività di finanziamento dell’economia reale; b) trattamento particolarmente favorevole nella composizione del capitale sulla base dei requisiti del II Pilastro della vigilanza; c) specifici rimedi per consentire maggiore flessibilità operativa, come la riprogrammazione delle ispezioni in loco[15].

Note

10.  Cfr. Masera, Buoni investimenti in (buone infrastrutture), in laRepubblica, Affari e finanza, del 23 marzo 2020.

11.  Cfr. Capriglione, Crisi bancarie e crisi di sistema. Il Caso Italia, in federalismi.it, n. 6 del 18 marzo 2020.

12.  Cfr. gli Atti del Convegno “La problematica dei crediti deteriorati. Rischi e opportunità”, organizzato nei giorni 17 e 18 ottobre 2019 presso l’Università “Parthenope” di Napoli, pubblicari in Riv. trim. dir. ec., 2019, suppl. al n. 2, nel quale economisti e giuristi hanno chiarito i variegati della problematica in parola che condiziona il processo evolutivo dell’industria finanziaria.

13.  Si veda, al riguardo, Dallas, Short-Termism, the Financial Crisis, and Corporate Governance, in Journal of Corporation Law, 2011, p. 264; nonché Padoa Schioppa, La veduta corta, Bologna, 2009, ove si affrontava il tema del progressivo sfaldamento dell’intelaiatura di regole, controlli e azioni di governo che in un’economia di mercato fa da necessario complemento alla ricerca del tornaconto da parte degli individui e delle imprese.

14.  Si veda stamegna, Credit servicers, credit purchasers and the recovery of collateral: Fostering secondary markets for non-performing loans (NPLs) and easing collateral recovery, European Parlliamentary Research Service, Febbraio 2019; Id., Minimum loss coverage for non-performing loans, European Parlliamentary Research Service, Marzo 2019

15.  Cfr. il documento ECB Banking Supervision provides further flexibility to banks in reaction to coronavirus, visionabile su www.bankingsupervision.europa.eu/press/pr/date/2020/html/ssm.pr200320~4cdbbcf466.en.html.

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