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Democrazia di prossimità e rappresentanza di territorio

di - 31 Gennaio 2013
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Il piano territoriale di coordinamento è stato sempre strumento debole perché non dotato di una finanza propria. Non a caso, se si può parlare di successo di questa forma di pianificazione, è all’esperienza dei “ Consorzi per le aree ed i Nuclei di industrializzazione del Mezzogiorno” che dobbiamo risalire.
Quei piani disponevano di una finanza autonoma, per espropriare, urbanizzare, etc.
Ma anche un coordinamento senza finanza propria poteva avere successo. Sarebbe stato però indispensabile valorizzare il potere di coordinamento, ad iniziare da quello interno all’ente provincia. Per riportare alla unità, seppure parziale, le diverse pianificazioni e programmazioni di settore.
Da questa unità si sarebbe potuto dialogare con gli altri soggetti pianificanti. Per realizzare un livello superiore di coordinamento, semplificando la filiera pianificatoria ed esaltandone così l’effettività e l’efficacia. Rinunciando alla perversa volontà di pianificare in dettaglio, sovrapponendosi spesso così alle competenze urbanistiche degli enti comune.
Una visione strategica avrebbe dovuto guidare quella attività: quella che vede assegnare ad una comunità ed al suo territorio, un piano ed uno solamente. Per realizzare cioè quell’obiettivo fondamentale che ad una comunità cioè ad un territorio, corrisponda un solo piano.
La dimensione intermedia è quella nella quale questo ambizioso obiettivo può meglio essere perseguito, con il dialogo verso l’alto e il basso. Devolvendo in forma attiva e declinando ugualmente in forma attiva e cooperando con quei piani preordinati che disciplinano i cosiddetti interessi primari, come tali preordinati.
Operando sia nell’ottica della cooperazione gerarchica che in quella della «governance» tra interessi / soggetti rappresentativi degli stessi.
La convivenza con le inevitabili difficoltà dei due approcci caratterizzerà probabilmente per molto tempo ancora il nostro assetto istituzionale e organizzativo.
Le province, sia quelle «confermate» che quelle frutto della rivisitazione in corso, sono un utile terreno di costruzione di capacità di operare nella convivenza degli approcci pianificatori e programmatori che il quadro istituzionale ed organizzativo determina.
Non perdere questa nuova occasione è un «must» per il paese: solo così l’espressione da tutti condivisa che per la crescita si debba “ripartire dai territori”, può essere realizzata con concrete azioni di pianificazione della crescita con a base «i» territori. Una volta avremmo detto «il» territorio.

Contributo pubblicato anche sulla Rivista “TRIA” n.04/2013, editore ESI.

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