Imposta come home page     Aggiungi ai preferiti

 

Un istituto da cancellare: la conferenza di servizi

di - 3 Agosto 2017
      Stampa Stampa      

Un istituto da cancellare: la conferenza di servizi [1]

1. Il tema della conferenza di servizi è oggi complicato e difficile da decifrare: per essere precisi, e per paradossale che possa sembrare, si deve anche dire che alle sue origini era invece quasi semplice e chiaro. La conferenza di servizi era oggetto di un articolo, l’art. 14 della legge sul procedimento amministrativo del 7 agosto 1990, n. 241. Esso introduceva un’idea brillantissima: per rendere più incisiva l’azione dell’amministrazione, concepita nella sua globalità, e quindi nella sua varietà di interessi pubblici e privati da coordinare, si poteva indire una riunione di tutte le amministrazioni interessate. In questo modo, l’amministrazione capofila – “procedente”, nel linguaggio della legge – avrebbe potuto acquisire le valutazioni e l’assenso delle altre amministrazioni coinvolte. Si sarebbe così potuto decidere come meglio tutelare gli interessi pubblici nel loro coordinamento con gli interessi privati. Questa struttura procedimentale “aperta”, per così dire, venne chiamata “conferenza di servizi”.
Merita riportare il testo originale dell’art. 14:
Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici, coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi.
La conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti”.
La portata del primo comma non poneva problemi interpretativi: se si dà un procedimento amministrativo che, come spesso accade, coinvolge più interessi pubblici, l’ammi-nistrazione portatrice dell’interesse pubblico primario (questo dovrebbe essere il significato e il ruolo della “amministrazione procedente”) poteva riunire le amministrazioni che avevano in cura gli altri interessi coinvolti nel procedimento. È ragionevole pensare che la ragione ed il fine di questa convocazione fossero anzitutto sentirne il parere e quindi decidere sotto il profilo della miglior cura dell’interesse pubblico. È certo molto singolare che questo primo comma nulla dicesse sulle procedure volte alla formazione della decisione.
A prescindere da questo pur non banale problema – chi e come decide alla fine della conferenza? – il secondo comma di questo articolo è certamente meno chiaro e di più difficile interpretazione. Come si è visto (e si può leggere qui sopra), la conferenza può essere indetta anche quando l’amministrazione debba acquisire intese, concerti, nullaosta o assensi, comunque denominati, di altre amministrazioni. Diceva questo secondo comma nella sua formulazione originaria che “le determinazioni concordate nella conferenza sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nullaosta e gli assensi richiesti”.
Come è evidente, le situazioni giuridiche ed amministrative del primo e del secondo comma erano profondamente diverse. La situazione “disciplinata” dal primo sembra chiara: se è opportuno effettuare l’esame di più interessi pubblici, coinvolti in un procedimento, l’amministrazione capofila sente le altre amministrazioni e – non lo si legge, ma non sembra che potesse essere diversamente – decide. Assolve alla propria funzione di organo amministrativo.
Radicalmente diverso era il secondo comma: l’esito della conferenza era il rilascio delle intese, consensi, concerti, nullaosta, che, per definizione, sono atti interni al procedimento principale, adottati da altre amministrazioni coinvolte nel procedimento. Pare incontrovertibile che non vi fosse alcuna decisione, riferibile ad una specifica amministrazione o ad un nucleo di esse.
Ne discende, come è palese, che il primo comma disciplinava un procedimento amministrativo; il secondo, una sola acquisizione di atti, essenzialmente di pareri, del cui destino nulla si diceva. In altri termini, si può ben dire che avesse una funzione essenzialmente istruttoria.

2. Tra il primo ed il secondo comma c’era dunque una sorta di abisso giuridico – ciò che spiega la ragione per cui il primo comma ha resistito immutato fino al 2016, mentre il secondo è stato manipolato un gran numero di volte.
Quanto diceva il primo comma dell’art. 14 era diritto, vero diritto. Era una norma di legge che, in una cornice di diritto pubblico, consentiva l’esercizio della funzione affidata. Così, quando l’amministrazione “procedente” riteneva opportuno coordinare tutte le strutture amministrative coinvolte da richieste, pubbliche o private – ed aveva il titolo per farlo – poteva operare attraverso il suo organo, competente e titolare della funzione (del “potere”, di cui si chiedeva l’esercizio, si sarebbe detto una volta). Questa funzione di iniziativa rese di fatto intangibile il primo comma dell’art. 14. Solo nel 2016 – dopo 26 anni! – esso scomparve nel quadro di una riforma generale delle pubbliche amministrazioni, nel cui ambito venne riscritta anche la disciplina della conferenza di servizi. Era il d. l.vo n. 127 del 30 giugno 2016.
Ora è evidente che questa specie di struttura amministrativa temporanea, organizzata dall’amministrazione procedente per acquisire consensi, pareri ed atti consimili, doveva necessariamente essere inquadrata in qualche sistema temporaneo, ma comunque disciplinato. Buona regola avrebbe suggerito che una norma di legge definisse in via generale quale tipo di amministrazione avrebbe potuto assumere il ruolo di “amministrazione procedente”, definendo i suoi poteri nei confronti delle amministrazioni in qualche modo cointeressate.

3. Incredibile dictu tutto ciò non è accaduto. I commi dell’art. 14 della l. n. 241/1990, successivi al primo, ad un certo punto (e per ragioni che non emergono in alcun modo) hanno avuto bisogno, più che di aggiornamenti, di continue “rifondazioni”, se così si può dire. In altri termini, sono stati ripetutamente modificati o, più precisamente, riscritti funditus, fino a diventare ogni volta un testo completamente nuovo, ovviamente nella formula alter et idem.
In realtà una soluzione più sana per “aggiornare” la conferenza ed il suo funzionamento si sarebbe potuta trovare. La fisiologica chiave di volta era il procedimento amministrativo, cui del resto era dedicata la legge n. 241 del 1990, che ospitava la conferenza di servizi. Si sarebbero così potuti  da un lato individuare i soggetti pubblici, abilitati ad assumere decisioni; dall’altro, definire i livelli di competenza, ivi compreso il coordinamento delle amministrazioni coinvolte, senza dover ricorrere così spesso alle leggi.
In questa logica si sarebbero potute dettare norme operative per il funzionamento della conferenza, nella funzione istruttoria del 2° comma dell’art. 14. Questo compito sarebbe stato utilmente affidato al Governo, delegandolo ad adottare uno o più regolamenti per lo svolgimento delle funzioni istruttorie, dall’acquisizione di dati alle conclusioni istruttorie.

Note

1.  Il 20 marzo 2017, nella splendida cornice della sala di Pompeo, a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, si è tenuto un convegno su un tema estremamente impegnativo: “La legge generale sul procedimento amministrativo: attualità e prospettive nei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione”. A chi scrive era stata affidata una relazione su“Conferenza di servizi e bilanciamento di interessi”.
Poche settimane dopo,  il 7 aprile 2017, nella Sala delle Laure della Sapienza vi è stato un altro dibattito, al quale anche chi scrive ha partecipato.
Le pagine che seguono non sono testi di relazioni scritte, ma il tentativo di una riflessione organica su questo istituto, di cui tutto o quasi tutto è oscuro o addirittura incomprensibile nella sua apparente semplicità.

Pagine: 1 2 3 4 5


RICERCA

RICERCA AVANZATA


ApertaContrada.it Via Arenula, 29 – 00186 Roma – Tel: + 39 06 6990561 - Fax: +39 06 699191011 – Direttore Responsabile Filippo Satta - informativa privacy