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Considerazioni a margine di un provvedimento della Banca d’Italia sull’«entrata in funzione del Single Supervisory Mechanism»

di - 18 Novembre 2014
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Ritornano alla mente alcune considerazioni formulate nelle Relazioni della Banca d’Italia negli anni immediatamente successivi all’attivazione della ‘moneta unica’! Anche allora, a fronte della perdita del potere monetario – attraverso l’analisi dei tratti distintivi del ‘SEBC’ – si tenne a precisare ora la partecipazione di tale istituzione  «alla definizione della politica monetaria comune»,[8] ora la circostanza che essa «concorre a determinare la politica monetaria europea» (della quale «cura l’attuazione a livello nazionale»),[9] ora infine l’apporto dato dalla medesima «alla definizione del nuovo quadro istituzionale e organizzativo per la conduzione della politica monetaria comune».[10] Anche allora si voleva, nelle modalità testé indicate, porre rimedio all’erompere di un cambiamento sentito (o, forse, subito) come perdita della propria essenza!
E’ evidente – oggi come nel passato – il tacito intento di contenere la dimensione del processo innovativo in atto, impedendo che se ne possa dare un’interpretazione esorbitante rispetto alla sua reale portata. Da qui i richiami alla nota posizione istituzionale della Banca d’Italia all’interno dell’Eurosistema, nonché alle modalità degli interventi che alla medesima competono in base al complesso normativo che dà contenuto all’SSM; realtà disciplinare, peraltro, ben conosciuta dagli studiosi e dagli operatori, i quali conseguentemente sono messi di fronte ad affermazioni ovvie o, quanto meno, ripetitive sotto il profilo dell’apporto informativo dalle medesime recato.
Si procede, quindi, all’indicazione delle principali modifiche recate dall’SSM all’attività di vigilanza della Banca d’Italia, puntualizzando le funzioni istruttorie di quest’ultima in relazione ad alcune specifiche tipologie di procedimenti che riguardano tutte le banche. In particolare, sono presi in considerazione il rilascio dell’ autorizzazione alla costituzione, la revoca della licenza all’esercizio dell’attività bancaria e l’acquisizione di partecipazioni qualificate; procedure che – pur essendo descritte in modalità conformi alle prescrizioni disciplinari della regolazione europea – sono rappresentate in termini che ascrivono particolare importanza al ruolo della Banca d’ Italia nella definizione delle medesime.
La finalità di esaltare la funzione svolta dalla nostra banca centrale all’interno del Meccanismo unico risulta con chiarezza, oltre che dal tenore complessivo del provvedimento, da alcune specifiche asserzioni nello stesso formulate. Da queste si evince l’intento di sottolineare il peculiare rilievo delle valutazioni, effettuate da detta autorità, in ordine alla «sussistenza delle condizioni di autorizzazione previste dal diritto nazionale», donde la valorizzazione del relativo potere di proposta alla BCE finalizzato al «rilascio dell’autorizzazione»; in tale logica si iscrive, altresì, la volontà di porre l’accento sulla facoltà (consentita «negli altri casi» alla nostra autorità nazionale) di respingere la domanda di abilitazione all’esercizio dell’attività bancaria. Analoga considerazione, infine, si ritiene di poter formulare con riguardo all’intervento di «revoca dell’autorizzazione», nel quale risultano nuovamente affiancate «a seconda dei casi» l’iniziativa della BCE e la proposta della Banca d’Italia; revoca che – si sottolinea nel provvedimento in esame – lascia comunque «fermo … il potere della Banca d’Italia di proporre al MEF la liquidazione coatta amministrativa ai sensi degli artt. 80 e seguenti del testo unico bancario».
Da quanto precede risulta in maniera inequivoca che si è in presenza di un contesto dispositivo orientato al recupero (seppur parziale) del ruolo che per decenni ha caratterizzato la posizione istituzionale della Banca d’Italia nell’ordinamento finanziario italiano. Ciò attraverso una lettura della regolazione europea che – per quanto ineccepibile sul piano giuridico formale – dà la chiara sensazione di dare spazio ad un’interpretazione pro domo sua data dall’autorità di vigilanza nazionale alla normativa dianzi richiamata. Di fondo si intravede la speranza di non intaccare le ‘veteris vestigia flammae’, quasi che queste potessero essere reintegrate da un anacronistico tentativo di far rientrare dalla finestra quel che è uscito dalla porta.

4.     Va, tuttavia, compresa la difficoltà di accettare un cambiamento istituzionale che muta il ruolo storico svolto dalla Banca d’Italia. Dopo la perdita del potere monetario, la traslazione della supervisione bancaria alla BCE segna un nuovo, duro colpo inferto all’immagine dell’Istituto, che ben giustifica il clima di «smarrimento identitario» nella quale esso sembra vivere il passaggio all’SSM. Va condivisa, quindi, la esigenza di puntualizzare, di ribadire i termini e le modalità di tale cambiamento, nell’intento di valorizzare l’offerta di un contributo significativo nel rendere trasparenti i contenuti del processo di riforma in atto, nel facilitarne la conoscenza da parte degli intermediari. Quel che, invece, deve essere senz’altro respinta è  ogni forma (sia pur indiretta) di resistenza al «nuovo» ovvero un’interpretazione del complesso disciplinare di riferimento che vada oltre la sua reale portata; si  rischia, infatti, di ridurre (se non addirittura di vanificare) gli effetti dell’europeizzazione in atto.
In tale premessa, ben vengano i richiami, in altra sede formulati dalla Banca d’Italia, volti a sottolineare l’importanza – nell’attività di prevenzione e repressione della criminalità – della collaborazione da essa prestata congiuntamente all’Unità di informazione finanziaria (UIF) alle «altre autorità per assicurare presidi efficaci contro il riciclaggio che transita attraverso il sistema finanziario».[11] E’ questa, infatti, una  sfera d’azione non ricompresa dal regolatore europeo tra quelle demandate alla BCE,[12] per cui di certo rientra tra le funzioni proprie dell’autorità di vigilanza italiana la verifica «di comportamenti coerenti con il rispetto della legalità». Ciò, ferma restando la necessità di evitare facili sconfinamenti di tale forma di controllo in direzioni che non competono alla Banca d’Italia; eventualità, peraltro, ipotizzabile ove si abbia riguardo alla possibilità di estendere l’ambito degli interventi in parola desumibile dall’assunto che «il rispetto della legalità nell’attività finanziaria è … presupposto della sana e prudente gestione delle istituzioni finanziarie».[13]
Sul punto è bene tener presente che il menzionato pericolo di uno sconfinamento dai limiti imposti dalla regolazione europea è un’ipotesi da non scartare anche alla luce di pregresse linee comportamentali tenute dalla Banca d’Italia: ci si riferisce, in particolare, a quanto è recentemente accaduto nel corso della procedura di ‘rivalutazione’ del capitale di tale istituto.[14] È infatti il caso di ricordare come, in detta occasione, la BCE nell’analiz­zare i diversi aspetti dell’operazione (valutata positivamente ai fini dell’in­dipendenza finanziaria della nostra banca centrale), ha richiamato «l’at­tenzione del Ministero circa il rispetto della procedura di consultazione», racco­mandando un agere prudente e conforme «con i principi e gli obiettivi del SEBC all’atto di effettuazione dell’aumento di capitale»;[15] riserve successivamente ribadite dalla Banca Centrale Europea, la quale ha sottolineato il fatto di non essere stata consultata «sugli emendamenti al decreto legge» n. 133/2013.[16]

Note

8.  Cfr. Relazione della Banca d’Italia per l’anno 2000, Considerazioni finali, p. 3.

9.  Cfr. Relazione della Banca d’Italia per l’anno 2001, Considerazioni finali, p. 3

10.  Cfr. Relazione della Banca d’Italia per l’anno 2003, Considerazioni finali, p. 3

11.  Cfr. VISCO, Contrasto all’economia criminale: precondizione per la crescita economica, intervento al Convegno organizzato da  Banca D’Italia – Fondazione Cirgis (Milano, 7 novembre 2014), p. 8 delle bozze di stampa.

12.   Cfr. CAPRIGLIONE, L’unione bancaria europea, cit., p. 36.

13.  Cfr. VISCO, Contrasto all’economia criminale: precondizione per la crescita economica, cit., p. 9.

14.  Cfr. CAPRIGLIONE, La rivalutazione del capitale della Banca d’Italia. Una complessa vicenda meritevole di chiarimenti, in Apertacontrada, 14 marzo 2014, p. 3; AA.VV., La rivalutazione del capitale della Banca d’Italia, a cura di Capriglione e Pellegrini, Padova, 2014.

15.  Cfr. il parere della BCE del 27 dicembre 2013 relativo all’aumento di capitale della Banca d’Italia.

16.  Cfr. il parere della Banca Centrale Europea del 21 febbraio 2014 sulle modifiche alla governance della Banca d’Italia. per commenti cfr. PELLEGRINI, L’aumento di capitale della Banca d’Italia nella prospettiva europea, in AA.VV., La rivalutazione del capitale della Banca d’Italia, cit., p. 68.

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