Accesso e trasparenza: due linee destinate ad incontrarsi?

Sommario: 1. Accesso e trasparenza: cenni introduttivi. 2. L’accesso documentale e l’accessibilità agli atti amministrativi. 3. L’accesso civico. 3.1 L’accesso civico “proprio” e il diritto alla conoscibilità.  3.2. L’accesso civico “generalizzato”: dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere. 4. Accesso e trasparenza: osservazioni conclusive.

Cenni introduttivi
Il presente intervento si inserisce nella odierna sessione di lavori sul tema – sempre vivo e attuale – del procedimento amministrativo, con enfasi sul rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione, per trattare l’argomento “accesso e trasparenza”, elementi che vengono, qui, in evidenza come termini di un rapporto duale, dialettico, auspicabilmente destinato a comporsi ad unità, e che invita a interrogarci sulla efficacia, l’effettività del primo rispetto al raggiungimento della seconda, sulla idoneità del mezzo ad attingere il risultato[1].
Ma alcune preliminari precisazioni s’impongono quanto all’oggetto e allo sviluppo del presente contributo.
L’argomento all’esame, che in un approccio di tipo tassonomico appare piuttosto definito e circoscritto, in un’ampia visione di sistema risulta, di contro, articolato e composito e, soprattutto, ricco di plurimi collegamenti con la funzione amministrativa. E, invero, già nell’economia della legge 241 del 1990, l’accesso si pone come strumento trasversale rispetto alle fasi e alle materie oggetto del procedimento amministrativo; nelle ulteriori declinazioni legislative in seguito conosciute, l’istituto si è venuto, quindi, articolando – sia pure non sempre organicamente – in modelli differenti, ed è arrivato, nelle sue manifestazioni, a prescindere dal contesto procedimentale dell’azione dei pubblici poteri e, financo, dallo stesso esercizio del potere.
Dal canto suo, la trasparenza non è solo disclosure, antinomia e superamento del generale dovere di riservatezza dei pubblici dipendenti, come viene presentata nella legge sul procedimento amministrativo, non è solo accessibilità ab externo all’azione della pubblica amministrazione; la trasparenza ha anche una valenza autonoma, perché essa è – o dovrebbe essere – openness, una qualità intrinseca della funzione amministrativa e, al tempo stesso, uno dei suoi obiettivi.
Specularmente rispetto a questa sua doppia anima, la trasparenza, com’è noto, è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico quale criterio generale dell’attività amministrativa dalla legge sul procedimento amministrativo, a seguito delle modifiche apportatevi con legge n. 15 del 2005; essa è poi venuta a connotare una serie di istituti positivi dell’ordinamento, a partire dagli interventi normativi del 2009 (d.lgs n. 150 del 2009, art. 11), dove ha trovato una prima definizione esplicita (come accessibilità totale delle informazioni), una finalizzazione quanto al suo utilizzo, e la considerazione alla stregua di “livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche”, definizione poi ampliata dal legislatore con i successivi interventi (i.e., legge 190 del 2012, che ha delegato il governo ad adottare il d.lgs. n. 33 del 2013) ([2]).
Dunque, al momento, nell’ordinamento italiano convivono più “diritti di accesso”: l’accesso documentale, di cui alla legge n. 241 del 1990, l’accesso civico c.d. proprio e l’accesso civico c.d. libero o generalizzato, questi ultimi introdotti e disciplinati dal d.lgs. n. 33/2013 (“decreto trasparenza”), come modificato dal d.lgs. n. 97/2016 (“nuovo decreto trasparenza”).
Quali, dunque, i rapporti tra l’accesso procedimentale e l’accesso civico nella sua duplice conformazione? e quale la risultante del loro utilizzo in termini, e ai fini di, trasparenza della funzione amministrativa? Questi gli interrogativi ai quali, sia pur sommariamente, tenterò di dare una risposta con il presente intervento.
Il problema della corretta configurazione dei rapporti tra le tre figure di accesso all’attualità esistenti nel nostro ordinamento, è conseguenza del modus operandi del legislatore italiano che, pur affermando l’intenzione di realizzare, ancorché per tappe, un vero e proprio open government, non ha riscritto in maniera organica la disciplina della “trasparenza” ma ha lasciato stratificare le distinte normative, senza neppure delineare con precisione i confini di ciascuna e i reciproci rapporti.

2. L’accesso documentale e l’accessibilità agli atti amministrativi
La disciplina dell’accesso documentale– che in un’analisi sincronica degli istituti da trattare assumerò quale punto di partenza per un approccio “ortodosso” rispetto al tema del presente convegno – contempla, per vero, un oggetto assai ampio, vale a dire, qualsiasi “atto e documento amministrativo”: e tanto risponde alla ratio legis di introdurre nel nostro ordinamento il diritto di accesso come istituto a carattere generale e con la finalità “di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale” (art. 22, comma 1, testo storico).  L’accesso documentale è espressivo di un rinnovato modo di intendere il rapporto amministrazione-amministrato: l’accessibilità ai documenti amministrativi diviene la regola; la trasparenza è prodromica alla partecipazione del destinatario all’attività amministrativa; è condizione dell’imparzialità; è oggettiva garanzia di regolarità dell’attività stessa ([3]).
Tutte queste finalità ben sono condensate nelle consolidate massime del giudice amministrativo, che nel diritto di accesso agli atti della P.A. vedono uno strumento di attuazione del diritto all’informazione dei cittadini, di matrice comunitaria, rispetto all’organizzazione ed all’attività soggettivamente amministrativa, non solo sotto il profilo della mera trasparenza e correttezza dell’azione dei pubblici poteri, ma anche e soprattutto quale presidio di prevenzione e contrasto sociale agli abusi ed illegalità degli apparati pubblici”([4]).
Tuttavia, già nella conformazione normativa dell’istituto, le potenzialità dell’accesso risultano fortemente circoscritte dalla valutazione dell’interesse del richiedente e dal necessario collegamento diretto con una situazione giuridicamente rilevante; inoltre, nel caso in cui interessi contrapposti vengano in evidenza, la richiesta di accesso rimane pur sempre soggetta alla valutazione discrezionale dell’amministrazione cui la stessa è indirizzata.
L’intervento legislativo del 2005, poi, ha in certa misura segnato un arretramento rispetto alla legge del 1990, poiché ha circoscritto la legittimazione attiva all’accesso “alla sussistenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento di cui è chiesto l’accesso”, laddove nel testo originario l’accesso era consentito “a  chiunque  vi  avesse  interesse  per  la  tutela   di situazioni  giuridicamente rilevanti”, e ha pure ampliato i casi di esclusione ([5]).
Le pronunce del giudice amministrativo hanno quindi avuto il compito di tornire con corposi contenuti le schematiche previsioni della legge 241, ulteriormente irrigidite dall’intervento legislativo del 2005, conferendo così effettività al diritto di accesso degli amministrati.

E così, quanto al soggetto attivo, la giurisprudenza ha chiarito che a fondare la legittimazione all’accesso è sufficiente “la titolarità di una posizione giuridica soggettiva allo stato anche meramente potenziale” ([6]). Il diritto d’accesso si è venuto configurando quale autonomo interesse protetto all’informazione, peculiare bene della vita del cittadino che ha rapporti con il potere pubblico, che non viene meno con la definizione del procedimento amministrativo su cui cade l’istanza di accesso, con due rilevanti conseguenze: – sul piano amministrativo, la possibilità di riformulare l’istanza fintantoché permanga l’interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ([7]); – sul piano processuale, l’autonomia del “la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti, sia riguardo alla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere la situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso, sia rispetto all’eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre” ([8]).
Ancora, nella concreta interpretazione dei limiti che l’art. 24 della legge sul procedimento pone al diritto di accesso e, in particolare, dei limiti derivanti dalle altrui esigenze di riservatezza (comma 6, lettera d), con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale), la delicata opera di bilanciamento degli interessi si è manifestata in tutta la sua evidenza, soprattutto nel dare effettività al disposto del successivo comma 7°, che “….comunque garantisce ai soggetti richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.”
Al riguardo, possiamo dire che sempre la giurisprudenza ha individuato due linee guida: da un lato, la tendenziale prevalenza dell’interesse alla conoscibilità dell’atto soprattutto quando l’istanza sia finalizzata alla cura o alla difesa dei propri interessi giuridici, dall’altro, la preminenza non assoluta dell’interesse medesimo, spettando all’istante dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi; ciò, che ha condotto alla determinazione, rimessa pur sempre all’Amministrazione cui in concreto spetta la valutazione degli interessi in gioco, della linea di confine tra la conoscenza necessaria, che impone la possibilità dell’accesso, e la conoscenza non necessaria, rispetto alla quale l’accesso può essere legittimamente negato ([9]).
Le massime della giurisprudenza, anche recenti, dànno il segno della sensibilità sviluppata dal giudice amministrativo in ordine alle esigenze difensive variamente addotte dalla parte richiedente l’accesso.
A titolo esemplificativo, si rammenta che è stato riconosciuto il diritto di accesso agli atti (verbali di collaudo e simili) relativi alla nave “Costa Concordia”, a tutela delle ragioni defensionali del richiedente e a scapito dell’interesse industriale e commerciale relativo al know-how dell’impresa, eccepito dai soggetti controinteressati ([10])([11]).
Si è altresì consentito l’accesso ai documenti di interesse ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari del coniuge, peraltro nelle forme della sola visione senza estrazione di copie, essendosi ritenute prevalenti le esigenze di tutela degli interessi economici e dell’assetto familiare, soprattutto nei riguardi del figlio minore, rispetto al diritto alla riservatezza di tali documenti “sensibili” del coniuge ([12]).
E’ stato consentito l’accesso agli atti della Consob, essendosi considerate meritevoli di tutela le ragioni defensionali giustificative dell’accesso addotte dall’interessato in merito al giudizio civile, e lasciando in secondo piano le esigenze di tutela e segretezza rappresentate dall’Organismo di vigilanza ([13])([14]).
Anche gli atti coperti dal diritto di autore sono stati ritenuti accessibili, pur affermandosi la responsabilità dell’interessato per eventuali utilizzi diversi da quelli strumentalmente collegati alla tutela della propria posizione giuridica ([15]).
Ancora, è stato ordinato all’Amministrazione scolastica il rilascio all’interessato di copia dei cc.dd. codici sorgente del software dell’algoritmo di gestione della procedura della mobilità dei docenti per l’anno scolastico 2016/2017([16]).
Si sono, poi, individuati tre livelli di protezione dei dati dei terzi, in corrispondenza della diversa intensità della situazione giuridica che il richiedente intendeva tutelare con la richiesta di accesso: nel più elevato, si richiede la necessità di una situazione di “pari rango” rispetto a quello dei dati richiesti (dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale); a livello inferiore, si richiede la “stretta indispensabilità” (dati sensibili e giudiziari) e, infine, la “necessità” (nelle altre ipotesi di riservatezza) ([17]).
Così, a seconda della consistenza della situazione giuridica contrapposta alla richiesta di accesso, il giudice amministrativo ha dato favorevole riscontro a: – l’istanza del coniuge, promotore di un’azione di nullità del matrimonio innanzi al Tribunale ecclesiastico, di accedere alla cartella clinica della moglie che aveva scoperto essere affetta da gravi disturbi psichici poco dopo il matrimonio, avendo rilevato come “il fine dello scioglimento del vincolo matrimoniale (religioso) costituisca una situazione giuridica di rango almeno pari alla tutela del diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute, in quanto involgente un significativo diritto della personalità” ([18]); – la richiesta di accesso del genitore al fascicolo del figlio, in affido temporaneo presso i Servizi Sociali, per poter meglio argomentare nell’istaurando giudizio per l’affidamento definitivo del minore ([19]); – la richiesta di accesso alla propria scheda decadattiloscopica redatta dall’Amministrazione di P.S., avanzata da cittadino extracomunitario, trattandosi di “rilievi che riguardano direttamente la persona dell’interessato, la cui conoscenza è insuscettibile di arrecare nocumento agli interessi generali in materia di ordine pubblico e sicurezza”, così riformando la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo il diniego di ostensione in quanto “documento amministrativo attinente al sistema della criminalità e della tutela dell’ordine pubblico” ([20]); – l’istanza di accesso agli atti di gara avanzata da un’impresa partecipante ad una procedura ad evidenza pubblica, inclusi i certificati del Casellario giudiziale con i quali i concorrenti attestavano che i soggetti ad essi riferibili, non erano incorsi in una delle cause che comportano la esclusione della impresa dalla gara ([21]).
Tirando le somme, possiamo dire che il diritto di accesso disciplinato dalla legge sul procedimento è divenuto sempre più posizione giuridica soggettiva dotata di una tutela rafforzata ma pur sempre di limitata applicazione; nel tempo, con l’introduzione del divieto di istanze finalizzate ad un controllo generalizzato dell’operato delle amministrazioni (nuovo comma 3 dell’art. 24, introdotto dalla legge del 2005), è venuta financo scolorando la connotazione oggettiva del diritto di accesso quale strumento volto ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa ([22]). Pertanto, possiamo dire che la concreta utilità dello strumento è apparsa notevolmente limitata rispetto alle originarie e astratte potenzialità dell’istituto.
A segnarne la tendenziale marginalità – si noti incidentalmente – ha contribuito anche la disciplina sul riutilizzo di documenti nel settore pubblico – ancorché il riutilizzo non si ponga, concettualmente, sullo stesso piano dell’accesso, potendo essere, semmai, un suo esito, una finalità dello stesso – disciplina che, introdotta dal d.lgs n. 36/2006, e successivamente implementata dal d.lgs n. 33/2013 e dal d.lgs n. 102/2015, presenta un ambito di applicazione in certa misura sovrapponibile con il Capo V della legge 241 ([23]).

Ebbene, la disciplina sul riutilizzo di documenti nel settore pubblico riconosce l’“uso del dato pubblico a chiunque conoscibile” e, all’attualità, prevede un regime di generale riutilizzabilità dei dati, sia a fini conoscitivi che per finalità di sfruttamento del potenziale economico degli stessi.
Il rapporto tra le due discipline, del riutilizzo e dell’accesso, rimane però questione aperta.
La normativa sul riutilizzo contiene una clausola di riserva della normativa sull’accesso ma non è a sua volta oggetto di disposizioni di raccordo con essa; la contemporanea applicazione di entrambe le discipline incontrerebbe, tuttavia, un serio limite nell’opposto regime della legittimazione attiva, che rimane circoscritta nel caso dell’accesso, libera nell’altro.
Probabilmente, tenuto conto anche dell’aspetto da ultimo evidenziato, il diritto di accesso della legge 241 verrà a occupare un ambito via via residuale, fornendo una tutela rafforzata della posizione giuridica soggettiva che esso incarna, ma “di ordine supplementare” rispetto alle utilità rivenienti dalla disciplina, più facilmente fruibile dal lato dell’utente, sul riutilizzo dell’informazione nel settore pubblico, la quale si è sviluppata e si va muovendo nel segno della generalizzata pubblicità di dati e informazioni.

3. L’accesso civico
3.1 L’accesso civico “proprio” e il diritto alla conoscibilità
Veniamo ora a trattare dell’acceso civico, che in entrambe le declinazioni guarda a una platea assai ampia di soggetti legittimati a ricorrervi, rivolgendosi, invero, al quisque de populo.
L’accesso civico “proprio” è stato introdotto sulla scorta dei dati attestanti una presenza diffusa del fenomeno della corruzione nel nostro paese, in quanto ritenuto lo strumento più idoneo a realizzare la trasparenza (per come definita all’art. 1 dello stesso d.lgs n. 33/2013)([24]); esso ha, peraltro, un oggetto circoscritto, riguardando i soli dati, documenti e informazioni soggetti a pubblicazione obbligatoria, e soccorre solo nel caso della omessa pubblicazione on-line di essi.
Per meglio contestualizzare l’operatività della nuova figura dell’accesso civico, e i suoi effetti in termini di trasparenza, vale la pena brevemente richiamare, ai fini che ne occupano, i tratti salienti del decreto trasparenza. L’art. 1 introduce una definizione del principio di trasparenza, intesa “come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.
A seguire, l’art. 3 (pubblicità e diritto alla conoscibilità) introduce per le pp.aa. pregnanti obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di documenti, dati e informazioni – che siano oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente – e riguardanti il settore dell’organizzazione e dell’attività amministrativa, obblighi che si estrinsecano attraverso il dovere di pubblicare sui siti istituzionali numerosi dati rilevanti, cui corrisponde il diritto di chiunque di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli (ai sensi del d.lgs n. 36/2006, cit.).
Osserviamo, dunque, che la pubblicazione obbligatoria – stabilita dalla normativa vigente – per come richiamata e rafforzata dalla previsione di cui all’art. 3 del decreto trasparenza, garantisce, di per sé, il carattere pubblico dei documenti che ne sono oggetto.
Ciò comporta, come conseguenza immediata, che la possibilità di attingere direttamente, senza necessità di istanze o di registrazioni, all’attività dell’amministrazione, evidentemente sottrae spazio all’applicazione del diritto di accesso di cui alla legge n. 241([25]).
Quanto, poi, ai rapporti tra accesso civico e trasparenza, notiamo che dal combinato disposto degli artt. 1 e 3 citati, si ricava che la trasparenza si identifica con l’accessibilità, l’accessibilità, a sua volta, è fatta corrispondere con la pubblicità; quindi, la trasparenza viene a coincidere con la pubblicità, nel senso che è questa la forma attraverso la quale nel sistema del d.lgs n. 33 del 2013 la trasparenza si realizza ([26]).
Ciò è tanto più vero in quanto l’art. 5 introduce, appunto, l’accesso civico in senso proprio, cioè il diritto di richiedere documenti pubblici laddove l’amministrazione abbia omesso di pubblicarli (art. 5, comma 1), quale ulteriore strumento volto ad assicurare il carattere pubblico dei documenti medesimi; e l’esercizio di tale diritto, che spetta a chiunque, non è soggetto a limitazioni in ordine alla legittimazione soggettiva né a oneri di motivazione, oltre a risultare gratuito.
Ma focalizziamo ulteriormente l’attenzione sulle caratteristiche dell’accesso civico proprio ([27]): esso non richiede un necessario collegamento tra la conoscenza dell’atto e una diversa situazione giuridica sostanziale; non richiede bilanciamento di interessi contrapposti perché il legislatore ha già risolto in via preliminare il problema dell’eventuale emersione di interessi confliggenti, elencando gli atti soggetti a pubblicazione obbligatoria; è fine a se stesso, non risultando assoggettato a vincoli di scopo; è un vero e proprio diritto soggettivo alla conoscibilità – un right to know reso possibile da, e al tempo stesso funzionale a, l’openness della funzione amministrativa ([28]); esso non è, dunque, soggetto a limiti se non nel caso, eccezionale ed espressamente previsto, del segreto.
E, dunque, l’accesso civico in senso proprio ha una portata più ampia dell’accesso documentale, una maggiore fruibilità da parte di chiunque, l’unica condizione essendo che si tratti di un dato, documento o informazione per i quali è previsto l’obbligo di pubblicazione, rimasto inottemperato dalla p.a..
Specularmente, l’accesso ai documenti amministrativi, pur dopo l’avvento dell’accesso civico, conserva il proprio ruolo sistematico per tutti quegli atti che, essendo esclusi dall’obbligo di pubblicazione, non possono essere fatti oggetto dello speciale strumento dell’accesso civico ([29]).
Come ha osservato la giurisprudenza, i due istituti presentano “diversificazione di finalità e di disciplina … pur nella comune ispirazione al principio di trasparenza”; “le nuove disposizioni, dettate con d.lgs. 14.3.2013, n. 33 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni disciplinano situazioni non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 7.8.1990, n. 241, come successivamente modificata ed integrata” ([30]).
Spesso accade che, nel dubbio, il cittadino avanzi sia istanza di accesso documentale che istanza di accesso civico (in senso proprio).
La giurisprudenza, ribadita l’alternatività dei due istituti in ragione del diverso contenuto dell’atto a cui si vuole accedere – nell’un caso, un atto soggetto a pubblicazione obbligatoria, fra quelli espressamente previsti dalla legge; nell’altro,  atti o documenti amministrativi, ma non anche informazioni o dati, che abbiano una caratterizzazione tale da incidere immediatamente e direttamente sulla situazione giuridica individuale del richiedente, portatore di un interesse concreto ed attuale – si è espressa nel senso che, una volta azionato il diritto di accesso documentale, non possano essere invocate, in giudizio, le diverse disposizioni in materia di accesso civico ([31]); mentre, laddove nel ricorso le due pretese all’accesso vengano azionate in modo indistinto, il ricorso sarà  inammissibile per confusione di causa petendi e di petitum ([32]). Si ammette, tuttavia, che i due istituti possano operare anche cumulativamente, purché si tratti di cumulo espresso, senza alcuna pretesa che esso operi automaticamente ([33]).
Tuttavia, anche l’accesso civico in senso proprio conosce dei limiti.

A ben considerare, esso rivela un doppio limite: uno strutturalmente legato al suo oggetto, perché il diritto alla conoscibilità è strettamente connesso all’esistenza dell’obbligo di pubblicazione ed ha la sua stessa estensione; l’altro, potremmo dire, funzionalmente legato all’oggetto, perché nella disciplina del decreto n. 33 del 2013, “La trasparenza è pienamente realizzata con la pubblicità.” Quindi, laddove la pubblicità è, cioè laddove è spontaneamente osservata dalla p.a., l’accesso non ha ragione di essere ed è privo di causa; laddove la pubblicità non è, ossia laddove è colpevolmente assente, esso viene a svolgere una funzione meramente suppletiva.
Tanto è vero che, secondo autorevole dottrina, l’accesso civico configura un’inedita e peculiare azione popolare correttiva ([34]) che consente di perseguire, entro i limiti degli obblighi di pubblicazione sanciti dalla legge, una finalità di controllo democratico generalizzato e diffuso sull’amministrazione ([35]).
Proprio detta finalità di controllo è stata posta in luce nella circolare n. 2/2013 del Dipartimento della Funzione Pubblica, laddove si evidenzia che “con lo strumento dell’accesso civico, disciplinato dall’art. 5 del citato d.lgs. 33/2013, chiunque può vigilare, attraverso il sito web istituzionale, non solo sul corretto adempimento formale degli obblighi di pubblicazione ma soprattutto sulle finalità e le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti destinatari delle normesoprattutto nelle aree più sensibili al rischio corruzione, così come individuate dalla legge 190/2012”.

3.2 L’accesso civico “generalizzato”: dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere
E la stessa finalità di controllo viene ora ad essere esaltata nel nuovo decreto trasparenza, risultante dalle modifiche apportate al decreto 33/2013 dal d.lgs. 97 del 2016 (in materia di prevenzione e di repressione della corruzione e dell’illegalità nella p.a.), quest’ultimo attuativo della delega di cui alla legge n. 124/2015.
Il nuovo decreto trasparenza viene a “frantumare” ([36]) l’accesso civico in due diversi istituti, affiancando all’accesso proprio (che resta sostanzialmente immutato) un’ulteriore forma di “accesso civico” (quella di cui all’art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013), potenzialmente in grado di divenire “un pilastro” di elevatissima trasparenza ([37]).
E in effetti, l’accesso libero, o generalizzato, corrisponde a una ormai ampliata nozione di trasparenza amministrativa, la quale concerne non più solo le informazioni relative all’organizzazione e all’attività delle Pubbliche Amministrazioni, ma qualsiasi dato e documento detenuto da esse, pur in presenza di eccezioni su determinati aspetti.
Tale estensione della nozione di trasparenza è, peraltro, in linea con le finalità che il legislatore delegato ad essa attribuisce: essa non deve, come in passato, favorire solo forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ma altresì tutelare i diritti dei cittadini e promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa, qui intesa, a ben vedere, come partecipazione popolare alla cosa pubblica e non solo più al procedimento amministrativo ([38]).
Con il nuovo accesso civico nasce, dunque, una nuova facoltà di accesso a dati e documenti “ulteriori” rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Manca invece un riferimento esplicito, nella norma, alle “informazioni” (vale a dire, al dato trattato ed elaborato ad hoc) che sono invece sempre presenti, come elemento di conoscenza, nell’accesso civico in senso proprio; il legislatore delegato ha voluto evitare di imporre alla p.a. un’attività ritenuta, allo stato attuale, non gestibile.
Tale diritto di accesso generalizzato è riconosciuto a “chiunque”, termine che, nel testo attuale, assume un significato ben più ricco che non nel passato. Esso è infatti riferibile ad un soggetto il quale, non solo voglia conoscere dell’organizzazione e delle attività della Pubblica Amministrazione e controllare il perseguimento delle funzioni istituzionali (come già nel primo decreto trasparenza), ma intenda, come prefigura la novella, partecipare all’attività amministrativa e tutelare i propri diritti. È pertanto evidente come, implicitamente, il campo di operatività del nuovo istituto venga ad estendersi anche con riferimento a quel soggetto “interessato” ai sensi della Legge 241, che desideri conoscere, non solo quanto è oggetto di pubblicazione obbligatoria, ma anche ogni altro documento e dato “detenuti” dalla Pubblica Amministrazione ([39]).
Alla preesistente trasparenza di tipo “proattivo”, ossia realizzata mediante la pubblicazione obbligatoria sui siti web di determinati enti dei dati e delle notizie indicati dalla legge, viene ad aggiungersi una trasparenza di tipo “reattivo”, cioè in risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati. Si tratta, in effetti, di una sorta di rivoluzione copernicana, segnata dal passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere (from need to right to know, nella definizione inglese F.O.I.A), come è stato evidenziato nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema del d.lgs. n. 97/2016 ([40]), che evoca in proposito la nota immagine, cara a Filippo Turati, della Pubblica Amministrazione trasparente come una “casa di vetro” ([41]).
Ma torniamo all’oggetto dell’accesso libero.
A causa della genericità della formula utilizzata dal legislatore (“dati e documenti ulteriori”), l’ANAC ha chiarito nelle “Linee guida all’accesso generalizzato” ([42]) che possono essere oggetto di richiesta i documenti e i dati in possesso dell’amministrazione. Ciò significa: che l’amministrazione non è tenuta a raccogliere informazioni che non siano in suo possesso né a rielaborare le informazioni che detiene, per rispondere ad una richiesta di accesso generalizzato; che sono ammissibili, invece, le operazioni di elaborazione che consistono nell’oscuramento dei dati personali presenti nel documento richiesto, e, più in generale, nella loro anonimizzazione, qualora ciò sia funzionale a rendere possibile l’accesso.
Anche in questo caso, non è necessaria una particolare qualificazione dell’interesse che muove la richiesta di accesso libero, né una motivazione.
Tuttavia l’accesso libero è soggetto ad alcuni casi di esclusione e subordinato ad una serie di limiti, individuati dal legislatore, relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, sia pubblici che privati (art. 5, comma 2 e art. 5 bis).
I richiamati limiti non possono che riferirsi al solo accesso civico liberalizzato, sia per il rimando all’art. 5, comma 2, sia perché nell’accesso civico proprio il bilanciamento degli interessi è stato già compiuto a monte dal legislatore quando ha individuato gli atti soggetti a pubblicazione obbligatoria.
Secondo un’altra interpretazione delle norme (art. 5, commi 1 e 2, e art 5-bis), tuttavia, questa assenza di riferimenti espliciti ai limiti dell’accesso civico si potrebbe leggere proprio alla luce di quanto affermato dal Consiglio di Stato nel citato parere, con riferimento all’art. 5, e cioè che il nuovo art. 5, comma 1, già presente nel testo originario del d.lgs. 33/2013, che si limita a consentire l’accesso ai documenti da pubblicare, avrebbe potuto essere del tutto assorbito dal più ampio accesso civico di cui al comma 2 ed essere, così, espunto dal testo del decreto ([43]).
In ogni caso, dobbiamo chiederci quali sono i rapporti dell’accesso libero con le tipologie di accesso già contemplate dal legislatore, cui esso viene ad affiancarsi.

Quanto all’accesso civico proprio, si osserva che, nonostante l’evidenziato rapporto di continenza tra istituti, le due forme di accesso civico convivono e, sulla carta, sono in rapporto di complementarietà, il secondo ponendosi come “ulteriore” rispetto a ciò che è “citeriore”, vale a dire, ricompreso nel perimetro della pubblicità obbligatoria per legge, di cui è schiettamente ricognitivo e dai cui limiti e criticità non è, in definitiva, indenne.
Quali criticità? Senz’altro, la gravosità degli obblighi di pubblicità imposti alle singole pubbliche amministrazioni (quasi una “burocrazia della trasparenza”) cui, nei fatti, nonostante il sensibile aggravio quantitativo di lavoro, non ha corrisposto per i soggetti privati un innalzamento significativo, decisivo, del livello qualitativo di conoscenza della cosa pubblica e, ciò che non è meno rilevante, dei documenti, delle informazioni che essi volevano conoscere anche solo per interesse privato, magari a rinforzo dello strumento offerto dalla legge n. 241 ([44]) .
Venendo poi ai rapporti con l’accesso documentale, l’accesso libero vi si affianca, ma si svincola – com’è evidente – dal solo procedimento amministrativo, e, inoltre, diviene “leva” del “quisque de populo” e non più dell’“interessato qualificato” di cui alla legge sul procedimento.
Peraltro, ben può accadere che il soggetto titolare di una posizione giuridicamente rilevante ottenga adeguata soddisfazione dei suoi interessi proprio con l’esercizio del diritto di accesso generalizzato, sicuramente più “fruibile” dell’accesso tradizionale, dato che non necessita di motivazione rispetto alla richiesta di ostensione ([45]).
In ogni caso, come già il citato parere del Consiglio di Stato e la stessa Anac hanno avuto modo di constatare, va rilevato che i limiti posti all’accesso generalizzato risultano assai più ampi e incisivi di quelli previsti dall’art. 24 della legge 241. L’art. 5 bis del nuovo decreto trasparenza usa espressioni ampie e generiche ([46]), prevedendo che l’accesso civico improprio deve essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di una serie di interessi pubblici e privati indicati dalla norma. Alcuni di tali interessi sono talmente generici (i.e., gli interessi economici di una persona fisica o giuridica o il riferimento alla politica dello stato) che assai ampia si configura l’opera di valutazione, se non di bilanciamento, rimessa all’amministrazione. Se così fosse, si è osservato, rispetto alla disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi, potrebbero qui configurarsi, rispettivamente, in capo all’amministrazione, un potere discrezionale in senso più stretto e pregnante, in capo ai privati richiedenti, una situazione soggettiva più labile e deteriore e, comunque, non omogenea.
In una siffatta prospettiva, lo stesso ampliamento della legittimazione soggettiva del richiedente rischierebbe, per certi versi, di andare a detrimento del medesimo soggetto: nella misura in cui non è richiesta la dimostrazione di un interesse a sostegno della istanza di accesso, non sarà enucleabile alcun argomento che possa risultare prevalente in un ipotetico giudizio di bilanciamento con eventuali interessi di segno contrario all’ostensione; l’amministrazione dovrà, allora, limitarsi a verificare o a valutare l’esistenza di un interesse che possa essere pregiudicato dalla diffusione del dato richiesto ([47]).
Per l’effetto, residueranno ipotesi in cui il soggetto potrà far ricorso all’accesso tradizionale, sussistendone i requisiti prescritti, per atti e documenti per i quali l’accesso generalizzato risulti inibito proprio dalla sussistenza di una delle fattispecie preclusive di cui all’art. 5 bis. Va da sé che, in un siffatto contesto, la richiesta di accesso documentale necessiterà di un supporto motivazionale particolarmente esaustivo ([48]).
Il tema dei rapporti tra accesso documentale e accesso generalizzato è, tuttavia, ulteriormente articolato.

 Non può infatti tralasciarsi di considerare che la prima giurisprudenza che in merito si è pronunciata è andata ben oltre il dato letterale delle disposizioni del nuovo decreto trasparenza, in un certo qual modo riportando l’accesso “improprio” ai meccanismi della legge 241; e, così, ha precisato che la p.a. deve valutare in concreto se i limiti siano da ritenere sussistenti…e non potrà non tener conto, in tale valutazione, delle “peculiarità della posizione legittimante del richiedente” ([49]).
Inoltre, e per converso, nelle richiamate linee guida Anac si legge che, ove l’amministrazione con riferimento agli stessi documenti abbia già negato il diritto di accesso ai sensi della legge 241, per la necessità di tutelare un interesse pubblico o privato prevalente, e quindi nonostante l’esistenza di una posizione soggettiva legittimante, “per ragioni di coerenza sistematica e a garanzia di posizioni individuali specificamente riconosciute dall’ordinamento, si deve ritenere che le stesse esigenze di tutela dell’interesse pubblico o privato sussistano anche in presenza di una richiesta di accesso generalizzato, anche presentata da altri soggetti”.

4. Accesso e trasparenza: osservazioni conclusive
In definitiva, come posto efficacemente in luce da autorevole dottrina ([50]), nel percorso normativo della trasparenza possono essere identificate diverse tappe evolutive cui ha corrisposto un mutamento della nozione di trasparenza.
Posto che probabilmente appare illusorio pensare che tutto il patrimonio informativo pubblico diventi effettivamente conoscibile, si può tentare di dare una risposta all’interrogativo di fondo, nei termini che seguono.
L’accesso documentale è la strada che il legislatore del procedimento amministrativo aveva scelto per rendere l’Amministrazione una “casa di vetro”; pur tuttavia tale strumento, il quale più che uno strumento di trasparenza ha rappresentato un rimedio all’assenza di pubblicità ([51]), per ragioni strutturali, e malgrado le significative aperture segnate dalla giurisprudenza, ha descritto una linea che – per seguire la suggestiva immagine evocata dal titolo del presente intervento –  finisce per essere asintotica rispetto alla trasparenza, in quanto tende ad essa all’infinito, senza tuttavia raggiungerla, forse, mai del tutto.
L’accesso civico “proprio” ha, poi, avuto il grande pregio di esprimere, con un sensibile mutamento di prospettiva, l’idea della trasparenza come valore immanente all’ordinamento, “modo d’essere tendenziale dell’organizzazione dei pubblici poteri”; e quindi, nella misura in cui la pubblicità dei dati dell’amministrazione viene realizzata tramite l’accesso, l’accesso diviene trasparenza, è esso stesso trasparenza, e le due linee – dell’accesso e della trasparenza – vengono per un tratto a sovrapporsi, fin dove l’oggetto stesso dell’accesso, pur nella sua limitatezza, si estende.
L’accesso civico generalizzato, infine, rappresenta l’architrave della rinnovata trasparenza amministrativa, aggiunge un fondamentale tassello giuridico per una più completa conoscibilità dell’azione e della organizzazione amministrativa.
Se ne ricava un “diritto a conoscere”, estesissimo, ma certamente non illimitato.
Sul piano teorico permangono, infatti, ambiti significativi di “chiusura” alla penetrazione di tale diritto, che impediscono l’esercizio dell’autentica democrazia, segnati, da un lato, dal mancato accesso libero alle mere informazioni detenute dalla Pubblica Amministrazione – ma su questo già si può prefigurare l’impatto prospettico dell’evoluzione tecnologica -; dall’altro, dai nuovi nodi interpretativi da sciogliere, in particolare, la difficoltà di trovare un adeguato punto di equilibrio tra l’accesso civico generalizzato del quisque de populo e la privacy del soggetto controinteressato.
Su questo secondo, rilevante profilo, la prassi applicativa potrà e dovrà trovare i necessari assestamenti, cercando un sicuro ancoraggio in norme, atti di indirizzo, soluzioni giurisprudenziali inedite.
Alle nostre spalle, dunque, c’è il lungo percorso, anche normativo, di gestazione della trasparenza amministrativa; di fronte a noi – non del tutto nitida ma neanche troppo lontana – si dispiega la linea dell’orizzonte.
E’ lungo di essa che libero accesso civico e trasparenza, ne siamo certi, s’incontreranno.

Note

1.  Testo dell’intervento presentato al Convegno “La legge generale sul procedimento amministrativo: attualità e prospettive nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione”, Palazzo Spada, 20 marzo 2017.

2.  Per il percorso seguito dalla trasparenza nell’ordinamento italiano si rinvia, più ampiamente, ad P. Algieri, Il diritto di accesso civico alla luce del nuovo “Decreto Trasparenza”, www.ildirittoamministrativo.it, 18 maggio 2016.

3.  A. Tesorone, I rapporti tra riservatezza e diritto di accesso, www.giustamm.it, 2005;

4.    Cons. Stato, Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4452; id., Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1370) (Cons. Stato, A.P., 18 aprile 2006, n. 6; Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1370; id., Sez. V, 30 luglio 2014, 4028; id., Sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515).

5.  A. Alù, Diritto di accesso civico: un concetto che cambierà la trasparenza della P.A., www.forumpa.it, 6 gennaio 2016.

6.  Tar Campania, Salerno, II, 6 aprile 2012, n. 666.

7.  S. Russo, Oggetto e funzione dell’accesso agli atti dei pubblici poteri nella l. 15/2005, suoi limiti, sua reclamabilità, www.giustamm.it, 7/2005.

8.  Tar Sicilia – Palermo, Sez. I, 15 gennaio 2016, n. 135; Tar Umbria – Perugia, Sez. I, 16 febbraio 2015, n. 69; Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5571.

9.  T.R.G.A. Trentino-Alto Adige – Bolzano, 9 gennaio 2017, n. 4; Cons. Stato, Sez. VI, 28 luglio 2015, n. 3741; id., 25 marzo 2015, n. 1585; id., Sez. VI, 15 marzo 2010, n. 1493.

10.  Tar Liguria 6 marzo 2015, n. 259.

11.  Nota a sentenza Approfondimenti – Accesso agli atti della Costa Concordia 26/03/2015. L’incomprimibile diritto di accesso, marzo 2015, Leggi d’Italia Legale.

12.  Cons. Stato, 14 maggio 2014, n. 2472; Tar Lazio, Sez. II ter, 8 febbraio 2017, n. 2161; Tar Puglia – Bari, Sez. III, 3 febbraio 2017, n. 94; Tar Lazio, Sez. III, 17 aprile 2015, n. 5717; Tar Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 8 ottobre 2012, n. 363; Tar Abruzzo, Sez. I, 29 settembre 2011, n. 46.

13.  Cons. Stato, Sez. VI, 6 luglio 2016, n. 3003.

14.  Nota a sentenza In primo piano – Diritto di difesa e limitazioni alla segretezza: accessibili gli atti della Consob, pubblicata il 26 luglio 2016, Leggi d’Italia Legale.

15.  Cons. Stato, Sez. IV, ord.za 6 marzo 2017, n. 1013; Tar Lazio, Sez. II, 2 febbraio 2015, n. 1895.

16.  Tar Lazio, Sez. III bis, 22 marzo 2017, n. 3769 e 21 marzo 2017, n. 3742.

17.  Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472 e 17 luglio 2014, n. 3772.

18.  Tar Sicilia, Sez. IV, 27 novembre 2015, n. 2785.

19.  Tar Calabria – Reggio Calabria, 19 dicembre 2014, n. 833.

20.  Cons. Stato, Sez. III, 31 gennaio 2013, n. 609.

21.  Cons. Stato, Sez. V, n. 6318/2009.

22.  A. Romano, Accesso ai documenti amministrativi, in L’azione amministrativa, di A. Romano, p. 907 e ss., Giappichelli, 2016.

23.  A. Romano, Accesso ai documenti amministrativi, cit..

24.  Sulla stretta connessione tra l’evoluzione del concetto di trasparenza e della sua disciplina positiva con le varie forme di corruzione che il Legislatore ha inteso contrastare, si rimanda all’approfondito scritto di A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, in Riv. giust. civ., n. 2/2015, pp. 213-246.

25.  A. Romano, Accesso ai documenti amministrativi, cit.

26.  A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, cit.; C. Cudia, Appunti sulla trasparenza amministrativa e diritto alla conoscibilità, www.giustamm.it, n. 12/2016.

27.  Ancora, C. Cudia, Appunti sulla trasparenza amministrativa e diritto alla conoscibilità, cit..

28.  A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, cit., individua il right to know quale caratteristica tipica degli ordinamenti ispirati al Freedom of Information Act, strettamente correlata alla realizzazione dell’open government. Con approccio critico, ne traccia le differenze rispetto alla disciplina dell’accesso civico introdotta nell’ordinamento nazionale.

29.  A. Romano, Accesso ai documenti amministrativi, cit.

30.  Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 novembre 2013, n. 5515; Tar Campania, Sez. VI, n. 188/2016; Tar Lombardia, Sez. IV, 30 ottobre 2014, n. 2587.

31.  Tar Campania, Sez. VI, 30 settembre 2016, n. 4508.

32.  Tar Lazio, Sez. III quater, 8 marzo 2016, n. 3017.

33.  Tar Campania, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 188.

34.  Si vedano le considerazioni svolte in A. Alù, Diritto di accesso civico: un concetto che cambierà la trasparenza della P.A., cit.

35.  A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, cit.

36.  C. Cudia, Appunti sulla trasparenza amministrativa e diritto alla conoscibilità, 2016, www.giustamm.it

37.  A. Monea, La nuova trasparenza amministrativa alla luce del d.lgs n. 97/2016. L’accesso civico, Leggi d’Italia Legale, 11/2016.

38.  A. Monea, La nuova trasparenza amministrativa alla luce del d.lgs n. 97/2016, cit.

39.  Ancora, A. Monea, La nuova trasparenza amministrativa alla luce del d.lgs n. 97/2016, cit.

40.  Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, parere 24 febbraio 2016, n. 515.

41.  Filippo Turati coniò la nota metafora per cui la Pubblica Amministrazione doveva divenire “casa di vetro”, all’interno della quale tutto è costantemente visibile, utilizzandola in un discorso tenuto presso la Camera dei Deputati nel 1908.

42.  Allegato alla Delibera ANAC del 28 dicembre 2016, n. 1309, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 10 gennaio 2017, n. 7 e rubricato “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33/2013”.

43.  B. Ponti, Nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni, p. 160-161, 2016, Maggioli Editore.

44.  A. Monea, La nuova trasparenza amministrativa alla luce del d.lgs n. 97/2016, cit.

45.  P. Algieri, Il diritto di accesso civico alla luce del nuovo “Decreto Trasparenza”, cit.

46.  A. Corrado, Il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di accesso civico generalizzato: quale possibile tutela procesusale, in Federalismi.it, 1 marzo 2017.

47.  Sul punto, diffusamente, C. Cudia, Appunti sulla trasparenza amministrativa e diritto alla conoscibilità, cit.

48.  P. Algieri, Il diritto di accesso civico alla luce del nuovo “Decreto Trasparenza”, 2016, www.ildirittoamministrativo.it

49.  Cons. Stato, Sez. IV, 12 agosto 2016, n. 3631.

50.  A. Pajno A., Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, cit.

51.  C. Cudia, Appunti sulla trasparenza amministrativa e diritto alla conoscibilità, cit.