L’applicazione del ‘Meccanismo unico di supervisione’ bancaria: una vigilia di ingiustificati timori

Sommario: 1. Il ‘Meccanismo unico di supervisione’ bancaria e l’unitarietà del controllo sulle banche sistemiche. – 2. Il potere d’intervento della BCE e la ‘collaborazione’ delle autorità di vigilanza nazionali. – 3. Segue: profili particolari della ‘competenza esclusiva’ attribuita alla BCE dal regolatore europeo – 4. I benefici della nuova forma di controllo.

1. Il 4 novembre 2014 segna, com’è noto, la data di entrata in vigore del ‘Meccanismo unico di supervisione’ bancaria (SSM), introdotto nel decorso anno dal regolatore dell’UE per dare attuazione all’Unione Bancaria Europea ed effettuare una decisiva ‘svolta’ nel processo d’integrazione in corso. Le difficoltà e le diversità tra i paesi dell’UE, evidenziate dalla recente crisi finanziaria, hanno agito da catalizzatore nella predisposizione di un progetto tecnico volto a realizzare una vigilanza bancaria orientata all’armonizzazione delle fattispecie operative e, pertanto, idonea a rafforzare e migliorare il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati membri.
A fronte degli approfondimenti effettuati dalla dottrina giuridica ed economica relativi al significato, di portata storica, ascrivibile all’innovazione disciplinare in parola[1], emergono tuttavia alcuni dubbi interpretativi nella lettura del ‘regolamento quadro’ (cfr. BCE/2014/468) che delinea detto meccanismo e, dunque, in ordine alla identificazione delle procedure amministrative mediante le quali, dalla data sopra indicata, troveranno svolgimento i rapporti tra le cd. banche sistemiche (ad oggi meno di 150 in grado di controllare l’85 per cento degli asset bancari dell’Eurozona)[2] e le competenti autorità di vigilanza.
Nonostante la chiara definizione normativa delle forme d’intervento assegnate alla BCE – che ha assunto una «competenza esclusiva» nello svolgimento dei compiti di vigilanza prudenziale[3] a seguito dell’affidamento della «responsabilità ultima per tutte le banche dell’area euro»[4]-, la mancanza di puntuali istruzioni preordinate ad assistere i Paesi membri in questa delicata fase di transizione potrebbe far sorgere perplessità con riguardo all’applicazione delle nuove regole. Ci si riferisce, in particolare, all’identificazione dello spartiacque, negli adempimenti di supervisione prudenziale, tra i poteri attribuiti alla BCE e quelli che residuano alle autorità bancarie nazionali.
Per vero, la costruzione disposta dal regolatore europeo è chiara e puntuale per quanto concerne vuoi l’ambito del ‘controllo’ (e, dunque, dei poteri) che connotano il ‘meccanismo unico’, vuoi la conciliabilità dei relativi compiti con la funzione regolamentare riconosciuta all’EBA (l’organismo cui, nella nuova architettura di vertice dell’ordinamento finanziario europeo, spetta uno specifico potere disciplinare)[5]. Più complesse si configurano le modalità in cui i poteri della BCE si relazionano con quelli della competenti autorità domestiche; e ciò non solo per l’avvertito senso di «limitazione di sovranità» (cui fanno eco mai sopite tendenze euroscettiche) insito nell’attivazione dell’SSM, quanto per l’identificazione della reale misura del ridimensionamento, per tal via, recato alle menzionate amministrazioni nazionali.
Nel disegno in esame l’univocità del comando – espressione della particolare posizione riconosciuta alla BCE dalla normativa europea -, per quanto idonea a contrastare vecchi stereotipi e vecchie tensioni (donde il suo specifico rilievo sul piano socio politico), è volta alla predisposizione di una «vigilanza bancaria conforme a standard comuni di livello elevato in tutta la zona euro»[6]. Da qui alcune inevitabili conseguenze connesse alla parità di posizioni dei soggetti abilitati, che saranno orientati al raggiungimento di obiettivi di uniformità ed uguaglianza tra loro; obiettivi cui si ricollegano più elevati ‘livelli di concorrenza’ ed – al contempo – ‘convergenze’, che dovrebbero promuovere innovativi schemi di condivisione e, più in generale, la realizzazione di condizioni di stabilità e progresso.
È evidente come, in tale contesto, il superamento della frammentazione delle forme di controllo (al presente riscontrabile in ambito UE) – nel ricondurre in capo alla BCE gli interventi tipici dell’azione di supervisione (i.e. prevenzione dei rischi, autorizzazione all’operatività di nuovi enti creditizi, valutazione delle partecipazioni qualificate, accertamento dei requisiti patrimoniali minimi, verifica dell’adeguatezza del capitale) – deve avvenire in modalità che non facciano andare disperso il patrimonio conoscitivo delle autorità nazionali di controllo.
Pertanto, se appare ipotizzabile un ridimensionamento di queste ultime (previa riduzione dei margini di discrezionalità che ne hanno caratterizzato l’agere), di certo trovano giustificazione gli interrogativi riguardanti la possibilità di attuare tale disegno con una gradualità rispettosa del ruolo storico svolto dalle autorità sopra menzionate. Inoltre, non vanno sottaciute talune perplessità rappresentate in sede tecnica in ordine al reale superamento del rischio di «potenziale conflitto di interessi che potrebbe derivare dall’eccesiva contiguità tra le attività di politica monetaria e quelle di vigilanza prudenziale»[7]. Più in generale, rilevano i dubbi prospettabili con riguardo alla ‘tutela giurisdizionale’ dei diritti eventualmente lesi da provvedimenti delle autorità di controllo nazionali (i quali, ovviamente, sono ricorribili ai giudici dei paesi di riferimento)[8]; ciò, in considerazione della mancanza (a livello europeo) di apposite forme di raccordo dei giudicati che si formano nei diversi Stati membri, tutela che peraltro non sembra possa essere sostituita dall’azione dell’«Administrative Board of Review», commissione amministrativa incaricata di procedere al riesame interno delle decisioni adottate dalla BCE nell’esercizio dei poteri attribuitile dal regolamento 1024 del 2013.

2. Volendo individuare gli ambiti dei poteri assegnati alla Bce e rispettivamente alle autorità bancarie nazionali, può dirsi che i termini della «collaborazione» che le seconde sono chiamate a svolgere con l’organismo posto al centro del ‘meccanismo unico’ si compendia in un’attività strumentalmente volta a dare contenuto alla cd. vigilanza informativa e ispettiva di competenza della prima. Da qui la funzione decisionale rimessa alla BCE nell’assunzione di provvedimenti idonei alla creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo e quella istruttoria demandata alle amministrazioni domestiche, presso le quali dovranno essere incardinati i procedimenti necessari allo svolgimento delle attività dei competenti uffici della Banca centrale europea.

Conseguentemente gli adempimenti di vigilanza prudenziale degli enti creditizi di livello sistemico andranno canalizzati, a fini istruttori, presso le autorità nazionali di supervisione bancaria; adempimenti che, ovviamente, dovranno essere curati dalle strutture delle capogruppo e da ciascuna banca dei gruppi significativi insediati negli Stati della zona euro o che, pur essendo al di fuori di questa, abbiano aderito all’UBE[9].
Più in particolare, per quanto concerne la realtà italiana, in base alle disposizioni del menzionato regolamento BCE n. 468/2014, dovranno essere presentate alla Banca d’Italia – tra l’altro – le istanze di autorizzazione iniziale per l’accesso all’ attività di nuovi enti creditizi (art. 73); le istanze e le notifiche per l’acquisizione di partecipazioni qualificate in altri enti creditizi (art.85); le notifiche per l’apertura di succursali e la prestazione di servizi transfrontalieri (art.11-12); le notifiche per modifiche nella composizione degli organi sociali (art. 93); le notifiche relative a fatti nuovi che incidano sull’idoneità dei componenti degli organi sociali (art. 94).
Si delinea, quindi, un ampio quadro d’intervento delle autorità nazionali a fronte del quale appare significativa la previsione in base alla quale, per le istanze o notifiche relative a misure di vigilanza per rischi sistemici o macroprudenziali, resta competente l’autorità nazionale, qualora tali misure non siano decise dalla BCE (art.5 regolamento UE n.1024/2013). Ed invero, si è in presenza di un criterio ordinatorio che, nella definizione degli indicati ambiti di competenze, si richiama al principio di sussidiarietà e, dunque, non consente di ipotizzare letture della normativa in esame volte ad estendere le forme di controllo che residuano alle autorità nazionali, atteso che il regolatore europeo ha inteso far «salve le competenze delle autorità competenti degli Stati membri partecipanti a assolvere i compiti di vigilanza non attribuiti … alla BCE, e i relativi poteri» (art. 1 regolamento UE n. 1024/2013).
Sicchè, la cautela è d’obbligo in sede d’applicazione della normativa europea, dovendo escludersi ogni tentativo di far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta!
Pertanto, come ho già avuto modo di sottolineare in altra occasione, sembrano poco aderenti allo spirito della regolazione in esame tesi interpretative che – facendo leva sul principio secondo cui «nell’Unione la competenza a vigilare sulle singole banche resta principalmente a livello nazionale» (considerando n. 4 del nominato regolamento) – pervengono alla conclusione di essere in presenza, nella fattispecie, di un riparto elastico di competenze[10]. Da qui la critica all’opinione secondo cui l’apparato a formazione mista (nazionale ed europeo) previsto dalla normativa riserverebbe tuttora agli organismi domestici di vigilanza un’ampia sfera potestativa[11].

3. Va da sé che, alla luce di quanto precede, le procedure di vigilanza prudenziale (negli ambiti definiti dall’art. 4 del regolamento UE n. 1024/2013), a partire dalla data del 4 novembre 2014, dovranno essere gestite dalla BCE. Naturalmente quest’ultima estende la sua competenza anche sulle succursali e filiazioni di ‘gruppi bancari’ a rilevanza sistemica insediati (o che si intendano allocare) in Stati dell’Unione non aderenti al ‘meccanismo unico’ (come è dato desumere dal disposto dell’art. 4, comma 2, Regolamento UE n. 1024 del 2013)[12]. È significativo al riguardo il trasferimento della vigilanza consolidata alla BCE, espressamente disposto dalla normativa europea (art. 4, comma 1, Regolamento UE n. 1024/2013), fermo restando che, sul piano delle concretezze, quest’ultima «dovrebbe tenere debitamente conto di un giusto equilibrio tra il coinvolgimento di tutte le autorità nazionali competenti interessate, in linea con le responsabilità stabilite nel diritto applicabile dell’Unione in materia di vigilanza su base individuale e di vigilanza su base subconsolidata e consolidata», come puntualmente sottolinea il considerando n. 52 del più volte menzionato regolamento (UE) n. 1024/2013.
Il regolatore europeo ha assegnato una competenza esclusiva alla BCE, donde il trasferimento dei compiti di vigilanza che interessa sia le decisioni attinenti lo svolgimento delle procedure amministrative canalizzate (solo per l’istruttoria) presso le autorità nazionali, sia l’esercizio delle funzioni espletate direttamente dagli uffici centrali di tale autorità. Si è in presenza, peraltro, di un potere d’intervento che deve avvalersi dell’ausilio e della expertise delle autorità nazionali per quanto concerne la definizione della struttura del mercato (che investe anche gli enti creditizi non significativi), laddove è rimessa alla decisione della sola BCE l’assunzione degli specifici provvedimenti che danno contenuto alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi sistemici.
Si tratta di un insieme assolutamente rilevante di competenze che includono in primo luogo la puntualizzazione dei requisiti in materia di fondi propri, cartolarizzazioni, grandi rischi, liquidità, leva finanziaria, segnalazione e informativa al pubblico sui requisiti prudenziali. Viene, poi, in considerazione la definizione dei requisiti riguardanti i dispositivi di governo societario, i processi di gestione dei rischi, i meccanismi di controllo interno, le politiche e prassi di remunerazione, i modelli interni ed i processi ICAAP.
Sono, quindi, rimesse alla BCE valutazioni particolarmente complesse che ricomprendono, tra l’altro, quelle concernenti le prove di stress e del comprehensive assessment, i citati interventi di vigilanza consolidata e di vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari, i piani di risanamento delle banche[13]. All’uopo detta autorità è chiamata ad applicare non solo il regolamento europeo n. 1024/2013, ma l’intero «diritto dell’Unione, compresi tutto il diritto primario e derivato dell’Unione, le decisioni della Commissione in materia di aiuti di Stato, le regole di concorrenza e sul controllo delle concentrazioni e il corpus unico di norme applicabile a tutti gli Stati membri», come viene precisato nel considerando n. 32 di detto regolamento.

Nel delineato contesto, va ovviamente ricordato che, a fondamento di un corretto esercizio delle funzioni di vigilanza in parola, appare indispensabile una continuità di flussi informativi tra la BCE e le autorità bancarie nazionali, in quanto la prima non potrà prescindere – nello svolgimento dei compiti a lei demandati – dal riferimento alle particolarità delle fattispecie su cui deve intervenire (donde la necessaria conoscenza di queste ultime, realizzata per l’appunto con il concorso operativo delle amministrazioni che direttamente interagiscono col territorio). Si spiega, quindi, la ratio delle prescrizioni normative che dotano la BCE di consistenti poteri che includono l’acquisizione di informazioni e documenti, l’avvio di indagini generali o specifiche, la prescrizione di requisiti e condizioni particolari (cfr. artt. 9 – 16 del Regolamento UE n.1024/2013).
Naturalmente, restano appannaggio esclusivo delle autorità di controllo domestiche le materie escluse dall’ambito della vigilanza prudenziale tra le quali rilevano gli interventi attinenti l’antiriciclaggio e l’antiterrorismo, nonché l’ampia gamma di provvedimenti normativi in tema di intermediari finanziari non bancari[14]. Ciò non esclude che, in prospettiva, sia prevedibile un’ulteriore estensione della supervisione del ‘meccanismo unico’ anche a tale materia; estensione ispirata al criterio della «unitarietà» della funzione di vigilanza, indispensabile per il conseguimento dell’interesse generale alla stabilità complessiva del sistema finanziario.

4. A ben considerare, forse, le motivazioni del diffuso senso di timore che, con riferimento all’Italia, sembra connotare le aspettative di taluni intermediari bancari alla vigilia dell’entrata in vigore dell’SSM vanno ricercate non tanto nella identificazione delle modalità d’intervento della BCE (e, dunque, nella portata dei provvedimenti che a quest’ultima fanno capo) quanto in ragioni che afferiscono all’intrinseco significato del cambiamento cui sono esposti.
Come si è sinteticamente rappresentato nelle pagine che precedono, il regolatore europeo – nel disegnare il complesso interventistico che deve orientare il perseguimento della ‘sana e prudente gestione’ delle banche a rilevanza sistemica – ha correlato la realizzazione di più elevati livelli concorrenziali (all’interno del mercato bancario) al criterio della omogeneizzazione degli intermediari creditizi nella sottoposizione alla disciplina speciale applicata dall’autorità posta al vertice del ‘meccanismo unico’. Ed invero, la lontananza di quest’ultima dalle differenti entità controllate è garanzia di parità di trattamento; ciò in quanto la composizione transnazionale degli organi della BCE, attraverso un’auspicabile conciliabilità delle diverse posizioni, assicura, nell’esercizio della vigilanza, il superamento di possibili ‘condizionamenti dal basso’ (i.e. provenienti dai ‘grandi gruppi’ che nei differenti paesi identificano, per l’appunto, gli intermediari sistemici). Sicchè, con riguardo al nostro Paese, può intravedersi la fine di un’era caratterizzata da un agere dell’autorità nazionale che, nel passato, aveva consentito ad un attento studioso di individuare, sul piano sistemico, i presupposti idonei a legittimare l’inquadramento della nostra banca centrale alla stregua di ente ‘esponenziale’ del settore creditizio, in quanto portatrice (in sede istituzionale) degli interessi della categoria di riferimento[15].
La supervisione – divenuta ora equidistante rispetto a tutti gli intermediari a rischio sistemico – nelle scelte decisionali dell’autorità europea si presenta, dunque, con una veste di accresciuta oggettività, che per le ragioni testé esposte può essere riguardata in chiave di maggiore rigore interventistico. Ciò anche in considerazione del fatto che il legislatore europeo ha affiancato al meccanismo ‘unico’ di vigilanza quello per la risoluzione delle crisi bancarie il quale si compendia in un insieme di strutture e tecniche procedurali che, sul piano delle concretezze, conferiscono unicità all’azione posta in essere, superando le carenze esistenti nella regolazione europea in materia di risanamento delle banche incorse in situazioni di patologia aziendale e, dunque, della connessa procedura di liquidazione (risalente alle prescrizioni della direttiva 2001/24/CE)[16].
Da qui non solo l’istanza all’introduzione di nuovi meccanismi ordinatori delle crisi volti ad interagire sulle pregresse logiche di ‘socializzazione delle perdite’, desumibile dal riferimento alla direttiva 2014/59/UE e al regolamento (UE) n. 806 del 2014, cd. SRM,[17] bensì l’ipotizzabile disapplicazione del noto principio del too big to fail, che fino ad oggi ha posto al riparo le grandi banche dal rischio di essere sottoposto a procedure di gestione delle crisi (ed il caso Montepaschi docet, per quanto concerne l’Italia).
Non altrettanto significativa sembra essere l’incidenza della nuova regolazione europea sull’utilizzo (in futuro) degli strumenti disciplinari relativi alle crisi per finalità di cd. razionalizzazione sistemica; intervento per solito praticato dalla nostra autorità di vigilanza unicamente nei confronti delle banche di medio/piccola dimensione. L’attuale assoggettamento di queste ultime alla esclusiva supervisione delle autorità domestiche legittima un’ipotesi siffatta, la quale sembra avvalorata dal riferimento al rilevantissimo numero di commissariamenti che sono stati disposti dalla Banca d’Italia nell’ultimo anno[18]! Laddove, poi, dette procedure di amministrazione straordinaria si risolvano nella riconduzione delle banche commissariate nell’ambito di un ‘gruppo creditizio’ a rilevanza sistemica sembra legittimo il dubbio che tale politica interventistica (nel penalizzare le esigenze dello sviluppo zonale) si iscriva in una logica di deresponsabilizzazione (quanto meno formale) dell’esercizio della supervisione bancaria; ciò, anche se tale linea guida sembra rispondente all’orientamento europeo che guarda positivamente la concentrazione degli intermediari creditizi in vista del rafforzamento del settore. D’altronde, in prospettiva, l’azione di vigilanza sulle banche non sistemiche potrà rientrare (almeno in astratto) nell’ambito dell’SSM e, quindi, in ultima analisi nei poteri di indirizzo della BCE, la quale prima o poi potrebbe decidere di intervenire al riguardo (art. 6, comma 5, lett. b, Regolamento UE n. 1024 del 2013)[19].
È evidente, allora, come le innovazioni disciplinari recate con la realizzazione dell’UBE possano essere avvertite con preoccupazione. A ciò si aggiunga l’incertezza riveniente dalla annunciata nuova composizione della Commissione europea guidata da Junker, nella quale la nuova ‘Direzione Generale’ destinata ad occuparsi di stabilità finanziaria, servizi finanziari e unione dei mercati è stata affidata all’inglese Jonathan Hill, pur ricoprendo un’area nella quale sono presenti elementi di Banking Union e che si caratterizza per previsioni di cooperazione con il Single Resolution Board e con le ESAs, attività tutte che si scontrano con la tendenza del Regno Unito a non riconoscere forme di devoluzione di poteri a favore delle istituzioni europee[20].
A fronte di siffatta realtà ritorna alla mente il manzoniano monito “omnia munda mundis”; esso sta ad indicarci che la ‘correttezza comportamentale’ e la ‘sana e prudente gestione’ delle banche italiane dovrebbe di per sé allontanare (dalle medesime) ogni dubbio in ordine alla loro sorte futura. Orienta in tal senso, altresì, la certezza che viene da una guida, come quella della BCE, nella quale il rigore si coniuga con l’abbandono di ogni forma di discrezionalità (cui talora può accompagnarsi l’eccesso di potere).

Note

1.  Cfr. tra gli altri WYMEERSCH, The European Banking Union. A first Analysis, Universiteit Gent, Financial Law Institute, WP, 2012-07, ottobre 2012, p. 1; AA.VV., Dal testo unico bancario all’Unione bancaria: tecniche normative e allocazione di poteri (Atti del convegno organizzato dalla Banca d’Italia, Roma, 16 settembre 2013), in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, n. 75; SARCINELLI, L’unione bancaria europea e la stabilizzazione dell’ Eurozona, in Moneta e credito, 2013, p. 7 ss;  CAPRIGLIONE, L’unione bancaria europea, Torino, 2013.

2.  Per vero, a fronte della puntualizzazione contenuta nel saggio di MANCINI, Dalla vigilanza nazionale armonizzata alla Banking Union, in  Quaderni di Ricerca Giuridica della Banca d’Italia, n. 73, secondo cui la platea «sottoposta al controllo diretto della BCE ..(è).. stimabile in circa 150 banche europee» (p. 17), di recente la BCE (Guida alla vigilanza bancaria, settembre 2014, p. 10) ha precisato che essa «esercita la vigilanza diretta su … circa 120 gruppi che rappresentano approssimativamente 1200 soggetti vigilati».

3.  Cfr. GUARRACINO, Dal meccanismo di vigilanza unico (ssm) ai sistemi centralizzati di risoluzione delle crisi e di garanzia dei depositi: la progressiva europeizzazione del settore bancario, in Riv. trim. dir. ec., 2012, I, p. 207ss.

4.  Cfr. VISCO, Intervento alla 88° Giornata mondiale del risparmio, Roma, 31 ottobre 2012, p. 12.

5.  Cfr. GUARRACINO, Supervisione bancaria europea (Sistema delle fonti e modelli teorici), Padova, 2012, passim; CAPRIGLIONE e TROISI, L’ordinamento finanziario dell’UE dopo la crisi, Torino, 2014, capitolo II.

6.  Cfr. Relazione alla ‘Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio’, documento COM(2012) 511, par. n. 1.

7.  Cfr. SIGNORINI, L’unione bancaria, audizione presso la Commissione VI della Camera dei Deputati (Finanze) tenuta il 22 novembre 2012, ove si fa riferimento al Supervisory Board, organo di nuova istituzione presso la BCE composto da quattro membri designati dal Comitato esecutivo e da due membri eletti dal Consiglio direttivo di quest’ultima, nonché «da un componente per ciascuno Stato aderente al Single Supervisory Mechanism, designato dalle autorità di vigilanza nazionali» (p. 9).

8.  Cfr. art. 14, commi 2 e 4, Regolamento (UE) n. 1024 del 2013.

9.  Al riguardo è il caso di ricordare che, nonostante talune analisi (condotte nel riferimento a criteri fondati sul rapporto costi/benefici) abbiano dimostrato che U.K. e Svezia possono annoverarsi tra i principali beneficiari dell’adesione all’UBE, l’adesione non è stata richiesta da tali Paesi. In letteratura cfr. SCHOENMAKER – SIEGMANNB, Efficiency Gains of a European Banking Union, Duisenberg School of Finance –VU University Amsterdam, January 31, 2013, p. 17; ONNORUDING, The Contents and Timing of a European Banking Union: Reflections on the differing views, CEPS Essay, 30 novembre 2012, p. 3, on website www.ceps.eu., ove si precisa «the UK has already declared its intention to opt-out», anche se «its first signal was that it would not block the proposal as such».

10.  Cfr. CAPRIGLIONE, L’unione bancaria europea, cit. p. 41.

11.  Cfr. CLARICH, La vigilanza bancaria, tra ordinamento nazionale e ordinamento europeo, relazione al convegno «Verso la vigilanza unica in Europa», organizzato dalla Banca d’Italia, Roma 17 giugno 2013.

12.  Cfr. BCE, Guida alla vigilanza bancaria, cit., loc. cit.

13.  Cfr. BCE, Guida alla vigilanza bancaria, cit., loc. cit.

14.  Cfr. CAPRIGLIONE, L’unione bancaria europea, cit. p. 36.

15.  Cfr. DE VECCHIS, Commento sub artt. 20 ss l.b., in AA.VV., Codice commentato della banca, Milano, 1990. Tomo I, p. 197 ss.

16.  Cfr. CAPRIGLIONE e TROISI, L’ordinamento finanziario dell’UE dopo la crisi, cit., p. 87 ss.

17.  Cfr. COMMISSIONE EUROPEA, Finalising the Banking Union: European Parliament backs Commission’s proposals (Single Resolution Mechanism, Bank Recovery and Resolution Directive, and Deposit Guarantee Schemes Directive), STATEMENT/14/119, 15 aprile 2014.

18.  Ci si riferisce, in particolare, al significativo numero di ‘procedure di amministrazione straordinaria’ esistente alla  data del 29 settembre 2014, quale risulta dall’elenco pubblicato sul sito www.bancaditalia.it/vigilanza/avvisi/elenco/ Amm_straord.pdf

19.  Cfr. BCE, Guida alla vigilanza bancaria, cit., loc. cit.

20.  Cfr. il Comunicato stampa della Commissione del 10 settembre 2014, nel quale tra le novità si menziona «the new Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union portfolio (under Jonathan Hill) will focus the existing expertise and responsibility in one place, a newly created Directorate-General, and ensure the Commission remains active and vigilant in implementing the new supervisory and resolution rules for banks».