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Il caso ILVA tra crisi economica ed emergenza ambientale

di - 29 Agosto 2013
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Al commissariamento della società si è affiancato un garante, l’ex procuratore generale della Cassazione, il dott. Esposito, che attualmente però non dispone ancora di un ufficio, proprio per la mancanza di risorse finanziarie pubbliche. Probabilmente la situazione verrà risolta consentendogli di avvalersi delle risorse di un ente già esistente.
Tornando al provvedimento, la possibilità di commercializzazione costituisce una forzatura sul piano dei principi della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo riguardanti il diritto di proprietà, perché sostanzialmente è un’ablazione senza indennizzo di beni – per ora solo sequestrati – per commercializzarli a fini sociali, per pagare le retribuzioni e continuare dell’attività.
Ciò senza consultare i proprietari, senza che un provvedimento giudiziario abbia previsto la confisca, senza vi sia stato alcun indennizzo. Questo aspetto è forse persino più delicato della tutela ambientale dal punto di vista dello stridore con i principi generali.
Ciononostante, la finalità dell’intervento del Governo è chiara: in presenza di risorse scarse, non potendo mettere un’intera città sul lastrico, disponendo di un programma razionale come il programma dell’AIA e del risanamento dell’azienda e di risorse che sono le stesse che l’azienda è capace di generare, si tenta di mantenerla in vita sotto una sorta di tenda ad ossigeno, nella consapevolezza della estrema difficoltà dell’operazione di bilanciamento dei valori costituzionali imposta dalle circostanze.
Questo è quanto è stato fatto con il decreto legge, che il Parlamento ha ritenuto ragionevole ed ha convertito in legge.
La magistratura ha reagito con durezza al decreto legge, cosa che si può ritenere ragionevole dal punto di vista della valutazione della legittimità del provvedimento, per i suoi effetti diretti sul processo penale in corso; anche se, per la verità, tali effetti sono limitati al sequestro.
Tuttavia considerato che la creazione di un quadro regolatorio per il futuro, nell’immediato potrebbe determinare concreto pericolo (in forza della prosecuzione dell’attività) per la persona umana, è comprensibile che si sollevi un dubbio sul fatto che il Governo abbia scelto di non interrompere e riprendere la produzione, ma di continuare con l’attuazione del “cronoprogramma”.
Questo è il vero dubbio alla base della sentenza Galli, che però non è citata dai provvedimenti giudiziari tarantini.
Tali provvedimenti, infatti, si fondano, in primo luogo, sulla riserva di giurisdizione e il conflitto tra i poteri, dando la precedenza alle prerogative della magistratura (artt. 102-104 Cost.) rispetto al diritto alla salute (art. 32) e ai suoi rapporti con l’art. 41.
La questione di costituzionalità è rilevante e non manifestamente infondata, perché il caso concreto è tragico, però nelle more della sua risoluzione si pone il problema drammatico del bene sequestrato.

Le misure cautelari in pendenza del giudizio di costituzionalità
 In proposito, la magistratura ha preso una posizione troppo rigida e contraria all’effettività della normativa vigente di fronte alle istanze di dissequestro avanzate dai custodi che ormai agiscono sostanzialmente come organi pubblici.
Infatti, sia il GIP che il Tribunale del riesame, aditi in vari passaggi, hanno preso la posizione che non deve essere operato il dissequestro fino a quando sia pendente la questione di costituzionalità.
Inizialmente, la magistratura addirittura aveva sollevato un conflitto di attribuzione: la procura, prima ancora che si arrivasse davanti al GIP per discutere le istanze di dissequestro, si era sentita lesa nella sua prerogativa costituzionale di cui all’art. 112 Cost., cioè l’obbligo di esercitare l’azione penale.
Però, non ci troviamo davanti ad alcuna sanatoria, forma di condono o depenalizzazione per mezzo di legge-provvedimento, casi purtroppo frequenti negli ultimi tempi. In questo caso, invece, si prevede la modulazione degli effetti di un sequestro.
Il conflitto di attribuzione sollevato dalla procura è sicuramente inammissibile per l’oggetto, perché la procura può sollevare conflitto di attribuzione fra poteri rispetto ad atti amministrativi del Governo e non rispetto alla legge (che non sia legge provvedimento).
Inoltre la via maestra rimane quella del giudizio incidentale di costituzionalità.
Nel nostro ordinamento, infatti, la legge può essere oggetto di un sindacato di costituzionalità solo in via incidentale o in via principale, se impugnata da una Regione, ma non di conflitto di attribuzione.
Il GIP e il tribunale del riesame hanno poi posto questioni sacrosante sul bilanciamento tra salute e impresa o salute e lavoro, che sono entrambi valori costituzionali fondamentali.
La Corte dovrà sciogliere tali questioni tenendo conto del precedente Gallo, ma anche del contesto diverso ben più drammatico in cui si cala questa vicenda.
Il punto debole, però, è che nel frattempo è mancata la definizione di un assetto cautelare adeguato. La mancata applicazione del decreto legge, con il rifiuto di provvedere sull’istanza di dissequestro in pendenza della questione di costituzionalità, determina il rischio del perimento della res iudicanda, cioè l’azienda rischia di scomparire anche prima del giudizio del giudice delle leggi, perche se si mantiene il sequestro non si pagano lavoratori e l’azienda chiude.
Si tratta di uno strano funzionamento all’inverso della cautela, che deve sempre servire a conservare la res iudicanda, mai a distruggerla.

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