Burocrazia: “tela di Penelope” o semplificazione?

La situazione
Il rapporto Doing Business 2014 della Banca Mondiale, di recente pubblicazione, segnala un persistente ritardo competitivo dell’Italia, che si colloca al 23° posto su 28 Paesi UE. Inoltre, è al 65° posto su 189 Paesi per il complesso degli indicatori esaminati (nel 2013 era al 67°), al 90° posto per l’avvio di impresa, al 112° per il rilascio del permesso di costruire, al 138° per il pagamento delle tasse, al 103° per l’enforcing contracts (tempi della giustizia civile).
Di fronte alla crisi, l’incidenza degli oneri amministrativi risulta sempre più intollerabile per le imprese. Per questa ragione la semplificazione amministrativa e la riduzione dei costi della burocrazia rappresentano un impegno prioritario del Paese per eliminare vincoli e liberare risorse per lo sviluppo e la competitività delle imprese e dare effettività ai diritti dei cittadini, senza aumentare la spesa pubblica.

Le ragioni
Le principali ragioni della particolare onerosità delle procedure in Italia sono:
– la stratificazione delle norme e degli adempimenti nel tempo, la sovrapposizione degli oneri imposti dai diversi livelli di governo e dalle differenti discipline di settore;
– la pluralità di soggetti pubblici a cui rivolgersi e l’insufficiente utilizzo delle tecnologie;
– i tempi lunghi e incerti (che costituiscono uno dei problemi più rilevanti della “complicazione burocratica” in Italia);
– la cosiddetta “tela di  Penelope” rappresentata dalla continua proliferazione di nuovi oneri;
– l’assenza di proporzionalità degli adempimenti in relazione alla dimensione delle imprese, al settore di attività e alle effettive esigenze di tutela degli interessi pubblici; si tratta di un problema particolarmente rilevante in un Paese dove vi sono 4.300.000 imprese fino a 9 addetti, oltre 200.000 da 9 a 249 addetti e 3700 al di sopra dei 250 dipendenti.
In questo quadro, semplificare è una condizione essenziale per recuperare la competitività delle nostre imprese e per liberare risorse per la crescita e lo sviluppo del Paese. La Pubblica Amministrazione dovrebbe accompagnare le imprese ad adempiere ai loro obblighi edilizi, urbanistici, fiscali, di sicurezza etc., proponendosi e non invece disponendo e quindi essere di ostacolo.

La strategia
Risulta evidente che la semplificazione, quando davvero efficace, incontra maggiori resistenze che si annidano nelle burocrazie e richiede un cambiamento profondo della cultura e dei comportamenti quotidiani delle Amministrazioni.
Per vincere la resistenza al cambiamento non bastano i provvedimenti legislativi, spesso episodici, ma occorre un sostegno a tutti i livelli politici ed amministrativi.
La materia è complessa per la pluralità di interessi pubblici da tutelare, pluralità inscindibilmente collegata alla modernità (tutela dei lavoratori, dei consumatori, dell’ambiente, della privacy, della salute etc.).
L’obiettivo della semplificazione è proprio quello di coniugare il massimo di tutela degli interessi pubblici con il massimo di semplicità; di avere meno “burocrazia” e meno “carte” a parità di sicurezza.
Particolarmente importante è anche evitare di introdurre nuove complicazioni per cittadini e imprese. Il legislatore, mentre con una mano semplifica, con l’altra complica, dando luogo a quel fenomeno denominato “tela di  Penelope”.
Non ci sono alternative a un duro e tenace lavoro per semplificare in modo sistematico e mirato le procedure, individuare ed eliminare gli adempimenti eccessivi o sproporzionati in relazione alla tutela degli interessi pubblici, ridurre i tempi ed evitare la proliferazione delle nuove complicazioni, formare adeguatamente la burocrazia allineandola agli obiettivi politici.

Le azioni del Governo
Con il cosiddetto “Decreto del fare” e con i provvedimenti attuativi ad esso collegati, il Governo Letta ha avviato un processo di riordino e semplificazione che comporta la riduzione di tempi e costi burocratici per imprese e cittadini, con particolare riguardo ai settori dell’edilizia, della sicurezza sul lavoro, dell’ambiente, della certificazione, dell’istruzione, università e ricerca, delle società fiduciarie, etc.
Le linee di azione di tale processo dovranno essere condivise tra Stato, Regioni e autonomie attraverso una Agenda per la semplificazione da costruire sulla base della consultazione telematica e del coinvolgimento degli “stakeholders”.
A questo proposito, il Ministero della semplificazione ha lanciato una consultazione telematica sulle 100 procedure più complicate da semplificare.
Attraverso questa consultazione realizzata in collaborazione con l’Anci, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e l’UPI, vengono raccolte indicazioni sulle procedure più complicate e proposte di intervento che nascono dai problemi vissuti nell’esperienza quotidiana da cittadini e imprese.
Dalle prime circa 300 segnalazioni pervenute emerge un quadro di straordinario interesse: tra le complicazioni più segnalate dalle imprese vi sono l’autorizzazione paesaggistica, gli adempimenti formali in materia fiscale e di sicurezza sul lavoro, il DURC, i tempi di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione e le autorizzazioni previste dal TULPS. I cittadini segnalano, in generale, lo scarso utilizzo dei sistemi digitali, la difficoltà ad effettuare pagamenti telematici verso le PA, le procedure per i disabili, gli adempimenti fiscali, le difficoltà di accesso ai servizi sanitari. Sono solo prime indicazioni, ma quello che è più rilevante è che cittadini e imprese hanno colto il senso dell’iniziativa inviando segnalazioni chiare e circostanziate.

Inoltre, il Parlamento ha legiferato ripetutamente in materia di liberalizzazioni (con il decreto-legge 13 agosto 2011, convertito con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, successivamente con il decreto-legge “Salva Italia” e con il decreto-legge n. 1 del 2012 “Cresci Italia”) prevedendo che è “libero tutto quello che non è vietato”. Il decreto “Semplifica Italia” ha previsto l’individuazione tassativa delle attività sottoposte ad autorizzazione, a SCIA ovvero a mera comunicazione e di quelle del tutto libere.

La percezione
Oggi queste semplificazioni sono alla prova dell’implementazione: il risultato non sarà raggiunto fino a quando la semplificazione non sarà percepita dalle imprese e dai cittadini come un reale beneficio. In Italia, infatti, come nelle esperienze di altri paesi, si registra una difficoltà nella percezione delle semplificazioni e dei connessi risparmi, segnalata dalle stesse associazioni imprenditoriali.
Tra le ragioni della limitata percezione delle misure di semplificazione adottate vi sono:
– l’insufficiente attenzione all’implementazione e le resistenze delle amministrazioni;
– la scarsa comunicazione della semplificazione: se cittadini e imprese non conoscono le semplificazioni, non fanno valere i loro diritti;
– l’effetto “filtro” degli intermediari.

Possibili ulteriori “ricette”
L’esperienza di semplificazione degli ultimi anni, compresa quella realizzata a valle della misurazione degli oneri amministrativi, si è dovuta confrontare con ostacoli e resistenze. Tra questi rientra la tendenza, tipica degli ordinamenti a diritto amministrativo, ad affidare le riforme esclusivamente alla fase normativa. A causa dell’insufficiente attenzione alla fase attuativa, alcuni interventi sono rimasti “sulla carta”. Altri, sebbene attuati, non sono stati di effettivo beneficio per le imprese, per una scarsa conoscenza da parte dei destinatari finali o per difficoltà di implementazione non monitorate in modo tempestivo dalle Amministrazioni. Occorre quindi un vero e proprio salto di qualità che metta al primo posto l’attuazione delle politiche di semplificazione. Il successo di una politica non si misura sulla base del numero delle norme introdotte o eliminate, ma sull’effettiva percezione degli oneri eliminati da parte di cittadini e imprese.

Prevenzione incendi: un buon esempio di semplificazione
Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, oltre al conosciutissimo servizio di soccorso, espleta attività di prevenzione incendi da oltre settanta anni.
L’efficacia di tale attività, svolta a tutela dei lavoratori e della pubblica incolumità, è dimostrata dal fatto che il nostro Paese è fra quelli con minor numero di vittime dovute agli incendi (rispetto alla popolazione) e con danni da incendio fra i meno rilevanti (rispetto al PIL).
Ciò nondimeno, il Corpo dei Vigili del Fuoco ha voluto, nel consueto pragmatismo che lo contraddistingue, cogliere l’opportunità di una semplificazione burocratica dei propri procedimenti amministrativi, introducendo criteri di proporzionalità dell’azione amministrativa. In questo l’Amministrazione ha interpretato il sentire comune che la semplificazione burocratica sia una condizione essenziale per recuperare la competitività delle imprese e liberare risorse per la crescita e lo sviluppo del Paese senza aumentare la spesa pubblica.
Utilizzando il nuovo strumento normativo offerto dalla novellata legge 241/90 (legge 122 del 30/2010) che ha introdotto la Segnalazione certificata di inizio attività, è stato ideato un nuovo regolamento di prevenzione incendi, approvato con d.P.R. 151 del 1 agosto 2011, che ha fortemente semplificato i procedimenti autorizzativi.
Obiettivo del regolamento era:
– la riduzione della stratificazione delle norme;
– il maggiore coordinamento fra la pluralità dei diversi soggetti pubblici titolari dei provvedimenti finali;
– la riduzione e la maggiore certezza dei tempi di risposta;
– il taglio deciso dei costi degli oneri burocratici per le imprese;
– l’utilizzo dello strumento digitale;
– l’efficacia dei controlli e il recupero degli arretrati;
A distanza di oltre due anni dalla sua entrata in vigore, il d.P.R. 151 sembra aver centrato molti degli obiettivi che si era prefissato, considerando che sono stati azzerati gli arretrati di prevenzione incendi (concentrando il controllo sulle attività più impegnative) e che, secondo le stime del Ministero della semplificazione, sono stati ridotti gli oneri amministrativi fino a 650 milioni di euro su un totale di 1.410 milioni.
Inoltre è stata buona la percezione dei destinatari del provvedimento, che si è manifestata con l’apprezzamento delle Associazioni più rappresentative delle imprese e dei professionisti del settore.
Dopo la semplificazione amministrativa, l’obiettivo che il Corpo Nazionale sta ora perseguendo è la forte semplificazione delle regole tecniche di prevenzione incendi, che consentirà di armonizzare il complesso corpo normativo esistente semplificandolo e rendendolo al passo con le odierne tecnologie senza, tuttavia, intaccarne l’efficacia.
Questo tipo di semplificazione (denominata semplificazione degli oneri regolatori) è stata adottata dal Consiglio Europeo, che l’ha inserita tra gli obiettivi europei, ed è stata recepita nel nostro Paese dal decreto “Semplifica Italia” che contiene i principi della “Smart Regulation”.
Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco sta quindi completando un progetto di ampio respiro, particolarmente ambizioso, che muove dal presupposto che una semplificazione efficace non ha “ricette” semplici e non può essere attuata solo con provvedimenti settoriali o parziali che comporterebbero la necessità di continue revisioni, a volte contraddittorie.

I risultati del progetto (che saranno ovviamente condivisi con gli “stakeholders” interessati, tra cui le associazioni maggiormente rappresentative delle imprese e gli ordini professionali dei progettisti del settore antincendio) devono conseguire una semplificazione e chiarificazione del complesso quadro normativo, al fine di renderlo stabile nel tempo ma anche aderente e flessibile allo sviluppo tecnologico.
L’obiettivo complessivo del progetto è quello di superare le regole tecniche di prevenzione incendi, che dettano prescrizioni precise e tendenzialmente rigide sulla base di una valutazione generica del rischio effettuata dal legislatore, talvolta astratta, nonché troppo indifferenziata ed inutilmente onerosa per cittadini ed imprese.
Tale obiettivo si completa nel redigere regole tecniche maggiormente prestazionali, che contengano requisiti minimi di sicurezza per il cui raggiungimento sarà il privato, assistito dal proprio tecnico di fiducia, ad individuare le misure idonee a gestire il rischio effettivamente individuato e non più quello “astratto” ipotizzato dal legislatore.