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Consumo di suolo e rigenerazione urbana: perché l’urbanistica deve ripartire dall’anno zero

di - 10 Aprile 2018
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Il primo atto legislativo fu la L. n. 2248 del 20/3/1865, la c.d. legge Lanza dal nome del Ministro degli Interni del Governo La Marmora, per l’unificazione amministrativa del Regno: nell’allegato A) prevedeva la facoltà per i Consigli Comunali di deliberare sui “regolamenti di igiene, edilità e polizia locale”. Il successivo Regolamento di attuazione di tale legge, il R.D. 8 giugno 1865, n. 2321 individuava come contenuto fondamentale del Regolamento Edilizio comunale “i Piani regolatori dell’ingrandimento e di livellazione, o di nuovi allineamenti delle vie, piazze o passeggiate”. Pochi giorni dopo fu emanata la legge n. 2359 del 25/6/1865, sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità. Disciplina fondamentale in campo urbanistico – edilizio, fino all’entrata in vigore della L. 1150 del 1942. Le norme disciplinavano l’esproprio per pubblica utilità. Venivano definiti i beni oggetto di esproprio indispensabili all’esecuzione dell’opera pubblica (art. 22), nonché l’indennità da corrispondere al proprietario, che consisteva nel giusto prezzo stimato dai periti equiparato a quello determinato in una libera contrattazione di compravendita (art. 39).
Il titolo II, Capo VI artt. 86 – 92 disciplinava i Piani regolatori edilizi: tali piani erano facoltativi per i comuni aventi una popolazione superiore ai 10.000 abitanti. Riguardavano il centro abitato, o parte di esso, ed avevano la funzione di tracciare “ le linee ad osservarsi nella ricostruzione di quella parte dell’abitato in cui sia da rimediare alla viziosa disposizione degli edifici” (art. 86). Il Capo VII artt. 93 – 95 disciplinavano i Piani di ampliamento: questi, a differenza dei precedenti si riferivano ad un territorio non ancora edificato e sul quale si prevedeva una futura attività edilizia. L’approvazione di tali piani “equivale ad una dichiarazione di pubblica utilità, e potrà dar luogo alle espropriazioni delle proprietà nel medesimo comprese” (art. 92).
Le norme avevano come obiettivo esclusivamente la gestione della crescita delle aree fabbricabili, con l’esclusione di tutte le altre parti dei territori comunali. E così nacquero i primi strumenti urbanistici: i Regolamenti edilizi, i Piani regolatori dell’ingrandimento e livellazione, i Piani regolatori edilizi. Piani che hanno consentito la gestione di importantissimi interventi di ampliamento ma anche di ristrutturazione di parti di città, controllandone gli effetti e la qualità.
Anche oggi, come allora, abbiamo bisogno di un apparato normativo totalmente nuovo e adeguato alle esigenze della società contemporanea. Un’urbanistica per operazioni significa dotarsi di strumenti di indirizzo strategico uniti ad un rigoroso sistema di valutazione, in grado di garantire la qualità e gli effetti delle trasformazioni. Una legislazione snella ed efficiente che consenta di evitare il ricorso sia alle scorciatoie derogatorie ma anche a norme dal contenuto esclusivamente interdittivo e, in quanto tale, chiaramente ispirate da ideologie antiurbane.

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