Decisioni individuali versus decisioni collegiali

“Nella vita di tutti i giorni lo scambio di opinioni con gli altri controlla la nostra parzialità e allarga il nostro punto di vista; (. . . .) I benefici della discussione si trovano nel fatto che, anche legislatori rappresentativi sono limitati nella conoscenza e la capacità di ragionare.
Nessuno di essi sa tutto quello che gli altri sanno, o può comprendere tutte le conseguenze che possono ricavarsi. La discussione è un modo di combinare le informazioni e l’ampliamento della gamma di argomenti”.
John Rawls[1]

Introduzione.
Una convinzione che è stata espressa da rilevanti pensatori nel corso dei secoli è rappresentata dall’idea che un gruppo possa prendere una decisione più ragionevole e più razionale rispetto a quella di un singolo. Da Hamilton a Rawls questa convinzione è stata sostenuta sulla base dell’ipotesi che il confronto delle idee fra individui possa portare risultati migliori rispetto a quelli ottenibili attraverso le elucubrazioni che può sviluppare un singolo chiuso nel suo mondo[2].
Ma dagli anni Sessanta del secolo scorso questa convinzione è stata sottoposta ad esperimenti da parte di psicologi cognitivi e sociali e i risultati sono stati sorprendenti. Gli individui in gruppo normalmente non producono decisioni più equilibrate e razionali degli individui singoli. Se si confrontano i risultati delle decisioni prese dai singoli e quelle prese dai gruppi non può affatto affermarsi univocamente la preferibilità sociale di decisioni prese in modo collegiale. I gruppi nella fase decisionale vanno incontro a tre ordini di problemi: in primo luogo, i bias[3] e le euristiche[4] risultano talvolta amplificati piuttosto che attenuati; in secondo luogo, i gruppi subiscono il fenomeno della polarizzazione, cioè della estremizzazione della decisione collegiale unanimemente presa; in terzo luogo, essi possono soffrire di quel fenomeno che va sotto il nome di Groupthink. Gli esperimenti compiuti dagli psicologi cognitivi e sociali hanno riguardato essenzialmente i fenomeni rappresentati dalle prime due categorie. Il Groupthink è stato osservato nella realtà, ma non è stato oggetto di esperimenti in laboratorio[5].
L’ordine che si seguirà nell’esposizione di tali fenomeni rispetterà la cronologia delle scoperte dei fenomeni stessi, anche se può dirsi che oggi la maggiore attenzione attiene al tema dell’attenuazione o amplificazione dei bias e delle euristiche nelle decisioni collettive rispetto alle decisioni individuali. Oggi è la psicologia cognitiva che occupa lo spazio di maggior rilievo.

La polarizzazione dei gruppi: natura e conseguenze.
Il primo tema che si esaminerà è rappresentato dal fenomeno della “polarizzazione dei gruppi”. Fino agli anni Sessanta del secolo scorso l’opinione prevalente era che in un gruppo composto da persone con idee tendenzialmente omogenee, la decisione che avrebbe preso il gruppo sarebbe stata equilibrata, intermedia rispetto alle varie attitudini dei membri del gruppo. Invece, con gli esperimenti di un giovane studioso che rispondeva al nome di Stoner[6], riportati in una tesi conclusiva di un master, non pubblicata, del 1961, si venne a scoprire l’esistenza di un fenomeno che fu chiamato, appunto, “polarizzazione del gruppo”[7]. Stoner sottoposte a 13 esperimenti alcuni gruppi di studenti maschi di organizzazione industriale. Le domande a cui si doveva dare una risposta riguardavano essenzialmente la scelta di un livello di rischio. Alcune di esse attenevamo a scelte alternative, come la scelta fra una scuola prestigiosa nella quale una parte degli studenti falliva nell’intrapresa o una scuola di minor prestigio dove ogni studente otteneva la graduation; in un altro problema, per esempio, ai ragazzi veniva chiesto di dire se una persona con un lavoro sicuro dovesse cambiare e scegliere un nuovo lavoro in una impresa con un futuro incerto. Si notò una forte polarizzazione delle decisioni verso le scelte più estremiste, cioè in questi casi più propense al rischio. Bisogna far notare che prima dell’esperimento erano state poste le stesse domande singolarmente ai vari membri del gruppo e l’inclinazione media appariva molto più moderata. L’esperimento di Stoner fu ripetuto numerose volte negli Stati Uniti e anche in altre Nazioni, quali il Canada, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e la Nuova Zelanda, con gli stessi identici risultati. L’espressione “polarizzazione del gruppo” cominciò ad indicare il fenomeno per cui un gruppo di persone che sono chiamate a deliberare collegialmente si muovono verso una decisione agli estremi nella direzione indicata dalla inclinazioni iniziali dei membri del gruppo. Così un gruppo di femministe che si riuniscono a dibattere deliberano una posizione consistente in una decisione unanime più estrema rispetto a quella della persona con la posizione media o mediana. Un gruppo di ambientalisti che si riunisce per deliberare adotta una decisione che è più estrema della posizione della persona media o mediana. La polarizzazione, peraltro, può avvenire in un senso come nell’altro. Si è distinto infatti fra “polarizzazione cauta” e “polarizzazione a favore del rischio”. Nei 13 esperimenti compiuti da Stoner, peraltro, in 12 casi su 13 il gruppo aveva sviluppato una posizione più favorevole all’assunzione di rischi rispetto all’attitudine media dei partecipanti al gruppo. Deve notarsi che gli individui soggetti all’esperimento erano studenti maschi di industrial organization. Altri esperimenti hanno dimostrato una polarizzazione verso una posizione più cauta rispetto a quella dell’individuo con un’attitudine mediana. Così, ad esempio, si è constatata una polarizzazione verso “posizioni caute” con riguardo ad esperimenti che avevano ad oggetto talune scelte assai rischiose. Un esperimento ha riguardato la decisione se salire a bordo di un aereo in presenza di una malattia infettiva notevolmente pericolosa e che avrebbe richiesto l’intervento di un medico. Non è assolutamente semplice definire quale sia la posizione neutrale in questi esperimenti, per poter stabilire se il gruppo si muoverà verso una polarizzazione cauta o verso una polarizzazione a favore del rischio o se una polarizzazione non avverrà del tutto. Vi sono stati casi, tuttavia, in cui la risoluzione di questo problema non si è rivelata necessaria[8].
In un esperimento che ha avuto un notevole successo, a giovani francesi sono state poste domande circa la loro opinione sugli Stati Uniti.
Alla base del ragionamento compiuto dagli studiosi vi era l’idea di un atteggiamento di avversione dei giovani verso quel Paese. Il risultato è stato rappresentato da una estrema polarizzazione del gruppo espressa attraverso una decisione unanime molto più avversa verso gli Stati Uniti rispetto a quella manifestata dall’individuo mediano interrogato singolarmente e prima dell’esperimento. Un uguale polarizzazione si è avuta con riferimento al giudizio da dare dell’operato di De Gaulle[9]. In questo caso si supponeva che il giudizio dei giovani fosse generalmente positivo.

Partendo, infatti, da posizioni favorevoli sull’operato di questo statista, il risultato è stato quello di una decisione del gruppo molto più estrema a favore dello statista rispetto a quella mediana. Un risultato costante, e che deve essere sottolineato, dimostra che la polarizzazione è molto più forte nel caso in cui vi sia dibattito fra i membri del gruppo rispetto all’ipotesi in cui essi si limitino ad ascoltare.
Il fenomeno della polarizzazione di un gruppo è stato spiegato in diversi modi e forma oggi ancora oggetto di notevoli discussioni, ma due teorie hanno ricevuto il maggior consenso: il “confronto sociale” e “la forza delle idee”.
In base al “confronto sociale” (social comparison), nell’ambito di un gruppo tendenzialmente omogeneo, ogni individuo ha interesse ad avere la reputazione di colui che maggiormente ha fiducia in certe idee. Può accadere che un individuo per primo esprima una opinione moderata. Il secondo, interessato alla sua reputazione, ed anche ad un piacere personale di sentirsi più rigoroso del primo, anche se non ha un’idea così precisa come il primo, tenderà o ad esprimere la stessa opinione o, per guadagnarsi una reputazione nell’ambito del gruppo, una posizione leggermente più estrema del primo, anche se in sé ha magari un’idea più moderata. Il terzo individuo, interessato anche lui alla propria reputazione nell’ambito del gruppo e alla propria soddisfazione personale, o esprimerà la stessa convinzione del secondo, o assumerà una posizione leggermente più estrema per guadagnarsi la reputazione di convinto sostenitore di una certa opinione. Il quarto farà gli stessi ragionamenti del terzo e, a conclusione della manifestazione della propria idea da parte di tutti i membri, anche coloro che per primi avevano manifestato una posizione moderata la rivedranno al fine di godere di una adeguata reputazione nel gruppo. Un fenomeno particolare che si è osservato negli esperimenti di Stoner, ammesso che la giustificazione della estremizzazione sia stato il confronto sociale, è che dopo aver preso la decisione unanime, ben il 39% dei partecipanti dichiarò che si era mosso verso posizioni più estreme anche dal punto di vista delle convinzioni interiori personali.
Il fatto richiama alla mente le reputational cascades[10].
Il fenomeno che invece si è definito della “forza delle idee” (persuasive arguments) sta nella capacità di chi ha maggiori argomenti di convincere gli altri. Generalmente, coloro che hanno maggiori argomenti, argomenti più vividi, sono coloro che sono più inclini verso una certa posizione. Si supponga che il primo individuo esprima un’opinione estrema. Il secondo, se si ipotizza che abbia un’inclinazione leggera, si adeguerà all’opinione del primo perché in assenza di una vero convincimento può ritenere probabile che chi ha espresso una posizione con una certa forza delle idee sia più informato. Il terzo vedrà due persone con la stessa idea e sarà maggiormente convinto di quella stessa idea, ipotizzando che anche lui non abbia una convinzione forte di senso opposto. Per il quarto membro del gruppo che dovrà esprimersi l’effetto sarà ancora maggiore. Colui che è più incline verso una posizione estrema generalmente ha maggiori argomentazioni degli altri membri del gruppo e questi ultimi, portatori di un’inclinazione più debole, seguiranno colui che appare essere il più convincente. Ad esempio, nel caso di una giuria che deve fissare l’ammontare dei danni puntivi, colui che richiede un sanzione più elevata può usare argomenti come: “we need to deter this kind of conduct”; oppure: “we need to send a powerful signal” . Questa forza delle idee può spingere gli altri, privi di una convinzione così forte, a seguire l’individuo che esprime in modo più vivido la posizione estrema. L’effetto finale, dopo la discussione, sarà che verranno fissati danni punitivi maggiori rispetto a quelli immaginati dall’individuo con una convinzione mediana. Può avvenire, peraltro, l’effetto contrario. Se l’inclinazione generale è nel senso di un basso livello di danni punitivi, dopo la discussione si avrà l’effetto che verranno fissati danni da risarcire inferiori a quelli ritenuti equi, prima della discussione, dall’individuo che ha un’opinione mediana[11].
Questi fenomeni sono quelli che il modello della polarizzazione dei gruppi esattamente predice.
Merita di essere ripetuto quanto detto con riferimento agli esperimenti di Stoner, e cioè che ben il 39% dei partecipanti agli esperimenti aveva cambiato, dopo la decisione unanime, le proprie convinzioni personali. Il fenomeno richiama alla mente le informational cascades[12].
Esistono altre spiegazioni del fenomeno della polarizzazione del gruppo che riscuotono un minor consenso. Può dirsi stabilmente accertato, tuttavia, che il fenomeno si verifica, essendo stato sperimentato in più nazioni, in gruppi distinti in base al sesso ed in gruppi caratterizzati da diverse attitudini verso il rischio. Il dilemma maggiore che rimane sussistere è quello di stabilire una regola che preveda se un gruppo si muoverà verso una posizione estrema cauta o verso una posizione estrema propensa al rischio. Ma, come si è notato con gli esperimenti in materia di attitudine verso gli Stati Uniti e verso De Gaulle da parte dei cittadini francesi, conoscendo l’inclinazione iniziale dei membri del gruppo si può prevedere in che senso si avrà la polarizzazione.

Groupthink: cosa è e come funziona.
Il fenomeno del Groupthink può essere definito una distorsione cognitiva dovuta al fatto di dover prendere decisioni attraverso una scelta di gruppo. In particolare, risulta essere la pressione del gruppo sui membri a portare costoro ad adeguarsi a determinate posizioni all’interno del gruppo stesso e quindi a prendere decisioni irrazionali o fallimentari. In questo senso, appunto, le decisioni sarebbero prive di razionalità in quanto non rispecchierebbero una attenta valutazione delle alternative. Creatività individuale, unicità e pensiero indipendente si perderebbero nel perseguimento della coesione del gruppo, in quanto sono i vantaggi che talvolta possono essere ottenuti dal prendere una decisione come gruppo che spingono a soffocare fonti di idee, conoscenze ed esperienze per risolvere un problema.
Il Groupthink negli ultimi anni ha avuto un notevole interesse nella letteratura di tipo sociale ed economico per la sua capacità di spiegazione di determinati fenomeni altrimenti difficili da comprendere. In particolare il Groupthink è stato utilizzato come modello interpretativo nell’analisi di determinati casi storici (come quello relativo alla Baia dei Porci[13]) in cui i gruppi che dovevano prendere determinate decisioni, a causa del Groupthink non avrebbero preso le decisioni migliori ma sarebbero stati affetti da un comportamento che poi li ha portati ad adottare decisioni fallimentari.

Tale fenomeno è stato studiato principalmente dallo psicologo Irvin Janis[14]. Forse la complessità di esso ha trattenuto molti altri studiosi dall’affrontarne l’esame analitico, anche se non l’applicazione[15].
Il Groupthink nasce dal presupposto logico che al fine di minimizzare determinati contrasti all’interno di un gruppo coeso si cerca di prendere, in seno al gruppo, una decisione unanime senza effettuare valutazioni critiche delle situazioni. In particolare non si effettua nel gruppo una disamina critica delle diverse alternative che siano possibili a livello decisionale. Questo comportamento porta chiaramente a compiere errori che non sarebbero stati compiuti in situazioni differenti. In questo senso la ricerca dell’unanimità può portare a decisioni le quali risultano affette da distorsioni dovute ad un ridotto raziocinio. Tipicamente queste distorsioni cognitive possono portare a scelte irrazionali.
Irving Janis spiega che ci sono vari elementi che possono essere considerati come basilari nel determinarsi il fenomeno del Groupthink in un gruppo. In particolare, vengono indicate come possibili cause di esso: la coesione di un determinato gruppo; una serie specifica di errori strutturali di un determinato gruppo[16], come l’assenza di una leadership imparziale[17]; la mancanza di norme comportanti l’adozione di procedure di metodo; l’isolamento del gruppo da fonti esterne di informazione e di analisi; un contesto esterno provocatorio[18].
In questi casi specifici i membri di un determinato gruppo tenderebbero a ricercare il più possibile decisioni comuni con altri membri del gruppo.
Gli studiosi si chiedono quali possano essere dei validi segnali che all’interno delle normali dinamiche decisionali di un gruppo possano portare al Groupthink[19]. In particolare viene identificata una serie di sintomi che possono essere dovuti alla presenza di Groupthink all’interno di un determinato gruppo. Un primo segnale sarebbe quello dell’eccessiva sottovalutazione della possibilità di commettere determinati errori da parte di un gruppo. In questo senso i membri del gruppo sarebbero affetti da grande sicurezza e convinzione che le decisioni prese all’interno del gruppo siano comunque le migliori. Nello stesso modo, una tale convinzione nascerebbe dalla certezza della moralità dei partecipanti e dunque della genuinità delle decisioni prese all’interno del gruppo. Un secondo segnale è tipicamente quello rappresentato dal fatto che i membri del gruppo siano ostili alla valutazione di opinioni differenti da quelle del gruppo[20]. In questo modo i membri tendono a non considerare punti di vista differenti da quelli che circolino all’interno del gruppo medesimo. Questa chiusura porterebbe naturalmente all’isolamento del gruppo e comunque ad una generale mancanza di un confronto e quindi di una ricerca mediante il dialogo di decisioni migliori (ma si consideri il rischio della polarizzazione del gruppo se le attitudini sono tendenzialmente omogenee)
Il terzo segnale di Groupthink è quello di una generale pressione verso l’uniformità delle decisioni nel gruppo. Infatti, nei gruppi in cui si manifesta tale fenomeno sembrerebbe esistere una generale pressione, da parte dei vari membri verso ciascuno di essi, per l’unanimità nelle decisioni. Questo aspetto, nella maggior parte dei gruppi, dovrebbe essere la norma e lo scopo di un gruppo dovrebbe essere proprio quello di dibattere e di conquistare il consenso mediante, appunto, il dibattito. L’unanimità in questi casi dovrebbe essere il difficile risultato del processo di confronto fra posizioni diverse. Il Groupthink rappresenta la degenerazione di questo processo. Infatti il consenso unanime, lungi dall’essere ottenuto con difficoltà e con sforzo, viene facilmente ottenuto proprio per la pressione all’uniformità delle decisioni dei singoli[21].
Un tipico esempio di queste decisioni fallaci dovute a Groupthink è quello relativo al caso di Baia dei Porci in cui il gruppo non solo ignorò tutta una serie di informazioni utili ma commise vari errori di valutazione che più tardi sono stati appunto definiti come prova di Groupthink nel gruppo medesimo[22].
Il fenomeno del Groupthink è stato studiato a livello di casi empirici per vedere se in passato il modello proposto fosse in qualche modo esplicativo di quello che era successo[23]. Questi studi hanno spesso rappresentato una sfida per i ricercatori.
Il Groupthink è indubbiamente un fatto patologico delle decisioni di gruppo. Possono peraltro essere prese misure cautelari per evitare che nel gruppo si manifesti tale fenomeno.
Un esempio di gestione attenta del processo decisionale di gruppo al fine di evitare scelte irrazionali si ebbe quando, dopo la disfatta dello sbarco nella Baia dei Porci, il Presidente Kennedy si trovò a gestire la crisi dei missili sovietici a Cuba.
Kennedy organizzò i lavori del gruppo di politici, esperti e consulenti in modo da evitare lo sviluppo del fenomeno del Groupthink nelle decisioni sulle scelte da adottare per controllare la crisi. Invitò le persone del gruppo a discutere di possibili soluzioni con membri di loro fiducia in sedi separate, nei vari dipartimenti, e arrivò a spezzare il gruppo in sotto-gruppi, con lo scopo di evitare una eccessiva coesione fra i membri del gruppo. Il presidente usò anche la tecnica di allontanarsi deliberatamente dai meeting allo scopo di scongiurare, nella formazione dei giudizi dei membri del gruppo, ogni pressione derivante dalla sua opinione o dalla sua sola presenza[24].
La crisi dei missili cubani, infine, fu risolta in modo pacifico. Può dirsi che furono adottate le corrette misure per evitare il Groupthink.

Le decisioni collegiali e le distorsioni cognitive: risultati misti.
Per quanto attiene al fenomeno dei bias e delle euristiche i risultati degli esperimenti di laboratorio non hanno indicato una superiorità delle decisioni di gruppo rispetto alle decisioni individuali[25]. Così, con riguardo all’effetto framing[26], sono derivati dagli esperimenti risultati misti. Si è rivelato invece un incremento dell’overconfidence bias[27] nelle decisioni collegiali, come pure un’amplificazione al ricorso dell’euristica della representativeness[28], un’amplificazione del bias dei costi irrecuperabili[29] ed una uguale amplificazione della conjunction fallacy[30].
D’altra parte si è manifestata, negli esperimenti, una attenuazione dell’hindsight bias[31], come pure una diminuzione dell’uso dell’euristica dell’availability[32]. Per molti altri bias ed euristiche i risultati sono stati ambivalenti.

Conclusioni
Tutti questi dati fanno sorgere seri dubbi circa la superiorità delle decisione collegiali, ritenute tali dal buon senso e da autorevoli pensatori, rispetto alle decisioni individuali. Non si tratta solo di un problema di procrastination, come verrebbe spontaneo immaginare. I problemi sono più gravi e più significativi e riguardano la ragionevolezza e la razionalità della decisione. Tale idea della superiorità della decisione collegiale non è, infatti, per nulla confermata dagli esperimenti di laboratorio e dai risultati delle ricerche delle psicologie cognitiva e sociale.

Note

1.  Rawls J., A Theory of Justice, The Belknap Press of Harvard University Press, 358-59, 1971.

2.  Esistono ormai manuali dedicati alle scelte collettive. Uno di essi, molto diffuso ed autorevole, è Forsyth D. R., Group Dynamics, Wadsworth, 2010.

3.  Si definisce bias una deviazione sistematica dalla razionalità come definita dalla teoria economica neoclassica.

4.  Le euristiche sono delle semplificazioni nel ragionamento imposte dalla bounded rationality dell’uomo che spesso portano a risultati efficienti ma che, in date circostanze, determinano costantemente la produzione di bias, cioè deviazioni sistematiche dalla razionalità.

5.  Un importante lavoro sulle conseguenze che si devono trarre, sul piano del diritto, dalla constatazione dell’esistenza dell’effetto polarizzazione è quello di Sustein,The Law of Group Polarization, in The Journal of Political Philosophy, vol. 10, N.2, 175, 2002.

6.  Stoner J.A. F., A Comparison of Individual and Group Decisions Including Risk, tesi di master non pubblicata, School of Management, MIT, 1961; ID, Risky and Cautious Shifts in Group Decisions, in Journal of Experimental Social Psychology, 442, 1968.

7.  Il fenomeno della  polarizzazione del gruppo è stato definito: “among the most robust patterns found in deliberating bodies” (Sunstein C., op. cit, p. 177-9).

8.  Myers D. G e H. Lamm, The Group Polarization Phenomenon, in Psychological Bullettin, vol. 83, n. 4 , 602,1976.

9.  Gli esperimenti sull’attitudine verso De Gaulle e verso gli stati uniti furono compiuti da Moscovici S., e Zavalloni M., The Group as a Polarizer of Attitudes in Journal of Personality and Social Psychology, 1969, 12, 125, 1969.

10.  Sunstein C. , The Law of Group Polarization, nella versione pubblicata sul sito SSRN, disponibile all’indirizzo: http://papers.ssrn.com/paper.tsf?abstract_id=199668, visitato il 21 dicembre 2014.

11.  In modo similare, gli esperimenti hanno mostrato che persone con forti pregiudizi razziali, che discutevano sulla questione del pregiudizio, risultavano alla fine della discussione più razzisti rispetto alle posizioni iniziali. Al contrario, persone lievemente razziste che discutevano fra loro addivenivano a posizioni più morbide. Cfr. Myers D.G. e G. D. Bishop, Discusssion effects on racial attitudes, in Science, n. 169, 778, 1970.

12.  Sunstein,op. ult. cit., p. 7.
A titolo di esempio, si immagini che un individuo decida di andare al cinema e scopre che due movie sono proiettati. Non ha alcuna informazione su di essi e ne sceglie uno a caso mettendosi in fila per il biglietto. Arriva un secondo individuo, anche lui totalmente disinformato circa i movie che verranno proiettati. Vede, peraltro, che la prima persona è in coda per uno di essi. Può sì immaginare che quell’individuo abbia scelto a caso, ma può anche pensare che quella persona sia informata circa il miglior film fra i due. Tenendo conto di questa possibilità lo imiterà e si metterà in coda con lui. Un terzo individuo si presenta e vede due persone in fila per un movie. Penserà che sia quello  più interessante e si metterà in coda anche lui. Il quarto, il quinto e il sesto individuo terranno a maggior ragione lo stesso comportamento. Si sviluppa così una cascata informativa, che può ben essere inefficiente avendo il primo individuo scelto a caso il film da vedere.

13.  Vari esempi di Groupthink sono stati rilevati a livello storico. Un esempio é quello relativo a Pearl Harbor. Si veda Janis Irving L.,  Groupthink: Psychological Studies of Policy Decisions and Fiascoes, Boston, Houghton Mifflin, 1982.

14.   Janis, Irving L., Victims of Groupthink. A Psychological Study of Foreign-Policy Decisions and Fiascoe, Oxford, England: Houghton Mifflin, 1972.

15.  Il fenomeno del Groupthink ha avuto ampia diffusione ed applicazione in vari ambiti delle scienze sociali. Si veda: Turnerm M. E. e  A. R. Pratkanis, Twenty-five years of Groupthink theory and research: lessons from the evaluation of a theory, in Organizational Behavior and Human Decision Processes 73: 105,1998.

16.  Janis I., Victims of Groupthink, cit., p. 249.

17.  Janis I., Victims of Groupthink, cit, p. 254.

18.  Janis I., Victims of Groupthink, cit,  p. 254.

19.  Cline R. J. W., Detecting Groupthink: methods for observing the illusion of unanimity, in Communication Quarterly 38 (2), 112, 1990.

20.  Forsyth D. R., Group Dynamics, cit.,  p. 387.

21.  Forsyth D. R., Group Dynamics, cit.,  p. 387.

22.  Forsyth D. R., Group Dynamics, cit.,  p. 388.

23.  Forsyth D. R., Group Dynamics, cit.,  p. 390.

24.  Wikipedia, voce “Group dynamics”, disponibile all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Groupthink, visitato il 19 dicembre 2014.

25.  Si veda Kerr N. B. e MacCoun R. J., Bias in Judgment: Compsaring Individuaals and Groups, in Psychological Review, 1996, Vol. 103, n. 4, 87.

26.  L’effetto framing indica il fenomeno per cui uno stesso problema, esposto in due modi dissimili, porta a risposte diverse. Un tipico esempio riguarda il caso di un intervento chirurgico rispetto al quale un medico comunica agli intervistati che l’interevento a cui si vogliono sottoporre lascia sopravvivere 800 pazienti su mille. A questa affermazione un certo numero di pazienti decide di sottoporsi all’operazione chirurgica. Se però il medico afferma che su mille persone che si sottopongono all’operazione chirurgica 200 muoiono, molti meno intervistati decidono di sottoporvi. Ma, in realtà, la comunicazione data dal medico nei due modi diversi ha contenuto identico.

27.  L’effetto overconfidence è una tendenza consolidata, in cui la fiducia soggettiva di una persona nelle sue opinioni è  maggiore della precisione obiettiva di tali decisioni, in particolare quando la fiducia è relativamente alta.  Per esempio, in alcuni quiz, persone considerano le loro risposte come “il 99% certe”, ma sono sbagliate il 40% delle volte.

28.  L’euristica della rappresentatività si verifica quando si attribuiscono caratteristiche simili a oggetti simili, trascurando informazioni che potrebbero condurre a conclusioni diverse. Stereotipi e pregiudizi sono un esempio di questo tipo di euristica

29.  Il sunk cost bias si verifica quando individui perseguono una certa strategia dopo aver sopportato dei costi che sono invece diventati in qualche modo non più fruttuosi e quindi non dovrebbero essere calcolati da un decisore razionale. Un esperimento noto riguarda l’utilizzo dei campi da tennis. In una data università esistono campi da tennis al coperto e campi da tennis all’aperto. I primi sono a pagamento e tale pagamento deve avvenire in anticipo mentre i secondi sono gratuiti. I primi sono preferibili quando il tempo è cattivo mentre i secondi sono più piacevoli quando il tempo è assolato. Il comportamento di molti individui è di giocare nei campi coperti anche se il tempo è assolato perché hanno pagato la prenotazione. Ma le spese compiute per il campo coperto non danno più alcun risultato benefico e quindi un decisore razionale dovrebbe scegliere, in una giornata assolata, il campo all’aperto anche se ha pagato anticipatamente per quello scoperto. Ma molti individui, invece, scelgono, pur in tali condizioni, il campo coperto.

30.  La fallacia degli eventi congiunti è un errore formale che si verifica quando si presume che le condizioni specifiche siano più probabili di una sola generale.
L’esempio più spesso citato di questo errore è nato con Amos Tversky e Daniel Kahneman; si deve dire quale fra queste due ipotesi è più probabile:
Linda ha 31 anni, single, senza peli sulla lingua, é molto brillante. Si è laureata in filosofia. Come studente, era profondamente interessata ai temi della discriminazione e della giustizia sociale, e ha anche partecipato a manifestazioni contro il nucleare. Linda lavora in banca.
Cosa è più probabile fra queste due ipotesi?
1)       Linda lavora in  banca.
2)       Linda è una impiegata di banca ed è attiva nel movimento femminista.
Una maggioranza di intervistati sceglie l’opzione 2. Si deve notare che l’opzione 2 è un sottoinsieme dell’opzione 1.

31.  L’hindsight bias è l’inclinazione, dopo il verificarsi di un evento, di vedere l’evento come  prevedibile ex  ante, nonostante che vi sia stata poca o nessuna base oggettiva per predirlo, prima della sua insorgenza. Tale bias si manifesta più generalmente nel ritenere ex post un evento più probabile di quanto lo fosse ex ante.

32.  L’euristica della disponibilità (availability heuristics) rappresenta il fenomeno per cui si tende a stimare la probabilità di un evento sulla base della vividezza e dell’impatto emotivo di un ricordo, piuttosto che sulla probabilità oggettiva. La frequenza di un’informazione è un elemento chiave per trarre delle conclusioni. È particolarmente utilizzata nella formazione delle previsioni ed è la chiave del ragionamento induttivo. Può condurre peraltro a diversi tipi di bias.