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Levino Petrosemolo, Pierluigi Ciocca, Francesco Karrer, Filippo Satta, Discorso a quattro sugli investimenti pubblici

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Ad esempio, se oltre a contenere i trasferimenti si applicasse nei confronti dei fornitori una politica dei prezzi più accorta e severa, al limite da stato monopsonista, si potrebbero conseguire importanti limature alle spese per acquisti. Non è necessario operare tagli reali, ma ridurre l’onerosità se la PA, con un po’ di coraggio e di polso nei confronti dei fornitori, imponesse sconti sui prezzi esosi. Se a queste risorse si aggiungesse il recupero di perlomeno una parte dei 150 miliardi di evasione fiscale (quasi il 9% del PIL), grazie ai mezzi di indagine e di contrasto che oggi la tecnologia consente, il Paese avrebbe di che cominciare a sorridere. In altre parole, se alla componente aggredibile della spesa, attraverso una rigorosa spending review, si aggiunge la componente dell’evasione si arriva a 400 miliardi, quasi un quarto del PIL. Da tale ammontare si potrebbero ottenere almeno 30-40 miliardi da destinare agli investimenti fissi.

PETROSEMOLO
Sarebbe sufficiente una cifra di quel genere a fornire un deciso impulso alla ripresa di sviluppo del Paese che non debba misurarsi sui decimi di punto?

CIOCCA
Qui entra in gioco il potenziale moltiplicativo dell’investimento pubblico, in quanto volano per ulteriori investimenti e consumi privati, diretti e indotti. Il calo degli investimenti pubblici di oltre un terzo dal 2009 al 2017 è gravissimo: ne hanno risentito sia la domanda globale sia la produttività. Basterebbe questo riscontro negativo per fare capire a chi si assume le responsabilità del futuro del Paese che gli investimenti pubblici sono un fattore critico per lo sviluppo. Il moltiplicatore della domanda globale indotto da un incremento degli investimenti pubblici è consistente: circa 1,2-1,5 (di cui ben 1,8 al Sud). Un incremento di investimenti pubblici pari all’1% in due anni attiverebbe un incremento di domanda globale pari all’1,5% del PIL, e cioè di 25 miliardi, considerando il PIL 2017 pari a 1700 miliardi.

PETROSEMOLO
Potresti delineare una linea d’azione che sintetizzi lo scenario di fattori che hai descritto e gli obiettivi di sistema che si otterrebbero attivandogli investimenti?

CIOCCA
Un calcolo di prima approssimazione potrebbe essere il seguente. L’indebitamento netto attuale della PA è circa il 2% del PIL (il disavanzo strutturale, al netto del ciclo, è inferiore). L’azione combinata del contenimento delle spese correnti e dell’aumento delle entrate grazie al contrasto all’evasione potrebbe incidere per 2 punti di PIL sul disavanzo, in prima approssimazione azzerandolo. Ma poiché il demoltiplicatore di queste voci di bilancio è 0,7, questa riduzione del disavanzo di per sé provocherebbe una flessione del PIL di quasi 1,5 punti. Di conseguenza riemergerebbe un disavanzo stimabile in 0,6 punti di PIL. Se però contemporaneamente aumentano gli investimenti pubblici, diciamo nella misura dell’1,5% del PIL, il disavanzo risalirà in prima approssimazione di altrettanto, (riducendosi solo di mezzo punto), ma, dato il moltiplicatore degli investimenti vi sarà un effetto positivo, più che compensativo, pari al 2,3% del PIL. Quindi il PIL migliorerà nell’ordine dell’1% e così il disavanzo. L’azzeramento del disavanzo deriverà dal calo del premio al rischio dei titoli pubblici e della spesa per interessi, cosicchè il debito pubblico smetterà di crescere

PETROSEMOLO
Insomma, un cambio di passo vero e proprio, un segnale forte e chiaro anche per le giovani generazioni, che rischiano di ritrovarsi un’eredità pesante: un paese indebitato fino al collo, un territorio che, letteralmente, fa acqua da tutte le parti, un sistema infrastrutturale obsoleto e che ogni giorno ci manda segnali più o meno forti, a volte tragici, del suo degrado e della sua inadeguatezza. Parallelamente sarà indispensabile avere un apparato pubblico all’altezza della gestione di questo “new deal”, se non altro dal punto di vista delle competenze per esercitare la sua primaria funzione di controllo, come probabilmente dopo ci dirà l’amico Karrer. Non scordiamoci inoltre, come spesso ci ricorda il nostro prof. Filippo Satta, che sarà fondamentale snellire l’apparato legislativo che governa l’andamento dell’economia.

CIOCCA
Indubbiamente. La crescita di trend dell’economia italiana potrebbe tornare sul sentiero del 2,5 per cento l’anno se questa politica di bilancio orientata contemporaneamente ad abbattere il debito e sostenere l’attività economica sarà integrata da altre misure. Mi riferisco in particolare a: riscrivere l’apparato giuridico prendendo atto dei profondi mutamenti che hanno subito la società e il mondo intero negli ultimi anni, in virtù del balzo tecnologico e della globalizzazione (bisogna rivedere il diritto societario, quello fallimentare, quello commerciale e quello fallimentare civile, per non parlare di quello amministrativo che regola i rapporti tra PA e privato), stimolare un vero regime concorrenziale, impegnarsi in una strategia per il Sud, offrire nuove opportunità ai giovani e a chi percepisce redditi bassi.

PETROSEMOLO
Magari fosse caro Piero, tenendo conto che il nostro apparato giuridico si basa sul civil law, cioè sui codici, ed è estremamente difficile modificarlo senza appesantirlo ulteriormente, vedi le psicotiche vicende del Codice degli Appalti, mentre nei paesi anglosassoni il common law, sostanzialmente basato sulla giurisprudenza, si adegua da sé, sentenza dopo sentenza. Ma tutto ciò come si combina con il contesto europeo, tema attualissimo e fonte infinita di dibattiti e polemiche?

CIOCCA
Sul piano europeo il problema non è l’Euro, che ha favorito la stabilità dei prezzi e il calo dei tassi di interesse. Il problema vero è un coordinamento organico della politica della domanda globale tra i paesi membri che rafforzi anche in Europa la spesa per investimenti (nazionali ed internazionali) sia pure ammettendo la sua parziale copertura con titoli pubblici (golden rule).
In particolare, la Germania è chiamata a riassorbire il suo enorme disavanzo della bilancia dei pagamenti di parte corrente (attualmente pari all’8% del PIL!). Se la Germania assumesse questo nuovo orientamento ne trarrebbe beneficio e sostegno la domanda globale dell’intera area Euro.

PETROSEMOLO
Grazie Piero, non posso negare che ascoltando le tue riflessioni mi sembrava tutto così ovvio da non riuscire obiettivamente a capire perché la portata del tema degli investimenti pubblici sia stata così colpevolmente trascurata dal sistema politico negli ultimi decenni. Una risposta per la verità ce l’avrei e riguarda l’ansia della politica di inseguire e mantenere un consenso elettorale a cicli brevissimi, mentre gli investimenti pubblici, si sa, mettono in moto un volano lento.

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