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L’offerta economicamente più vantaggiosa

di e - 21 Febbraio 2017
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Tra queste performance, quelle di tipo socio-ambientale, di cui al dm 11 gennaio 2017, che, all’all.2., stabilisce i “criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici”, che aggiorna il dm del 24 gennaio 2015.
Nello stesso decreto, malgrado il titolo dichiari che si disciplina l’affidamento di servizi di progettazione, si danno indicazioni generali alle quali deve attenersi la stazione appaltante; tra le quali, quando e come nel ciclo progetto – appalto lavori si devono perseguire (probabilmente nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, oggi il primo livello della progettazione) alcuni “classici” obiettivi ambientali (conservazione del suolo, grado di impermeabilizzazione dello stesso, perdita di habitat, conservazione del paesaggio agrario, ecc., tutelando al contempo la salute e dando priorità al recupero di edifici esistenti, ecc.).
Il tutto certificato – e così si introduce il tema molto generale e complicato via via sempre più per effetto dell’esistenza di un mercato delle certificazioni – da un professionista abilitato.
Nonché indicazioni sull’applicazione del criterio oepv e criteri minimi non solo per l’affidamento dei servizi di progettazione, ma direttamente anche per le costruzioni; progetto e costruzione sono infatti usati come sinonimi!
Sembra che il legislatore in questo modo abbia voluto stabilire una sorta di «standard» minimo nazionale. Forse perché già Inghilterra, ma oggi fuori dalla UE, e paesi scandinavi in genere, reclamano con insistenza uno standard europeo della qualità dell’edilizia.
In base al citato dm il miglioramento dell’offerta consisterebbe nell’offrire di più rispetto a questi contenuti minimi. Come esattamente propongono i certificatori: “qualità base”, “qualità argento”, “qualità oro”, “qualità platino”.
Ma chi offre un prodotto in qualità platino dove trova la convenienza per poterlo offrire?
Alla commissione giudicatrice scoprirlo.
Analoga questione riguarda l’elemento ciclo di vita della costruzione. Va detto al riguardo che il dm citato tratta di edifici considerati in “un’ottica di ciclo di vita”. Non del ciclo di vita «tout court» dell’edificio/costruzione, come si fa nel codice e nella bozza di correttivo. Del ciclo di vita si sa in ordine a singoli materiali/prodotti, ma non di materiali integrati a formare una costruzione. Fino ad oggi infatti l’analisi del ciclo di vita, durabilità e dichiarazioni ambientali (“life-cycle assessment”), riguardava uno specifico prodotto.
Ora, con il codice, questo concetto è esteso ad un’intera costruzione.
Peraltro, si pone un ulteriore interrogativo: che rapporto c’è tra il cosiddetto ciclo di vita delle costruzioni e la vita nominale delle stesse, oggetto centrale delle norme tecniche sulle costruzioni in applicazione degli eurocodici?
Una conclusione provvisoria: solo provando si potrà sciogliere il dilemma. Sempre che il malato abbia una buona resilienza, per dirla nell’”ottica” del ciclo di vita!

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