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Considerazioni a margine di un provvedimento della Banca d’Italia sull’«entrata in funzione del Single Supervisory Mechanism»

di - 18 Novembre 2014
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Si prescinde, in questa sede, da valutazioni afferenti la mancata regolarità della azione posta in essere dalla Banca d’Italia nella fattispecie dianzi richiamata. Per converso, si auspica che l’autorità di controllo italiana eviti  forme di uso improprio di strumenti e procedure previsti dalla normativa speciale, assumendo – nei casi in cui ciò si sia verificato – iniziative idonee a porre rimedio, sia pur tardivamente, agli squilibri causati. Tale forma d’intervento appare, infatti, l’unica via percorribile al fine di un recupero dell’«affidamento» che, da tempi lontani, la società civile ha riposto nella Banca d’Italia. Errare umanum est, perseverare diabolicum!

6.    Alla luce di quanto precede è opportuno soffermarsi su un ordine di considerazioni di carattere generale, riguardanti la linea decisionale che caratterizza le opzioni interventistiche della nominata autorità di settore, linea sulla quale ci si è intrattenuti nei precedenti paragrafi.
In particolare, sorgono dubbi sulla validità dell’impianto sistemico del settore finanziario italiano incentrato sulla grande dimensione aziendale, modello organizzativo a base della ‘politica di vigilanza’ cui sembrano orientate le recenti scelte della Banca d’Italia. La tendenza verso una ridu­zione numerica delle banche (che ha investito soprattutto gli enti creditizi medio/pic­coli)[23] e la circostanza che l’assetto del  settore bancario risulta ricompattato sotto l’egida di alcuni gruppi creditizi[24] individuano fattori destinati a riflettersi sulla morfologia dell’ordinamento finanziario italiano, segnando un’inevitabile compressione del ‘localismo bancario’ (che, da sempre, ha costituito una prerogativa delle piccole/medio banche e, in particolare, di quelle a struttura cooperativa).
Un incremento nell’applicazione delle  procedure di amministrazione straordinaria per finalità di concentrazione (al di là del loro impiego per la risoluzione di reali situazioni di crisi) interagisce, quindi, negativamente sul ruolo riconosciuto alle banche locali di «agenti integratori» dei distretti industriali.[25] Si incide, altresì, sul positivo radicamento nel territorio di tale tipologia di banche, notoriamente volta allo sviluppo zonale attraverso una serie di interventi mirati al conseguimento di equilibrate forme di crescita dei processi economici e sociali. Del resto, fino ad un passato recente anche insigni esponenti della Banca d’Italia hanno correttamente sottolineato che la costituzione di merca­ti locali del credito, fondati su un’operatività rivolta «prevalentemente al socio-cliente e al territorio di riferimento», trova piena realizzazione «nel caso di cooperative di contenute dimensioni …  per le quali è significativo il controllo svolto dalla collettività».[26]
Se ne deduce che al fine di accertare l’incidenza dell’SSM sul sistema finanziario italiano non potrà prescindersi da verifiche che – nel valutare le politiche di vigilanza domestiche adottate a seguito della sua applicazione – accertino la sorte del localismo bancario e, in particolare, se effettivamente la regolazione europea sia orientata nella direzione che sembra emergere dalle tendenze interventistiche della competente autorità italiana.
Si profila, pertanto, una problematica di grande rilievo in quanto, come è stato sottolineato da un autorevole studioso, non può trascurarsi di considerare che «le banche regionali e locali svolgono un ruolo particolarmente incisivo… come banche di prossimità, in particolare per le micro e le piccole-medie imprese, componente essenziale dell’economia reale».[27] Va da sé che i risultati di opportuni riscontri comparatistici potranno essere d’ausilio nel rilevare come in Europa le banche locali, ben gestite e ben sorvegliate, svolgono un ruolo tutt’ora «fondamentale nel concedere credito a micro imprese, a PMI, alle famiglie».[28]

Note

23.  Tendenza che, per quanto risalente nel tempo (cfr. in particolare i dati pubblicati dalla Banca d’Italia, Relazione al Parlamento e al Governo, anni 2009 e 2011), ora sembra decisamente ampliata, come è dato desumere dai riferimenti richiamati nella precedente nota n. 17.

24.  Si fa presente che già nel 2006 un autorevole esponente della Banca d’Italia ebbe modo di sottolineare che «rispetto al 1994 la dimensione media delle banche e dei gruppi bancari è quasi triplicata», cfr. Saccomanni, Il ruolo delle banche italiane per lo sviluppo del sistema paese, intervento alla X Convention ABI, Roma, Novembre 2006; in senso conforme, Cerasi – Crosato, Dimensione e concentrazione dei gruppi bancari italiani nell’ultimo decennio, in Economia e Politica Industriale, 2009, vol. 3, p. 21 ss.

25.  Cfr. CAPRIGLIONE, Commento sub art. 28 tub, in AA.VV., Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2012, tomo I, p. 348 ss.

26.  Cfr. TARANTOLA, La riforma delle banche popolari, ‘Audizione’ presso la Commissione VI finanze e tesoro del senato del 22 giugno 2011, p. 6.

27.  Cfr. MASERA R., Le banche regionali nel nuovo quadro regolamentare europeo e in un confronto con gli Stati Uniti, cit., paragr. n. 1, ove si fa presente che «lo stesso Regolamento del Consiglio che affida la microsorveglianza alla BCE (1024/2013) sottolinea …(il) .. pieno rispetto per le diversità delle istituzioni creditizie, per le loro dimensioni e per i modelli di business».

28.  Cfr. MASERA R., Le banche regionali nel nuovo quadro regolamentare europeo e in un confronto con gli Stati Uniti, cit., paragr. 6.

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