A proposito dell’effettività della Conferenza di Servizi. Il caso dello stadio della A.S. Roma.

Quello che si leggeva a proposito della conferenza dei servizi sul progetto dello stadio della A.S. Roma Calcio, sulle cronache romane dei giornali “Corriere della Sera”, “Messaggero” e “Tempo” del 09/08/2017, sembrava la rappresentazione plastica dell’articolo di Filippo Satta apparso sull’ultimo numero preferiale di “ApertaContrada”, che nella sua critica all’istituto ne arriva a proporre l’abolizione in quanto strutturalmente inefficace. Gli articoli di cronaca citati rappresentano una sorta di sceneggiatura dell’articolo di Filippo Satta per un film sullo stato comatoso del processo decisionale pubblico italiano che, peraltro, il “Corriere della Sera”, con articoli di Gerardo Villanacci e Giulio Napolitano apparsi nei giorni immediatamente precedenti, aveva già posto all’attenzione del grande pubblico.
Il caso è quello della conferenza dei servizi per l’approvazione del progetto di stadio della A.S. Roma Calcio.
“Copia e incolla” di pareri sparsi, era la definizione che del parere conferito dal Governo nell’ambito della conferenza dei servizi attivata dalla Regione Lazio, su richiesta del Comune di Roma, sul progetto del “nuovo stadio della A.S. Roma Calcio”, si dava sulle cronache giornalistiche citate.
La vicenda è divenuta complessa, oltre quanto non lo sia intrinsecamente: il problema, paradossalmente, è divenuto (anche) la conferenza dei servizi in quanto tale!
Tutto ha inizio con il “curioso” art. 1, comma 303-306, l. n. 147/2013 (legge stabilità), pensato per favorire la realizzazione da parte di società sportive calcistiche di stadi di loro proprietà grazie ad un regime urbanistico particolarmente favorevole – in pratica il “diritto” di variazione degli strumenti urbanistici vigenti -, ponendo la condizione che l’operazione privata sia a costo zero per le finanze pubbliche. Con alla base il classico “scambio urbanistico”: potere (pubblico) di piano, contro la concessione di volumetrie, nel caso non residenziali (private), di valore economico tale da sostenere il costo di costruzione dello stadio, compreso quello relativo alle opere di urbanizzazione necessarie, richieste dal comune interessato.
Inevitabile il gioco al rialzo, mascherato dalla (cosiddetta) pubblica utilità: più è elevata la richiesta di opere di urbanizzazione da parte del comune e maggiori saranno le volumetrie edilizie (più propriamente si dovrebbe parlare di attività e funzioni installabili), che il privato “dovrà” costruire per raggiungere l’equilibrio economico dell’operazione e quindi il costo zero per il pubblico.
L’art. 1 della legge di stabilità per il 2014, è stato modificato e ampliato con l’art. 62 del DL 50/2017, convertito nella legge n. 96/2017, cosiddetta “manovrina”: viene soprattutto sfumato il divieto di costruire residenze. Sono stati inoltre aggiunti due articoli: il 61, dedicato alle prossime olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo e il 63, dedicato ad altri impianti sportivi. Potrebbero essere soprattutto campi da golf.
Il parere del Governo sul progetto dello stadio e delle opere annesse e complementari non è univoco. Da qui lo stupore dei cronisti, che si aspettavano un “sì” (parere positivo) o un “no” (parere negativo). Od anche un “sì condizionato” al rispetto di qualche prescrizione più o meno significativa.
Il parere governativo è una sorta di “riassunto” di pareri, come è stato osservato. Cioè dei pareri che le singole amministrazioni statali competenti hanno autonomamente ritenuto di dover esprimere in rapporto all’interesse da ciascuna curato e che la Presidenza del C.d M. ha raccolto.
Anche da ciò la criticità nella quale si trova la procedura della conferenza di servizi in questione: dovrà essere indetta una nuova conferenza dei servizi o si potrà proseguire con quella in corso? Alla base della quale vi è un progetto edilizio di uno stadio e di opere annesse e complementari, peraltro superato, e non di un solo stadio, come ci si ostina a credere ed a far credere. In realtà si è di fronte ad un vero e proprio progetto urbanistico per una consistente parte di città. Il comune di Roma lo ha infatti identificato come una “nuova centralità”, cioè una delle polarità sulle quali è fondata la strategia di sviluppo e riqualificazione urbanistica del vigente PRG.
È la stessa legge di stabilità che induce alla confusione: si richiede che il progetto (pensando ad uno stadio) sia sottoposto a valutazione d’impatto ambientale, mentre, data la naturale maggiore complessità dell’intervento – di fatto un piano attuativo in variante di un piano urbanistico –, questo dovrebbe essere sottoposto alla procedura di valutazione ambientale strategica.
Come si accennava sopra, per di più, si tratta di un progetto diverso da quello sul quale era stata indetta la originaria conferenza dei servizi. Il primo progetto era il risultato dell’accordo tra il promotore, l’impresa Euronova, che di fatto rappresenta l’A.S. Roma Calcio, e il comune di Roma, all’epoca amministrato dal sindaco Marino. Il secondo progetto, rimodulato, è il risultato di un nuovo accordo, sempre tra l’impresa Euronova e l’attuale amministrazione comunale. La diversità risiede in una riduzione delle volumetrie e, ovviamente, per quanto sopra, delle opere di urbanizzazione, in particolare quelle viarie e più in generale delle infrastrutture di trasporto.
Meno rilevanti per il nostro ragionamento, le variazioni morfologiche: edifici “a torre” nel primo progetto, edifici “a blocco” di altezza pari a sei / sette piani, nel secondo.
Alla conferenza dei servizi partecipano, ovviamente, altre amministrazioni che esprimono altrettanti pareri sulle materie di competenza. Fra le altre, Roma Capitale e la stessa Città Metropolitana di Roma; anche quest’ultima ha espresso parere negativo su aspetti significativi: in particolare sull’accessibilità, in rapporto alle dotazioni infrastrutturali attuali e programmate ed ai conseguenti servizi di trasporto erogabili. Dal pubblico nella sua attività ordinaria e dal proponente privato per il caso specifico: cioè le opere a carico del privato richieste dal comune come compensazione delle volumetrie concesse.
I problemi che in questo sintetico racconto si intravvedono sono molti. Tutti messi in evidenza su “ApertaContrada”.
Quelli amministrativi, sulla efficacia dello strumento della conferenza dei servizi, dall’articolo di Filippo Satta già richiamato. Quelli urbanistici e sul principio di concorrenza in urbanistica, da Francesco Karrer (“ApertaContrada” del 4 maggio 2017).
A questo punto della ricostruzione sorge una domanda: poteva essere diverso il parere espresso dal Governo? La risposta è no. Gli interessi tutelati dalle varie amministrazioni (ministeri, agenzie), sono sostanzialmente equiordinati. Quindi da fare oggetto di una apposita composizione, previa una esplicita mediazione.
Ma gli stessi interessi sono, come è noto, curati anche da altre amministrazioni. Si è già detto, ad esempio, della Città Metropolitana e di Roma Capitale. Si devono ricordare, la stessa Regione Lazio ed altre amministrazioni ancora.
Non si può escludere che nell’ambito della conferenza, su uno stesso interesse, si possano quindi avere pareri diversi! Anche solo perché espressi con visione centrale o locale.
Per dovere di informazione, va detto che la Regione Lazio ha poi deciso di indire una nuova conferenza dei servizi, sul progetto rimodulato ed oggetto dei pareri espressi dalle amministrazioni competenti, centrali e locali.

Il parere del Governo merita di una, almeno, ulteriore considerazione. In particolare su quanto afferma il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: l’unica amministrazione statale che considera l’importanza che l’operazione sia in equilibrio economico, come pretende la legge di stabilità del 2014, da cui, come si è detto, tutto ha origine.
È questo parere che ha fatto emergere che alcune opere di urbanizzazione risultano carenti quanto a dotazione, ma anche che alcune opere pubbliche verrebbero computate dal privato come compensazioni dovute ex lege.
E i profili di diritto urbanistico? Rinviando all’articolo citato di Francesco Karrer per una più completa trattazione, in sintesi sono : l’eterna questione delle varianti ad hoc degli strumenti urbanistici; legittimità ed effetti sugli interessi di altri soggetti; la dimensione dell’ambito della redistribuzione compensativa ( cioè della estensione dello spazio entro il quale viene ripartito il vantaggio/ svantaggio dell’intervento in variante) e del contenuto minimo indispensabile di opere di urbanizzazione primarie e secondarie annesse e complementari richiedibili da parte pubblica, sotto il profilo funzionale ed economico.
Al riguardo si inserisce la recente sentenza della Corte costituzionale n. 209/2017 che legittima i cosiddetti extraoneri imposti nelle variazioni dello strumento urbanistico dal vigente PRG di Roma.
Extraoneri così elevati da far diventare conveniente per la amministrazione comunale variare, a richiesta, il piano urbanistico vigente, piuttosto che attuarlo nella sua configurazione originale!
Senza una apposita disciplina dell’urbanistica per “operazioni” i problemi sopra richiamati sono pressoché irrisolvibili se non con rischiose forzature del diritto urbanistico. Alla base della urbanistica per operazioni (quindi oltre quella della tradizione italiana “per piani” e quella auspicata da alcuni urbanisti “per progetti”) – che è la modalità migliore per dare adeguata risposta urbanistica a questi problemi –, si segnala che inevitabilmente ci si deve misurare con l’applicazione del principio di concorrenza.
Sì, proprio del principio di concorrenza, e stando anche bene attenti al suo contrario, che è rappresentato dal rischio di incorrere in una procedura di infrazione per eccesso di aiuti di stato.
Un ulteriore problema, trattandosi di operazioni che aspirano ad essere considerate non solo di interesse generale, ma addirittura di pubblica utilità, è questo: come la A.S. Roma Calcio ha scelto di realizzare il “suo” stadio tramite la Soc. Euronova? Certamente perché questa è in possesso dei terreni, ha le capacità economico-finanziarie e tecniche adeguate, oltre alla fede calcistica certamente comune.
Il così rilevante effetto di questa scelta – si individua il soggetto realizzatore senza alcuna procedura di evidenza pubblica nel presupposto che l’opera sia del tutto privata -, non meriterebbe, al meno, l’indizione di un confronto concorrenziale? Evidentemente il legislatore interpreta la variazione di uno strumento urbanistico non diversamente dalla localizzazione di una qualunque attività produttiva tramite la procedura dello “sportello unico”.
Peccato che il legislatore, che si è mostrato sensibile alla esigenza di incrementare le dotazioni di attrezzature sportive delle città, non sia stato altrettanto sensibile a questi problemi ed alle opportunità che dalla loro risoluzione nascerebbero per le nostre città.
Quanto sopra conferma inoltre che neanche l’ultima riforma della conferenza dei servizi (“legge Madia”) soddisfa l’esigenza di composizione degli interessi pubblici tra loro, e tra questi e quelli privati.
E, per favore, per migliorarla non si pensi ad ulteriori taumaturgiche riforme costituzionali. Piuttosto si operi sciogliendo il nodo tra principi della decisione: quello autoritativo o quello negoziale. Se si preferisce all’aggettivo negoziale, l’aggettivo concertativo, lo si faccia pure. La sostanza non cambia. Magari si dovrà correggere l’approccio «tutto» autoritativo -, impossibile da governare vista la difficoltà di gerarchizzare rigidamente gli interessi -, con un po’ di “cooperazione gerarchica” (attribuendo a qualcuno la prevalenza nella cura di uno stesso interesse).
Nel caso che si volesse aderire al principio del “tutto negoziabile” (o del “tutto concertabile“), in realtà anche esso molto difficile da applicare in forma integrale, lo si si dovrà fare compiutamente ed, ovviamente, nel rispetto di apposite adeguate regole.
A ulteriore dimostrazione di ciò, sempre la stampa quotidiana romana del 10/08/2017, ventiquattr’ore dopo la pubblicazione degli articoli citati, riporta dichiarazioni del Ministro ai trasporti e infrastrutture e di quello allo sport, che reinterpretano il parere del Governo nel senso che questo, a leggere bene, non sarebbe negativo, ma positivo con prescrizioni!
Ovviamente i giornali riportano ampi stralci del parere nel quale è espressamente scritto che il parere è negativo.
In questo gioco politico, emerge tutta la debolezza del sistema pubblico di presa delle decisioni, che nessuna separazione del potere politico da quello amministrativo e di riassunzione di pareri tecnici di settore, tentati dagli anni 1990 ad oggi, compreso l’ultimo, rappresentato dalla “riforma Madia”, sono ancora riuscite a farci superare.

Articolo correlato del prof. Filippo Satta