Intorno all’insediamento del nuovo Presidente del Consiglio di Stato

Il 12 febbraio 2019, l’abituale “Relazione sull’attività della Giustizia amministrativa” vide l’insediamento del nuovo Presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, succeduto alcuni mesi fa al Presidente Alessandro Pajno ratione aetatis.
Queste Relazioni annuali rappresentano sempre il corso della vita dei cittadini nei loro rapporti con le Amministrazioni, in quella fase cruciale che è il conflitto..Sono sempre Relazioni di grande interesse, perché riferiscono come, nell’anno precedente, si è svolto il rapporto dei cittadini con le amministrazioni, ovvero, quale assetto, quale equilibrio è stato tracciato nell’esercizio della giurisdizione sulle domande, sulle richieste, vuoi dalla parte dei cittadini, vuoi delle amministrazioni. È superfluo dire che è sempre stato un quadro di grande interesse.
L’anno 2018 è stato un anno particolarissimo, di profonda trasformazione. Fin dall’istituzione, nel 1889, della IV Sezione del Consiglio di Stato – la sua prima sezione giurisdizionale – il sistema giurisdizionale del Consiglio di Stato era sostanzialmente semplice (senza tener conto della frequente complessità delle leggi). L’amministrazione agiva mediante provvedimenti, a volte negandoli; il cittadino ed in generale il soggetto privato impugnavano i provvedimenti, chiedendone l’annullamento. Si può ben dire che era una giurisdizione di puro diritto. In primo luogo il giudice era chiamato a stabilire se, considerate le situazioni di fatto, la legge era stata applicata correttamente dall’amministrazione; poteva poi essere chiamato a sindacare “l’ottemperanza” fatta dall’amministrazione, vale a dire il provvedimento adottato in conformità alla eventuale sentenza di annullamento.
Ora è fuori di dubbio che, da qualche tempo, il rapporto legge, amministrazione, cittadino sia venuto mutando. Parla la forma delle leggi. Sono indicibilmente vicine al cittadino, nel senso che gli danno – o, forse, più esattamente, vorrebbero dargli – un testo di legge molto più dettagliato, tale che, prima facie, il cittadino per un verso, l’amministrazione per un altro, potrebbero rapidamente attuare quel che è oggetto della norma di legge. Chi voglia vedere la trasformazione della legislazione amministrativa può leggere il testo originario della legge sul procedimento amministrativo (la l. n. 241 del 1990) e seguirne poi le modificazioni, gli “aggiornamenti” e simili. In trent’anni circa, articoli di poche righe sono stati trasformati in pagine e pagine, impegnate non solo dall’articolo originario, ma da numeri bis, ter, quater, quinquies, etc. etc., del numero originale.
Il giudice amministrativo, nella persona del Presidente del Consiglio di Stato pro tempore, Sandro Pajno, aveva già messo in evidenza nelle Relazioni di anni precedenti [1] che la struttura storica della giustizia, garantita dal Consiglio di Stato, stava cambiando carattere: tendeva ad attenuarsi l’ego del ricorrente, quale protagonista del ricorso contro il diniego di provvedimento o contro il provvedimento altrui, per porre piuttosto in luce un assetto giuridico più ampio, “non referenziale”.
Il Presidente Patroni Griffi ha definitivamente sancito la diversità della funzione affidata al giudice amministrativo. La struttura dell’interesse pubblico è trasfigurata. Non nasce più da un rapporto tra legge e cittadino (con possibili controinteressati), ma è un assetto collettivo, a tutto voler concedere da più facce. I singoli sono parte dell’interesse pubblico; che non è diverso dal loro, senza decadere nell’interesse del singolo.
Questo interesse individuale si colloca quindi nel quadro di un interesse collettivo in una veste totalmente nuova: non è individuale pur essendolo; è collettivo, senza esserlo. Si può sperare in un ordo novus, nel quale l’amministrazione curerà gli interessi dei cittadini, secondo il criterio del tutti per uno.
Al Presidente Patroni Griffi i nostri più vivi auguri.

Note

1.  ”…Le vicende – giurisprudenziali e anche normative – dell’anno giudiziario preso in considerazione diventano una manifestazione del contesto sociale, istituzionale ed economico, mentre la relazione acquista il significato di un contributo ad un più ampio osservatorio istituzionale”. Relazione dell’Anno 2018, p. 15