Un nuovo approccio al “trilemma energetico”. L’attuazione della direttiva 2012/27/UE e le prospettive dell’efficienza energetica in Italia.

1. Il “trilemma energetico”. 2. Le tre “mosse” per raggiungere l’obiettivo della riduzione dei consumi: la direttiva 2012/27/UE 3. Cosa cambierà in ambito nazionale. 3.1 Il comparto edilizio. 3.2 Le novità in ambito industriale. 3.3 Le modalità di finanziamento. 3.4 L’obiettivo di risparmio nazionale nella distribuzione e vendita di energia finale. 4. Aspetti critici e proposte.

1. Il “trilemma energetico”.
Oltre che fattore di crescita economica, l’energia è sinonimo di benessere sociale. Non a caso, l’evoluzione industriale degli ultimi cinquant’anni ha avuto come minimo comun denominatore il ricorso sempre maggiore all’energia primaria: a livello mondiale, si è registrato un aumento dei consumi del 40 % tra il 1980 ed il 2010, scenario che ha buone probabilità di confermarsi da qui al 2035, in base alle stime dell’International Energy Agency. Secondo il World Energy Outlook 2013, il consumo di energia al 2035 potrà aumentare di un terzo e le fonti fossili seguiteranno a fornire il 76% del fabbisogno energetico, rischiando di spingere il mondo verso un aumento di temperatura di 3,6 °C rispetto ai livelli preindustriali. Un terzo di tale aumento sarà dovuto alle economie emergenti, in particolare Cina, India e Medio Oriente, dei veri e propri “divoratori” di energia, che minacciano di superare Stati Uniti ed Europa nei prossimi anni[1].
Una prospettiva insostenibile, a fronte di un problema di scarsità delle risorse ed a quello, sempre più pressante, dei cambiamenti climatici indotti dall’utilizzo di energia proveniente da risorse non rinnovabili.
Diviene dunque necessario impostare delle politiche che possano invertire questo trend e dare una soluzione a quello che, da più parti, è stato denominato “trilemma energetico[2]: energy security, ovvero la possibilità di garantire la disponibilità fisica ininterrotta di energia; energy affordability and competitivness, ovvero la possibilità di garantire la disponibilità di energia a prezzi accessibili e sostenibili per i consumatori; environmental sustainability, ovvero la necessità di minimizzare gli impatti ambientali dei sistemi energetici.
In poche parole: energia sicura, energia accessibile, energia nel rispetto dell’ambiente.
L’efficienza energetica [3] è un valido strumento per affrontare tali sfide. Riducendo il consumo di energia primaria si riducono le emissioni di gas serra e, al contempo, le importazioni di combustibili, migliorando la sicurezza degli approvvigionamenti. D’altro canto, un’economia più efficiente sotto il profilo energetico consente di accelerare la diffusione di soluzioni tecnologiche innovative e di migliorare la competitività dell’industria, rilanciando la crescita economica e la creazione di posti di lavoro.
Si tratta di un approccio rivoluzionario al “trilemma” energetico, che capovolge la “teoria della crescita” (e del consumo) che regola il nostro sistema economico e che, anche per questo motivo, ha trovato alcuni ostacoli sulla sua strada. Ciò non ha impedito, tuttavia, che il tema dell’efficienza energetica divenisse centrale nell’ambito dei tavoli istituzionali.

2. Le tre “mosse” per raggiungere l’obiettivo della riduzione dei consumi: la direttiva 2012/27/UE.
A livello europeo, l’apice di questo percorso è stato raggiunto con l’emanazione, il 25 ottobre 2012, della direttiva 2012/27/UE[4].
Frutto di lunghi e travagliati compromessi[5], la direttiva mira alla riduzione dei consumi di energia primaria del 20% entro il 2020, ovvero un risparmio di circa 368 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio[6] rispetto agli scenari di previsione per lo stesso anno. Essa rappresenta il terzo pilastro del cd. “Pacchetto clima-energia”, la strategia comune su rinnovabili, efficienza energetica ed emissioni di gas serra varata dal Consiglio UE nel marzo del 2007[7].
Cancellando i confini tra politiche per la lotta ai cambiamenti climatici e politiche energetiche, il Pacchetto 20-20-20 stabilisce tre obiettivi da raggiungere entro il 2020, prendendo come riferimento i dati relativi all’anno 1990: (i) ridurre le emissioni di gas serra del 20% (o del 30% in caso di accordo internazionale); (ii) soddisfare il 20% del fabbisogno energetico europeo con le energie rinnovabili; (iii) ridurre i consumi energetici del 20%, tramite l’efficienza energetica.
La direttiva 2012/27 assolve proprio a tale ultimo scopo e disegna un quadro comune per promuovere l’efficienza energetica in Europa, fissando obiettivi vincolanti in tema di riduzione del fabbisogno e trasparenza del mercato, indicando le strategie per raggiungerli in tempi definiti (entro il 31 dicembre 2020) e, soprattutto, prevedendo sanzioni in caso di inadempienza.
Ciascuno Stato membro deve farsi carico di una “fetta” dell’obiettivo cumulativo al 2020, fissando il proprio target nazionale di efficienza energetica[8]. Il taglio dei consumi dovrà ottenersi tramite azioni specifiche ripartite tra tre comparti: edilizio, industriale, distribuzione e vendita dell’energia. La direttiva ha, infatti, tre macro obiettivi: l’efficientamento del parco edilizio della pubblica amministrazione; l’imposizione in capo alle imprese di grandi dimensioni di analisisullo stato dei consumi energetici; la riduzione dei volumi di vendita di energia ai clienti finali.
In relazione al comparto edilizio, il ruolo centrale è svolto appunto dall’edilizia pubblica[9]. La direttiva suggerisce che le amministrazioni centrali riqualifichino energeticamente ogni anno il 3% della superficie coperta utile totale degli edifici di loro proprietà, portando gli edifici ristrutturati a rispettare almeno i requisiti minimi di prestazione energetica stabiliti in base all’art. 4 della direttiva 2010/31/CE [10]. Questo aspetto sarà particolarmente critico per la pubblica amministrazione italiana, dato lo stato di vetustà della maggior parte del suo patrimonio edilizio, e comporterà sforzi notevoli ed interventi piuttosto complessi perché siano rispettati i requisiti prescritti dal testo europeo. Si prevede poi che gli enti pubblici affittino o acquistino solo edifici ad alta efficienza energetica e che gli stessi standard siano applicati a tutti gli acquisti e le spese del settore pubblico[11].

In ambito industriale, la direttiva promuove il ruolo dell’audit energetico[12], imponendo alle grandi imprese l’obbligo di sottoporsi a diagnosi energetiche ogni quattro anni a partire dal 5 dicembre 2015. Le diagnosi devono essere svolte in maniera indipendente da esperti qualificati o accreditati secondo specifici criteri di selezione. Le imprese dovranno poi attuare le raccomandazioni risultanti dalle analisi e procedere ad interventi di efficientamento, ove dovuti. Il tutto sotto l’occhio vigile di “Autorità indipendenti”, preposte al controllo secondo la legislazione nazionale[13].
Infine, il ruolo delle società distributrici e venditrici di energia: a questi ultimi soggetti sono assegnati obiettivi minimi di risparmio energetico (ovvero, di riduzione della vendita di energia ai clienti finali – imprese, industrie e famiglie) pari all’1,5% delle vendite medie annue di energia, a partire dal 2014.
Per far tutto questo, è previsto che gli Stati creino appositi fondi nazionali, o agevolino l’istituzione di strumenti finanziari o il ricorso a quelli già esistenti[14].
Una serie di imposizioni tutt’altro che banali, che sembrano segnare una svolta epocale nel modo di intendere il sistema energetico europeo. L’Italia, tuttavia, parte in ritardo: il testo della direttiva doveva essere trasposto entro e non oltre il 5 giugno 2014, ma solo il 4 aprile scorso il Ministro per i Rapporti con il Parlamento ha trasmesso ai Presidenti di Camera e Senato lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva. Il testo, approvato in via definitivanel Consiglio dei Ministri del 30 giugno scorso, è stato pubblicato sulla G.U. n. 165 del 18 luglio[15], ed è entrato in vigore il giorno successivo.

3. Cosa cambierà in ambito nazionale.
In realtà, in termini di efficienza energetica l’Italia parte da un buon livello medio. La fotografia che emerge dal Rapporto Annuale 2012 dell’ENEA[16] è quella di un Paese che sta incrementando i propri sforzi a favore della riduzione dei consumi: nel 2012, il volume dei risparmi complessivi ha raggiunto i 73.000 GWh/anno, quasi il 30% in più rispetto al 2011[17], pari a circa 1 punto percentuale dell’indice di efficienza energetica rispetto all’anno precedente. Il Rapporto attesta inoltre il buon posizionamento dell’Italia nel contesto europeo in termini di intensità energetica[18]. Rispetto ad altri paesi con simile sviluppo industriale, l’intensità energetica primaria dell’Italia è inferiore del 6,3% rispetto a quella della Germania e del 18,2% rispetto a quella della Francia, anche se superiore rispetto a quella del Regno Unito (+14,6%).
Questi risultati sono stati raggiunti anche grazie al ricco ventaglio di strumenti di promozione delle politiche di risparmio energetico posti in essere negli ultimi anni[19], sulla base delle indicazioni europee. Il decreto approvato dal Governo recepisce quasi testualmente le disposizioni della nuova direttiva e le inserisce nel quadro degli strumenti già vigenti a livello nazionale.
Il target di riduzione dei consumi di energia al 2020, che era stato fissato nell’ambito della Strategia Energetica Nazionale adottata con decreto interministeriale l’8 marzo scorso[20], viene così aggiornato in base alle nuove indicazioni provenienti dall’Unione. L’Italia si fa carico di una “fetta” di risparmio energetico pari a 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio dei consumi di energia primaria[21], conteggiati a partire dal 2010. Al raggiungimento dell’obiettivo nazionale possono concorrere anche le Regioni, con il coinvolgimento degli Enti Locali, in attuazione dei propri strumenti di programmazione energetica.
Le maggiori novità apportate dal decreto riguarderanno quelle che abbiamo visto essere le tre “linee guida” della direttiva 2012/27. Si tratta degli interventi annuali di riqualificazione energetica sugli immobili della pubblica amministrazione, la previsione dell’obbligo per le grandi imprese e le imprese energivore di eseguire diagnosi di efficienza energetica e l’istituzione di un Fondo nazionale per l’efficienza energetica per la concessione di garanzie o l’erogazione di finanziamenti. A parte, il tema degli obblighi di risparmio in capo ai distributori/venditori di energia, che viene invece affidato a strumenti già in vigore (Titoli di Efficienza Energetica, detrazioni fiscali, Conto Termico).

3.1 Il comparto edilizio.
Come previsto dalla direttiva, il decreto stabilisce che le amministrazioni centrali dello Stato[22] siano tenute, a partire dal 2014 e sino al 2020, a realizzare interventi di riqualificazione energetica sugli edifici di loro proprietà o da esse occupati, per almeno il 3% annuo della superficie coperta utile c1imatizzata[23].
Anche gli altri edifici pubblici, nonché gli edifici privati, sono interessati dal decreto, che prevede che l’ENEA predisponga un piano di medio – lungo termine per la riqualificazione di tutto il parco edilizio nazionale, residenziale e commerciale, nell’ambito dei Piani d’azione nazionali per l’efficienza energetica (i cd. PAEE).
Il programma degli interventi relativo alle amministrazioni centrali, invece, sarà definito dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’ambiente, sentito il Ministero delle infrastrutture e trasporti, in collaborazione con l’Agenzia del demanio, entro il 30 novembre di ogni anno a partire dal 2014, in base alle proposte presentate entro il 30 giugno[24] precedente dalla stesse amministrazioni interessate. Le modalità per l’esecuzione di tali interventi saranno definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto. La concreta realizzazione degli efficientamenti sarà appannaggio delle strutture operative dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del Ministero delle infrastrutture e trasporti, ove occorra in avvalimento e con il supporto delle amministrazioni interessate.

Il tutto, “senza nuovi o maggiori oneri” per la finanza pubblica: l’attuazione dei programmi di riqualificazione energetica sarà finanziata con risorse a valere sul già citato Fondo rotativo per l’efficienza energetica.
In realtà, l’obbligo di riqualificazione rischia di rimanere lettera morta o degradare a mero adempimento burocratico, dal momento che non è previsto un sistema di controlli, né uno strumento sanzionatorio che garantisca il raggiungimento degli obiettivi imposti in sede europea. Il decreto prevede che siano le stesse amministrazioni a predisporre, entro il 31 dicembre di ogni anno, un “comunicato” sullo stato di conseguimento degli obiettivi ai Ministeri competenti all’adozione del programma di efficientamento. Si richiede poi che le imprese che effettuano la fornitura di energia per utenze intestate a una pubblica amministrazione centrale comunichino all’ENEA, entro il 31 gennaio di ciascun anno, i consumi annuali di ognuna delle utenze relativi all’anno precedente. L’ENEA renderà pubblici questi dati, dandone opportuna informazione sul suo sito istituzionale.
L’accertamento dell’attuazione delle disposizioni sembra dunque rimesso ad una sorta di “monitoraggio pubblico” dei risparmi conseguiti, che dovrebbe garantire il rispetto delle “good practices” imposte dall’Unione europea. Entrambe le soluzioni appaiono, tuttavia, non molto incisive nei confronti di una pubblica amministrazione cui sono richieste ingenti spese e che si trova già alle prese con i recenti tagli della “spending review”.

3.2 Le novità in ambito industriale.
Viceversa, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie di una certa entità[25] nei confronti delle aziende che non si sottopongano alle diagnosi energetiche imposte dall’art. 8 del decreto. I soggetti obbligati sono le grandi imprese e le imprese ad elevato consumo di energia, indipendentemente dalle dimensioni. Tali aziende hanno tempo sino al 5 dicembre 2015 per effettuare analisi sul proprio stato di efficienza nei consumi [26] e, in un secondo momento, realizzare gli interventi che si rendano necessari. Successivamente, dovranno procedere alle diagnosi ogni 4 anni. L’ENEA dovrà predisporre un registro informatizzato delle imprese obbligate e procedere ad accertamenti a campione sulle diagnosi svolte, sia a livello documentaleche in situ, comunicando al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente entro il 30 giugno di ogni anno lo stato di attuazione dell’obbligo ed un rapporto di sintesi sull’attività diagnostica svolta e sui risultati raggiunti[27].

3.3 Le modalità di finanziamento.
Tutte le nuove attività e gli obblighi previsti dal decreto potranno essere finanziati a mezzo del nuovo “Fondo nazionale per l’efficienza energetica”, che verrà istituito presso il Ministero dello sviluppo economico e che dovrebbe contribuire a dare una soluzione al problema della “bancabilità” dei progetti di efficienza energetica. Nel fondo saranno, in realtà, riallocate le risorse del Fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento previsto dal d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28[28], nonché una quota dei proventi derivanti dalla vendita all’asta delle quote di emissione di C02 destinate ai progetti energetico – ambientali[29]. Esso potrà essere eventualmente integrato con le risorse derivanti dagli strumenti di incentivazione comunitari (fondi strutturali), nazionali e locali dedicati all’efficienza energetica. Le modalità di funzionamento e di intervento del Fondo saranno definite con uno o più decreti, da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, acquisito il parere della Conferenza Unificata.
In realtà, i valori dei proventi da cui sarà alimentato il Fondo risultano piuttosto bassi[30]. C’è da considerare che oggi si hanno ancora molte remore a investire nell’efficienza energetica, settore non “core business”, il cui problema principale è proprio l’accesso al credito.

3.4 L’ obiettivo di risparmio nazionale nella distribuzione e vendita di energia finale.
Infine, come anticipato, l’obbligo di risparmio sulle vendite medie annue di energia ai clienti finali in capo ai distributori/venditori di energia[31] viene affidato a meccanismi già in vigore, in particolare ai Certificati Bianchi, le detrazioni fiscali e il cd. “Conto termico” [32]. I Certificati Bianchi dovranno assicurare il raggiungimento almeno del 60% dell’obiettivo di risparmio energetico cumulato totale, mentre il restante 40 % sarà ottenuto attraverso le altre due misure di incentivazione. Il GSE e l’ENEA saranno tenuti a redigere due rapporti intermedi (nel 2016 e nel 2018), al fine di monitorare lo stato di conseguimento dell’obiettivo. Ove da tali rapporti dovesse risultare un volume di risparmi insufficiente rispetto al target fissato, il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell’ambiente dovranno intervenire ed introdurre misure di potenziamento del sistema dei TEE o nuove misure in grado di dare maggiore efficacia alle politiche di promozione dell’efficienza energetica[33].
In realtà, il Governo non si discosta dall’obiettivo minimo di risparmio, indicato come vincolante nella direttiva, equivalente al conseguimento ogni anno di una riduzione pari all’ 5% in volume delle vendite medie annue di energia ai clienti finali. Forse si tratta di un volume troppo esiguo, considerando che in questo settore l’Italia potrebbe rivestire il ruolo di promotore in sede europea, vista anche la necessità di un rilancio dei nuovi obiettivi clima-energia al 2030[34], che saranno approvati in versione definitiva ad ottobre 2014[35].

4. Aspetti critici e proposte.
Il decreto legislativo appena pubblicato in G.U. contiene, dunque, diversi aspetti positivi ma anche alcune criticità[36], che rischiano di mettere a repentaglio quanto di buono è stato previsto dall’azione di governo. Le nuove disposizioni sono state recepite realizzando una buona sinergia con gli strumenti già operativi a livello nazionale. Tuttavia, l’obbligo di riqualificazione energetica in capo alle amministrazioni centrali dovrebbe essere assoggettato ad un controllo più incisivo, per evitare che diventi solo un’incombenza “cartacea”. Inoltre, sia nei confronti delle p.a. che delle imprese private, cui sono imposti precisi oneri di natura economica, sembra opportuno lo stanziamento di fondi maggiori o il rafforzamento degli strumenti di incentivazione. La “bancabilità” degli interventi di efficientamento rimane, del resto, l’ostacolo maggiore alla diffusione delle “good practices” energetiche.
Il decreto contiene, inoltre, alcuni elementi che rischiano di rendere il nostro Paese inadempiente nei confronti delle istituzioni europee. Si prevede, infatti, un numero molto elevato di provvedimenti attuativi, che dovranno essere emanati nei prossimi mesi. Considerato che l’Italia è già in ritardo rispetto alla tabella di marcia stabilita nella direttiva, il cui testo avrebbe dovuto essere recepito entro il 5 giugno scorso, un ulteriore ritardo nell’adozione dei documenti necessari all’applicazione concreta delle norme ne vanificherebbe le utilità, non consentendo all’Italia di raggiungere gli obiettivi cui si è vincolata in sede europea. Questa circostanza pare acuita dall’elevato numero di soggetti cui compete l’emanazione di tali atti, poiché è spesso previsto il concerto di numerosi Ministeri (Ministero dello sviluppo economico, dell’ambiente, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze) nonché la collaborazione di Agenzie ed enti tecnici (Agenzia del demanio, ENEA, GSE) [37]. Il coinvolgimento di un così elevato numero di soggetti ai procedimenti normativi potrebbe complicare il processo di formazione degli atti, comportando ulteriori ritardi nell’attivazione degli strumenti previsti dalla direttiva entro il 2014.
È opportuno porre rimedio a queste criticità. Abbiamo visto come l’Italia sia uno dei primi paesi per intensità energetica in Europa e come si sia già incamminata, con buoni risultati, sulla strada tratteggiata dall’Unione per il raggiungimento dei traguardi di riduzione dei consumi. È un Paese che può vantare, altresì, una consolidata tradizione industriale in molti settori strettamente correlati all’efficienza energetica (caldaie, motori, inverter, smart grid, edilizia).
Rimane un potenziale di miglioramento considerevole. L’effettiva trasposizione delle disposizioni della direttiva 2012/27/UE nell’ordinamento nazionale può essere un’ottima opportunità per sfruttarlo al meglio, in modo da rilanciare il Paese, nel rispetto dell’ambiente.

Note

1.  Cfr. l’Executive Summary del World Energy Outlook 2013, disponibile all’indirizzo: http://www.iea.org/publications/freepublications/publication/name,44376,en.html.

2.  Si veda il report “Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia – I Rapporto – ottobre 2013”, nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e la Fondazione Centro Studi Enel, disponibile all’indirizzo: http://www.enel.com/it-IT/doc/enel_foundation/events/report_stato_e_prospettive_efficienza_energetica.pdf

3.  Possiamo trovare una definizione del concetto di efficienza energetica nel d.lgs. 30 maggio 2008, n. 115, secondo cui essa consiste nel “rapporto tra i risultati in termini di rendimento, servizi, merci o energia, da intendersi come prestazione fornita, e l’immissione di energia” (art. 2, c. 1, lett. b). In termini più concreti, intendiamo per interventi di efficienza energetica nel settore edilizio ed industriale tutte quelle azioni che comportano una riduzione dell’impiego di energia – termica o elettrica – necessaria per conseguire un determinato obiettivo, senza che ciò comporti un ridimensionamento dell’obiettivo stesso.

4.  “Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE”.

5.  L’iter di approvazione della direttiva è stato infatti caratterizzato da lunghi negoziati, dal momento che inizialmente gli Stati si sono opposti a un target vincolante in materia di efficienza energetica, cfr. http://www.europarlamento24.eu/lenti-progressi-per-la-direttiva-sull-efficienza-energetica/0,1254,106_ART_2064,00.html.

6.  Una “tonnellata equivalente di petrolio” (o TEP) è un’unità di misura dell’energia pari all’energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo, il cui valore è fissato convenzionalmente in 41,86 GJ (art. 2, comma 1, lett. uu) del decreto).

7.  Introdotto dalla Comunicazione della Commissione 10 gennaio 2007, “Una politica energetica per l’Europa”, cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/energy/european_energy_policy/l27067_it.htm.

8.  I singoli Stati Membri possono mantenere o introdurre misure più rigorose, previa notifica delle stesse alla Commissione.

9.  La direttiva parla, in proposito, di un “Ruolo esemplare degli edifici degli enti pubblici” (art. 5).

10.  “Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia”, il cui art. 4 prevede che gli Stati Membri fissino requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici o le unità immobiliari.

11.  Sempre in relazione al settore edilizio, la direttiva incentiva altresì il mercato dell’edilizia privata, prevedendo l’obbligo per ciascun Paese membro di elaborare un documento di strategia utile a rendere l’intero parco edilizio pubblico e privato più efficiente (art. 4), stabilendo che gli Stati membri introducano misure per dividere equamente costi e vantaggi degli interventi di efficienza energetica tra proprietari e inquilini (art. 19) e che i Governi sostengano il mercato dei servizi energetici e l’attività delle ESCo – Energy Service Companies, le aziende che realizzano profitti migliorando le prestazioni energetiche di edifici e processi produttivi (art. 18).

12.  Ovvero, la valutazione sistematica, documentata e periodica dell’efficienza dell’organizzazione del sistema di gestione del risparmio energetico, condotta da uno specialista esperto in gestione dell’energia (solitamente certificato secondo la norma UNI CEI 11339).

13.  La direttiva suggerisce, inoltre, che gli Stati membri elaborino adeguati programmi per incoraggiare anche le piccole e medie imprese a sottoporsi agli audit e a favorire l’attuazione delle raccomandazioni risultanti dagli stessi (art. 8, par. 2), e diffondano informazioni chiare sui contratti per i servizi energetici, sugli strumenti finanziari e gli incentivi, sulle best practices dei sistemi di gestione dell’energia, promuovendo la qualificazione e trasparenza degli operatori di efficienza energetica ed un sistema informativo accessibile a tutti gli attori (art. 17). I Governi devono inoltre promuove specifici interventi (ad esempio, la cogenerazione ad alto rendimento, il teleriscaldamento e teleraffrescamento, art. 14).

14.  Fatta comunque salva la disciplina sugli aiuti di Stato, contenuta negli artt. 107 e 108 del TFUE.

15.  “Decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 – Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE”.

16.  Disponibile all’indirizzo http://www.enea.it/it/produzione-scientifica/pdf-volumi/VExecutivesummaryRAEE2012.pdf.

17.  Già nel 2011, l’American council for an energy efficient economy ha posizionato l’Italia al terzo posto nel mondo, dopo Gran Bretagna e Germania, per gli sforzi nazionali compiuti a favore dell’incremento dei livelli di efficienza energetica, cfr. http://www.aceee.org/press/2012/07/aceee-united-kingdom-tops-energy-eff.

18.  L’intensità energetica è un indicatore approssimato dell’efficienza energetica di un’economia e mette in rapporto quantità di energia consumata e livello di produzione economica, quest’ultimo rappresentato dal PIL. In altri termini, l’intensità energetica calcola quanta energia viene impiegata per ogni punto di prodotto interno lordo. Più è alto il valore più sono alti i costi e i consumi di uno Stato e più è ridotto, di conseguenza, il livello di efficienza energetica dell’economia interessata.

19.  Tra i più recenti, il c.d. Decreto “Certificati Bianchi” del 28 dicembre 2012, che ha introdotto misure volte a potenziare l’efficacia complessiva del meccanismo dei Titoli di Efficienza Energetica, stabilendo in primo luogo gli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico per le imprese distributrici di energia elettrica e gas per il quadriennio 2013-2016, ed il c.d. Decreto “Conto Termico”, anch’esso del 28 dicembre 2012, con cui si è data attuazione al regime di sostegno introdotto dal d.lgs. 28/2011 per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili.

20.  L’8 marzo 2013, infatti, è stato approvato il decreto interministeriale che contiene la Strategia Energetica Nazionale. Il decreto delinea la direzione di sviluppo del settore, le principali scelte strategiche e le priorità, in modo da orientare le decisioni e le scelte per i prossimi anni. Il documento programmatico prevede quattro obiettivi principali al 2020. Per quanto qui interessa, esso prevede il superamento degli obiettivi europei definiti dal Pacchetto Clima-Energia 2020, con una riduzione delle emissioni di gas-serra de1 21 % rispetto al 2005, riduzione del 24% dei consumi primari rispetto all’andamento inerziale e raggiungimento de1 19-20% di incidenza dell’energia rinnovabile sui consumi finali lordi. Gli altri obiettivi riguardano la riduzione dei costi energetici, una maggiore sicurezza di approvvigionamento e la spinta alla crescita e all’occupazione, con l’avvio di investimenti, sia nei settori tradizionali che nelle green economy, per 170-180 miliardi di euro entro il 2020. Cfr. http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/normativa/20130314_Strategia_Energetica_Nazionale.pdf

21.  Per consumo di energia primaria si intende il consumo interno lordo di energia, ad esclusione degli usi energetici (art. 2, comma 1, lett. h) del decreto).

22.  Per Amministrazioni centrali si intendono tutte quelle ricomprese nell’allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. In realtà, anche le Regioni e gli enti locali concorrono al raggiungimento dell’obiettivo   nazionale di risparmio energetico nell’ambito dei rispettivi strumenti di programmazione  energetica attraverso l’approvazione di obiettivi e azioni specifici di efficienza energetica e di provvedimenti volti a favorire l’introduzione di un sistema di  gestione  dell’energia per finanziare  le  riqualificazioni  energetiche degli immobili di proprietà pubblica e migliorare  l’efficienza energetica  a lungo termine (art. 5, comma 16 del decreto).

23.  La amministrazioni potranno, in alternativa, porre in essere altri interventi che comportino un risparmio energetico cumulato nel periodo 2014-2020 di almeno 0,04 MTep.

24.  Entro il 30 settembre per l’anno 2014.

25.  Le imprese che non effettuano la diagnosi di cui all’articolo 8, commi l e 3, sono soggette ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 40.000 euro. Quando la diagnosi non è effettuata in conformità alle prescrizioni di cui all’articolo 8 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 20.000 (art. 16, co. 1).

26.  Tale obbligo non si applica alle grandi imprese che abbiano adottato sistemi di gestione conformi EMAS e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001, a condizione che il sistema di gestione includa un audit energetico realizzato in conformità ai dettami di cui all’allegato 2 del decreto.

27.  Anche le piccole e medie imprese sono incentivate ad avvalersi delle diagnosi energetiche. È infatti previsto che entro il 31 dicembre 2014 il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente, pubblichi un bando per la selezione e il cofinanziamento di programmi presentati dalle Regioni finalizzati a sostenere la realizzazione degli audit e delle consecutive misure di efficientamento energetico presso le PMI.

28.  Di cui all’art. 22, comma 4 del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, che reca “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”.

29.  Di cui all’articolo 19 del d.lgs. 13 marzo 2013, n. 30, che reca “Attuazione della direttiva 2009/29/CE che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra”.

30.  Dal fondo per il teleriscaldamento si ipotizzano proventi per un importo di 5 milioni di euro nell’anno 2014 e 25 milioni di euro nell’anno 2015, mentre dalla vendita all’asta delle quote CO2 si prevede un importo pari a circa 50 milioni di euro all’anno nel periodo 2014-2020. Davvero troppo poco, a fronte dei numerosi obblighi che il decreto imporrà in capo alle pubbliche amministrazioni e alle imprese. Si consideri che, per la sola incentivazione degli impianti fotovoltaici, si stanziano annualmente 6,7 miliardi di euro, costo cumulativo che è stato raggiunto il 6 giugno scorso, cfr. http://www.autorita.energia.it/it/com_stampa/13/130606.htm.

31.  Quello che, nel decreto, viene denominato “obiettivo di risparmio nazionale cumulato di energia finale da conseguire nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020” (art. 7).

32.  Il già citato decreto 28 dicembre 2012, recante “Incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili ed interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni”.

33.  Inoltre, entro 120 giorni dall’ emanazione del decreto, tali Ministeri dovranno aggiornare le linee guida di cui all’articolo 6, comma 2 del d.m. 28 dicembre 2012, recante la determinazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell’energia elettrica e il gas per gli anni dal 2013 al 2016 e il potenziamento del meccanismo dei certificati bianchi, tenendo conto di quanto previsto agli articoli 5 e 15 del decreto stesso. Ciò per assicurare il massimo coordinamento tra le disposizioni previste dalla norma comunitaria con il meccanismo dei Certificati Bianchi. Lo stesso provvedimento dovrà contenere disposizioni per migliorare l’efficacia del meccanismo, per valorizzare i risparmi energetici derivanti da misure volte al miglioramento comportamentale e per prevenire comportamenti speculativi.

34.  La revisione del pacchetto clima – energia al 2030 è stata presentata dalla Commissione Ue il 22 gennaio 2014. Con risoluzione del 5 febbraio 2014, il Parlamento ne ha chiesto un deciso rafforzamento. Si veda la “Risoluzione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2014 su un quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030”, disponibile all’indirizzo http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2014-0094+0+DOC+XML+V0//IT

35.  Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/143494.pdf

36.  Tali criticità sono state rilevate dai principali soggetti coinvolti nell’attuazione del decreto legislativo in sede di audizione alla Camera e al Senato (Enea, Associazioni ambientaliste, GSE, Associazioni dei consumatori, AIRU, Consip, Fire, Coordinamento FREE, Acquirente Unico, RSE, AEEGSI, Federutility, R.ETE Imprese Italia, Federazione nazionale delle ESCo, Assoelettrica, Confindustria, ANCE).

37.  Malgrado nel testo pubblicato in G.U. sia espressamente prevista l’istituzione di una “cabina di regia”, composta  dal Ministero dello sviluppo economico, che la presiede, e dal  Ministero dell’ambiente, con il compito di garantire un coordinamento degli interventi e delle misure per l’efficienza energetica sul territorio nazionale, in particolare degli interventi attivati attraverso il Fondo nazionale per l’efficienza energetica (art. 4, comma 4 del decreto).