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Riflessioni conclusive a margine di un convegno su «Le riserve di attività economiche alla prova dell’innovazione tecnologica e della sharing economy»(*)

di - 12 Dicembre 2016
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La circostanza che in connessione alle «riserve di determinate attività» sia prevista la presenza di taluni elementi (come l’imposizione di un sovrapprezzo) che possono ricondurne la configurazione in un ambito monopolistico non consente di qualificarne l’essenza come contraria al sistema concorrenziale. Non v’è dubbio alcuno sul fatto che gli ordini professionali difendono una specifica forma di cultura che trova estrinsecazione nell’alta qualità della prestazione, rispetto alla quale perde significato la riferibilità al ‘costo del servizio’, quale unico parametro di valutazione di quest’ultimo. Ne consegue che alcuni provvedimenti dell’AGCM, presentati come volti a far conseguire un risparmio ai consumatori, a ben considerare sono frutto di un liberismo populista orientato a trascurare che l’interesse prevalente dei destinatari di attività riservate s’individua nell’elevato grado di performance che ne caratterizza lo svolgimento.

6. Un ulteriore, delicato compito sembra oggi prospettarsi per gli studi di diritto dell’economia e per la ricerca volta ad approfondirne gli ambiti ed a svilupparne la portata. Esso deriva dall’ineludibile bisogno di conoscenza delle variegate e composite ragioni che sono alla base di una realtà in rapida trasformazione; si individua nella capacità di innovare gli strumenti interpretativi che, nel rispetto dei canoni tradizionali dell’ermeneutica giuridica, consentono di semplificare i processi e di definire i modelli di riferimento o in fieri.
La predisposizione di appropriate forme di tutela sempre più rivolte alla trasparenza dei rapporti, la riduzione dei vincoli e la conseguente liberalizzazione dell’agere che caratterizza il cambiamento recato dall’innovazione tecnologica identificano gli obiettivi primari di un’indagine che vuole essere determinante nella sua destinazione funzionale.  La «specializzazione»  di una ricerca realizzata  nei termini testé precisati è sostenuta dalla considerazione che nel momento presente – più di quanto non fosse dato riscontrare in epoche passate – assumono rilievo la «fluidità» e la «flessibilità» dei confini tra i diversi saperi; a queste si ricollega la possibilità di previsioni condivisibili, realizzate mediante lo scambio dei risultati propri di una pluralità di scienze cognitive, che si confrontano tra loro in vista del comune obiettivo della massimizzazione del benessere sociale.
In tale contesto, si delineano soluzioni che incidono, in via immediata, sulle possibilità di sviluppo futuro dei singoli ordinamenti: l’approfondita conoscenza dei fenomeni consente di governarli, evitando le sopraffazioni. Il rapporto norma – fatto, viene riguardato in un’angolazione che dà specifico rilievo alle profonde trasformazioni del quadro giuridico complessivo indotte dagli effetti economici di una realtà in continuo cambiamento. La ‘ricostruzione a sistema’ del complesso dispositivo vigente, superando la dimensione concettuale e dogmatica, conferisce nuova incisività al  legame tra il diritto e la storia, evidenziando la crescente necessità di un’ interpretazione coerente con le significative innovazioni che caratterizzano l’era presente. La funzione del diritto finisce con l’essere sempre meno neutra, il suo essere correlato alla evoluzione del potere gli conferisce una vettorialità strumentale al superamento delle incertezze e delle difficoltà che si evidenziano nella complessa dinamica della vita.
Diviene, altresì, possibile affiancare al rigore delle regole la eticità dei comportamenti: si apre una prospettiva nella quale autodisciplina e correttezza divengono i capisaldi di una normativa che affida il raggiungimento di più elevati livelli di salvaguardia, di integrità e di stabilità dei sistemi a meccanismi di autogoverno ed al senso di responsabilità degli operatori. Tale forma di ricerca, dunque, indica la via da percorrere nel tentativo di superare le avversità derivanti dal progresso e dall’ ampliamento delle relazioni (che, con terminologia moderna, definiamo ‘globalizzazione’); essa avvicina l’ambìto traguardo costituito dalla diffusione dei benefici rivenienti dalla socialità, intesa quale comunanza di vita, prospetticamente protesa alla «crescita d’insieme».
Nel discorso da me formulato a conclusione del convegno organizzato dall’ADDE a fine 2015, di fronte alla complessità ed alle difficoltà di una corretta applicazione del composito sistema disciplinare post-crisi ravvisai necessario proporre un invito alla preghiera, in considerazione della particolare sede del nostro incontro (l’ Università Cattolica). Quest’oggi, a distanza di un anno da quell’incontro, in un mutato contesto economico – e, dunque, in presenza di eventi dai quali è dato presumere di aver superato le difficoltà che hanno ritardato il riavvio della crescita – diviene possibile ben sperare per il  futuro. Chiare indicazioni in tal senso vengono da questo nostro convegno. Naturalmente, le problematiche esaminate ci dicono che necessita impegno e soprattutto coraggio per accettare la sfida che viene dalla sharing economy;  peraltro, ritengo del pari indispensabile fare un richiamo alla prudenza e, in considerazione del fatto che siamo nella laica Milano, mi sembra opportuno recuperare il noto suggerimento di Alessandro Manzoni:  «Adelante, adelante Pedro, sed cum iudicio».

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