La Cina oggi – Testo della relazione e audio dell’incontro

Il giorno 30 maggio 2018, nella sede di ApertaContrada, si è tenuto un incontro dal titolo “La Cina oggi”, introdotto da una relazione del Prof. Ignazio Musu. Pubblichiamo la relazione dalla quale il dibattito ha preso spunto, nonché l’audio della discussione.
La Redazione

Audio Interventi:
1 – Filippo Satta
2 – Ignazio Musu
3 – Laura Miriachian
4 – Filippo Satta
5 – Maurizio Melani
6 – Ferdinando Salleo
7 – Vincenzo Visco
8 – Carmine Porello
9 – Ignazio Musu
10 – Daniela Marconi
11 – Ignazio Musu
12 – Paolo Guerrieri
13 – Valeria Termini
14 – Pierluigi Ciocca
15 – Ignazio Musu

Incontro Integrale

 

La Cina di Xi Jinping

La strategia di Xi Jinping
Il potere di Xi Jinping, la persona che ha oggi in mano la leadership della Cina, è superiore a quello di tutti i suoi predecessori dopo Mao Zedong; ma anche la natura carismatica, l’ampiezza e il respiro della strategia politica di Xi Jinping non erano presenti nelle strategie politiche dei suoi predecessori.

Xi Jinping punta alla realizzazione del “sogno” di una “nuova era del socialismo con speciali caratteristiche cinesi”, basata, strumentalmente sul rilancio della base ideologica marxista-leninista, sostanzialmente sul ruolo guida del Partito Comunista, con una orgogliosa rivendicazione della alternatività rispetto alla visione politica prevalente in Occidente e un sempre maggiore ruolo senz’altro economico, ma anche politico, forse anche militare e perfino culturale della Cina sulla scena internazionale.

Nel suo Rapporto Politico al Congresso del Partito che nell’ottobre del 2017 Xi Jinping ha scandito i tempi per la realizzazione di questo “sogno”: 1) costruire una “società moderatamente prospera” entro il 2020 per poter celebrare nel 2021 i cento anni dalla fondazione del Partito Comunista Cinese; 2) realizzare la “modernizzazione socialista” tra il 2020 e il 2035; 3) trasformare tra il 2035 e il 2050 la Cina in un paese socialista “moderno, prosperoso, forte, democratico, armonioso e bellissimo”.

Xi Jinping può oggi permettersi un così ambizioso progetto perché la Cina si è trasformata e si sta modernizzando con modalità e intensità imprevisti. La sfida per Xi Jinping è guidare questa trasformazione e modernizzazione affrontando però anche i seri squilibri strutturali ancora presenti.

L’economia cinese sta cambiando
Che l’economia cinese stia cambiando e stia uscendo dalla fase di una economia in via di sviluppo lo si vede anzitutto a livello macroeconomico. Il tasso di crescita, dopo essere arrivato al massimo del 14% nel 2008, ha cominciato a scendere e si sta stabilizzando su livelli tra il 6 e il 7% annuo. Valori del tasso di crescita su questi livelli potranno permanere ancora in una prospettiva di medio termine, ma nel lungo termine il tasso medio di crescita del PIL dovrà assestarsi su valori ancora più bassi, tipici delle economie mature.

La quota del risparmio sul PIL, che aveva superato il 50% prima della crisi globale del 2008-2009, sta scendendo, mentre sale la quota del PIL destinata al consumo. La quota degli investimenti sul PIL, che aveva superato il 43% prima della crisi ed era arrivata al 48% subito nel 2010-2011 in seguito alle misure prese da Hu Jintao e Wen Jiabao per fronteggiare la crisi globale, sta cominciando a ridursi. Si sta riducendo il saldo positivo delle partite correnti rispetto al PIL che aveva raggiunto valori eccessivi. Dal 2012 la quota dei servizi sul PIL ha superato quella dell’industria e da allora continua ad aumentare, mentre quella dell’industria diminuisce.

Ma il cambiamento è ancora più evidente nella trasformazione del sistema produttivo cinese. I tempi in cui l’industria cinese, a causa dell’abbondanza di lavoro a basso costo, si caratterizzava per la passiva imitazione delle tecniche produttive dei paesi avanzati e per essere destinataria della delocalizzazione delle fasi di fabbricazione della catena del valore da quei paesi, sono un lascito del passato. L’imprenditorialità cinese, soprattutto quella privata, partita spesso dal nulla, può oggi puntare a produzioni di qualità sempre più elevata sotto il profilo tecnologico e a posizioni di leadership sul mercato globale. Xi Jinping può oggi permettersi di affermare realisticamente che la Cina deve diventare entro il 2030 una “cyber-superpotenza” con un ruolo guida nel mondo nell’intelligenza artificiale.

Stato e mercato
Ma Xi Jinping si trova anche di fronte a problemi e sfide strutturali ancora aperti. Uno riguarda il rapporto tra mercato e Stato. In Cina il ruolo delle imprese di Stato è ancora determinante. I settori considerati strategici (strade, ferrovie, aviazione, produzione e distribuzione di energia, industrie di base come l’industria siderurgica, quella dell’alluminio e l’industria petrolchimica, settore militare) sono rimasti sotto il controllo delle imprese di Stato, che continuano a essere le più importanti tra le imprese cinesi anche a livello mondiale.

Xi Jinping si trova di fronte all’esigenza di aumentare l’efficienza delle imprese di Stato, un obiettivo che secondo molti osservatori era stato trascurato dal suo immediato predecessore Hu Jintao. Ha fatto passi significativi nel suo primo mandato verso una maggiore estensione del processo di trasformazione delle imprese di Stato in società per azioni; recentemente ha promosso la costituzione di fondi di investimento con il compito di apportare capitale alle imprese di Stato per rafforzarne l’efficienza, la competitività e l’orientamento verso l’innovazione.

Resta il fatto che lo sviluppo dell’imprenditorialità privata in Cina continua a rimanere fortemente condizionato dal potere politico, anche per l’ambiguità che caratterizza il quadro giuridico. In Cina molte imprese che nella sostanza sono private non lo sono formalmente, e questo aumenta quel condizionamento. Spesso le leggi sono sostanzialmente aggirate con il consenso tacito delle autorità ed è evidente il rischio che le autorità stesse intervengano mettendo in difficoltà le imprese con una esplicita dichiarazione di illegalità delle procedure seguite.

Molto discusso è il ruolo esercitato sulle imprese, pubbliche e private, dalla dichiarata lotta di Xi Jinping alla corruzione; in occidente questa lotta è considerata strumentale all’aumento del suo potere; resta però il fatto che molte imprese i cui responsabili sono stati coinvolti in procedimenti contro la corruzione erano imprese che avevano avuto serie difficoltà sul mercato.

Squilibri sociali e ambientali
Un’altra sfida ancora aperta per Xi Jinping riguarda gli squilibri territoriali, sociali e ambientali. Tra il 2000 e il 2010 la popolazione urbana è aumentata del 50%, e oggi quasi il 60% della popolazione della Cina è popolazione urbana. Nel suo Rapporto Politico al Congresso del Partito, Xi Jinping ha indicato ulteriori importanti progetti di urbanizzazione e sviluppo territoriale, ma queste opere dovranno fare i conti con la necessità di superare lo squilibrio ancora esistente in Cina tra aree rurali e aree urbane e con gli squilibri sociali ancora esistenti nelle aree urbane.

Il superamento degli squilibri tra aree rurali e aree urbane si collega anche all’impegno per arrivare in Cina a un sistema unificato sia per le pensioni sia per l’assistenza sanitaria, esigenza resa sempre più urgente dall’invecchiamento della popolazione: nel 2050 il 35% della popolazione avrà infatti più di 60 anni. Xi Jinping deve cercare di utilizzare di più e maglio a questo fine le disponibilità consentite dall’elevato risparmio dei cittadini cinesi, se veramente vuole riequilibrare e rendere anche socialmente sostenibile il modello di sviluppo in Cina nei prossimi decenni.

Un altro squilibrio per superare il quale è chiamato a manifestarsi l’impegno di Xi Jinping riguarda l’ambiente, tema sul quale, peraltro, molto è stato fatto da Hu Jintao e Wen Jabao. Su questo terreno Xi Jinping ha rafforzato molto l’impegno della Cina nella lotta al cambiamento climatico globale; era stato importante l’accordo al quale era arrivato con Barack Obama, e oggi, con il cambiamento di rotta imposto da Donald Trump, paradossalmente è la Cina ad essere diventata uno dei paesi leader nella lotta mondiale contro il cambiamento climatico.

Rischi di instabilità
Molti osservatori mettono oggi in guardia sui rischi di instabilità impliciti nella trasformazioni avvenute nell’economia cinese.

Uno di questi è il rischio di una bolla immobiliare. Tra il 1998 e il 2012 il prezzo delle case è aumentato continuamente; ma va notato che questo aumento ha coinciso con la privatizzazione del mercato delle abitazioni, manifestando sul mercato un valore che era sempre stato compresso. L’aumento della domanda di abitazioni continuerà a causa della continuazione dell’urbanizzazione e della politica di miglioramento e stabilizzazione della qualità della vita dei migranti nelle città; e questo rende meno probabile lo scoppio di una bolla immobiliare.

Più serio è il rischio di instabilità rappresentato dall’indebitamento complessivo nell’economia che negli ultimi anni è cresciuto rapidamente fino a raggiungere il 250% del PIL con un incremento del 60% negli ultimi cinque anni. Per il 65% si tratta di indebitamento delle imprese.

L’indebitamento nell’economia cinese è legato al fatto che il sistema finanziario cinese è dominato dalle banche e dipende molto dalla politica di sostanziale “repressione finanziaria” seguita prima di Xi Jinping: bassi tassi di interesse, tasso di cambio sottovalutato, controlli sui movimenti di capitali. La sottovalutazione del cambio era già stata in parte corretta con Hu Jintao; Xi Jinping dal canto suo ha intrapreso una graduale liberalizzazione dei tassi di interesse.

Una causa dell’aumento dell’indebitamento è rappresentata dal sistema bancario ombra, che in Cina ha continuato a svilupparsi negli ultimi anni. A sviluppare il sistema bancario ombra hanno contribuito le società costituite dai governi locali, capitalizzate da queste con loro attività a terreni che poi però sono stati usati come collaterali per indebitarsi prevalentemente col sistema ombra. Un altro fattore che ha contribuito a uno sviluppo del sistema bancario ombra è stata l’iniziativa di alcuni importanti imprenditori nel settore dell’utilizzo delle tecnologie digitali, come Alibaba, che ha lanciato un prodotto del mercato monetario che offriva un tasso di interesse più elevato di quelli sui depositi offerti dalle banche.

La Cina è riuscita comunque finora ad evitare un crisi da debito; questo è probabilmente anche dovuto al tasso di risparmio interno che, nonostante la riduzione degli ultimi anni, rimane ancora elevato e anche all’ancora elevato livello delle riserve valutarie.

Con Xi Jinping la Cina continua a muoversi verso una sempre più sistematica una riforma del sistema bancario e finanziario, riforma verso la quale i primi passi erano peraltro stati mossi già da Hu Jintao e Wen Jabao. Per esempio, c’è una riforma delle istituzioni nel campo dell’ “asset management” alla quale le istituzioni finanziarie dovrebbero allinearsi entro il 2020. Recentemente, poi, i mercati finanziari sono stati maggiormente aperti all’accesso di investitori stranieri.

Alcune recenti decisioni del Congresso Nazionale del Popolo del marzo 2018 confermano la volontà di riforma nel settore bancario e finanziario, come la nomina di Liu He, molto orientato in senso riformista, a vice- primo ministro con compiti per gli affari economici e a presiedente della nuova Commissione per lo sviluppo e la stabilità finanziaria che sarà l’organo di coordinamento tra la banca centrale e gli altri regolatori del sistema bancario e finanziario; o come la nomina a capo della Banca Popolare della Cina, la banca centrale del paese, di Yi Gang, finora vice del governatore uscente Zhou Xiaochuan, in piena continuità con la linea del precedente governatore.

La Cina sulla scena internazionale
Ci sono molti segnali dell’accresciuto ruolo della Cina sulla scena internazionale che Xi Jinping intende ulteriormente rafforzare.

Un segnale importante è costituito dall’aumento degli investimenti cinesi all’estero, che nel 2015 hanno superato gli investimenti esteri in Cina. Inizialmente gli investimenti cinesi all’estero si sono diretti soprattutto verso i paesi in via di sviluppo, negli ultimi anni sono aumentati nei paesi economicamente già avanzati e nei settori industriali e tecnologici avanzati.

La linea di Xi Jinping sembra quella di incoraggiare gli investimenti all’estero nei settori produttivi e tecnologicamente avanzati, ma di controllare ed eventualmente limitare gli investimenti all’estero in settori che non sono considerati produttivi, come per esempio quello turistico, alberghiero o dell’intrattenimento, soprattutto quando questi sono fatti con un indebitamento eccessivo delle imprese cinesi.

Ma i segnali più evidenti della volontà di Xi Jinping di far svolgere alla Cina un ruolo di leadership economica internazionale sono l’ Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) e la Belt&Road (B&R) Initiative..

Entrambe queste iniziative hanno suscitato opposizioni in particolare da parte degli Stati Uniti e del Giappone, perché sono state viste come passi della Cina verso l’egemonia economica e politica a livello mondiale. In realtà, soprattutto, con la B&R Initiative l’ambizione della Cina è chiaramente di aumentare in modo sostanziale la propria leadership sui paesi in via di sviluppo condizionando, nel medio-lungo periodo, le sue relazioni economiche non solo con l’Europa, ma anche con gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone e la Russia.

Con questi paesi le tensioni sono inevitabilmente destinate ad aumentare, soprattutto quella con gli Stati Uniti. Recentemente le tensioni con gli Stati Uniti si sono manifestate con la scelta di Trump sui dazi; ma sono soprattutto le iniziative volte a frenare l’espansione nei confronti degli Stati Uniti della presenza cinese nel settore delle tecnologie digitali a rivelare le tensioni con la Cina.

I rapporti della Cina con l’Europa sono migliori di quelli con gli Stati Uniti, ma continuano ad essere caratterizzati da tensioni sul piano tariffario, per le reticenze dell’Unione Europea di riconoscere alla Cina lo stato di “economia di mercato” all’interno della World Trade Organization, e per l’atteggiamento dell’Europa sul tema dei diritti umani in Cina, e soprattutto per la diversità con la quale i vari paesi europei si presentano rispetto alla Cina, ciascuno puntando a ottenere i maggiori vantaggi possibili per stesso, spesso in aperta competizione con gli altri.

Se le prospettive di evoluzione di queste tensioni andranno verso il superamento in un’ottica di collaborazione e se si aggraveranno in un’ottica di conflitto, è un problema del tutto aperto.