Alcuni modesti consigli per tener vivo l’umanesimo politico

Stiamo vivendo da tempo in Italia un momento di ricambio delle elites.
I ricambi delle elites non sono sempre di per sé veri e propri mutamenti di sistema.
Non solo perché i rivoluzionari del presente sono i conservatori del futuro e le rottamazioni servono più che altro a fare spazio a chi reclama il potere, ma anche perché ciò che conta più, nell’avvicendarsi di persone nelle diverse posizioni di vertice (nelle imprese, nelle amministrazioni, negli organi costituzionali), è il contesto nel quale il cambiamento delle elites si produce e gli effetti che determina nel lungo periodo. Solo l’analisi del contesto e la misurazione degli effetti del cambiamento consentono di verificarne l’esatta portata. La domanda è quale è la cifra del cambiamento in corso? Quale classe dirigente è reclamata dalle nuove condizioni storiche ?
In ogni caso si tratta di una sorta di legge biologica.
Le aristocrazie non durano. Il bios decade. Se nelle classi superiori scarsi sono i soggetti vigorosi e giovani, una volta si sarebbe detto pronti e disposti ad usare la forza, ed invece essi aumentano di numero nelle classi inferiori ecco che si creano situazioni rivoluzionarie; tanto avrebbero osservato i sociologi ottocenteschi.
Un ricambio delle elites a volte può avvenire per evitare una rivoluzione assorbendone alcune istanze, altre volte in chiave gattopardesca mettendo in scena l’apparenza del cambiamento, altre volte può rispondere ad un progresso nell’incivilimento.
La storia comunque – diceva Pareto – è un cimitero di aristocrazie (Trattato di sociologia generale par. 2053).
Una elite succede ad un’altra instancabilmente.
Dell’aristocrazia ateniese non rimase alcuna traccia durante l’impero romano e così dell’aristocrazia romana dopo Romolo Augustolo, a parte la storia delle elites romano-bizantine che non può certo ridursi a solo sviluppo della storia delle elites romane occidentali che le precedettero. L’aristocrazia francese fu travolta dalla rivoluzione borghese e la borghesia della belle epoque dall’avvento della società di massa e del proletariato (poi imborghesitosi così come la borghesia aveva mutuato stili di vita nobiliari dando vita al carattere c.d. grande-borghese così ben descritto da Thomas Mann).
La democrazia poi altro non è che un sistema di selezione delle elites mediante elezioni periodiche e cerca di imbrigliare i cambiamenti o governarli dando voce all’elettorato.
La democrazia costituzionale è poliarchica e le elites, in conformità alla struttura poliarchica del potere, sono varie: internazionali o sovranazionali; nazionali e locali; giuridico-istituzionali, economiche e tecnico-scientifiche; politiche e burocratiche.
Raramente nella storia le elites sono state così variabili come nel tempo presente: esse rischiano di durare lo spazio di un mattino.
Come farle durare anche per avere risultati non effimeri?
Ad uno sguardo di lunga durata si palesa efficiente l’architettura tripartita della società tradizionale a lungo divisa fra sacerdoti, guerrieri e lavoratori. Ma tale lunga durata era garantita da un quadro religioso (potente collante per la coesione delle società) difficilmente riproponibile nel mondo attuale anche se a questo puntano le forze del terrore fondamentalista .
Con la decadenza della prospettiva di legittimazione trascendente del potere alle elites – religiose – dominanti la Respublica cristiana succedono le elites amministrative dominanti lo Stato nazione; ora, nel mondo globalizzato, sostituite dalle elites economico-finanziarie.
Una delle debolezze di queste elites economiche e finanziarie, è data da quella che possiamo chiamare una concezione “turistica” del mondo (non a caso aggredita dal terrorismo fondamentalista) ovvero dall’idea che il mondo vada reso piatto e penetrabile a piacimento dalla logica onnipervasiva del mercato : l’assoluta assenza di radici delle elites del mondo liquido rende vulnerabili i meccanismi del potere nei diversi nodi in cui si strutturano i meccanismi della comunicazione e dei trasporti.
Un antidoto, possibile, fra i tanti, è dato dalla riscoperta delle radici, dell’importanza della cultura e delle responsabilità verso le diverse comunità che subiscono ed affrontano i cambiamenti originati dai processi di globalizzazione.
Probabilmente delle attuali elites europee rimarrà ben poco fra alcuni decenni se esse si riveleranno incapaci di recuperare le radici comunitarie della loro azione, ed al di là delle utopie unioniste, condurre concretamente i popoli europei fuori dalla crisi.
La cifra del cambiamento in corso – non certo riportabile solo ad una logica di mera necessità trattandosi pur sempre di fenomeno umano – è legata alla velocità ed alla performatività, all’uso dell’informatica ed alla sintonia con il turbocapitalismo.
Sul piano istituzionale questo cambiamento, in Italia, si è espresso nelle riforme costituzionali ed elettorali e nei tanti interventi che hanno ridisegnato e stanno ridisegnando il mercato del lavoro, il sistema bancario, il fisco, l’amministrazione.
Il punto è dare un’anima a queste riforme.
Come è possibile ?

Poche pagine danno idea dei rischi di decadenza della cultura occidentale come quelle profeticamente scritte da Allen Bloom ne “La chiusura della mente americana”, un libro che ormai ha quasi trenta anni : “Avevo quindici anni quando vidi per la prima volta l’Università di Chicago e sentii in qualche modo che avevo scoperto la mia vita. Non avevo mai visto prima, .. edifici palesemente riservati a uno scopo superiore, non a necessità o utilità, non semplicemente per proteggere, produrre o commerciare, ma qualcosa che poteva essere un fine in sé.
… Erano senz’altro edifici in falso gotico. Nel corso della mia educazione ho imparato che erano falsi e che il gotico non è proprio di mio gusto. Ma aprivano una strada di apprendimento che porta al luogo di incontro dei grandi uomini. Là si trovano esempi di una specie che non è facile incontrare, ma senza quegli esempi non ci si rende conto delle proprie capacità, né di come sia meraviglioso poter appartenere a quella specie (la specie umana NDA).
Questa imitazione di stili di terre e tempi remoti manifestava la consapevolezza di come la sostanza espressa da questi stili fosse in realtà un po’ misera e di come non esistesse neppure rispetto per quella sostanza. Quegli edifici erano un omaggio alla vita contemplativa da parte di una nazione più di ogni altra dedita alla vita attiva. Già allora lo pseudogotico era messo molto in ridicolo e oggi nessuno costruisce più in quel modo.
Non è autentico, non è espressione di ciò che siamo, così si diceva. Per me invece era ed è espressione di ciò che siamo. Ci si chiede se le critiche colte avessero la consapevolezza di ciò che siamo, con le nostre vere esigenze spirituali, pari a quella del ricco che pagò quegli edifici. L’America è proiettata verso il futuro e ai suoi occhi la tradizione sembra più una pastoia che un’ispirazione. Ma le reminiscenze e gli insegnamenti del passato sono l’unico meccanismo di controllo del popolo americano mentre sbanda lungo il suo cammino. Quei disprezzati milionari che edificarono una università nel cuore di una città, che sembra dedita soltanto ai fini americani (quindi industriali e mercantili), pagavano un tributo a ciò che avevano trascurato, vuoi per un senso di ciò che avevano perso, vuoi per cattiva coscienza circa gli scopi della loro vita, vuoi per la soddisfazione di vedere i propri nomi nella lista dei finanziatori. … Tutta la cultura era una cosa americana, non solo la cultura tecnica”.
Il libro di Bloom è una critica ante litteram ad ogni impostazione multiculturale e politicamente corretta ; al livellamento dell’istruzione universitaria ed alla genericità e frammentarietà degli studi.
Il problema – quindi – è quello della formazione intellettuale nell’interesse pubblico. Un problema enorme sul quale occorrerebbe avviare un lavoro collettivo che tenga viva la memoria dei classici.
Ecco allora quindici modesti consigli – idealmente dati ai giovani – che aspirino ad essere parte di una nuova classe dirigente (da tener in conto anche per le prossime riforme amministrative ossia per la loro concreta attuazione); ad un futuro dirigente amministrativo direi:
1) Scegli sempre la strada più scomoda nella tua formazione ed evita le scorciatoie carrieristiche (ti aiuterà in futuro a governare la complessità ed a mantenere l’autonomia dell’amministrazione).
2) Concentra le tue forze su un obbiettivo e verifica se sei capace di raggiungerlo (è l’essenza di quello che farai).
3) Segui le tue passioni nello studio (senza passione non si va da nessuna parte) .
4) Leggi i classici (della politica; della scienza; della filosofia ; gli esempi migliorano).
5) Impara le lingue e frequenta persone di altri paesi ed altre culture (il mondo altrimenti risulterà incomprensibile).
6) Evita di pensare che c’è chi bara al gioco della vita: quello ha già perso.
7) Pensa a Rilke ogni tanto (la vita è anche malinconica).
8) Pensa alle ragioni della vita buona (leggi Tolstoj).
9) Pensa che rivivresti ogni attimo della vita così come ci è stato dato (Nietzsche).
10) Pensa che c’è sempre uno spazio di miglioramento nella vita individuale e collettiva (ma non esaltare le riforme per le riforme).
11) Muovi il tuo corpo (non fare come chi scrive).
12) Cercate di fare gesti eleganti (competere lealmente; dimettersi quando è il caso).
13) Diffida del mondo della vuota comunicazione (distinguendo sempre sostanza ed apparenza).
14) Viaggia leggero (le cose cambiano).
15) Non temere mai di fare il tuo dovere (la vita ti sia propizia quando ne pagherai il prezzo).

La chiusa di questo breve invito non si può non trarre da Ravelstein (personaggio immaginario) di Saul Bellow, protagonista di un romanzo breve dedicato ad Allen Bloom ed ai giorni finali della sua vita, la vita, alla fine, di un maestro dell’umanesimo politico[1]:
“Si perde in quella musica sublime, una musica in cui si sciolgono le idee, una musica che rispecchia queste idee trasformandole in sentimenti. Ravelstein se le porta giù in strada. È caduta la prima neve sui grandi arbusti, gli stessi arbusti carichi di pappagalli: sciami di pappagalli evasi dalle gabbie che ora costruiscono le lunghe sacche dei loro nidi nelle viuzze dietro gli edifici. Si cibano delle loro bacche rosse. Ravelstein mi guarda ridendo di gioia e di stupore, gesticolando perché non riesce a farsi sentire, con tutto questo rumore di uccelli. Non è facile rinunciare a una persona come Ravelstein e lasciare che la morte se lo porti via”.

Note

1.  “Possiamo far parlare S. Bellow che ebbe a dire del suo personaggio : “Ravelstein was a teacher. He was not one of those conservatives who idolize the free market. He had views of his own on political and moral matters. But I am not interested in presenting his ideas. More than anything else, just now, I want to avoid them. I want to be brief, here. He was an educator.”