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L’offerta economicamente più vantaggiosa

di e - 21 Febbraio 2017
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II

Di fronte al progetto esecutivo

di Francesco Karrer

Dopo il parziale ripensamento, con la reintroduzione, seppure con limitazioni (solo quando è prevalente il contenuto tecnologico e quando c’è urgenza) dell’appalto integrato[1], operata dal governo con la prima versione del correttivo al codice degli appalti (d.l.vo 50/2016), diffusa il 9 febbraio u.s., si rafforzano le perplessità sulla applicabilità del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (di seguito oepv) nell’aggiudicazione di lavori, quando a base della stessa è posto il progetto esecutivo (ovviamente completo di capitolato, computi, elenco prezzi, schema di contratto).
Che il criterio dell’oepv si attagli meglio alle aggiudicazioni sul progetto definitivo è ovvio: la migliorabilità del progetto sotto una molteplicità di profili è più facile quando il progetto non è ancora del tutto formato. E più semplice è per le commissioni giudicatrici valutare le offerte.
Del resto in Italia la prima esplicita applicazione dell’oepv fu al caso dei servizi di architettura, di ingegneria ed altri servizi tecnici (cat. 12 della cpc 567), ex dpcm 116/1997, in attuazione dell’art. 23, co. 1) lett. b) del d.l.vo 157/1995 di recepimento della direttiva ce 1992/50, abrogato con la legge comunitaria 2001, ma di fatto “sopravvissuto”: dapprima con il regolamento (554/1999), attuativo della “legge Merloni”, e poi con il regolamento (207/2010) attuativo del codice del 2006 (d. l.vo 163/2006).
La sua abrogazione fu causata dalla procedura di infrazione aperta dalla CE che riteneva che la valutazione di uno stesso elemento, nel caso il merito, effettuata sia nella fase di “ingresso” della gara che, successivamente, nella gara vera e propria, non fosse compatibile con il diritto comunitario che allora (oggi tutto ciò è superato) non consentiva la doppia valutazione di uno stesso elemento.
In realtà questo aspetto formalistico, facilmente correggibile, fu volutamente sopravvalutato dal legislatore italiano che interpretava le preoccupazioni, quando addirittura non vere e proprie ostilità, per il criterio dell’oepv da parte degli operatori economici – nel caso i progettisti, ingegneri ed architetti – e comunque di chi opera nei servizi affini all’architettura.
Vale la pena ricordare – Andrea Mascolini scrisse un gustoso articolo al riguardo su «Italia oggi» – , che quando la commissione dovette aggiudicare i lavori di ristrutturazione del palazzo Berlaymont a Bruxelles operò esattamente come era stato previsto dal decreto 116/97, e cioè effettuando la valutazione del “merito tecnico” dell’offerente sia in fase d’ingresso che in quella di gara vera e propria.
Allora gli elementi della valutazione – come li definì il Consiglio di Stato correggendo lo schema del dpcm –, erano: il merito tecnico, appunto; le caratteristiche qualitative, metodologiche e tecniche ricavate dalla relazione di offerta; la certificazione di qualità; il prezzo; il temine di consegna o di esecuzione; il servizio successivo alla vendita; l’assistenza tecnica; altri elementi discrezionalmente scelti dalla stazione appaltante atti a qualificare l’offerente in rapporto allo specifico servizio richiesto.
Gli elementi erano ponderati, con «range» molto ampi.
Interessante è rilevare che la ponderazione del prezzo poteva andare da 5 a 50 punti. Si prevedeva cioè la possibilità che il suo peso potesse essere contenuto; al massimo, alla metà del totale dei punteggi (100).
Anche nel caso dell’aggiudicazione dei lavori su progetto esecutivo – come fissato dal codice -, il peso attribuito al prezzo potrebbe essere anche notevolmente più alto della somma dei pesi attribuiti agli altri elementi.
Proprio in virtù del fatto che si mette a gara un progetto da considerare «perfetto», cioè compiuto in tutto e per tutto.
Il che significherebbe che anche il maggior costo d’acquisto, come è ovvio che accadrebbe in questo caso, sarebbe da considerarsi tra i vantaggi per l’acquirente.
Ciò sembra paradossale, ma solo in apparenza.
È ovvio che per giustificare una tale scelta occorre una motivazione forte, da rinvenirsi nel progetto, e quindi nella responsabilità, prima della commissione giudicatrice e poi del soggetto aggiudicatore: la validazione del progetto, in questo caso, deve essere davvero “di qualità”. Sostantiva e non meramente formale, come avviene nella maggior parte dei casi.
Pagare di più per avere di meno, ma di maggiore qualità, non è certo facile da spiegare nel mondo dei lavori pubblici oggi.
Infatti nella pratica, con il rischio di compromettere il raggiungimento del famoso rapporto qualità/prezzo, avviene che al prezzo si assegni un valore ponderale inferiore al complesso degli elementi di merito. Ciò, si dice, per favorire la qualità dell’offerta. Cosa forse vera nel caso dei servizi, quindi della progettazione.
Molto meno nel caso dei prodotti e quindi dei lavori.
Ciò è quello che accade nel caso di oepv applicata a progetti definitivi. Ma il rischio per la stazione appaltante è teoricamente compensato dal rischio che corre l’appaltatore. Che, in assenza di controlli e collaudazioni effettivamente tali, diminuisce notevolmente. E qui è il punto: in ogni caso occorre una stazione appaltante capace di verificare e validare il progetto, collaudare le opere; in una parola, sorvegliare tutto il ciclo progetto-appalto-realizzazione.
La difficoltà dell’applicazione dell’oepv al progetto esecutivo, malgrado i tentativi di disciplinare il criterio, come ha fatto l’Anac con la 2 linea guida (determinazione 1005 del 21/09/2016; g.u. del 11/10/2016, n. 238), restano notevoli.
Come detto, più il progetto è “perfetto” e “completo” più è difficile migliorarlo; addirittura, nella logica dell’oepv applicata al progetto esecutivo, non dovrebbe essere ulteriormente migliorabile.
Infatti i miglioramenti, secondo questa interpretazione, dovrebbero riguardare soprattutto, se non solo, l’organizzazione dell’appaltatore e le «performance» del prodotto, sia di un’opera, che di un complesso di opere (il caso, ad esempio, d’un quartiere residenziale od altro realizzato da un istituto pubblico).

Note

1.  Procedura di aggiudicazione per mezzo della quale il passaggio dal progetto definitivo a quello esecutivo è compito dell’appaltare dei lavori.

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