La sicurezza economica?

Sommario: 1. Premessa – 2. Sicurezza economica in senso debole – 3. Sicurezza economica in senso forte – 4. Considerazioni conclusive

1. Premessa
Mi piace partire da un libro, non giuridico, di uno scrittore austriaco molto in voga negli anni ‘30, Stefan Zweig, di cui consiglierei la lettura. Ne Il mondo di ieri Zweig ripercorre la propria vicenda intellettuale e raccoglie alcune riflessioni sul passaggio dal “mondo della certezza”, quello precedente la prima guerra mondiale, alla deriva nazista e autoritaria in Europa.
Il primo capitolo è dedicato proprio all’“età d’oro della sicurezza”. Mi sembra interessante richiamare gli elementi di questo “mondo della sicurezza” descritto da Zweig, che improvvisamente, con il nuovo secolo e con la prima guerra mondiale, entra in crisi almeno fino al secondo dopoguerra, perché si prestano bene ad essere utilizzati in questo esercizio di costruzione della nozione di sicurezza economica.
Gli elementi-chiave richiamati da Zweig sono: la garanzia dei diritti riconosciuti dallo Stato, la stabilità della moneta, la certezza del diritto, la garanzia della proprietà. Zweig prosegue rievocando altresì la creazione delle prime forme di assicurazione, che garantivano un minimo di sicurezza anche alle classi meno abbienti, quali le casse di malattia, l’assicurazione sulla vecchiaia e le altre misure che tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900 iniziano a dar corpo a quello che oggi conosciamo come lo Stato interventista di stampo sociale.
Lasciando sullo sfondo le suggestioni dell’inizio del secolo scorso e passando all’oggi, mi sembra che l’espressione “sicurezza economica” possa essere intesa secondo due significati in parte distinti: in un primo senso, di sicurezza economica “in senso debole” ovvero come “processo”, e in un secondo senso, di sicurezza economica “in senso forte” o come “risultato”.
Nel primo senso il concetto di sicurezza economica potrebbe essere in parte riferito a quelli che sono gli elementi già richiamati nella citazione dal volume di Zweig, che identificherei nelle condizioni generali perché il cittadino possa intraprendere un’attività in un ambiente che consenta ai migliori di emergere e che garantisca in ogni caso la tutela dei propri interessi. Si tratta in altri termini dei presupposti dello Stato di diritto e degli interventi di regolazione che consentono il buon funzionamento di un’economia di mercato. Sappiamo quanto oggi, in presenza di una crisi finanziaria ed economica assimilabile secondo alcuni a quella del 1929 e degli anni successivi, sia importante avere chiaro questo concetto.
Il concetto di sicurezza economica in senso forte, o come risultato, rimanda alla garanzia che un ordinamento costituzionale come il nostro accorda a questo valore, nei suoi vari profili e dimensioni, per la generalità dei soggetti, con la finalità di tutelare non solo gli operatori economici, ma anche i cittadini comuni, comprendendo gli individui meno dotati di risorse.
Cercherò nel prosieguo di enucleare i tratti salienti delle proposte nozioni.

2. Sicurezza economica in senso debole
Adottando un approccio più giuridico per definire i contenuti di base della sicurezza economica intesa come processo, ci si può chiedere quali elementi assurgano a presupposti istituzionali per un corretto funzionamento dell’economia di mercato. Il primo elemento deve essere riconosciuto nella stabilità monetaria.
In un fortunato saggio sull’articolo 47 della Costituzione – articolo molto breve e un po’ ermetico in base al quale la Repubblica “promuove e tutela il risparmio in tutte le sue forme” – Fabio Merusi osservava che alla base di tale disposizione si ritrovava il valore della stabilità della moneta: la tutela del risparmio come valore economicamente e socialmente rilevante implica infatti che “uno dei compiti della «Repubblica» è di difendere, come valore in sé, l’elemento in cui si traduce la liquidità, di cui al rapporto risparmio-credito, la moneta. Il risparmio può essere difeso anche nella sua normale e prevalente destinazione creditizia solo se contemporaneamente si difende il valore della moneta, cioè se si controlla opportunamente l’intero ciclo finanziario, dalla formazione «incoraggiata» del risparmio all’investimento attraverso le imprese bancarie”[1]. Secondo l’interpretazione di Merusi, l’articolo 47 è così cruciale da stare addirittura a monte dell’articolo 41, con la conseguenza che quest’ultimo dovrebbe in qualche modo essere coordinato con l’esigenza fondamentale della stabilità monetaria[2].
Il valore della stabilità monetaria è peraltro riconosciuto anche in altri testi costituzionali: in Germania la Legge fondamentale lo ha a sua volta incorporato in conseguenza dell’impatto del fenomeno dell’iperinflazione del primo dopoguerra, che aveva portato all’azzeramento del valore della moneta, determinando una situazione di gravissimo dissesto e di incertezza nella società tedesca.
Oggi il medesimo valore è riconosciuto anche a livello europeo: il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) fa perno sull’articolo 127 TFUE, che pone l’accento sulla stabilità dei prezzi quale obiettivo principale. La lotta all’inflazione assurge a valore cui è dedicato l’intero sistema delle banche centrali, sistema di autorità indipendenti, e da sempre le banche centrali hanno goduto di questo status, proprio perché il valore della stabilità monetaria ha un rango quasi costituzionale, in quanto valore di lungo periodo, che non può essere messo in pericolo dalle esigenze contingenti dei governi e delle maggioranze, magari al solo scopo di guadagnare consenso a breve. Il SEBC è dunque il “guardiano della moneta”, posto al di fuori del circuito politico rappresentativo, che assicura questo valore.
La stabilità monetaria non è tuttavia sufficiente a garantire la stabilità finanziaria[3]. Sappiamo dagli eventi degli scorsi anni quanto il ciclo negativo che ha innescato la crisi economica, della quale non sono ancora del tutto noti gli esiti e soprattutto i tempi di recupero, sia nato dal profilo della stabilità finanziaria. La regolazione finanziaria negli Stati Uniti, ma anche in Europa, ha mostrato una serie di smagliature che hanno reso difficili gli interventi di salvataggio e comunque hanno consentito che si sviluppasse negli anni un vero e proprio sistema bancario parallelo, non controllato da nessuno. Ciò è stato secondo molti interpreti la principale causa scatenante di una crisi di dimensioni storiche come quella che stiamo ancora vivendo. Sotto questo profilo la Banca Centrale Europea non ha responsabilità, perché il Trattato non le affida compiti di vigilanza, neppure su conglomerati finanziari che operano in più Stati membri.

Bisogna sottolineare tuttavia come la riforma complessiva della architettura della vigilanza entrata in vigore il 1° gennaio 2011 abbia riconosciuto anche alla Banca Centrale e al SEBC un ruolo rinnovato. Nel prevedere un’autorità di vigilanza macro-prudenziale – il Comitato europeo per il rischio sistemico (European Systemic Risk Board o ESRB), e tre Autorità europee di vigilanza micro-prudenziale di settore (European Supervisory Authorities o ESA), ha stabilito che nel General Board dell’ESRB siedano i rappresentanti delle banche centrali insieme a quelli di tutte le autorità di vigilanza nazionali ed europee. Come è stato rilevato, l’ancoraggio della nuova autorità alla BCE e al SEBC riconosce “le interconnessioni esistenti tra politica monetaria e stabilità finanziaria, pur mantenendo ben distinti e separati i rispettivi mandati e la ripartizione delle responsabilità”[4].
Ma l’elaborazione di un progetto di ripensamento della struttura della vigilanza europea, maturata nel corso degli ultimi due anni, si è accompagnata all’adozione di una serie di misure di immediata risposta alla crisi, misure di emergenza approntate dal legislatore di tutti gli Stati membri, e anche di quello degli Stati Uniti, per fronteggiare l’instabilità e cercare di recuperare condizioni di sicurezza.
Nel nostro ordinamento l’iniziativa di “pronto intervento” è stata rappresentata dal decreto-legge 9 ottobre 2008 n. 155 (convertito dalla legge 4 dicembre 2008, n. 190) che ha introdotto una serie di strumenti a salvaguardia della stabilità di quegli istituti bancari che, come si dice in gergo, sono “troppo grandi per poter fallire”, perché il fallimento di una di queste grandi istituzioni, come dimostrato dall’esperienza degli Stati Uniti, determina conseguenze a catena destabilizzanti l’intero sistema. Sussiste quindi un vero e proprio interesse pubblico ad evitare che si verifichino questo tipo di catastrofi[5].
Nel novero dei presidi emergenziali attivati a fronte della crisi a livello comunitario deve essere segnalata anche la “reinterpretazione”, per così dire, delle norme sugli aiuti di Stato: la Commissione Europea è intervenuta più volte con una serie di comunicazioni, facendo leva su una disposizione del Trattato che era stata largamente disapplicata, l’articolo 87, comma 3, lettera b), oggi articolo 107, paragrafo 3, lettera b) TFUE, che rende compatibili, a giudizio della Commissione, gli aiuti di Stato che permettono di porre rimedio a “gravi turbamenti dell’economia di uno Stato membro”. Prima dell’ottobre del 2008 la Commissione aveva infatti interpretato la norma in modo particolarmente rigoroso. Successivamente ha ritenuto invece che le circostanze eccezionali determinate dalla crisi integrassero il requisito di grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, così consentendo a quasi tutti gli Stati di prevedere interventi d’emergenza sotto forma di ricapitalizzazione delle banche, garanzie in condizioni fuori mercato, scambio tra titoli “tossici” e titoli di Stato ed adozione di misure ulteriori che probabilmente fino a pochi anni fa sarebbero risultate inimmaginabili guardando allo stato dell’evoluzione del diritto comunitario in materia e alla sua interpretazione da parte della Commissione e delle corti europee. Vengono in particolare in considerazione quattro comunicazioni della Commissione: la prima, relativa all’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato alle misure adottate per le istituzioni finanziarie nel contesto dell’attuale crisi finanziaria mondiale, del 13 ottobre 2008 (comunicazione sul settore bancario)[6], una seconda relativa alla ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie nel contesto dell’attuale crisi finanziaria: limitazione degli aiuti al minimo necessario e misure di salvaguardia contro indebite distorsioni della concorrenza (comunicazione sulla ricapitalizzazione),[7] del 5 dicembre 2008, una terza sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore bancario comunitario (comunicazione sulle attività deteriorate[8]), del 25 febbraio 2009 e una quarta sul ripristino della redditività e la valutazione delle misure di ristrutturazione del settore finanziario nel contesto dell’attuale crisi in conformità alle norme sugli aiuti di Stato (comunicazione sulla ristrutturazione), del 23 luglio 2009[9]. Nel dicembre 2010 si è aggiunta infine una quinta comunicazione (Comunicazione sugli aiuti alle banche dal 2011)[10] la quale ha stabilito che le precedenti continuano ad applicarsi anche nel 2011, nonostante l’esistenza di un grave turbamento dell’economia di tutti gli Stati membri non sia più inconfutabile come nelle fasi iniziali della crisi; la Commissione ritiene però che le condizioni per l’approvazione degli aiuti di Stato a norma dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE sussistano ancora, “in considerazione dello stress che di recente ha colpito nuovamente i mercati finanziari e del rischio di ricadute negative più ampie”, ferma l’esigenza di un adattamento delle comunicazioni per preparare la transizione al quadro normativo post-crisi.
Nella cornice sopra delineata la Commissione europea ha autorizzato anche le misure attuative del decreto-legge n. 155/2008 in quanto conformi alle disposizioni dell’allora articolo 87, paragrafo 3, lettera b).
Ma l’attenzione non è stata rivolta soltanto alle banche e alle istituzioni finanziarie. Come tendenza dell’ultimo periodo anche la stabilità delle imprese tout court è assurta a valore, legittimando, sotto il profilo del diritto comunitario, interventi di supporto e salvataggio in assenza dei quali avremmo assistito o assisteremmo ad una serie di fallimenti.
Con l’avvento della crisi, partendo proprio dal presupposto che essa non abbia colpito solo il sistema bancario ma anche l’economia reale, la Commissione ha infatti elaborato un “Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi finanziaria ed economica” (il cosiddetto Temporary Framework)[11], più volte modificato, originariamente pensato per esaurire la propria efficacia con l’anno 2010 ma riconfermato nel gennaio 2011[12]. Anche in questo caso, la Commissione ha valutato che le l’instabilità dei mercati finanziari e l’incertezza sulle prospettive economiche giustificano la proroga delle misure previste.

Gli Stati membri hanno fatto d’altra parte massiccio ricorso alle possibilità offerte dal Quadro temporaneo. Per cogliere la portata del fenomeno si segnala un rapporto della Commissione, lo State Aid Scoreboard dell’autunno 2010[13], che contiene anche una comparazione di diversi regimi nazionali di aiuti, sia alle imprese finanziarie e bancarie, sia alle imprese non bancarie. Se ne ricava che quasi tutti gli Stati hanno fatto ricorso a strumenti di aiuto nell’ambito del Temporary Framework sotto forma di garanzie, di prestiti, di contributi dietro corresponsione di interessi e addirittura anche di erogazioni dirette a fondo perduto.
Dal rapporto citato risulta che anche lo Stato italiano ha utilizzato questo tipo di strumenti in più occasioni (cinque alla data di ottobre 2010)[14].
Continuando in questo excursus, in aggiunta agli aspetti della stabilità monetaria, finanziaria, e anche in certa misura della stabilità delle imprese, fondamentale sempre nel primo senso di interpretazione del concetto di sicurezza economica appare essere la garanzia del diritto di impresa dei cittadini.
La garanzia del diritto di impresa implica la garanzia di un’effettiva tutela giudiziaria – soprattutto per quanto riguarda la giustizia civile, vista dalle imprese straniere che intendono fare investimenti come un elemento di forte penalizzazione. Per avere un’idea della percezione che il mondo estero ha del sistema di giustizia civile italiano può guardarsi al rapporto di Doing Business per l’Italia relativo al 2011. Si scopre che il ranking attribuito al nostro paese con riferimento alla voce “Enforcing contracts” è pari a 157 (su 183). La durata del processo incide pesantemente sulla posizione in graduatoria. Dalla tabella di comparazione con le “good practice economies” emerge che al 157° posto dell’Italia corrispondono la sesta posizione della Germania, il 23° posto del Regno Unito, il 52° della Spagna[15].
Ma garanzia del diritto di impresa dei cittadini significa anche certezza del quadro normativo: nonostante la tradizione giuridica e legislativa del nostro ordinamento, esso raramente riesce a fornire un riscontro positivo all’esigenza di garanzia e di certezza delle regole che incidono direttamente o indirettamente sulle attività economiche. Questo impedisce il calcolo della convenienza degli investimenti di lungo periodo, che è imprescindibile in un’ottica di sviluppo economico.
In questo contesto, rileva l’emersione dello stato regolatore e l’“erompere” delle autorità di regolazione, anch’esse almeno in parte sottratte all’influenza politica: la presenza di un’autorità terza, sottratta alle spire del circuito politico-rappresentativo, può costituire un elemento che crea presupposti di certezza e stabilità della regolazione che le politiche gestite nel modo più tradizionale non consentono di norma di raggiungere. Proprio la capacità di guardare nel lungo periodo nel dettare le regole è pregio riconosciuto alle autorità indipendenti: un’impresa che intenda investire deve poter confidare in un orizzonte temporale necessariamente lungo, anche al solo fine di valutare la convenienza dell’investimento.
Nel capitolo della garanzia del diritto di impresa rientra da ultimo anche il diritto all’anti-trust: con questa espressione si intende indicare il diritto una competizione onesta e corretta, in un mercato in cui anche l’impresa piccola deve avere la certezza di non essere lasciata in balia delle imprese con posizione dominante o di altre imprese che formano un cartello, che la penalizzi nello sforzo di ingresso sul mercato.

3. Sicurezza economica in senso forte
Per riempire di contenuto la nostra definizione secondo l’ulteriore significato proposto volgiamo lo sguardo alla carta costituzionale, dove si ritrova un considerevole numero di disposizioni che mirano a garantire alle fasce deboli della popolazione la sicurezza come risultato.
Si pensi all’articolo 4 sul diritto al lavoro come diritto fondamentale, all’articolo 31, che prevede misure economiche e provvidenze a favore delle famiglie, all’articolo 32, concernente le cure gratuite agli indigenti, all’articolo 34, che sancisce la gratuità dell’istruzione inferiore e la garanzia di quella superiore attraverso assegni e borse di studio ai capaci e meritevoli, all’articolo 36, il quale pone il principio della retribuzione sufficiente, all’articolo 38, volto a fondare il sistema della sicurezza sociale e della garanzia contro gli infortuni e il sistema pensionistico. In queste norme costituzionali è delineato un modello di Stato sociale.
E’ evidente tuttavia che tra il disegno costituzionale e la realtà delle leggi amministrative si riscontra in molti casi uno iato, uno scollamento particolarmente vistoso in un’epoca caratterizzata dalla carenza di disponibilità finanziarie e dalla conseguente impossibilità di ricorrere ad aumenti della spesa pubblica.
Ciò si verifica in quanto il potere pubblico opera quale attore in un sistema economico in cui è richiesto di informarsi al principio della stabilità ed è pertanto chiamato al rispetto di vincoli assoluti in materia di bilancio e di disavanzo, che, posti ormai a livello comunitario, impediscono ai singoli Stati nazionali di decidere ed attuare in maniera autonoma le proprie politiche di spesa.
E’ interessante notare tuttavia come i germi di uno Stato sociale penetrino gradualmente anche nella costituzione dell’Unione Europea, che non è più solo una “comunità di mercato”. Emblematico in questo senso è il ricorso alla nozione di “coesione economica e sociale”[16], nonché le previsioni in materia di servizi di interesse economico generale[17], i riferimenti a “elevato livello di occupazione[18]”, “protezione sociale”, “miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro[19]”, tutti elementi che lasciano intravedere come l’Europa nel lunghissimo periodo non sarà soltanto del mercato e per il mercato, ma si adopererà per garantire la sicurezza economica in senso forte dei cittadini comunitari.

4. Considerazioni conclusive
Vorrei concludere ritornando al libro dello scrittore austriaco da cui sono partito. Perché la sicurezza economica era venuta meno rispetto all’epoca d’oro descritta da Zweig? Come spesso accade, anche allora c’era stato un elemento di hybris, di ottimismo ingiustificato, rappresentato dalla fede nel progresso e dall’idea che esso dovesse avere necessariamente come conseguenza un’elevazione morale altrettanto rapida.
Questo “slancio tracotante” è stato probabilmente anche il germe della crisi finanziaria ed economica che oggi ci colpisce. Potrebbe quindi dirsi in questo senso che i cicli della sicurezza e dell’insicurezza dipendono anche da meccanismi psicologici e mentali.
D’altra parte la stessa economia si fonda su premesse di natura psicologica. Quelle adottate dal paradigma dominante si sono alla prova dei fatti rivelate fallaci, come sottolineato in un interessante rapporto sulla crisi finanziaria elaborato dal governo inglese[20].
Del resto, mutuando un’immagine dal fortunatissimo libro americano Il cigno nero[21], se tutti fanno previsioni senza calcolare l’evento inatteso, cioè il cigno nero, in una situazione in cui normalmente i cigni sono bianchi, l’apparizione del cigno nero risulta veramente drammatica sotto il profilo della sicurezza, e non soltanto di quella economica.

* Rielaborazione dell’intervento al convegno “I diversi volti della sicurezza”, tenutosi il 4 giugno 2009 presso Università degli Studi di Milano Bicocca – Dipartimento di Diritto dell’Economia.

Note

1.  F. MERUSI, Credito e moneta nella Costituzione, in “Quaderno n. 2, Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, Seminario 1991”, Giuffrè, Milano, 1991, p. 174.

2.  “L’art. 41 non incide sull’art. 47 perché i due articoli disciplinano due fenomeni economici diversi e nettamente distinti, almeno sul piano logico. Non solo, ma, se un rapporto si vuol stabilire tra l’art. 41 e l’art. 47, si deve concludere che, nonostante la collocazione numerica, l’art. 47 è un prius rispetto all’art. 41 perché disciplina uno dei fattori antecedenti e condizionanti il fenomeno regolato dall’art. 41”, F. MERUSI, op.cit.

3.  Quella di stabilità finanziaria non è una nozione con un significato universalmente condiviso. Per una definizione si veda G. J. SCHINASI, Defining Financial Stability, IMF Working Paper, October 2004: “Financial stability can be thought of in terms of the financial system’s ability: (a) to facilitate both an efficient the effectiveness of other economic processes (such as wealth accumulation, economic growth, and ultimately social prosperity); (b) to assess, price, allocate, and manage financial risks; and (c) to maintain its ability to perform these key functions—even when affected by external shocks or by a build up of imbalances—primarily through self-corrective mechanisms”. Disponibile all’indirizzo http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2004/wp04187.pdf.
Per la Banca Centrale Europea la stabilità finanziaria identifica la condizione in cui “the financial system – which comprises financial intermediaries, markets and market infrastructures – is capable of withstanding shocks and the unravelling of financial imbalances. This mitigates the likelihood of disruptions in the financial intermediation process that are severe enough to significantly impair the allocation of savings to profitable investment opportunities”. Si veda Banca Centrale Europea, Financial Stability Review, 2011, disponibile all’indirizzo http://www.ecb.int/pub/pdf/other/financialstabilityreview201106en.pdf.

4.  Vedi A.M. TARANTOLA, La vigilanza europea: assetti, implicazioni, problemi aperti, 8 aprile 2011, disponibile all’indirizzo http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/Tarantola_080411.pdf.

5.  Il decreto-legge n. 155 del 2008 ha in particolare previsto che il Ministero dell’economia e delle finanze, fino al 31 dicembre 2009, fosse autorizzato a: (i) concedere la garanzia dello Stato, a condizioni di mercato, sulle passività delle banche italiane, con scadenza fino a cinque anni e di emissione successiva alla data del 13 ottobre 2008; (ii) effettuare operazioni temporanee di scambio tra titoli di Stato e strumenti finanziari detenuti dalle banche italiane, o passività delle banche italiane controparti, aventi scadenza fino a cinque anni e di emissione successiva alla data del 13 ottobre 2008; (iii) concedere la garanzia dello Stato, a condizioni di mercato, sulle operazioni stipulate da banche italiane, al fine di ottenere la temporanea disponibilità di titoli utilizzabili per operazioni di rifinanziamento presso l’Eurosistema, sulla base di una valutazione, da parte della Banca d’Italia, dell’adeguatezza della patrimonializzazione della banca richiedente e della sua capacità di fare fronte alle obbligazioni assunte. Il decreto ha previsto altresì la possibilità per il Ministero dell’economia e delle finanze di rilasciare la garanzia statale su finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d’Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance).

6.  GU C 270 del 25.10.2008, p. 8.

7.  GU C 10 del 15.1.2009, p. 2.

8.  GU C 72 del 26.3.2009, p. 1.

9.  GU C 195 del 19.8.2009, p. 9.

10.  GU C 329 del 07.12.2010, p. 7.

11.  Comunicazione della Commissione — Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi finanziaria ed economica (2009/C 16/01) del 17 dicembre 2008.

12.  Comunicazione della Commissione — Quadro unionale temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi economica e finanziaria (2011/C 6/05) del 1 dicembre 2010.

13.  Disponibile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=SEC:2010:1462:FIN:EN:PDF.

14.  Il Quadro temporaneo è stato attuato in Italia con D.p.c.m. del 3 giugno 2009 (Modalità di applicazione della Comunicazione della Commissione europea – quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’accesso al finanziamento nell’attuale situazione di crisi finanziaria ed economica” (in GU n. 131, 9.6.2009).

15.  Si veda Doing Business 2011: Making a Difference for Entrepreneurs, disponibile all’indirizzo http://www.doingbusiness.org/~/media/giawb/doing%20business/documents/profiles/country/ITA.pdf

16.  Art. 3, comma 3, TUE; art. 4, comma 3, TFUE.

17.  Artt. 14 e 106 TFUE.

18.  Art. 147 TFUE.

19.  Art. 151 TFUE.

20.  Il riferimento è al documento The Turner Review, a regulatory response to the global banking crisis, marzo 2009, disponibile all’indirizzo http://www.fsa.gov.uk/pubs/other/turner_review.pdf in cui si sottolinea, richiamando Kahneman, Slovic e Tversky, Judgment under uncertainty: heuristics and bias del 1982 come “There are moreover insights from behavioural economics, cognitive psychology and neuroscience, which reveal that people often do not make decisions in the rational front of brain way assumed in neoclassical economics, but make decisions which are rooted in the instinctive part of the brain, and which at the collective level are bound to produce herd effects and thus irrational momentum swings”.

21.  N. N. TALEB, The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable, tradotto in Italia con il titolo Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita.