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CONTRIBUTO AL DIBATTITO SU “IL DIRITTO PUBBLICO TRA ORDINE E CAOS” DI GIANCARLO MONTEDORO

di - 2 Settembre 2019
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La seconda parte del lavoro affronta il tema dell’istruttoria; questione particolarmente interessante soprattutto se affrontata da un giudice.
Cosa è l’istruttoria secondo Montedoro ? Il rapporto tra processo e realtà, la capacità del primo di arrivare alla verità. Cosa ci si aspetta dal giudizio ? La giustizia, ossia la verità, o qualcosa che abbia la verità come presupposto.
Montedoro registra il divorzio tra verità e certezza: qui si radica la crisi del giudice che dall’esterno forse non si può immaginare, ma che certamente dipende dal rischio che il processo giunga ad esiti più o meno distanti dalla verità.
Montedoro dice che il processo è una macchina di accertamento, un sistema veritativo e allo stesso tempo falsificante, una “tranche de vie”.
In questo senso, i principi e le dinamiche processuali suppliscono alla difficoltà di raggiungere la verità: la non contestazione, la discussione critica, la vicinanza alla prova ecc.
Anche il contradditorio avvicina alla verità ma non la garantisce.
Montedoro – d’altra parte – rifiuta il pensiero debole. Non si rassegna all’idea che la verità processuale non si colleghi, anche indirettamente, a quella sostanziale. In questa necessaria tensione verso la verità oggettiva l’A. rinviene infatti il fondamento della decisione autoritativa.
In altre parole, solo la tendenziale aderenza (o tendenza) verso la verità può giustificare il carattere autoritativo della sentenza. Ciò significa che la decisione autoritativa si può accettare solo se ha prima acquisito adeguati elementi fondanti che la collegano più o meno direttamente alla realtà.
Realisticamente, l’A. insiste moltissimo sul rilievo del contesto, del metodo, del meccanismo di ingresso dei fatti nel processo; si arriva comunque ad un risultato approssimativo.
La verità processuale è necessariamente “approssimativa”, in quanto difficilmente potrà coincidere con la verità assoluta che rimane obiettivo ideale.
Ciononostante, il giudice non può non decidere; ed è questo il suo personale dramma. Montedoro ci spiega infatti che, mentre lo storico elabora tesi che potranno successivamente essere smentite o completate, il giudice nel breve tempo del processo, deve dare certezza; quindi la verità processuale non può tradire dubbi o indecisioni; la sentenza per quanto clamorosamente errata viene comunque presentata come verità e come manifestazione di “giustizia”.
Avanzo un ultimo rilievo, in parte critico, con riferimento all’ingresso dei fatti nel processo.
La mia esperienza mi induce a rimarcare un dato che nel libro rimane sullo sfondo e cioè il fatto che la verità processuale è per definizione “controversa”, “contestata”.
Ritengo che non sia adeguatamente svelato il contesto generalmente conflittuale dell’esperienza giuridico- ordinamentale. Il diritto vive infatti nello scontro tra interessi che si contrastano nel processo.
Non possiamo perciò dimenticare come l’ordinamento giuridico abbia una componente importante nella “lite”, nella “controversia” che costituisce l’occasione principale per l’affermazione della regola di diritto nel caso concreto.
Ciò significa che il movimento tra fatto e norma, altalenante, come dice Montedoro, si sviluppa– in misura significativa – in un ambito e contesto contenzioso o quasi contenzioso.
Questo dà un importante chiave di lettura del processo, una via di uscita; il giudice vede due enunciazioni contrapposte e in questo modo si avvicina alla realtà. Fermo restando che qualunque soluzione sarà comunque contestata.
Alla fine Montedoro registra un divorzio tra verità e certezza, non perché egli condivida tale esito, ma perché considera tale condizione praticamente inevitabile.
C’è sempre più richiesta di verità e sempre minore certezza; ognuno di noi ha la responsabilità, ciascuno nel proprio ruolo, di non allontanare tra di loro questi elementi.
Il tema dell’istruttoria pone rilevanti e specifiche questioni anche nella giustizia amministrativa; il punto cruciale è capire se, e in che misura, il processo riesca ad andare oltre il procedimento. C’è un problema nel rapporto tra fatti procedimentali ed extra procedimentali. Su questo crinale si pone il tema della discrezionalità tecnica ovvero quanto l’istruttoria processuale possa rivedere fatti e valutazioni complesse già svolte in sede amministrativa.
Questo è un punto sul quale la giustizia amministrativa cerca da tempo un punto di equilibrio, attraverso un percorso che merita rispetto, ma che non sempre è apprezzato dal foro.
In molti casi, se una questione di fatto rimane fuori dalla narrazione –pur essendo dirompente o decisiva – la causa è comunque persa.
Anche questa è una grossa difficoltà del giudice amministrativo nella fase istruttoria: andare oltre il racconto amministrativo.
Il processo amministrativo rimane, secondo Montedoro, processo di parti, fondato sul principio dispositivo e “accompagnato” dal metodo acquisitivo.
Questa sistematica fonda meccanismi processuali piuttosto consolidati, rimessi alla gestione pretoria (caso per caso) del giudice amministrativo, su cui c’è poco da aggiungere.
Emerge, forse, un’ambiguità di fondo: l’obiettivo del processo amministrativo – dice Montendoro – è la legalità dell’azione amministrativa. E dunque, se il giudice si rende conto che ci sono vizi e illegittimità che le parti non sono riuscite a dimostrare, può attenuare il principio dispositivo e l’onere della prova ? Il giudice amministrativo può essere ancora considerato il “signore della prova”, come diceva Nigro decenni or sono ?
Montedoro sembra ammettere, talvolta, una relativa intraprendenza del giudice amministrativo in vista della legalità sostanziale, anche se rimane ancorato all’idea che la giurisdizione debba essere “tutela” di situazioni giuridiche soggettive, e non “controllo” della pubblica amministrazione, rifiutando esplicitamente il principio inquisitorio. Il metodo acquisitivo, si precisa ancora, non incide e non inverte l’onere della prova.
Ultimo punto; l’ampio ricorso alla documentazione sottolineata nel lavoro, con i suoi possibili rischi.
Il processo amministrativo si caratterizza ancora per essere principalmente basato su documenti. Montedoro conferma che, a differenza di quanto accade nel processo civile, l’ingresso documentale nel processo amministrativo è praticamente illimitato, con enorme quantità di atti prodotti, senza specifiche e particolari condizionamenti processuali.
Il volume offre suggerimenti e spunti critici che difficilmente possono essere sintetizzati e riportati; è una lezione di vita istituzionale e di esperienza giuridica; lezione dialogata e condivisa, nella continua ricerca dell’ordine e della pace.

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