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Shanghai Pilot Free Trade Zone

di - 1 Marzo 2014
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È tuttavia indubbio che, come dichiarato dallo stesso legislatore della FTZ, sarà aumentata l’efficienza dei funzionari e l’uniforme applicazione delle pratiche burocratiche, che sono oggi ancora frequentemente interpretate in maniera diversa da diversi funzionari, per quanto incredibile ciò possa sembrare.
In secondo luogo è opportuno sottolineare che, l’esperimento Free Trade Zone non è ai suoi primi passi, tutt’altro. È infatti il risultato dell’unione di quattro porti franchi preesistenti: Waigaoqiao Free Trade Zone, Waigaoqiao Bonded Logistic Parts, Pudong International Free Trade Zone, Yangshan Free Trade Port Area. Autorevoli fonti britanniche[6] ritengono, inoltre, probabile, che la Free Trade verrà ulteriormente espansa nei prossimi anni, arrivando a comprendere l’intero distretto di Pudong e la Finance Trade Zone di Lujiazui.
È, infine, opportuno rimarcare che la strategia delle zone a statuto straordinario è particolarmente amata dal governo cinese ed ha in alcuni casi segnato delle svolte storiche. In particolare, si può menzionare la Shenzhen Special Economic Zone, voluta da Deng Xiao Ping nel 1980, che ha permesso alle aziende straniere di aprire stabilimenti industriali nella città di Shenzhen, e che è da molti considerata un punto di svolta nella storia moderna cinese. Dal 1980 sono sorte decine di altre SEZ’s in tutta la Cina, spesso con ottimi risultati, nel campo dello sviluppo economico e industriale. Shanghai, tuttavia, spicca per il fatto di essere principalmente incentrata sulla fornitura di servizi, anche finanziari, e sul commercio. Seguendo una visione particolarmente ottimista, cara agli osservatori cinesi, si potrebbe ritenere che, così come Shenzhen ha dato il via alla potenza industriale cinese, Shanghai segnerà un punto di svolta nei servizi, in particolare finanziari, e negli investimenti esteri.

3. È, allora, necessario chiedersi se, al momento, il FTZ Framework plan presenti dei profili dai quali ricavare indicazioni sui futuri sviluppi della FTZ.
La rete di regolamenti che disciplinerà nel dettaglio i rapporti tra la FTZ e l’ordinamento cinese non è ancora stata pubblicata. Al momento[7], sono presenti 1434 compagnie all’interno della FTZ, di cui solo 38 straniere. Sicuramente quest’ultimo dato non è un biglietto da visita lusinghiero per una zona costituita allo scopo dichiarato di implementare il “libero mercato”, eppure sembra fisiologico che, almeno in una prima fase, la FTZ trovi i suoi principali referenti in operatori di maggiore esperienza.
Ad ogni modo, come spiegato ampiamente nel primo paragrafo, non si deve compiere l’errore di trascurare uno studio successivo e continuato di questo ambizioso progetto.
La Cina ha preso atto, da diversi anni, della necessità di rinnovare il proprio settore dei servizi. La competizione al ribasso delle economie emergenti dell’area ASEAN è sempre più agguerrita, mentre la Cina ha bisogno di aumentare i propri salari, per sostenere i consumi interni, così perdendo competitività sul piano internazionale. Il plus che l’ordinamento cinese può offrire, rispetto ai suoi vicini ed emuli, è proprio una qualità migliore dei servizi logistici, finanziari e professionali.
A Shanghai, la capitale della finanza cinese, i servizi compongono solo il 63% del PIL, una quota insufficiente[8] rispetto, ad esempio, ad Hong Kong, dove la quota dei servizi sul PIL supera il 90%. È essenziale, per l’economia cinese, che questa quota cresca. Non tanto per il valore economico che rappresenta in sé, quanto per i vantaggi concreti che servizi moderni e basati sui principi del libero mercato conferiscono alle imprese. Non a caso le sei materie liberalizzate attraverso la negative list, includono servizi finanziari e bancari, servizi professionali e perfino la partecipazione a bandi pubblici e in materia di cultura.
Nel Framework plan è posta molta enfasi sulla funzione di laboratorio della FTZ, attraverso cui il legislatore e gli operatori cinesi aumenteranno la propria esperienza in materia libero mercato, che secondo le dichiarazioni programmatiche, caratterizzerà la FTZ.
In questa ottica esaminiamo le disposizioni sulla costituzione di società di capitali.
Fin dal 29 settembre 2013 è stato stabilito che le società costituite all’interno della FTZ non avrebbero dovuto sottostare alle norme in materia di capitale sociale, vigenti in Cina[9] [10].
È altamente probabile che molte disposizioni FTZ saranno a breve introdotte nell’ordinamento cinese, anche prima dello scadere dei tre anni in cui la zona di libero scambio dovrebbe passare da una fase sperimentale ad una fase di “pieno regime”. In quest’ ottica è un banco di prova di grande importanza l’imminente entrata in vigore della riforma di diritto societario cinese prevista per il 1° marzo 2014. Infatti, questa riforma si propone di rendere più semplice ed economica la costituzione di società in Cina, anche da parte di operatori esteri.

4.  A proposito della riforma sul capitale sociale di marzo 2014.
In via di estrema sintesi, l’ordinamento cinese, attualmente, dispone che gli investitori debbano indicare l’ammontare del capitale sociale al fine di ottenere la licenza di attività commerciale. Il 20% del capitale sociale deve essere conferito entro i 3 mesi dalla data di rilascio della licenza. Il rimanente 80% deve essere conferito entro lo scadere dei due anni dalla medesima data. L’ammontare deve rispettare le previsioni sui quantitativi minimi, a seconda del tipo di società[11], e deve consistere, almeno al 30%, in conferimenti in denaro.
Gli interventi principali del legislatore riguarderanno:

a) L’eliminazione di un ammontare minimo di capitale sociale, salvo che per società operanti in settori di particolare interesse nazionale, come istituti bancari ed assicurativi. Per quanto riguarda i soli investimenti esteri, la licenza commerciale continuerà ad essere soggetta ad un controllo di adeguata capitalizzazione, in relazione al tipo di attività[12]. Solo il consolidarsi di una prassi applicativa chiarirà quali attività saranno soggette a tale controllo.
b) La norma ha il chiaro intento di favorire la costituzione di nuove società. Vista, tuttavia, la ridotta portata delle soglie del capitale sociale minimo[13], non sembra probabile che tale norma influenzerà gli investitori esteri.
c) Una maggiore flessibilità nei tempi dei conferimenti. Attraverso questo intervento, il legislatore cinese consente alle società una maggiore flessibilità organizzativa e una pianificazione a lungo termine. La possibilità di operare i conferimenti in un lasso di tempo più ampio ha inoltre il fine di sollecitare una maggiore capitalizzazione.
d) Il limite ai conferimenti in natura sarà abolito o modificato, laddove tali conferimenti abbiano un valore economico individuabile. Tale provvedimento si rivolge, in particolare, alle società attive nel settore IT, che potranno conferire i propri brevetti, a condizione che siano trasferibili e che abbiano un valore economico facilmente individuabile.
e) L’abolizione dell’obbligo di ottenere una nuova licenza commerciale ogni volta che si aumenta il capitale sociale renderà queste operazioni più veloci ed economiche.

Da questi lineamenti, si possono desumere due impressioni sul processo di cui la FTZ è parte integrante.
Da un lato, la portata delle riforme economiche volute dai nuovi vertici si manifesta in tutta la sua ampiezza e, soprattutto, in tutta la sua volontà di uniformarsi ai più moderni ordinamenti occidentali. D’altra parte, la tecnica legislativa continua a mantenere quelle peculiarità tutte cinesi, che sono di per sé in contrasto con obiettivi di trasparenza ed competitività.
Il riferimento è a quella previsione, esaminata al punto 1), in virtù della quale, per le sole società a capitale straniero, sarà valutata l’adeguatezza del capitale all’oggetto dell’attività sociale. Tali valutazioni di adeguatezza saranno compiute da funzionari statali, spesso non laureati. Occorre inoltre precisare che, di frequente, in Cina, diversi organi amministrativi interpretano in maniera differente le norme, e che quindi si formerà una prassi a Guanzhou, una a Shanghai, una a Pechino e via dicendo. Se tali clausole aperte lasciano quella autonomia territoriale necessaria in uno Stato più grande dell’Europa ed altrettanto vario, è vero anche che alimentano l’incertezza del diritto lamentata da molti operatori occidentali, e, di conseguenza, la riluttanza di questi, soprattutto se PMI, ad investire nella Terra di Mezzo.

Note

6.  The Economist;  http://www.economist.com/news/china/21587237-new-enterprise-zone-could-spark-wider-market-reformsbut-only-if-bureaucrats-ease-their-grip; la UK Chanmber of Commerce di Shanghai: http://www.britishchambershanghai.org/TheShanghaiPilotFTZ.

7.  Il dato risale al 22 Novembre 2013.

8.  Va precisato che nel 2006 tale quota era inferiore al 50%.

9.  Con l’eccezione degli istituti bancari e degli intermediari finanziari.

10.  Si tratta di un’esposizione, a titolo esemplificativo, laddove il fenomeno riguarda più settori.

11.  In casi particolari, sostanzialmente equivalenti a quelli degli altri ordinamenti che prevedono il capitale sociale, possono essere previsti quantitativi maggiori, a seconda del tipo di attività esercitata.

12.  Così come avviene nella prassi odierna.

13.  30.000-100.000 CNY, a seconda del fatto che si tratti di società unipersonale o pluripersonale.

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