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Beni comuni in senso giuridico e commons in senso economico: un confronto tra due categorie non coincidenti

di - 7 Marzo 2018
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3. Ritorno alle categorie giuridiche: commons e beni comuni.
Sulla base di tali approdi, si è potuto fare ritorno alle categorie giuridiche visto che la definizione di beni comuni che emerge dal dibattito giuridico in corso non coincide con la categoria dei commons a cui fanno riferimento gli economisti, pure se a questa si aggiungano i beni pubblici (sempre intesi nel senso degli economisti). La caratteristica naturale della non escludibilità[10] (che caratterizza i commons e i beni pubblici per gli economisti) appare troppo stringente poiché si riferisce a caratteristiche intrinseche del bene (ad esempio, l’atmosfera o la pubblica illuminazione non sarebbero escludibili per loro caratteristiche oggettive). Tale rigido presupposto conduce a una nozione di beni pubblici e di commons che non considera i beni per i quali la non escludibilità (intesa come caratteristica che, in ogni caso, il bene viene a possedere) derivi da una scelta politica o sociale. Ciò contraddice l’esperienza empirica, nella quale sempre più spesso un bene (che di per se potrebbe essere escluso) viene destinato ad un uso generale per una scelta dell’Autorità pubblica.
In tali casi, più che di escludibilità / non escludibilità di un bene viene a trattarsi di effettiva esclusione / non esclusione[11]. Potrebbero, ad esempio, esservi beni teoricamente escludibili ma effettivamente non esclusi dal consumo generalizzato per scelta politico-legislativa e, dunque, non commercializzabili (ad esempio, un parco aperto all’uso generale, teoricamente recintabile ma per decisione politica aperto a tutti).
La nuova diversa prospettiva introdotta consente di rielaborare la tradizionale classificazione dei beni degli economisti (beni privati, beni di club, beni pubblici e commons), attraverso la sovrapposizione delle due diverse caratteristiche della escludibilità / non escludibilità e dell’effettiva esclusione / non esclusione (Franzini).
Si individuano così tre categorie di beni[12] che comprendono: a) beni privati e i beni di club per i quali la caratteristica dell’escludibilità è associata alla effettiva esclusione. Tali beni sono, dunque, assoggettati alle logiche del mercato e l’accesso agli stessi può essere subordinato al pagamento di un prezzo; b) beni pubblici e commons (non escludibili per loro caratteristiche intrinseche) devono essere destinati necessariamente al consumo generalizzato (si pensi, ancora alla pubblica illuminazione o all’aria che si respira o a riserve naturali non recintabili, ecc.), ponendosi necessariamente fuori dal mercato; c) beni privati e beni di club che hanno caratteristiche oggettive che ne consentirebbero l’esclusione (ovvero l’assoggettamento alla logica del mercato), ma che il Legislatore o l’Autorità amministrativa decidono di destinare all’uso generale, così sottraendoli al mercato e rendendoli liberamente accessibili.
Si sono individuate, dunque, due categorie di beni non esclusi corrispondenti a tutti i beni pubblici e i commons (non escludibili e, dunque, non esclusi), da un lato, e da quota parte dei beni privati e beni di club (escludibili ma non esclusi per scelta), dall’altro.
Alcune considerazioni possono essere fatte.

  • a) Rispetto al tradizionale criterio di distinzione dei beni utilizzato dagli economisti riferito alle caratteristiche oggettive della escludibilità / rivalità, il nuovo criterio offerto appare fondato sulla destinazione dei beni, dal momento che concretamente escludere o non escludere un bene al libero accesso vuol dire determinarne la destinazione. Si torna così ad un criterio distintivo che ha il medesimo fondamento di quello (oggettivo) utilizzato dai giuristi, appunto fondato sulla destinazione dei beni, che consente di distinguere tra beni privati (destinazione privata), pubblici (destinazione pubblica) e comuni (destinazione comune).
  • b) La seconda osservazione è che la destinazione all’uso generalizzato si allarga oltre i soli commons e beni pubblici (non escludibili) anche ad una parte dei beni che potrebbero essere privati o di club (cioè escludibili) ma che concretamente non sono esclusi. La categoria di beni non esclusi, dunque, appare ben più vasta di quelli che non sono escludibili dal solo punto di vista oggettivo.

3.1 Ancora sulla distinzione tra beni pubblici aperti all’uso generale e beni comuni.
Tornando alle categorie giuridiche, il riferimento ai beni concretamente non esclusi consente di creare un’ampia categoria di beni all’interno della quale potrebbero trovarsi i beni comuni oltre a parte dei beni pubblici (ovvero quelli aperti all’uso generale, ma si ricordi che la destinazione pubblica può dipendere anche dall’essere il bene strumentale all’esercizio di funzioni o servizi pubblici).
Il problema diviene così quello di verificare quale sia la distinzione tra i beni pubblici non esclusi (a destinazione pubblica) e i beni comuni (a destinazione comune), dal momento che entrambe le due categorie appaiono caratterizzate dalla non esclusione dall’uso generale. Detto in altre parole, occorre capire se vi sia lo spazio per individuare un’ulteriore tipologia di destinazione, quella comune, che giustifichi un peculiare regime giuridico comune (da attribuire ai beni comuni).
Ebbene, la peculiarità dei beni comuni è che essi appaiono relazionati ad una comunità di riferimento. L’utilità che l’uso (compreso il c.d. non uso) di tali beni arreca ai membri della comunità, come affermato dalla dottrina (Rodotà), ha particolare valenza poiché è fondamentale per la vita, afferisce a diritti fondamentali della persona (la stessa esistenza, la salute, la conoscenza, la qualità della vita, ecc.) nonché al suo libero sviluppo, investe ragioni identitarie o evoca radici culturali comuni (come può avvenire, ad esempio, per taluni beni culturali o del paesaggio). Per tali ragioni, intorno ad essi il gruppo – comunità trova coesione e si rafforza il legame sociale degli individui. Ciò, inoltre, può portare i membri della comunità a superare l’egoismo razionale e a cooperare tra loro (così, evitando le tragedie di cui si detto).
Diversamente, nel caso dei beni pubblici ad uso generale, il libero accesso al bene (derivante dalla caratteristica oggettiva della non escludibilità ovvero da scelte pubbliche) può avere altre giustificazioni di pubblico interesse ma il bene non afferisce al alcuna comunità e non è riconosciuto come comune.
I beni comuni, dunque, sono legati a comunità di individui che possono corrispondere ad un gruppo ristretto che non necessariamente deve avere un connotato territoriale (ad esempio, gli abitanti di una città) ovvero ad una categoria trasversale di cittadini (ad esempio, una categoria professionale, una comunità scientifica, ecc.). In taluni casi, peraltro, la comunità può anche essere costituita dalla totalità della popolazione, verificandosi il caso dei c.d. global commons.
La relazione bene – gruppo opera anche in senso contrario, dal momento che anche la comunità di riferimento si costituisce o si rafforza in funzione del bene comune. Detto in altri termini, esiste una relazione a doppio senso tra bene e comunità: da un lato il bene è qualificato comune in relazione alla sua destinazione a realizzare l’interesse della comunità (ovvero, di ciascuno dei suoi membri); dall’altro lato, la stessa comunità si identifica o si rafforza per il suo rapporto con il bene. Ciascuno dei due elementi del rapporto (bene comune e comunità) è elemento costitutivo per l’altro.

Note

10.  La non escludibilità è definita come la proprietà intrinseca di un bene in forza della quale a un individuo non può esserne impedito l’uso o perché sia tecnicamente impossibile (da un punto di vista tecnico, giuridico) ovvero perché i costi di tale esclusione siano troppo elevati.

11.  M. Franzini, Il significato dei beni comuni, in Labsus Papers (211), Paper n. 21. Si confronti anche M. Franzini, I beni comuni: questioni di efficienza e di equità, in G. Arena- C. Iaione, L’Italia dei beni comuni, Bari, 2012, pp. 59 ss. Sia consentito anche rinviare a G. Fidone, Proprietà pubblica e beni comuni, Pisa, 2017.

12.  La quarta categoria che si individua costituisce un’ipotesi impossibile, poiché i beni non escludibili non possono essere esclusi.

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