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Una nota sugli effetti economici delle tecnologie digitali

di - 22 Settembre 2016
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Il cambiamento del ruolo delle macchine nell’economia: gli effetti sull’occupazione.
Con la rivoluzione nelle tecnologie digitali e dell’informazione, la relazione stessa tra macchine e lavoratori sta cambiando: le macchine, da strumenti per aumentare la produttività dei lavoratori, si sono esse stesse trasformate in lavoratori. Questo cambiamento è destinato a costituire un fattore aggiuntivo ai vari fenomeni di crisi (da quelle energetiche a quelle finanziarie) che già hanno operato, a partire dagli anni 1970, per mettere in crisi il modello di sviluppo economico equilibrato dell’età dell’oro, soprattutto per quanto riguarda l’impatto di lungo termine sull’occupazione.
Uno degli effetti più evidenti riguarda la crescente automazione dei processi produttivi e di consumo mediante la robotica, la cui diffusione consente di sostituire mansioni ripetitive dell’uomo con dei robot.
Ci sono settori, come quello della costruzione di mezzi di trasporto, nei quali il ruolo della robotica anche in termini di riduzione dei fabbisogni occupazionali è riconosciuto da tempo. Ma oggi le minacce riguardano settori nei quali si dava quasi per scontata la opportunità di crescita occupazionale.
Un esempio è la possibilità di sistemi completamente automatizzati nel campo della produzione di “fast food. C’è un vantaggio per il consumatore che aumenta le capacità di scelta e ne rende più rapida l’attuazione (vantaggio che però va confrontato con le possibili perdite di qualità dietetiche); e c’è un vantaggio per l’impresa per effetto della riduzione dei costi. Ma gli effetti sull’occupazione sono potenzialmente devastanti per i milioni di persone vivono di lavori a basso salario e spesso part-time in questo settore.
Un altro settore nel quale l’impatto dell’automazione sull’occupazione si sta già dimostrando e sarà sempre più rilevante è quello della vendita al dettaglio. Lo sviluppo dei grandi venditori on line, come Amazon e eBay, ha già portato alla chiusura di intere catene di negozi di vendita al dettaglio (come Blockbuster), con evidenti effetti in termini di occupazione. Lo sviluppo dei grandi venditori online comporterà un aumento dell’occupazione nel trasporto delle merci; ma questo aumento non compenserà la perdita di occupazione nella vendita delle merci al dettaglio, che sarà accentuata dallo sviluppo delle “vending machines” che non si limitano ormai più alla distribuzione di snack e bibite, ma riguardano prodotti anche molto sofisticati, come “smart phones” e “tablets”. L’automazione coinvolgerà sempre più anche la manutenzione e la riparazione di queste macchine che potrà essere svolta a distanza.
Il quadro si complica se si considera che le macchine in competizione con l’uomo non saranno solo i robot, ma i computer dotati di “software” sempre più innovativi. Questo mette in discussione l’idea unanimemente accettata fino a poco tempo fa, che la minaccia delle innovazioni digitali si rivolge soprattutto a lavori ripetitivi e di routine.
L’evoluzione tecnologica soprattutto nel “software” estende la minaccia anche a lavoratori con una educazione a livello universitario perché ogni tipo di lavoro che può essere appreso attraverso uno studio dettagliato di ciò che è stato fatto in passato è candidato a essere eseguito da una macchina mediante un algoritmo appropriato: un risultato a sua volta facilitato dall’enorme e sempre più elevato ammontare di dati e programmi che le tecnologie stesse sono in grado di rendere disponibili.
Martin Ford (2015) fa l’esempio della sanità. Uno dei vantaggi delle tecnologie digitali è di rendere disponibile e di elaborare una quantità sempre maggiore di dati sulle diagnosi delle malattie e le procedure e le tecnologie di cura, con un evidente potenziale vantaggio per i pazienti, non necessariamente sostituendo le diagnosi dei medici, ma aiutandole anche con pareri di “seconda istanza” forniti da elaborazioni di diagnosi e proposte di cura fornite da computer, potranno ridurre gli errori di natura umana.
Questi sviluppi richiederanno una riqualificazione medica per interagire con i sistemi di intelligenza artificiale almeno per la diagnosi e le terapie di malattie croniche o di routine che metterà in discussione le modalità di concezione e di esercizio di molte professioni mediche tradizionali; porterà per esempio al ridimensionamento di professioni come quella della radiologia e un cambiamento delle modalità con cui viene svolto il ruolo di medici di base.
Nel campo della chirurgia il ruolo dei robot è già complementare a quello di chirurghi sempre più specializzati. Ma l’impiego di robot avrà anche l’effetto di ridurre l’occupazione in campi che vanno dalla preparazione delle medicine, al lavoro di routine di consegna dei materiali e di pulizia negli ospedali, fino alla stessa assistenza al personale nello svolgimento di compiti di routine nei rapporti con i malati.
Gordon (2016) nella sua analisi degli sviluppi delle tecnologie digitali sottovaluta questi aspetti. Per quanto riguarda gli effetti sull’occupazione egli piuttosto condivide, con ancor maggiore ottimismo, le tesi di Brynjolfsson e McAfee (2014) i quali ritengono che il progresso nelle tecnologie digitali sia un tipico esempio di progresso tecnologico “skill-based”; questo richiede una riqualificazione dell’occupazione, non necessariamente una sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine; i lavori del futuro implicheranno una complementarietà, ossia una collaborazione, tra uomini e macchine.
Per Martin Ford (2015) al contrario la potenzialità di sostituzione delle macchine è enorme e tale da far sì che l’effetto di sostituzione sia più forte di quello di complementarietà. Le persone che sono destinate a un rapporto collaborativo con le macchine di successo saranno una piccola minoranza.
Brynjolfsson e McAfee, peraltro, riconoscono che il ridimensionamento quantitativo netto dell’occupazione sarà pesante e che proprio questo, attraverso una caduta dei salari, avrà un impatto sulla distribuzione del reddito e quindi sull’equità.
 
Gli effetti delle tecnologie digitali sulla distribuzione dei redditi e delle ricchezze e sulla domanda globale.
Rifkin (2014) sostiene ottimisticamente che l’avvento di una economia a costo marginale zero apre la strada alla sostituzione del capitalismo con un sistema basato sui “collaborative commons” nel quale tutti possono accedere con uguali opportunità alla produzione a al consumo di un numero crescente per quantità e qualità di beni e servizi a prezzi molto bassi.
Questo porterebbe immediatamente alla conclusione che la società basata sulle tecnologie digitali dovrebbe essere una società nella quale domina l’equità. In realtà la realtà mostra che a questa possibilità delle tecnologie digitali di offrire sempre nuovi beni e servizi a costi marginali vicini allo zero non corrisponde un’equa distribuzione dei guadagni di mercato derivanti da questa possibilità.
Il fatto che le opportunità possono essere rese più uguali non implica automaticamente che tale uguaglianza si trasferisca ai redditi delle attività rese possibili. Almeno, questo è ciò che dimostra l’esperienza dalla quale risulta che i redditi si concentrano su piccoli gruppi di grandi imprese (Google, Facebook).
La diffusione delle tecnologie digitali fornisce un grande incentivo al formarsi di mercati globali per il consumo attraverso le reti che essa consente tra potenziali consumatori in ogni parte del mondo. E’ soprattutto attraverso questo allargamento delle opportunità di consumo che si manifestano i benefici in termini di benessere di queste tecnologie.

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