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Intervento al Seminario Responsabilità contabile e penale

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di Francesco Mataluni

1) Introduzione. Il nuovo Codice di giustizia ha cercato di estendere l’applicazione dei principi del giusto processo e della parità di trattamento delle parti ai processi dinanzi alla Corte dei Conti. Resta ferma l’esigenza di raggiungere equilibrio fra due obiettivi contrapposti: (i) garantire ristoro dell’interesse pubblico danneggiato dallo sperpero di risorse della collettività; (ii) tutelare coloro che sono chiamati in giudizio (sia in fase giurisdizionale sia in fase pre-processuale).

2) Punto di vista della ricerca. Assicurare la tutela degli interessi dei dipendenti pubblici sottoposti a processi per responsabilità amministrativa per due motivi: (i) il nuovo Codice non ha ancora assicurato una situazione di piena parità (di posizione, di armi, ecc.) fra dipendente e controparte dell’accusa pubblica; (ii) mettere il dipendente in una situazione di tranquillità nello svolgimento del proprio operato, al fine di ridurre il rischio di immobilismo della PA (efficienza).

3) Aspetti su cui si potrebbe intervenire. In vista del correttivo, sono individuati alcuni punti sui quali si potrebbe iniziare una riflessione: da un lato, un momento pre-processuale del procedimento di indagine portato avanti dalla Procura; dall’altro lato, un momento più strettamente processuale, ma con una connotazione di rito, del rapporto fra il giudizio contabile con altri giudizi.

4) Controllo su attività requirente. L’esercizio dell’azione ha un costo ridotto per la pubblica accusa, mentre può avere un impatto grave sul funzionario sottopostovi, obbligato a sopportare le spese della difesa (che, a norma di Codice, non sempre gli sono riconosciute, nemmeno in alcuni casi in cui il giudizio si conclude a suo vantaggio[1]) e, soprattutto, conseguenze negative in termini personali e di immagine.
Il nuovo Codice conserva un sistema in cui l’attività pre-processuale del P.M., che poi viene versata nel processo, rimane separata da quella processuale che inizia a seguito dell’atto di citazione e non ha seguito quella precedente giurisprudenza che riconosceva l’esistenza del potere del giudice della Corte dei Conti di verificare, in sede dibattimentale, l’ammissibilità delle prove fornite dal P.M. contabile o la legittimità di un atto istruttorio (Cass., S.U., 17.12.2010, n. 19700).
Ciò nondimeno, il nuovo Codice ha fatto importanti passi avanti sulla disciplina dell’attività requirente nel processo contabile. Si pensi, ad esempio, all’art. 69, con il quale è stato previsto un importante filtro all’azione del PM. La disposizione, infatti, prevede che “quando, anche a seguito di invito a dedurre, la notizia di danno risulta infondata o non vi siano elementi sufficienti a sostenere in giudizio la contestazione di responsabilità, il pubblico ministero dispone l’archiviazione del fascicolo istruttorio”.
Ci si chiede, ma si hanno non pochi dubbi al riguardo, se sono ipotizzabili e, quindi, concretamente realizzabili ulteriori strumenti a sostegno dell’attività requirente nel corso del procedimento contabile. Attività che rappresenta un momento al tempo stesso tanto delicato quanto fondamentale sia per la parte pubblica sia anche, per quanto qui di interesse, per il soggetto privato sottoposto al procedimento di responsabilità erariale.

5) Coordinamento fra le giurisdizioni. Altro aspetto su cui si suggerisce una riflessione riguarda il rapporto fra le giurisdizioni e la necessità di coordinare questo rapporto. Per giurisdizioni, si intendono, ovviamente, quella civile e panale, da un lato, e quella contabile, dall’altro.
Posto che queste sono considerate reciprocamente indipendenti fra loro nei loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, l’eventuale interferenza che può determinarsi tra i relativi giudizi pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità; ne consegue che l’azione di responsabilità erariale prescinde dalle azioni civili o amministrative esercitabili (dalla stessa amministrazione danneggiata) e l’eventuale interferenza che può determinarsi tra tali giudizi pone un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità davanti alla Corte dei conti nonché di eventuale osservanza del principio ne bis in idem e non una questione di giurisdizione.
Non può realizzarsi, pertanto, una violazione del principio ne bis in idem, stante la diversità di oggetto e funzione tra giudizio civile e giudizio contabile, nemmeno nell’ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza civile risarcitoria, poiché la prima causa è finalizzata al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria ed integralmente compensativa, a protezione dell’interesse particolare della singola Amministrazione attrice, mentre l’altra è volta alla tutela dell’interesse pubblico generale, al buon andamento dell’Amministrazione e al corretto impiego delle risorse, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria.

È evidente che una simile situazione determina un enorme disagio nei confronti del dipendente pubblico, che rischia di dover subire in contemporanea o in contiguità più processi ad oggetto risarcitorio.
Al contempo, però, si corre il rischio di intaccare l’interdipendenza fra le giurisdizioni coinvolte e, in particolar modo, di pregiudicare l’indipendenza e l’autonomia di cui gode, in nome delle disposizioni costituzionali, la Corte dei Conti.

Indicazioni bibliografiche
1) Auriemma, La codificazione della disciplina dei processi innanzi la Corte dei conti, Giorn. dir. amm., 5/2015, p. 655;
2) Clarich, F. Luiso, A. Travi, Prime osservazioni sul recente Codice del processo avanti alla Corte dei Conti, Dir. proc. amm., 4/2016, p. 1271;
3) Di Michele, Il controllo della Corte dei Conti si estende alla valutazione concreta ed a posteriori dell’azione amministrativa, Dir. Giust., 49/2017, p. 7;
4) Morgante, Il Codice di giustizia contabile e le novità di maggiore rilievo per il Pubblico Ministero contabile, Federalismi, 8 febbraio 2017, n. 3;
5) Santoro, Il Codice di giustizia contabile e il giusto processo, giuristidiamministrazione.com, 22 settembre 2016;
6) Zuliani, G. Aurisicchio, A. Canzonetti, M. De Benedetto, A. Liverani, P. Menichino, L. Rispoli, S. Salvi, Un’analisi statistica delle sentenze della Corte dei Conti. Prime evidenze, Riv. trim. dir. pubbl., 3/2009, p. 673;
7) Zuliani, G. Aurisicchio, M. De Benedetto, A. Canzonetti, G. Guagnano, A. Liverani, P. Menichino, L. Rispoli, S. Salvi, La responsabilità per danno erariale alla prova del contenzioso, Riv. trim. dir. pubbl., 2/2013, p. 489.


Note

1.  Nel processo contabile non trova effettiva applicazione il principio generale secondo cui la liquidazione delle spese processuali debba seguire alla soccombenza poiché vi è distinzione fra i casi di soccombenza determinata dal rigetto della domanda nel merito e quelli di soccombenza determinata da ragioni di rito o per prescrizione del diritto al risarcimento. L’art. 31, comma 2, infatti, prevede che la Corte non può disporre la compensazione delle spese solo con la sentenza che “esclude definitivamente la responsabilità amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalità, del dolo o della colpa grave”.


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