Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 13 maggio 2013, n. 20403

La Corte di Cassazione Penale  ha riformato la decisione di merito che aveva annullato il sequestro di alcuni impianti fotovoltaici, il cui progetto era stato frazionato per rientrare nella più “semplice” Dia (denuncia di inizio attività) allora vigente (ora si applica la cd. Pas, procedura abilitativa semplificata, introdotta dal DLgs 28/2011) ed eludere le soglie oltre le quali il DLgs 387/2003 imponeva l’autorizzazione unica. alla costruzione.  Il Tribunale aveva annullato le suddette misure cautelari ritenendo, peraltro in base a differente orientamento della stessa Cassazione, che il reato fosse istantaneo, e non continuativo: pertanto una volta realizzato l’impianto, pur sussistendo il reato di costruzione abusiva (articolo 44, DPR n. 380/2001), dal momento che nessun altro danno avrebbe potuto causarsi all’ambiente, cadevano le esigenze cautelari a base del sequestro. La Corte ribalta la sentenza in primo grado, ritenendo che nel caso di realizzazione di impianti fotovoltaici di grandi dimensioni, realizzati senza AU, la compromissione del paesaggio e dell’ ambiente sia “continuata” e non si esaurisca con la costruzione del manufatto: l’art. 12, DLgs 387/2003 prevede infatti che l’autorizzazione unica sia  “titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto”, titolo rilevante anche in corso di esercizio. La sua assenza esclude quindi il venir meno delle esigenze cautelari alla base del sequestro ordinato dal primo giudice.

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“Corte di Cassazione

Repubblica italiana In nome del Popolo Italiano

La Corte Suprema di Cassazione Terza Sezione penale

Composta da (omissis)

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sui ricorsi proposti da Procuratore della Repubblica presso iI Tribunale di Brindisi “(A) II SrI” “(B) II SrI”

Nel procedimento a carico di (omissis), nato a (omissis), e altri avverso l’ordinanza del 9 luglio 2012 del Tribunale di Brindisi, che ha accolto parzialmente l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari in sede in data 11 giugno 2012; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere (omissis); udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, (omissis), che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso del Pubblico Ministero e annullamento con rinvio in relazione ai ricorsi delle parti provate; uditi gli avvocati (omissis) e (omissis), che hanno concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 11 giugno 2012 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brindisi ha accolto la richiesta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura della Repubblica in sede ed avente ad oggetto alcuni impianti di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica (di seguito impianti fotovoltaici) situati nel numero di sette in località (omissis) e nel numero di due in località (omissis), Comune di San Donaci. I reati per cui si procede e che fondano la misura cautelare sana costituiti dalla violazione degli articoli 44, lettera b) del Dpr 6 giugno 2001, n.380, per gli impianti in località (omissis), e 44, lettera c) del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 e 181 del Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42, per gli impianti in località (omissis). Le ipotesi di reato prevedono, altresì, la violazione degli articoli 81, 359 e 481 Codice penale, ma non includono l’ipotesi di lottizzazione abusiva (ricorda il Tribunale che in altri simili casi tale ipotesi era stata avanzata dalla pubblica accusa). Fatti commessi tra il febbraio 2008 e il 30 dicembre 2010. Nella sostanza, l’ipotesi dell’accusa ha per oggetto la strumentale frammentazione di un unico progetto in due separate iniziative in modo da fare ricorso alla sola procedura per Dia ed evitare le procedure autorizzatorie che sarebbero state, invece, necessarie (permesso di costruire e autorizzazione unica regionale, per entrambi, nonché autorizzazione paesistica per il secondo). 2. Avverso tale decisione le società che gestiscono gli impianti hanno presentato istanza di riesame con la quale si contesta I’esistenza delle esigenze cautelari poste a fondamento del sequestro e si chiede che gli impianti siano restituiti nella disponibilità dei gestori. 3. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Brindisi ha parzialmente accolto la richiesta di riesame, disponendo la restituzione degli impianti situati in località (omissis) e confermando il vincolo per quelli situati in località (omissis). Osserva il Tribunale che il tema delle esigenze cautelari deve essere affrontato muovendo dalla premessa che gli impianti sana ultimati da tempo e in esercizio e che un esame della concreta situazione in atto conduca ad escludere che per gli impianti situati in località (omissis) si possa ravvisare alcun pregiudizio ulteriore rispetto al pregiudizio già realizzato con l’edificazione delle opere. Rileva a tal fine, poi, che il tema degli utili da gestione e della percezione di incentivi pubblici è del tutto estraneo rispetto alla contestazione, che attiene alle sole violazioni urbanistiche. A diversa conclusione deve giungersi per gli impianti siti in località (omissis), per i quali il pregiudizio alla disciplina paesaggistica risulta attuale e pacificamente rilevante secondo la giurisprudenza di legittimità. 4. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso sia il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi sia i legali rappresentanti delle società (A) II e (B) II, interessate alla gestione degli impianti situati in località (omissis). Il Procuratore della Repubblica in sintesi lamenta: errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale in relazione agli articoli 321 Codice di procedura penale e 104 e 104-bis, disp. att. Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale sotto il profilo del mancato apprezzamento di elementi essenziali della fattispecie giuridica. In particolare, osserva: Con decisione della Corte di cassazione n. 8441 del 25 gennaio 2007 (rv 236527) si è chiarito che il sequestro dell’immobile ha la finalità di limitare “il godimento e l’uso del bene che costituisce il prodotto del reato già consumato” e che I’aggravamento del carico urbanistico costituisce “protrazione delle conseguenze del reato”. Tale principio trova supporto con riferimento agli impianti in esame nella disciplina degli articoli 104 e 104-bis delle disp. att. al Codice di procedura penale, che per gli impianti produttivi prevede espressamente la nomina di un amministratore e, dunque, concilia il provvedimento di sequestro con la continuità della gestione. Erra, dunque, il Tribunale nel limitare il giudizio al solo carico urbanistico e nel tralasciare del tutto “le ulteriori conseguenze dovute all’uso e al godimento dell’opera abusiva al di fuori di ogni controllo prescritto in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti”; e ciò vale anche per le conseguenze dall’esercizio degli impianti discendono nei rapporti pubblicistici, soprattutto con riguardo alle erogazioni di sovvenzioni pubbliche legate alla produzione di energia (1). Infine, il Tribunale omette di considerare che il rilascio dell’autorizzazione unica regionale “costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato”, così che l’assenza dell’autorizzazione priva di legittimità anche la fase di gestione e ciò dimostra l’esistenza di un pericolo di aggravamento e protrazione delle conseguenze da reato che deve essere fronteggiato con il sequestro (2). Il legale rappresentante di (A) II Srl in sintesi lamenta: a) Errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale in relazione al “fumus” di reato, posta che il Tribunale esamina il tema solo con riferimento alla mancanza di autorizzazione; b) Errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale con riferimento alle esigenze cautelari, per avere il Tribunale omesso di chiarire quale in cosa consista l’aumento di carico urbanistico che giustifica la misura; c) Errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale posta che l’area era compatibile con la realizzazione di impianti fotovoltaici e che il Tribunale non illustra le ragioni per cui la mera assenza di autorizzazione rende gli impianti in contrasto con le caratteristiche dell’area: valutazione che va operata in concreto. Il legale rappresentante di (B) II Srl in sintesi lamenta: a) Errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale in relazione al “fumus” di reato, posta che il Tribunale esamina il tema solo con riferimento alia mancanza di autorizzazione; b) Errata applicazione di legge ex articolo 606, lettera b) Codice di procedura penale e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) Codice di procedura penale con riferimento alle esigenze cautelari, per avere il Tribunale omesso di chiarire quale in cosa consista il pregiudizio che l’esercizio degli impianti comporta in relazione al bene paesaggio. Con memoria depositata in data 9 febbraio 2013, la Difesa dei ricorrenti privati osserva: 1) Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile in quanto i profili di assenza di motivazione consistono, in realtà, in censura della motivazione del Tribunale ; 2) Il ricorso è altresì, infondato in quanta il fine del sequestro non è quello di impedire il godimento del bene oggetto di reato, bensì quello di evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze con riferimento alla “offesa al bene protetto che sia in rapporto di connessione con la condotta penalmente illecita” (Cassazione, sentenza n.8441 del 2007); ne consegue che il sequestro non può essere adottato in relazione a beni e finalità diversi.; 3) Analoga conclusione con riferimento all’invocata applicazione degli articoli 104 e 104-bis delle disp. att. al Codice di procedura penale, posta che la nomina di un amministratore può essere effettuata in presenza di un legittimo atto di sequestro e in relazione alle esigenze di gestione del bene, ma va escluso che la previsione del citato articolo 104-bis possa costituire fondamento della decisione di procedere al sequestro. In realtà (pagg.7-8 della memoria) la gestione di un impianto fotovoltaico non comporta alcuna aggravamento del carico urbanistico e del bene paesaggio.

Considerato in diritto 1. La Corte ritiene opportuno rimuovere subito un possibile equivoco: in assenza di contestazione cautelare dell’ipotesi di reato ex articolo 316-ter Codice penale e di indicazioni di elementi di fatto coerenti, non può trovare ingresso in questa sede I’argomento che il Pubblico Ministero ha introdotto riguardante i termini contrattuali e i relativi profili economici; questi non costituiscono elementi direttamente conseguenti le condotte oggetto dei reati che fondano il sequestro e non possono essere adesso portati a sostegno dell’esistenza di esigenze cautelari che giustificano la misura. 2. Analoga valutazione critica deve essere operata con riferimento alle finalità argomentative che il Pubblico ministero intende perseguire mediante il richiamo operato agli articoli 104 e 104-bis delle disposizioni di attuazione al Codice di procedura penale. La lettura congiunta delle due disposizioni rende evidente che il Legislatore ha inteso approntare strumenti che consentano all’Autorità giudiziaria di custodire efficacemente un bene sequestrato che abbia natura dinamica (azienda; realtà produttiva; realtà economicamente in divenire), ma non ha inteso in tal modo incidere sui presupposti che presiedono all’emissione del provvedimento cautelare. 3. Venendo ai restanti argomenti del Pubblico Ministero e a quelli introdotti dalle difese, va ricordato che la differenza fra gli impianti minori, realizzabili mediante la presentazione di Dia conforme agli strumenti urbanistici (si veda anche la procedura semplificata prevista dal (manca del testo nel documento ufficiale — Ndr), e quelli di maggiori dimensioni, che richiedono la più complessa procedura autorizzatoria prevista dall’articolo 12 del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387, risiede nella diversa incidenza degli interventi sui bene paesaggio e ambiente. La natura del bene tutelato e le caratteristiche della procedura di autorizzazione rendono evidente come la compromissione del paesaggio e dell’ambiente non si esaurisce con la sola edificazione dell’impianto e danno conto delle ragioni per cui l’articolo 12, citato, affermi al comma 4 che l’autorizzazione costituisce “titolo a costruire ed esercire I’impianto in conformità al progetto”. 4. Tale espressione giustifica I’interpretazione secondo cui I’assenza dell’autorizzazione riveste rilevanza anche in corso di esercizio ed esclude che la conclusione delle opere di edificazione comporti il venir meno delle esigenze cautelari che sostengono il provvedimento cautelare. Sul punto si registrano in realtà valutazioni non coincidenti del Giudice di legittimità. Questa Sezione con la sentenza n. 24986 del 13 aprile 2012, P.M. in proc. Di Giglio e altri, avente ad oggetto le violazioni connesse ad impianti fotovoltaici gestiti dalla soc. (omissis) e altre, ha affermato il principio che I’offesa la bene protetto viene realizzata con la costruzione degli impianti in assenza di autorizzazione, e che non si vede quale altro impatto sull’ambiente possa avere luogo a seguito del funzionamento degli impianti, posta che il carico urbanistico sui territorio non può dirsi sensibilmente aggravato a seguito della limitata presenza umana. Osserva, invece, Sezione 3, n. 44494 del 17 ottobre 2012, P.M. in proc. (omissis) II Srl, che la circostanza che i lavori siano ultimati non fa venire meno le esigenze cautelari, la cui esistenza deve essere verificata in concreto in relazione all’impatto ambientale dell’impianto. 5. Tale ultima decisione segue quella con cui la medesima Sezione ha affrontato compiutamente il tema della identificazione degli interessi tutelati (sentenza n. 38733 del 20 marzo 2012, Ferrero e altro). La lettura della motivazione consente di apprezzare come I’autorizzazione unica debba tenere conto delle caratteristiche complessive della zona a vocazione agricola, a partire dalla tutela delle biodiversità per giungere al paesaggio rurale. Del resto, il comma 3 dell’articolo 12 del Dlgs n. 387/2003, citato, afferma in maniera inequivoca che la autorizzazione unica deve avere come riferimento il rispetto della normativa in tema di ambiente, di paesaggio e di patrimonio storico artistico; affermazione che supera il mere riferimento all’assetto urbanistico del territorio e al concetto di “carico urbanistico”, mettendo in relazione il rilascio dell’autorizzazione a realizzare e gestire I’impianto non solo coi tradizionali beni tutelati dall’articolo 44 del Dpr 6 giugno 2001, n. 380, ma anche con i beni sopra indicati. Così non fosse, non si comprenderebbe la ragione di una procedura autorizzativa che, per gli impianti di capacita maggiore di 1 MW elettrico (sulla persistenza di tale limite si veda l’articolo 6, comma 9, del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28), comporta il coinvolgimento di plurime Amministrazioni. 6. Si passa, così, da una concezione statica della realizzazione degli impianti a una concezione dinamica del loro impatto sui territorio, riproponendo in qualche modo la differenza che, in termini di esigenze cautelari, esiste fra l’articolo 44, lettera b) e c), del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 e l’articolo 181 del Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42. 7. Sulla base delle considerazioni che precedono questa Giudice ritiene che l’esercizio dell’impianto di produzione di energia di tipologia come quella in esame non costituisca fattore riconducibile alla mera presenza fisica dell’impianto nelle sue articolazioni e non sia paragonabile a quello di un manufatto. Non solo gli interventi di controllo e manutenzione comportano accessi e presenza di persone, ma deve considerarsi che l’estensione degli impianti, la produzione e conduzione di energia elettrica, gli effetti sull’ambiente propri di un’ampia estensione di materiali tecnologici sene tutti elementi che depongono per la permanenza di una compressione permanente dei beni protetti: come si accennava, non soltanto il carico urbanistico, ma anche il bene paesaggio e pili in generale il bene equilibrio ambientale. 8. Così fissata l’interpretazione che deve essere data degli articoli 12 del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387 in relazione all’articolo 44 del Dpr 6 giugno 2001, n. 380, la Corte considera che le affermazioni prospettate dalle difese in ordine alla situazione ambientale e alle caratteristiche degli impianti introducono esattamente quelle censure in fatto che hanno ravvisato nel ricorso del Pubblico Ministero e che non possono trovare ingresso in sede di legittimità alla luce del dettato della prima parte dell’articolo 325 Codice di procedura penale. 9. Un’ultima osservazione si impone con riferimento alla invocata specialità delle sanzioni amministrative rispetto alla rilevanza penale dei fatti invocata dal Pubblico ministero. Le sanzioni amministrative previste dall’articolo 44 del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28 ai commi 1, 2 e 3 sono applicate ai casi di costruzione e gestione degli impianti in parola “fatte salve”, ai sensi del successive comma 4, le diverse sanzioni previste dalla legge. Si tratta con ogni evidenza di previsione che non esclude la sussistenza del “fumus” di reato. Deve conclusivamente affermarsi che l’ordinanza impugnata merita di essere annullata a causa del vizio interpretativo sopra illustrato e che spetterà al Giudice di rinvio sanare avendo riguardo ai principi fissati in questa sede e all’esame della effettiva situazione di fatto in relazione all’attualità delle esigenze cautelari.

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Brindisi per nuovo esame. Così deciso il 26 febbraio 2013.

Depositata in cancelleria il 13 maggio 2013.”