TAR Lazio, Roma, Sez. III, sentenza 12 luglio 2013, n. 6971
Il TAR sancisce la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla Società ricorrente (con le altre 41 società chiamate alla stessa udienza e per lo stesso tipo di contenzioso, appartenenti ad unica società controllante operante nel settore del fotovoltaico) relativa all’art. 23 del decreto legislativo n. 28/2011, convalidando in pieno l’assetto normativo che attribuisce al GSE penetranti poteri di controllo e sanzione.
Il comma 3 della censurata norma prevede infatti che non abbiano titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili i soggetti per i quali le autorità e gli enti competenti (tra cui, appunto, il GSE) abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, abbiano fornito dati o documenti non veritieri, ovvero abbiano reso dichiarazioni false o mendaci. La norma prescrive inoltre il recupero delle somme indebitamente percepite ed il divieto di percepire gli incentivi per dieci anni dalla data dell’accertamento.
Secondo le Società ricorrenti, la norma violerebbe gli articoli 76 e 77 della Costituzione per eccesso di delega rispetto a quella conferita con gli artt. 2 e 17 della legge 4 luglio 2010 n. 96, in quanto non sarebbe prevista la possibilità di stabilire sanzioni che impediscano per il futuro di concorrere per l’assegnazione degli incentivi, ma solo sanzioni amministrative pecuniarie. Inoltre, l’esclusione per 10 anni dagli incentivi violerebbe il principio di proporzionalità e adeguatezza della sanzione amministrativa.
I magistrati del TAR Lazio evidenziano al contrario come già la delega contenuta nell’art. 17 della legge 96/2010 copra ampiamente il potere del legislatore delegato di creare un sistema di controllo che comporti forti penalizzazioni per eventuali abusi nelle richieste di incentivi per le fonti rinnovabili, potenziando l’efficienza ed il risparmio energetico. Il TAR ritiene del tutto ragionevole inserire, in una disciplina esaustiva di erogazione di incentivi statali, sistemi di controllo che penalizzino possibili abusi. Circa poi l’impossibilità di utilizzare i benefici per 10 anni, questa sarebbe una scelta rientrante nella discrezionalità del legislatore delegato, che non appare sproporzionata, sia in relazione alla fattispecie di false e mendaci dichiarazioni, sia in considerazione del fatto che trattasi di procedure concorsuali, con danni che si riverberano su altri soggetti.