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Interrogativi sul ricorso della Francia alla clausola di difesa collettiva ex art. 42.7 TUE

di - 3 Dicembre 2015
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  1. Una precisazione sulla portata dell’art. 222 TFUE si trova nella Dichiarazione n. 37 annessa al Trattato di Lisbona; norme di attuazione sono state poi dettate dal Consiglio con la Decisione del 24 giugno 2014. La Dichiarazione fa espressamente salvo il diritto di ciascuno Stato membro di “scegliere i mezzi più appropriati per assolvere ai suoi obblighi di solidarietà”. Ne consegue che l’Unione può decidere liberamente sulle misure che essa applica, non su quelle che devono essere poste in essere dagli Stati membri. Il punto trova conferma nella Decisione del 2014, dove si precisa che questo atto riguarda solo l’attuazione dell’art. 222 TFUE da parte dell’Unione, mentre riguardo agli Stati membri vale la Dichiarazione n. 37.
  2. Quanto alla Decisione del Consiglio, essa fornisce alcune indicazioni significative. In particolare si legge che la clausola di solidarietà deve essere attivata dallo Stato membro interessato ( non può, dunque, farlo l’Unione di sua iniziativa); costituisce un rimedio di ultima istanza, nel senso che lo Stato vittima può ricorrervi solo ove ritenga che “la crisi oltrepassi chiaramente la capacità di risposta di cui dispone”; deve funzionare in base agli strumenti e alle risorse di bilancio esistenti, senza contare su risorse supplementari; non comporta implicazioni nel settore della difesa e lascia impregiudicato l’art. 42.7 TUE. Norme di attuazione di questo tipo delineano un atteggiamento in qualche modo rinunciatario circa le potenzialità dell’art. 222 TFUE. Inducono a pensare che la sua sfera di azione sia più adatta per gli altri fatti previsti dalla norma (calamità naturali o provocate dall’uomo), piuttosto che per attentati terroristici, almeno quelli con implicazioni di carattere militare. Non a caso la Decisione fa presente che la clausola di solidarietà non pregiudica quella di difesa collettiva ex art. 42.7 TUE.
  3. Torniamo ai recenti episodi di Parigi. La Francia aveva tre strade per ottenere il concorso di altri Stati nella lotta contro il terrorismo di matrice islamica: due all’interno dell’Unione, la clausola di difesa collettiva dell’art. 42.7 TUE e la clausola di solidarietà dell’art. 222 TFUE; una al di fuori dell’Unione, l’art. 5 del Trattato Nato, che obbliga i membri di questa alleanza a prestare assistenza al partner aggredito. Si sarebbe potuto pensare anche di battere insieme più di una di queste strade. Il presidente Hollande ha optato per l’art. 42.7 TUE. È probabile che abbia scartato la Nato per la presenza della Turchia, la cui posizione nelle vicende medio-orientali non è del tutto chiara; deve aver inoltre pesato il ruolo centrale nella Nato degli Stati Uniti, e le conseguenti resistenze di questi ultimi ad una “apertura” verso la Federazione Russa. Quanto al ricorso all’art. 222 TFUE, avrebbe significato ammettere l’insufficienza della Francia a fronteggiare il problema, coinvolgere l’apparato istituzionale dell’Unione con gli appesantimenti che inevitabilmente ne conseguono, fare affidamento su un meccanismo ancora lacunoso come si è avuto modo di accennare. La scelta è caduta così sull’art. 42.7 TUE, che consente alla Francia ampia libertà di manovra, la pone al centro della costituenda coalizione, la svincola dalle procedure Nato ed europee, non esime gli altri membri dell’Unione dall’obbligo di prestare assistenza.
  4. Un’occasione perduta per l’Europa? Sono in molti a lamentarlo, e non senza ragione. In effetti, con l’attivazione della clausola di solidarietà dell’art. 222TFUE si sarebbe potuto valorizzare la presenza istituzionale dell’Unione in settori, come quelli della sicurezza e difesa, ancora fortemente ancorati alle prerogative nazionali. Non lo si è fatto e questo costituisce motivo di rammarico. A ben vedere, però, l’utilizzabilità dell’art. 222 TFUE per eventi terroristici gravi come quello di Parigi era già compromessa dalla normativa di attuazione stabilita con la Decisione del 2014: una normativa adottata bensì dal Consiglio, ma su proposta della Commissione e dell’Alto Rappresentante per la PESC. D’altra parte, la Francia avrebbe potuto rivolgersi direttamente alla Nato, o agire in maniera autonoma, al di fuori sia della Nato sia dell’Unione. Ha invocato, invece, l’art. 42.7 TUE, che fa parte del diritto dell’Unione e stabilisce un obbligo di mutua assistenza vincolante per i suoi membri: un obbligo il cui rispetto è suscettibile di controllo da parte della Commissione e in ultima analisi dalla Corte di giustizia. L’Europa, dunque, non è del tutto assente dall’iniziativa francese: è presente in forma più intergovernativa che istituzionale, ma anche questo fa parte del processo di integrazione europea.

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