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Débat public all’italiana, ovvero come mutuare nozioni senza innovare comportamenti

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1. Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 3 marzo scorso del disegno di legge, contenente il nuovo codice degli appalti pubblici, il Governo sembra intenzionato[1] a rispettare il termine del 18 aprile 2016 per adempiere ad entrambe le deleghe conferite dalla l. 18 gennaio 2016, n. 16: la prima per il recepimento delle tre direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, la seconda, per il riordino, la semplificazione e la razionalizzazione della vigente disciplina in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture[2].
Tra le novità annunciate del testo normativo in itinere, quella prevista dall’art. 22[3], che, in attuazione dell’art. 1, comma qqq) della legge delega,[4] disciplina “la trasparenza e la partecipazione dei portatori di interessi alle procedure di approvazione delle opere di maggiore impatto”.
La disposizione vuole introdurre, nel nostro sistema decisionale pubblico, una forma di “dibattito pubblico”, sul modello del «débat public» francese.
Che questo sia il modello, al quale il legislatore italiano si è voluto ispirare, vien detto espressamente nella relazione al disegno di legge n. 1845, d’iniziativa dei senatori Esposito, Borioli e Vaccari, avente ad oggetto “norme per la consultazione e la partecipazione in materia di localizzazione e realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche” e comunicato alla Presidenza del Senato il 26 marzo 2015. La relazione esprime pure un giudizio incondizionatamente positivo sull’esperienza d’oltralpe. Il débat public avrebbe dato prova di sapere “superare momenti di conflitto, talora strumentale, tra le parti, conducendo ad esiti il più possibile costruttivi”. Si tratterebbe di un “dispositivo partecipativo solido, luogo istituzionale ideale, nel quale i soggetti in qualche modo coinvolti nella decisione finale si confrontano per selezionare le opzioni che meglio soddisfano le finalità pubbliche nel senso più alto e più ampio dell’espressione”. Insomma, si legge sempre nella relazione, il dibattito pubblico favorirebbe il superamento della conflittualità e la riduzione dei tempi nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e con queste finalità se ne auspica l’introduzione nel nostro ordinamento.
Merita allora qualche riflessione aggiornata la situazione del paese al quale ci si è ispirati: la Francia.

2. In Francia, il «débat public» è stato introdotto con la legge Barnier del 1995. L’istituto, ripetutamente modificato (anche dalla legge detta «democrazia di prossimità» adottata nel 2002), è ora disciplinato dalla Section 3, del Code de l’environnement.
Si tratta di un’articolata procedura di informazione del «pubblico» e «partecipazione» dello stesso in occasione della realizzazione di grandi progetti pubblici.
Il «débat public» è strettamente correlato all’«enquéte public» con la quale si conclude il procedimento di approvazione di un’opera (dichiarazione di pubblica utilità/espropriazione).
Dal confronto tra gli artt. L 121-8/15 del Code de l’environnement e l’art. 22 del ddl approvato il 3 marzo scorso emergono notevoli affinità, insieme a qualche differenza. Peraltro non è chiaro se la disciplina del dibattito pubblico italiano stia tutta in questa stringata disposizione del codice appalti. Molto più articolata è infatti la disciplina contenuta nel già citato ddl. n. 1845.
Nella procedura del «débat public» francese, un ruolo centrale è assegnato alla Commission national du débat public (CNDP), autorità amministrativa indipendente disciplinata a sua volta dalla Section 1 e Section 2, dello stesso Code[5].
Anche il ddl all’esame del Senato prevede l’istituzione di una commissione nazionale, organismo indipendente composto di sette membri e collocato presso il Ministero dell’ambiente ed affida a questo compiti di garanzia del corretto svolgimento del dibattito pubblico.
L’art. 22 del ddl. appalti sembra escludere la creazione di una struttura, comunque denominata, investita del compito istituzionale di presiedere alle procedure di dibattito pubblico. Il dibattito pubblico è piuttosto una fase del procedimento di approvazione di un progetto. Questa fase dovrebbe necessariamente contemplare: la pubblicazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica e degli altri documenti relativi all’opera sul sito internet del soggetto proponente; la raccolta di osservazioni inviate on-line; lo svolgimento di dibattiti pubblici sul territorio interessato; la pubblicazione sul sito internet dei risultati delle consultazioni. Per quanto non previsto dalla legge, le modalità del dibattito sarebbero di volta in volta stabilite nell’ambito di una conferenza di servizi, convocata su iniziativa dell’ente o dell’amministrazione aggiudicatrice proponente l’opera, sottoposta a dibattito pubblico. Alla conferenza sarebbero ammessi a partecipare enti, amministrazioni interessate e comitati di cittadini, i quali abbiano segnalato agli enti locali territoriali il loro interesse.
Nell’individuazione delle opere, obbligatoriamente soggette alla procedura, le disposizioni del Code francese sono molto più analitiche.
Il Conseil d’Etat, per decreto, individua la natura, le caratteristiche tecniche, il costo minimo delle opere, i cui progetti devono necessariamente essere sottoposti alla Commission nationale du débat public. Ogni altro progetto, che presenti le medesime caratteristiche tecniche, ma per il quale sia previsto un costo inferiore, deve essere reso pubblico dal suo promotore. Questi deve comunque indicare gli obiettivi e le caratteristiche essenziali del progetto, le ragioni per le quali ha deciso di sottoporlo o non alla Commission, le modalità della consultazione, che si impegna a seguire nel secondo caso. La decisione di sottoporre un progetto alla Commission può comunque essere adottata da dieci parlamentari, da un consiglio regionale, dipartimentale o municipale. Caso per caso, con decisione immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale, la Commission nationale valuta se sottoporre o non un progetto a dibattito pubblico e le modalità di questo.
L’art. 22 sancisce la obbligatorietà del dibattito pubblico “per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, individuate per tipologia e soglie dimensionali con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici”. I progetti, che hanno ad oggetto solo opere di “architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, la città o sugli assetti del territorio” sono soggetti invece ad un obbligo di mera consultazione pubblica, ai sensi del comma 1, dell’art. 22.
Nell’individuazione delle opere da sottoporre a dibattito, è riscontrabile qualche incoerenza tra l’art. 1 comma qqq) della legge delega 16/2016 e la disciplina di attuazione. La delega prevede che siano soggetti a dibattito pubblico non solo i progetti infrastrutturali, ma ogni «realizzazione di grandi opere infrastrutturali e di architettura sociale aventi impatto sull’ambiente, la città o sull’assetto del territorio». L’art. 22 del disegno di legge non scioglie l’ambiguità delle definizioni già contenute nella delega: architettura e non edilizia, per di più si dice «architettura sociale» (cosa si intende?; attrezzature destinate al sociale? Ospedali, scuole, edifici di culto, ecc.), città o assetto del territorio. L’impiego di locuzioni di significato tutt’altro che univoco renderà ardua l’opera dell’interprete.

Note

1. I passaggi sono ancora numerosi: parere del Consiglio di Stato, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

2. La l. 28 gennaio, n. 16, fissa per l’esercizio della prima delega, il termine del 18 aprile 2016, per la seconda del 31 luglio 2016. Tuttavia al Governo è riconosciuta la “facoltà di adottare, entro il 18 aprile 2016, un unico decreto legislativo” per l’adempimento di entrambe le deleghe.

3. Art. 22 (Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico) 1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi ai grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, la città o sull’assetto del territorio, e nonché gli esiti della consultazione pubblica comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori. 2. Per le grandi opere infrastrutturali aventi impatto rilevante sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, individuate per tipologia e soglie dimensionali con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, è obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico di cui ai commi 3, 4 e 5. 3. L’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore proponente l’opera soggetta a dibattito pubblico convoca una conferenza cui sono invitati gli enti e le amministrazioni interessati, e altri portatori di interessi, ivi compresi comitati di cittadini, i quali abbiano già segnalato agli enti locali territoriali il loro interesse, nella quale si definiscono le modalità del dibattito pubblico, che, in ogni caso, deve concludersi entro quattro mesi dalla predetta convocazione e deve comunque prevedere: a)  la pubblicazione sul sito Internet del proponente del progetto di fattibilità tecnica ed economica e di altri documenti relativi all’opera; b)  la raccolta di osservazioni inviate on-line ad un indirizzo di posta elettronica del proponente e da quest’ultimo costantemente presidiato; c)  lo svolgimento di dibattiti pubblici nel territorio interessato; d)  la pubblicazione, sul sito del soggetto proponente, dei risultati della consultazione e dei dibattiti, nonché delle osservazioni ricevute, anche per sintesi. 4. Gli esiti del dibattito pubblico e le osservazioni raccolte sono valutate in sede di predisposizione del progetto definitivo e sono discusse in sede di conferenze di servizi relative all’opera sottoposta al dibattito pubblico.

4. L’art. 1, comma qqq) impegna il Governo a prevedere la “introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull’ambiente, la città o sull’assetto del territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo”.

5. Art. L 121-1, Code La Commission nationale du débat public, autorité administrative indépendante, est chargée de veiller au respect de la participation du public au processus d’élaboration des projets d’aménagement ou d’équipement d’intérêt national de l’Etat, des collectivités territoriales, des établissements publics et des personnes privées, relevant de catégories d’opérations dont la liste est fixée par décret en Conseil d’Etat, dès lors qu’ils présentent de forts enjeux socio-économiques ou ont des impacts significatifs sur l’environnement ou l’aménagement du territoire”.

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