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Pierluigi Ciocca – Commento a M. Magnani, “Sindona. Biografia degli anni Settanta”, Einaudi, Torino, 2016

di - 18 Maggio 2016
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Sindona venne incriminato nel 1974 anche sulla base delle denunce della Banca d’Italia risalenti al 1971-1972. Come banchiere era finito. Ma il punto di fondo, al di là dei dettagli, è un altro. Fortunatamente per lui, Magnani non ha vissuto la drammaticità della crisi economica e valutaria in cui le bordate salariali e petrolifere precipitarono l’Italia nel 1974-1975. La crescita del Pil perdette nove punti, nel passaggio da +7% nel 1973 al -2% nel 1975; l’inflazione toccò il 25% nel 1974; il disavanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti (ancora attiva nel 1972) arrivò quell’anno a 5mila mila miliardi di lire (5% del Pil); vi si unirono fuoruscite di capitali che erosero la posizione in valuta della Banca d’Italia. Fu giocoforza  ricorrere ai controlli amministrativi sul credito bancario e ai prestiti della CEE, del FMI, della Bundesbank (che pretese l’oro di Via Nazionale a garanzia). La frase delle ultime Considerazioni Finali di Carli – maggio 1975, p. 424 – che Magnani cita (p. 86) è semplicemente vera, nel mio ricordo di collaboratore alla stesura di quel documento: occorreva che “si evitasse la bancarotta della nostra economia”. La messa in liquidazione della banca di Sindona avrebbe aggravato, aggravò, la sfiducia verso l’Italia. La banca era piccola – circa l’1% dell’attività del sistema bancario italiano – ma l’intero suo gruppo era cospicuo e l’uomo aveva notorietà internazionale, nel bene e nel male.

3) L’ultimo punto riguarda il sostegno che il PCI diede a Baffi nella primavera del 1979. Noi giovani quasi-dirigenti della Banca d’Italia ci ripartimmo i ministri membri del Comitato del Credito che conoscevamo e i partiti di governo, che non frequentavamo, cercando la conferma della loro fiducia al Governatore e a Sarcinelli, incriminati. A me toccarono Stammati – allora al Commercio con l’Estero – e il PCI. Stammati ribadì la stima per Baffi. Come ho testimoniato a Magnani, varcai per la prima e unica volta l’androne di Via delle Oscure Botteghe. Nell’assenza di Berlinguer venni cortesemente ricevuto da Luciano Barca. Egli dichiarò piena contezza del rilievo istituzionale del caso e dell’autonomia della banca centrale. Gli dissi che il Presidente Andreotti si rifiutava alle telefonate ansiose del Governatore. Mi rispose, allargando sconsolato le braccia, che il PCI aveva sostenuto i governi Andreotti ma non aveva ancora capito “se Andreotti è il nostro angelo o il nostro demonio”. Personalmente, ritengo che il PCI difese la Banca d’Italia anche in quella occasione, come in altre precedenti e successive. Tuttavia, non aveva più la forza politica per evitare le dimissioni di Baffi. Dopo tre anni l’esperienza della solidarietà nazionale volgeva al termine. Alla fine di gennaio del 1979 era caduto in Parlamento il IV governo Andreotti. Il V governo Andreotti non ottenne, il 31 marzo di quello stesso 1979, la fiducia del Senato. Alle elezioni politiche anticipate del 3-4 giugno il PCI subì una secca sconfitta, perdendo 4 punti. Baffi si dimise in ottobre.
In conclusione, un libro assolutamente da leggere, che presenta una tesi nitida insieme con tutti gli elementi oggettivi per chi volesse, almeno in parte, dissentire…

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