Le anatre zoppe della valorizzazione del patrimonio pubblico

Negli ultimi giorni i media hanno dato molto risalto all’ultimo capitolo delle politiche di valorizzazione del patrimonio immobiliare statale, in occasione del lancio del progetto “Valore Paese – Fari”. Progetto che riguarda la concessione in uso ai privati dei fari dismessi ubicati in varie località della costa italiana. La rilevanza dell’iniziativa non risiede nell’entità dell’operazione di dismissione, che porterà pochi centinaia di migliaia di euro alle casse dello Stato, quanto dall’aspetto mediatico di essa: finalmente le lanterne dei fari saranno il simbolo di uno Stato moderno che valorizza i propri beni “dando luce” al retroterra e all’economia che li circonda.
Ma se proviamo, al di là delle operazioni simboliche, a fare invece un bilancio sulle nuove politiche di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico non possiamo che rilevarne la scarsa effettualità, insieme anche però ad alcuni nuvoloni che si stagliano all’orizzonte e che, secondo il parere di alcuni esperti, renderebbero quanto meno necessaria una rimessa a punto del sistema fino ad oggi creato.
Dopo la stagione degli strumenti finanziari di dismissione immobiliare (dalle cartolarizzazioni ai  Fondi FIP e FIP1) il Paese ha intrapreso, giustamente, la più lunga e impervia strada della valorizzazione del proprio patrimonio, mettendo a punto anche due nuovi strumenti finanziari, che potremmo definire “operativi”, ovvero la società “Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A.” e le due società immobiliari controllate da Cassa Depositi e Prestiti, CDP Investimenti Sgr[1] e CDP Immobiliare Srl[2].
Tuttavia l’assenza di coordinamento strategico nella nuova politica, per i motivi che vedremo in seguito, ha fatto si che questi nuovi strumenti vivano la condizione di “anatre zoppe” in quanto, non essendo in grado di spiccare il volo, marciano a passo alterno.
Per “nuova politica” ci riferiamo fondamentalmente ai provvedimenti che si sono succeduti dalla c.d. spending review del Governo Monti in poi, e sviluppati successivamente dai Governi Letta e Renzi, da ultimo con l’art. 26 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (il c.d. “Sblocca Italia”).[3]
Tale politica verte da una parte sull’abbattimento dei costi di gestione attraverso la razionalizzazione del patrimonio e la sua ottimizzazione energetica secondo i più evoluti metodi di property e facility management, con anche l’individuazione di un parametro di riferimento per l’occupazione degli uffici pubblici (20/25 metri quadri per addetto)[4], e dall’altra parte sulle iniziative per accelerare la troppo annunciata valorizzazione.
A questo scopo nascono i due nuovi strumenti operativo-finanziari: Invimit Sgr[5], creata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’articolo 6, comma 7, della legge n. 183 del 2011[6], e le due società, CDP Investimenti Sgr e CDP Immobiliare Srl, controllate da Cassa Depositi e Prestiti a cui è affidata la specifica missione di valorizzare l’ex patrimonio immobiliare pubblico.
Inoltre, per quanto riguarda l’azione tecnico-amministrativa, l’Esecutivo ha dato notevole impulso sia dell’Agenzia del Demanio, estendendone l’operatività anche a favore degli Enti Territoriali[7] e nei confronti della razionalizzazione e manutenzione del patrimonio, sia delle strutture del Ministero della Difesa anche attraverso Difesa Servizi SpA[8].
La “squadra” su cui lo Stato oggi può contare appare senz’altro nutrita e teoricamente in grado di sostenere e sviluppare una azione incisiva non solo a favore del patrimonio statale ma anche di quello degli enti territoriali, che in realtà sono i maggiori proprietari di immobili e che, ai sensi della L. n. 133/08, sono obbligati attivare i processi di razionalizzazione e valorizzazione, predisponendo, tra l’altro, il “Piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari”. Al riguardo si deve sottolineare come il valore stimato del patrimonio immobiliare pubblico ammonta tra i 240 e i 320 miliardi di euro, di cui solo circa 57 miliardi riconducibili allo Stato, come si evince dalla Relazione della Ragioneria Generale dello Stato “Il Patrimonio dello Stato – 2011”[9].
Tuttavia se la squadra appare ben definita, non altrettanto si può dire per le strategie di intervento, troppo complesse e poco orientate al risultato, come si può evincere dalle complessità che emergono sia dallo studio “Strategie e strumenti per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico” Coordinato dal Dipartimento Affari Regionali Autonomie e Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri[10], che dal “Documento di Economia e Finanza 2014 – Sez. III” del MEF[11].
Tale complessità ha fatto già emergere significative criticità sia sull’operatività di Invimit che di CDP, non solo per la loro rigida cultura manageriale di estrazione finanziaria da cui sono dominate, ma anche e soprattutto per alcune delicate quanto spinose questioni in materia di concorrenzialità con il mercato privato, e di scarsa trasparenza e pubblicità nelle procedure utilizzate.
Inoltre a tali criticità si aggiungono a quelle oramai ampiamente note e riconducibili all’inadeguatezza del nostro ordinamento – centrale e locale – sul governo del territorio, che continua a costituire la principale causa dei ritardi e dell’inefficiente attuazione di programmi di rinnovo e trasformazione urbana.
Il risultato concreto, malgrado le risorse (anche finanziarie) in gioco è per ora molto modesto e gli immobili dismessi (o sottoutilizzati) continuano ad essere fonte di degrado urbano anziché di sviluppo sociale ed economico.
Ma ciò che ci preme approfondire in questa sede è il ruolo e l’azione dei due nuovi operatori finanziari pubblici, Invimit e CDP, con riferimento in particolare alle problematiche derivanti dal carattere distintivo di operatori di natura pubblica di diritto privato e addirittura soggetti, in qualità di operatori finanziari, al controllo della Banca d’Italia, e quindi per loro natura più concentrati ad un rigoroso, quanto formale, rispetto delle norme e delle prassi bancarie, piuttosto che delle norme sul governo del territorio o sulla realizzazione di progetti di rinnovo urbano.
Invimit infatti, è una società di gestione del risparmio del MEF che ha per oggetto la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio realizzata attraverso la promozione, l’istituzione, l’organizzazione e la gestione di fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti, la gestione del patrimonio di fondi comuni di investimento di propria o altrui istituzione e di altri organismi di investimento collettivo, italiani ed esteri, ivi comprese le funzioni di natura amministrativa, nonché la gestione di fondi immobiliari.

Con questo ruolo Invimit ha dato vita al fondo denominato i-3core al quale Inail ha apportato liquidità per 440 milioni, che nel tempo dovrebbero arrivare a 1,4 miliardi. Si tratta di un “fondo dei fondi” con due Comparti, Territorio (a favore degli enti locali) e Stato (per immobili dello stato), che dovrebbe intervenire nel finanziamento di altri fondi specifici creati da altre Sgr private. Successivamente Invimit ha costituito due fondi “tematici diretti”: i3-Inail (dove Inail ha apportato 9 immobili di proprietà) e i3-Regione Lazio. Quest’ultima è quotista per la parte preponderante del Fondo (circa il 70%) per un valore di 32.500.000,00 di euro. La restante quota, pari a circa il 30%, è stata acquistata da “i3 Core Comparto Stato”, il fondo dei fondi istituito da Invimit e investito da Inail, consentendo un’immediata liquidità alla Regione Lazio per un totale di 13.712.036,00 di euro.
Invimit tuttavia nel corso del 2015 ha ipotizzato la costituzione di altri tre fondi dedicati ad altrettanti soggetti pubblici, Fondo Inps, Fondo Università, Fondo Stato/Difesa, che tuttavia non sono stati costituiti per la carenza della raccolta finanziaria, fino ad oggi garantita esclusivamente da Inail. Inoltre la società è stata classificata dall’Istat come pubblica a tutti gli effetti, non permettendo la contabilizzazione degli apporti degli immobili fuori dal perimetro del bilancio dello Stato facendo cadere i conseguente vantaggio di poter incidere positivamente sul patto di stabilità.
Tali circostanze hanno determinato una notevole battuta d’arresto sull’operatività della Sgr di Stato, comportando non pochi problemi nei confronti delle Amministrazioni con le quali si era impegnata ad acquistare gli immobili, a iniziare dal Ministero della Difesa.
Oggi sul futuro di Invimit pesa una notevole ombra in quanto si trova stretta nella morsa tra la impossibilità da parte dello Stato di utilizzarla quale veicolo per fare “operazioni fuori bilancio” rispetto agli impegni del patto di stabilità, e la scarsa convenienza a operare ricorrendo al mercato finanziario privato.
Un discorso diverso, ma per certi versi parallelo, è quello che riguarda la Cassa Depositi e Prestiti che, come abbiamo detto in precedenza, opera nel settore con due veicoli societari, CDP Investimenti Sgr e CDP Immobiliare Srl, e che per far fronte agli impegni delle ultime leggi di stabilità ha acquisito direttamente dallo Stato, senza ricorso a procedure pubblicistiche, compendi immobiliari per un valore di circa 500 milioni di euro l’anno, conferiti direttamente al Fondo FIV di CDP Investimenti.
Quest’ultima è anch’essa una Sgr ma è controllata per il 70% dalla Cassa, per il 15% dall’ABI (l’Associazione Bancaria Italiana) e per il 15% dall’ACRI (l’Associazione delle Casse di Risparmio Italiane) e opera attualmente con due fondi immobiliari: il FIA, il fondo di investimenti per l’abitare dedicato all’edilizia sociale privata, il c.d. housing sociale, e il FIV, il Fondo Investimenti per la Valorizzazione dedicato alla valorizzazione del patrimonio pubblico dismesso. Il FIA (con 2.028 milioni di euro di capitale sottoscritto da CDP, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, gruppi bancari e assicurativi e casse di previdenza private) opera prevalentemente, ma non esclusivamente, come “fondo dei fondi” per investimenti nel settore residenziale. Il FIV ha due comparti, il Comparto Plus (con 100 milioni di euro di capitale sottoscritto da CDP) a favore dell’acquisto di immobili di enti territoriali che sono stati oggetto di aste pubbliche andate deserte, e il Comparto Extra (con 1.080 milioni di euro di capitale sottoscritto da CDP) dedicato all’acquisto di immobili dello Stato e di alcuni enti territoriali ai sensi dll’art. 11 quinquies del DL 203/2005.
CDP immobiliare Srl è l’ex Fintecna Immobiliare che il MEF ha volto fosse acquisita e coordinata da CDP, e che detiene, talvolta attraverso alcune società partecipate anche da soggetti privati, il patrimonio immobiliare pubblico dismesso, prevalentemente dallo Stato, nel corso dei precedenti anni. Tale patrimonio, per politiche e strategie di sviluppo sbagliate, per non dire dissennate, alle quali si è poi aggiunta la crisi del settore, giace quasi ovunque in condizioni di assoluto abbandono e degrado.
Attraverso le due controllate CDP è di gran lunga il più importante operatore economico nazionale di sviluppo immobiliare, con un portafoglio da valorizzare in tutte le più grandi città italiane.
Il gruppo ha progressivamente esteso la propria operatività partendo dal settore dell’edilizia residenziale privata sociale, il c.d. housing sociale. Il Fondo FIA ha investimenti deliberati[12] per oltre 1,6 miliardi di euro di euro per un investimento massimo di 3,8 miliardi per realizzare oltre 15.000 alloggi. Il Fondo FIV[13] invece detiene attualmente immobili pubblici per un valore di acquisto complessivo di circa 1,2 miliardi di euro. Questa condizione pone il gruppo CDP, peraltro pubblico, in una posizione di assoluta concentrazione di mercato e in posizione dominante nel panorama immobiliare nazionale.
Inoltre CDP pratica talvolta anche atteggiamenti di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori privati in quanto le sue due società controllate:
– hanno acquistato e acquistano immobili dello Stato, in virtù del controllo azionario del MEF, senza il ricorso a procedure concorsuali e determinandone di fatto il prezzo, ma precedono alla loro valorizzazione come operatori di mercato, il che può far profilare l’acquisto come un “aiuto di Stato”;
– si approvvigionano dal punto di vista finanziario dal proprio azionista CDP attraverso il patrimonio accumulato con la gestione della raccolta finanziaria postale e talvolta utilizzano anche finanziamenti pubblici governativi, come nel caso del Fondo FIA (che è finanziato per 140 milioni di euro dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) o di Fondazioni bancarie;
– operano con una totale discrezionalità autoreferenziale nell’individuazione di partnership commerciali, finanziarie industriali, non applicando procedure concorrenziali e principi di trasparenza, come è facilmente desumibile sia nel caso dell’intervento del Fondo FIA nei confronti degli altri fondi immobiliari privati, che nel caso di specifiche iniziative di CDP immobiliare, quale la recente partnership con Telecom Italia per il riutilizzo delle c.d. “Torri dell’EUR” dell’ex Ministero delle Finanze;
– nei processi di valorizzazione dei beni pubblici, come nel caso dei primi e principali interventi avviati, ovvero delle ex caserme di via Guido Reni a Roma[14] e delle ex caserme Montelungo a Bergamo[15], instaurano un rapporto con i comuni di tipo preferenziale rispetto ad altri operatori privati, non solo attraverso la determinazione di pubblico interesse delle proprie iniziative, ma anche attivando procedure di valorizzazione urbanistica con la piena e attiva partecipazione delle amministrazione comunali, non ultimo per l’affidamento delle attività di progettazione (peraltro di opere pubbliche soggette al Codice degli appalti), attraverso concorsi di architettura di natura privatistica;
– non ritengono, per la loro natura di soggetti di diritto privato, di essere obbligati all’applicazione il Codice dei contratti pubblici ex D.Lgs 163/06 (neanche nel caso di opere pubbliche come nei casi delle ex caserme sia di Roma che di Bergamo) e inoltre, come è facilmente desumibile dai siti internet[16], non applicano alcuna forma di trasparenza e concorrenzialità nelle proprie attività di procurement, sia per l’affidamento di consulenze e servizi, che per l’esecuzione di opere, con un vero e proprio vulnus nei confronti delle policy anticorruzione.

In relazione alle questioni sopra indicate sono state avviate alcune segnalazioni da parte di operatori privati nei confronti dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione.
E’ evidente quindi come le considerazioni sopra esposte renderanno necessario che il Governo e il MEF intervengano per una revisione complessiva dei due nuovi strumenti operativi appositamente creati al fine di proseguire fattivamente nelle politiche di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, che con il permanere di tale situazione rischiano uno stop.
Ma l’introduzione di correttivi rischia di non servire a nulla se affianco ad essi non sarà introdotta, in tutti i soggetti coinvolti nella complessa partita della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, una nuova cultura manageriale, che sembra invece l’ispiratrice della recente azione dell’Agenzia del Demanio.
Una cultura tecnico-amministrativa orientata al risultato, che integri quella di stretta estrazione bancaria che domina entrambi gli operatori pubblici finanziari, Invimit e CDP, e che consentirebbe di affrontare con maggiore efficacia sia le problematiche di carattere più generali, dalla concorrenzialità alla pubblicità dei procedimenti, che quelle più operative e legate alla regia di progetti di rinnovo urbano dai contenuti urbanistici, ambientali, tecnici, finanziari e procedurali, particolarmente integrati e complessi.

Note

1.  http://www.cdpisgr.it/

2.  http://www.cdpimmobiliare.it/

3.  http://www.agenziademanio.it/export/download/demanio/agenzia/150304_Art26_DL133_2014.pdf

4.  D.L. n. 95/12

5.  http://www.invimit.it/

6.  Cfr: http://www.camera.it/465?area=8&tema=455&Gli+immobili+pubblici, L’articolo 6, comma 7, della legge n. 183 del 2011 ha previsto che i fondi istituiti dalla SGR del Ministero dell’Economia possono acquistare  immobili ad uso ufficio degli enti territoriali utilizzati dagli stessi o da altre pubbliche amministrazioni, nonché altri immobili di proprietà degli stessi enti di cui sia completato il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico. DL. n. 95/2012

7.  Cfr: art.33 bis del D.L.98/2011

8.  http://www.difesaservizi.it/

9.  http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit–i/Rendiconto/Conto_del_bilancio_e_Conto_del_patrimonio/Il-Patrimo/PS-2011.pdf

10.  http://www.agenziademanio.it/export/download/demanio/agenzia/EPAS_Strategie-e-strumenti-per-la-valorizzazione-del-patrimonio-immobiliare-pubblico.pdf

11.  http://www.invimit.it/download/313c663b02b81cf44de90bd28f186ea5fa8e0c59.pdf

12.  http://www.cdpisgr.it/social-housing/FIA/investimenti-deliberati-fondi-locali/index.html

13.  http://www.cdpisgr.it/valorizzazione-immobili-pubblici/investimenti-effettuati.html

14.  http://www.progettoflaminio.it/

15.  http://www.progettomontelungo.it/

16.  http://www.cdpimmobiliare.it/