L’investimento pubblico
L’investimento pubblico ha nell’alta teoria economica una duplice dimensione, o funzione: supplisce alla carenza delle infrastrutture – o beni pubblici, o beni comuni – che i privati non trovano conveniente apprestare, pur essendo quelle infrastrutture preziose per l’economia e per la società; offre alla domanda globale il sostegno più potente, capace di prevenire la recessione, ovvero di superarla.
Nelle parole di Adam Smith: “Dovere del sovrano o della repubblica è creare e conservare le pubbliche istituzioni e le opere pubbliche che, per quanto estremamente utili a una grande società, sono però di natura tale che il profitto non potrebbe mai rimborsarne la spesa a un solo individuo o a un ristretto numero di individui, sicché non ci si può aspettare che un individuo o pochi individui le creino e le conservino (…): le buone strade, i ponti, i canali navigabili, i porti, etc.; (…) le istituzioni per l’istruzione della gioventù, delle donne, del popolo, degli uomini di ogni età” (A. Smith, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Strahan and Cadell, London, 1776, Book V).
Nelle parole di John Maynard Keynes: “Data la psicologia del pubblico, il livello della produzione e dell’occupazione nel loro complesso dipende dall’ammontare dell’investimento (…), che ha la maggior propensione a fluttuazioni estese e improvvise”. “La socializzazione di un’ampia parte dell’investimento è l’unico mezzo per avvicinare la piena occupazione”. “La spesa per beni capitali, almeno in parte, si autofinanzia”. “Avrebbe più senso costruire abitazioni, o simili”, ma persino “scavare buche sarebbe meglio di niente”. “Solo se l’investimento non riesce a realizzare l’equilibrio si affronterà lo squilibrio con una variazione nel bilancio corrente”, fermo restando il pareggio strutturale o di lunga lena dei conti pubblici, per Keynes irrinunciabile (J.M. Keynes, The General Theory of Employment Interest and Money, Macmillan, London, 1936 e The General Theory and After: Part II. Defence and Development, in The Collected Writings of J. M. Keynes, Vol. XIV, Macmillan, London, 1987).
L’investimento pubblico può contemporaneamente innalzare sia la produttività – quindi il prodotto potenziale e la crescita – sia la domanda effettiva – quindi l’utilizzo della capacità produttiva disponibile e l’occupazione – nelle economie di mercato capitalistiche. Stato e Mercato sono, in ciò, complementari.
Uno studio del Fondo Monetario Internazionale (World Economic Outlook. Legacies, Clouds, Uncertainties, Ch. 3, Washington, October 2014) risponde con un convinto “sì” al quesito Is it Time for an Infrastructure Push? Sostiene con dovizia di argomenti teorici e fattuali l’urgenza di accrescere gli investimenti pubblici su scala mondiale:
a) Lo stock delle infrastrutture pubbliche si è eroso, in volume e in qualità, negli stessi paesi del G-7 che ne erano più dotati. Resta specialmente povero in Italia, con una qualità quasi dimezzata rispetto alla media del Gruppo. Si aprono buche persino nelle autostrade tedesche … Lo scadimento e l’inadeguatezza delle infrastrutture riflettono la discrasia fra esigenze economico-sociali accresciute e mutate rispetto a un saggio d’investimento pubblico diminuito dal 4% del Pil negli anni 1980 all’attuale 3%.
b) La domanda effettiva e quindi l’attività economica ristagnano, segnatamente in Europa. L’Italia è stata dal 2007 in recessione, la più grave della sua storia, con il Pil da allora ridotto del 10%, gli investimenti del 27%, i consumi del 9% e la disoccupazione oltre il 13%. In questi mesi la ripresa ciclica, se è in atto, è lentissima, mentre non si registra un’inversione di tendenza della produttività, del lavoro e totale dei fattori, ristagnante dal 1992 e dal 2000 in drammatico calo.
c) L’analisi econometrica mostra che gli investimenti pubblici – in opere nuove o nella manutenzione di quelle esistenti – hanno effetti importanti, di domanda nel breve periodo, di offerta nel più lungo termine: accrescono il prodotto, si autofinanziano riducendo il peso del debito pubblico, inducono investimenti privati complementari e altre esternalità positive.
d) L’analisi pone in evidenza che gli effetti sul prodotto di un pubblico investimento – pari, ad esempio, all’1% del Pil – sono, date le altre condizioni, particolarmente rilevanti quando l’economia ristagna o è in recessione (1,5% nel primo anno, 3% nel quarto anno), quando l’investimento è finanziato inizialmente con debito (1% nel primo anno, quasi 3% nel quarto), quando l’investimento è “efficiente” (0,8% nel primo anno, oltre 2,5% nel quarto).
e) L’investimento è efficiente allorché i benefici economico-sociali sono massimi e i costi di realizzazione e d’altra natura sono minimi. La dimensione politica, giuridica, amministrativa delle opere pubbliche si configura come cruciale. Rilevano, fra l’altro, l’istituzione di un “centralized, independent review process (to ensure robust estimates of the costs, benefits, and risks of potential projects)”; la predisposizione di “investment budgets from a zero base” (al duplice fine di non premiare settori già favoriti da precedenti investimenti e di conteggiare le spese di manutenzione nel valutare la sostenibilità finanziaria del progetto); la previsione degli oneri derivanti da possibili eventi sfavorevoli e da possibili varianti al progetto; la sorveglianza attenta dei lavori in corso d’opera; un rigoroso collaudo finale (Box 3.2 dello studio del FMI). Nel caso di investimento inefficiente l’effetto espansivo sul Pil non arriva all’1% e il rapporto debito/Pil aumenta, invece di diminuire.
f) Va sottolineata la superiore capacità “moltiplicativa” degli investimenti pubblici nelle condizioni più favorevoli al suo esplicarsi rispetto a quella di un aumento dei consumi pubblici e a quella di una riduzione della pressione fiscale, l’uno e l’altra di importo analogo alla spesa d’investimento. Nel caso italiano, il modello econometrico della Banca d’Italia cifra intorno a 0,8 il moltiplicatore di domanda nel primo anno di una spesa pubblica di parte corrente e su livelli ancora inferiori il moltiplicatore della detassazione.
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