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Il “processo alla scienza” nella sentenza sul terremoto dell’Aquila

di - 12 Luglio 2013
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Ed infatti “parcellizzando e frazionando i singoli indicatori di rischio sismico (…) deve riconoscersi che essi non sarebbero stati granché indicativi[37]( …) ed infatti “questi elementi, analizzati singolarmente e da ciascun singolo membro della Commissione senza il sostegno degli altri membri, senza l’ausilio della competenza altrui, senza una visione d’insieme, sarebbero, forse, potuti sembrare poco comprensibili o poco significativi: agli occhi del geologo balza più evidente la magnitudo dello sciame piuttosto che la vulnerabilità del patrimonio edilizio; l’esperto in tema di protezione civile ha più familiarità con i profili della gestione dell’emergenza piuttosto che con i profili tecnici circa l’analisi dei fenomeni precursori. Ma è appunto la valutazione complessiva, in seno a un organo collegiale formato dai migliori esperti e funzionalmente volto alla corretta informazione, che conferisce (che avrebbe dovuto conferire) a ogni singolo elemento la dignità di significativo indicatore di rischio nel caso concreto. È appunto per questo che la legge prevede che la Commissione abbia una composizione eterogenea”[38]

  1. Conclusioni

Un punto che pare assodato è che nell’incertezza l’amministrazione possa (e in alcuni casi) debba agire: nel caso di specie se gli esperti avessero fornito i dati in loro possesso l’amministrazione avrebbe dovuto comunicare il rischio ai cittadini aquilani  (se l’avesse fatto probabilmente si sarebbero evitate molti decessi o lesioni).
Un secondo punto è che l’amministrazione deve necessariamente (e sempre più spesso) servirsi della scienza per arrivare alle sue determinazioni: nel caso di specie il Dipartimento di protezione civile avrebbe dovuto interpellare la Commissione Grandi Rischi e sulla base delle risultanze di questa attivare la comunicazione del rischio.
Il punto più delicato è quello del sindacato sulla valutazione scientifica: sembra, infatti, essere crollato quel mito della insindacabilità che un tempo si riferiva alla discrezionalità dell’amministrazione in quanto tale e poi si è progressivamente estesa alla discrezionalità tecnica.
La sentenza ci ha dimostrato che la valutazione scientifica può essere sindacabile: il fatto di essere scienziato non significa essere per questo al riparo da ogni tipo di responsabilità…
Certo il parametro di sindacato dovrà essere il più possibile flessibile sia per non indurre al silenzio la scienza sia tenendo presenti le condizioni nelle quali spesso viene effettuata la valutazione scientifica.
E, dunque, non è impossibile formulare dei giudizi di valore sulle condotte della scienza: anche uno scienziato può essere approssimativo, frettoloso e apodittico; anche uno scienziato può sbagliare (come tutti…). Altrimenti si avrebbe l’effetto perverso per cui ad uno scienziato per il solo fatto di essere uno scienziato non si possa contestare nulla…
Nel caso di specie sembra di poter concludere che, a prescindere da ogni altra considerazione e salvo gli esiti del giudizio di appello, si sia riscontrata una doppia violazione: quella della regola per cui in un contesto di incertezza non si possono fare affermazioni perentorie e definitive e quella per cui il rischio deve essere comunicato dalla scienza all’amministrazione e poi da questa alla società civile.
E questo sembra essere ciò che hanno fatto i giudici dell’Aquila forse in modo più approfondito e convincente di quanto non era stato fatto dalla stessa Cassazione nel caso Sarno.
Come si ricorderà, il 5 maggio 1998 per una serie di colate di fango trovarono la morte 137 persone. Al Sindaco, in quanto organo di protezione civile, venne addebitata la colpa di non aver valutato correttamente il rischio. Sia la sentenza di primo grado (Trib. Nocera inferiore, 3 giugno 2004) sia quella d’appello (Corte App. Salerno, 6 ottobre 2008) ne esclusero la colpevolezza ma la Cassazione[39] la riconobbe sulla base di questo ragionamento: “le regole che disciplinano l’elemento soggettivo hanno natura non di verifica a posteriori della riconducibilità di un evento alla condotta di un uomo ma funzione precauzionale e la precauzione richiede che si adottino certe cautele anche se è dubbio che la mancata adozione provochi eventi dannosi”. Così “il comportamento diligente è quello prospetticamente capace di fronteggiare le conseguenze più gravi di un fenomeno ricorrente: non quello che si adagia su esperienze precedenti”.
La sentenza è stata criticata dalla dottrina perché troppo precauzionale[40] e probabilmente le censure in quel caso colgono nel segno ma nella vicenda dell’Aquila, alla luce delle 948 pagine di motivazione, sembra quantomeno superficiale il giudizio di “verdetto ridicolo e assurdo” o di nuovo processo a Galileo che si sono riportate all’inizio.
Forse i vari esponenti del mondo scientifico prima di esprimere un giudizio sulla sentenza avrebbero dovuto leggere la motivazione: non avendolo fatto sembrano essere singolarmente incorsi nella stessa superficialità che i giudici dell’Aquila hanno contestato ai loro colleghi.

Note

37.   “Di per sé uno sciame sismico, di magnitudo moderata, in una zona peraltro nota per la sua sismicità, non presenta evidenze di imminente pericolosità; dati di tipo storico e previsioni di ordine statistico sulla ricorrenza in una certa area di forti terremoti non rappresentano, di per sé, immediati indicatori di rischio, ma costituiscono solo linee guida per disegnare una mappa di pericolosità del territorio utile per le prescrizioni normative in materia di costruzioni; una scossa di magnitudo 4.1, come quella verificatasi nel pomeriggio del 30.3.09, singolarmente considerata fuori dal contesto di riferimento, è scarsamente significativa e ha un’elevatissima percentuale di fallibilità quale indicatore prodromico di forti successive scosse; danni su parti fragili non strutturali, patiti da immobili in muratura o da immobili in cemento armato costruiti negli anni ’60, a seguito di uno sciame sismico prolungato ma di bassa magnitudo, non sono particolarmente allarmanti ma rappresentano l’occasione per utili moniti sulla necessità di mitigare la vulnerabilità di un patrimonio edilizio notoriamente fragile”.

38.  Cfr. p. 365.

39.  Corte Cass., IV, 11 marzo 2010, n. 16761 in Foro it., II, 482 (con nota di A. MERLO).

40.  In dottrina PULITANÒ, Colpa ed evoluzione del sapere scientifico, in Dir. pen. e proc., 2008, 647; RUGA RIVA, Principio di precauzione e diritto penale. Genesi e contenuto della colpa in contesti di incertezza scientifica, in Scritti in onore di G.Marinucci, Milano, 2006, II, 1473 che rimproverano alla giurisprudenza di concedere troppo a suggestioni precauzionistiche e, in senso contrario, ATTILI, L’agente modello nell’era della complessità: tramonto, eclissi o trasfigurazione?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 1278 e PIERGALLINI, Il paradigma della colpa nell’età del rischio: prove di resistenza del tipo, id., 2005, 1684.

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