Michele Caruso, brigante

Michele Caruso (1837-1863), cavallaio ladro di Torremaggiore, nello scorcio del 1860 viene arrestato per “associazione in banda armata” dalle autorità di quello che sarà il Regno d’Italia. Evaso dal carcere di San Severo, si dà alla clandestinità nei boschi. Contattato da emissari borbonici, il “colonnello” Caruso costituisce una banda che fra Campobasso, Foggia e Benevento compie la seguente catena di principali, accertati, tremendi misfatti, sino alla fucilazione del brigante:

– nel luglio del 1861 ricatti, rapimenti, riscatti, abbattimento di animali, incendi di attrezzature agricole e messi;

– il 29 maggio del 1862 scontro a fuoco (almeno un brigante ucciso, altri feriti e poi massacrati) dei quindici elementi della banda con fanti (capitano Demoliff, brigata Pistoia) e guardie nazionali in una masseria di Fojano Valfortore;

– il 5 giugno del 1862 la banda attacca a fucilate la guardia nazionale di Sepino, costringendola alla fuga;

– il 14 giugno del 1862 a Carpino scontro a fuoco dei cinquanta elementi della banda con un plotone dell’8° Fanteria (un brigante morto);

– il 15 giugno del 1862, sempre a Carpino, nuova sparatoria, con ferimento di un milite;

– il 4 luglio del 1862, a San Marco la Catola, scontro con fanti dell’8° e guardie nazionali (un morto e un ferito tra le forze dell’ordine e tre briganti eliminati);

– il 28 luglio del 1862 Caruso con trentanove uomini invade Ginestra degli Schiavoni, dimostra contro il governo e preleva un “contributo” in natura e danaro da 115 famiglie;

– il 4 settembre del 1862, alla masseria Capriati di Corsano, i bersaglieri del capitano Cartacci sorprendono la banda e uccidono 15 briganti, con Caruso che riesce a fuggire;

– il 19 settembre del 1862 Caruso perde altri sei briganti, tra cui Caporal Antonio, in uno scontro a Cercemaggiore;

– il 5 novembre del 1862 la banda Caruso insieme con altre massacra 22 fanti e il capitano Rota presso S. Croce di Magliano, a Montecalvo;

– il 7 novembre del 1862 trecento briganti, fra cui quelli di Caruso, attaccano San Severo, venendo respinti ma con quattro caduti tra le forze dell’ordine;

– il 13 novembre del 1862 presso Biccari la banda Caruso e altri uccidono due persone prima di essere messi in fuga, con diversi briganti feriti;

– il 12 febbraio del 1863 Caruso fa tagliare le orecchie a Rocco Longo, rapito a Molinara, per il mancato pagamento del riscatto;

– il 24 febbraio del 1863 in contrada Francavilla, presso Benevento, il sottotenente Camillo Lauri e sedici suoi graduati e soldati di truppa vengono sterminati dalle bande riunite di Caruso e Schiavone, forti di 115 briganti;

– il 28 febbraio del 1863 a Castelvetere Caruso crivella di colpi certo Nicola Imbascio, reo di indossare il berretto di guardia nazionale;

– il 2 marzo del 1863 tra Ielsi e San Giovanni in Galdo Caruso, Schiavone e una comitiva di novanta banditi fucilano un massaro che, vedendoli, spaventato, aveva cercato di nascondersi;

– il 6 marzo del 1863 la banda Caruso tenta di rapire il parroco di Paupisi, ma gli abitanti lo difendono, uccidendo un brigante, mentre gli altri sono costretti alla fuga dalla guardia nazionale;

– il 12 marzo del 1863 Caruso senza motivo ammazza con un colpo di pistola Luigi Bianco, incontrato per caso a Montuoro;

– il 23 marzo del 1863 Caruso e compagni si ubriacano a Torremaggiore e due dei suoi vengono eliminati dai concittadini del brigante;

– il 24 marzo del 1863 Caruso, per vendicarsi dei fatti del giorno prima, attacca insieme con altre bande Torremaggiore, ma la fanteria risponde ed elimina altri due briganti;

– il 29 marzo del 1863 Caruso perde ancora due della banda, fucilati a S. Croce di Magliano;

– il 20 aprile del 1863, presso Colletorto, Caruso uccide un rapito, Michelangelo Lanziti, ne fa bruciare il cadavere e stupra la di lui figlia, Pasqualina;

– il 26 aprile del 1863, nella masseria Moffa di Riccia, la banda viene circondata da forze nutrite e perde due uomini;

– il 27 aprile del 1863 altri due briganti di Caruso cadono in uno scontro presso Cercemaggiore;

– il 9 maggio del 1863 entrambe le parti subiscono morti e feriti in una sparatoria fra le bande di Caruso, Sacchetiello, Schiavone, Andreotta, Pio e le guardie nazionali di Morcone (paese prudentemente fortificatosi per far fronte ai briganti);

– il 30 giugno del 1863 presso Colle, lungo la rotabile Sannitica, in uno scontro a fuoco Caruso si sgangia lasciando a terra diversi briganti feriti, poi finiti dalla truppa;

– il 2 luglio del 1863, presso Bisaccia, Caruso e i suoi quaranta ladroni stuprano quindici contadine, due delle quali moriranno per le violenze subìte;

– il 18 agosto del 1863 nel territorio di Troja Caruso e una quarantina dei suoi vengono sorpresi da bersaglieri e guardie nazionali, lasciando sul terreno dello scontro sette morti e l’amante di Caruso Marialuisa Ruscitti, diciannovenne, in mano ai carabinieri (la Ruscitti avrebbe poi scontato 25 anni di lavori forzati per aver assassinato a pistolettate un ufficiale su ordine dello stesso Caruso);

– il 26 agosto del 1863 la banda Caruso, forte di una trentina di cavalieri, si scontra a Pontelandolfo con una compagnia del 39° fanteria, perdendo un brigante;

– il 31 agosto del 1863 Caruso, in contrada Santa Maria presso Morcone, fa giustiziare tre dei suoi, disertori e spie;

– il 1 settembre del 1863, in contrada Decorata frazione di Colle, Caruso e quaranta banditi a cavallo assassinano il figlio del contadino Giorgio Marino, che feriscono gravemente, per poi fucilare due contadine, ammazzare – uniti alla banda di Tittariello – tre massari per provare la polvere da sparo e sterminare altri contadini, fra cui un’intera famiglia, in contrada Caucinuto presso Castelvetere;

– il 3 settembre del 1863, mentre desinava con Schiavone presso Molinara, Caruso fa uccidere Concetta Chiavari perché questa, di fronte a loro, si inginocchiava e piangeva;

– il 5 settembre del 1863 in contrada Calisi presso Paduli Caruso uccide con un colpo di fucile Antonio Tini, latore di un plico per i bersaglieri;

– il 6 settembre del 1863 a Torrecuso la banda Caruso attacca e mette in fuga una decina di guardie nazionali e militi;

– il 7 settembre del 1863, presso Castelvetere Valfortore, la banda stermina diciotto fra uomini, donne, vecchi e fanciulli;

– il 9 settembre del 1863 le bande Caruso, Schiavone e Varanelli attaccano San Bartolomeo in Galdo, ammazzano  una quindicina di guardie, poi Caruso retrocede, fa bottino nelle masserie, sequestra e uccide almeno altre cinque persone;

– il 13 settembre ad Apice Caruso violenta una ragazza davanti ai proprietari della masseria Carbone;

– il 19 settembre del 1863 presso la masseria S. Auditorio Caruso stupra Anna Belmonte e fa stuprare da tre dei suoi un’altra ragazza;

– il 30 settembre del 1863 la banda Caruso, presso Apice, incendia messi e distrugge una mandria di bovini;

– il 4 ottobre del 1863 Caruso, con quarantacinque uomini, dopo aver rapinato la diligenza “La Giornaliera” Napoli-Campobasso, ha uno scontro a fuoco con la compagnia del capitano Potoski, del 45° fanteria, presso S. Croce di Molara, uccidendo nove militi;

– il 5 ottobre del 1863 Caruso, scorrendo con sessanta briganti la zona compresa fra S. Croce del Sannio e Morcone, fa fucilare uno dei suoi che si lamentava per le privazioni, quindi nei pressi di Morcone, in contrada Cuffiano, fa a pezzi otto persone – uomini, donne, bambini – della masseria De Maria e fa stuprare da quasi tutta la comitiva, fino alla morte, la donna più giovane;

– il 6 ottobre del 1863, nell’attuale San Giorgio del Sannio, Caruso prova la polvere da sparo prendendo a fucilate nove contadini, cinque dei quali muoiono;

– il 12 ottobre del 1863 Caruso rapisce e stupra a Decorata di Colle Sannita, presso Riccia, Filomena Ciccaglione – a cui il 1 settembre aveva ucciso il padre – per poi in Puglia sterminare una famiglia;

– il 13 ottobre del 1863, con quaranta dei suoi, Caruso scanna sette mucche della masseria d’Andrea di Volturara Appula e tronca la mano destra del massaro Antonio Piciuti;

– il 15 ottobre, a S. Nicandro, Caruso fa sgozzare le vacche di Luigi Pertosa, che non ha altro da dargli;

– il 16 ottobre del 1863 la banda Caruso presso Lucera si scontra con le forze dell’ordine, subendo una perdita;

– il 17 ottobre del 1863 a Casalvecchio quaranta briganti circondano la masseria Monachella in agro di Castelnuovo, presso Torremaggiore, e Caruso taglia di sua mano a rasoiate la gola di tredici (ventuno?) vaccari, finiti con la sciabola dal compare Nicola Tocci. Salgono così a 75 i contadini assassinati dalla banda in circa due mesi;

– il 18 ottobre 1863 il 6° squadrone lancieri di Montebello elimina cinque uomini e sette cavalli della banda Caruso;

– il 19 ottobre del 1863 nel territorio di Castelnuovo, presso Roseto, la banda Caruso perde tre elementi in scontri con le guardie nazionali e con una compagnia del 26° fanteria;

– il 20 ottobre del 1863 alla masseria Reggente presso Lucera Caruso ammazza una contadina per poi perdere due uomini e quattro cavalli in una sparatoria con gli usseri;

– il 28 ottobre del 1863 a Foiano i pochi uomini rimasti a Caruso uccidono un contadino, Lucido Bocchino ;

– il 25 novembre del 1863, sulla montagna di San Giorgio la Molara, Caruso elimina un suo compagno, perché debole e febbricitante;

– il 27 novembre del 1863 Caruso assassina nel bosco di Castelpagano due contadini che non avevano voluto entrare nella sua banda;

– il 6 dicembre del 1863 sette briganti di Caruso – che è altrove – si asserragliano in una masseria di Montefalcone in Valfortore e nel conflitto a fuoco feriscono due contadini prima di venire tutti uccisi;

– il 7 dicembre del 1863, grazie alla spiata della Ciccaglione, Caruso con un compare viene sorpreso e catturato in una pagliaia nel tenimento di San Giorgio la Molara, condotto a Molinara, quindi a Benevento, dove subisce processo sommario e viene condannato a morte, sebbene si dichiari prigioniero politico, difensore del Re Borbone, e si proponga poi come delatore per il generale Pallavicini, che respinge l’offerta;

– l’11 dicembre del 1863 Michele Caruso viene fucilato dai militi di Pallavicini a Benevento, fuori porta Calore, sprezzando la folla che lo insulta.

Tra il 1860 e il 1870 il brigantaggio che, seppure a fasi alterne, infuriò nel Mezzogiorno continentale d’Italia causò almeno 20mila morti: oltre 5mila tra le forze dell’ordine, oltre un migliaio tra i civili (vittime dei briganti, ma anche delle truppe che li combatterono), oltre 10mila tra i fuorilegge. Il sangue scorse a fiumi. Inaudite atrocità vennero perpetrate, da ambo le parti. I danni economici, specie per l’agricoltura meridionale, furono ingenti.

Il fenomeno venne da ultimo stroncato, con durezza militare estrema e con leggi anche incostituzionali, liberticide, a cominciare dalle fucilazioni senza processo di banditi e manutengoli, veri o presunti. La dimensione sociale e culturale del fenomeno, sebbene da più parti denunciata, venne nei fatti trascurata.

Ma coloro i quali attribuiscono valore politico al brigantaggio nell’intero decennio post-unitario, immaginando una lotta di consapevoli partigiani politicamente motivati per la difesa e per la rinascita del borbonico Regno delle Due Sicilie contro il “piemontese” invasore, non possono disconoscere che molto spesso i loro “patrioti” erano delinquenti, efferati assassini, belve sanguinarie. Oltre a Caruso furono tali, fra i numerosi altri, lo stesso Carmine Crocco Donatelli (che arrivò a comandare fino a duemila armati, molti a cavallo), Coppa, Schiavone, “Sergente Romano”, “Ninco Nanco”, i due La Gala, “Pizzichicchio”, Tortora, “Coppolone”, Gravina, “Egidione”, Palmisani, “Ciucciariello”, Masini, “Capraro”. Mutilavano il mento dei militi; li bruciavano vivi; macellavano corpi, fino all’antropofagia; spaccavano teste a colpi di pietra; ammazzavano civili, donne, bambini, religiosi; torturavano; cavavano occhi; tagliavano orecchi; rapinavano, rapivano, ricattavano; stupravano; scannavano animali, saccheggiavano, distruggevano messi, masserie, interi paesi.


Fonti:
De Blasio, A. Il brigante Michele Caruso, Napoli, 1910;
Sangiuolo, L. La comitiva del colonnello Caruso, Benevento, 1975;
Mottola, J., Fanti e briganti nel Sud dopo l’Unità, Lecce, 2012;
Ciocca, P., Brigantaggio ed economia nel Mezzogiorno, in “Rivista di Storia Economica”, 2013 (con bibliografia).