Pianificazione urbanistica e progettazione delle opere pubbliche nell’emergenza*
In questo caso si può parlare di complessificazione ed anticipazione nell’applicazione delle procedure approvative. Più correttamente, di espressione di pareri, nel caso di compatibilità ambientale.
Dopo l’approvazione dell’intero programma, i singoli progetti di opere sono stati tecnicamente sviluppati ed oggetto di appalto separatamente.
A tenerli uniti nella fase di attuazione fu la struttura organizzativa ad hoc che avrebbe gestito l’evento, di grande complessità, in accordo con il Vaticano, soprattutto per quanto riguardava la sicurezza dei partecipanti, in primis quella del Papa, ovviamente.
Con riferimento alle riflessioni che si stanno sviluppando fra gli operatori del settore ed amministrativisti sulla natura e il ruolo, marginale, che i servizi ed i relativi appalti hanno anche nel vigente Codice dei Contratti, questa esperienza dimostra l’esigenza di un nuovo approccio in materia di appalti, superando quanto fissano le direttive comunitarie relativamente agli appalti misti.
La qualificazione dell’appalto – se di lavori, di forniture o di servizi –, come noto dipende dal peso economico degli stessi: il caso si sarebbe potuto gestire più efficacemente come un appalto di servizi implicante lavori e forniture, anche se il peso economico del servizio era molto inferiore a quello dei lavori e delle forniture.
Le opere, una volta realizzate, sono entrate nella fisiologia del settore urbano (Tor Vergata e dintorni), che ha ospitato l’evento, perdendo la originaria specificità: questo era uno degli obiettivi della valutazione del programma unitario. La radicabilità nel territorio delle opere e la loro integrazione.
3° caso: L’agibilità provvisoria dei capannoni colpiti dal terremoto dell’Emilia – Romagna nel 2012
In quel periodo presiedevo il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Era pressante la richiesta di una norma che consentisse di rilasciare, nel rispetto della sicurezza, la agibilità provvisoria per i capannoni industriali danneggiati dal terremoto una volta ricostruiti totalmente o parzialmente.
Il problema non sarebbe stato facilmente risolvibile se non fosse stata in cantiere la progettazione delle nuove norme tecniche sulle costruzioni (NTC): quelle del 2008 non avevano ancora innovato in materia di edilizia prefabbricata, che è quella che riguarda soprattutto i capannoni industriali. Il lavoro che era in corso per le nuove NTC, iniziato nel 2010, comprendeva anche questo tipo di costruzioni (processi e prodotti).
In pratica la norma sulla agibilità provvisoria anticipava l’emanazione delle NTC che sono state approvate nel 2018 -; se ne anticipò l’emanazione di un capitolo, quello appunto dedicato alle strutture prefabbricate.
Se non fosse stato in corso questo lavoro non si sarebbe potuto rispondere con efficacia nel merito e tempestivamente. Certo vi era grande consenso nell’anticipare l’applicazione parziale delle NTC e quindi non ci furono difficoltà ad approvare le norme anticipatrici della futura norma organica.
4° caso: L’esperienza gestionale è quella di commissario straordinario al porto di Napoli (2014-2015)
Anche in questo caso si trattava di accelerare la progettazione di opere per 150 milioni di Euro, sotto la preoccupazione della perdita di finanziamenti europei.
All’epoca vigeva ancora la regola che gli appalti potevano essere fatti nella forma dell’appalto integrato: la stazione appaltante forma, in house o previo affidamento esterno, il progetto definitivo, lo approva e l’impresa aggiudicataria lo sviluppa sino all’esecutivo e quindi lo realizza.
Tutti mi chiedevano di accelerare l’approvazione interna, benché di progetti definitivi degni di tali nome all’atto del mio insediamento non ce ne fossero ancora; addirittura mi si voleva fare indire le gare d’appalto ancora prima della certezza dell’impegno di spesa! Il meccanismo del finanziamento è il seguente: l’UE approva, l’attuatore – nel caso la Regione Campania – trasferisce ai singoli enti esecutori che, una volta definita una apposita convenzione con la Regione, finalmente possono indire le gare sulle opere progettate ed ovviamente approvate.
I progetti definitivi, nella incomprensione di molti, dovevano essere approvati secondo le procedure ordinarie. Infatti, nel caso, la definizione di “commissario straordinario” veniva fraintesa. Gli si attribuivano poteri di approvazione ed autorizzazione che non aveva: non solo le opere dovevano essere a norma, ma anche approvate secondo le procedure ordinarie di legge.
Da ciò la fondamentale diversità – per quanto riguarda i poteri di approvazione – con il Commissario per la ricostruzione del ponte Morandi a Genova, il quale può approvare direttamente i progetti di opere, oltre che le diverse procedure inerenti l’ambiente, i beni culturali, ecc..
3. I casi di cui in precedenza dimostrano che semplificare ed essere efficienti e rispettosi dello spirito ed anche della lettera delle leggi si può, ma occorre avere una linea maestra da seguire, sia normativa generale che particolare.
Non certo, come abbiamo fatto in occasione di ogni evento calamitoso, “inventando” ogni volta una procedura ad hoc.
Certo, i terremoti, ad esempio, sono sempre diversi tra loro; per l’intensità sismica, per l’estensione delle zone colpite, per la specificità architettonica, edilizia, urbanistica, sociale ed economica delle stesse.
Ma le procedure d’azione, come ci spiegano gli organismi internazionali, possono essere le stesse, ad iniziare dal chi deve ricostruire: se cioè l’azione di ricostruzione deve essere tutta pubblica o, al contrario, tutta privata. Le soluzioni intermedie, possibili, sono quelle però ritenute più difficili da applicare. Occorre tempo perché il meccanismo sia rodato. A volte troppo, rispetto alla gravità o la particolarità delle situazioni. Da ciò la preferenza per scelte radicali
Ma bisogna avere chiarezza: si pensi solo, per comprendere la questione, come abbiamo trattato il rapporto del piano di ricostruzione specifico con quello urbanistico generale dei comuni colpiti da eventi calamitosi. Ad ogni evento, una gerarchia diversa.
Il caso dei terremoti è stato eclatante. E sí che avevamo già una buona legge sulla ricostruzione. Quella degli inizi degli anni ’50, che si fondava su un decreto luogotenenziale della fine degli anni ’40.
Con la legge generale sulla ricostruzione il piano particolareggiato o attuativo, assumeva la stessa valenza del piano urbanistico generale: la contemperazione degli interessi conflittuali – tipica funzione del piano generale –. Nel prioritario interesse della ricostruzione anche questa funzione veniva svolta dal piano particolareggiato; oltre quella sua propria di disegnare una porzione di città e, quando necessario, consentire l’esproprio delle aree destinate alle opere pubbliche.
Come noto molte città, ancora molti anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale hanno avuto come unico strumento urbanistico il piano di ricostruzione al quale, oggi, che tanta attenzione
culturale – meno alla operazionabilità – poniamo alla cosiddetta rigenerazione urbana, potremmo ispirarci, per appunto rendere concrete tante affermazioni favorevoli a questa nuova dimensione dell’agire urbanistico.