Il Rapporto “Doing Business” e la Banca Mondiale

1.    Introduzione.
Nel 2003 la Banca Mondiale pubblicava il primo rapporto Doing Business. Si presentavano i risultati di un esercizio di misurazione, effettuato in 133 paesi, di quanto la legislazione facilitasse l’esercizio dell’attività di impresa. In particolare il rapporto poneva l’attenzione sulle modalità con cui l’ordinamento regola alcuni momenti tipici della vita di una impresa, dalla sua costituzione alla sua liquidazione. Da quello stadio embrionale, quando la graduatoria complessiva si basava su soli 5 indicatori, il progetto si è considerevolmente evoluto e irrobustito: nell’ultimo rapporto, pubblicato lo scorso ottobre, si predevano in considerazione 11 indicatori per 183 paesi. Oggi la graduatoria aggregata del Doing Business e i dati ad essa sottostanti sono regolarmente utilizzati, dalla stampa specialistica e anche dalla letteratura accademica[1], per valutare quanto la regolamentazione di un paese favorisca la nascita e lo sviluppo delle imprese.

2.    Cosa misura Doing Business e come.
Per misurare quanto un ordinamento renda semplice e poco costoso l’esercizio dell’attività di impresa Doing Business divide la vita di una impresa in 4 momenti fondamentali: l’atto fondativo dell’impresa, il suo avvio, lo svolgimento della sua attività, la sua liquidazione. Ciascuna di queste fasi viene caratterizzata da alcune azioni tipiche che l’impresa svolge; queste azioni vengono quindi codificate negli 11 indicatori attualmente considerati. Infine per ciascuno di questi indicatori si definiscono le variabili da misurare concretamente (cfr. tavola 1 in calce).
Per attribuire delle concrete misure alle variabili scelte, Doing Business prende a riferimento una ben precisa tipologia di impresa. Si tratta di una impresa di capitale a responsabilità limitata, che opera nella più grande città del paese (spesso la capitale) in piena conformita con le leggi (nel settore formale dell’economia), interamente posseduta da residenti. La fonte dei dati è duplice. La fonte più importante è la lettura diretta della legislazione e della regolamentazione di secondo livello da parte del team di Doing Business. La seconda fonte è costituita dai questionari inviati a professionisti esperti della materia nel paese di riferimento. Questi ultimi forniscono intepretazioni delle norme e danno indicazioni per esempio sui costi e sui tempi associati alle singole procedure. L’ultimo rapporto ha beneficiato del contributo di più di 9000 professionisti che hanno provveduto a riempire i questionari, hanno fornito indicazioni sulla legislazione rilevante per ciascun indicatore, hanno aiutato a controllare l’accuratezza dei dati. Per l’Italia il numero dei contributori è stato 114.
Come è evidente non si tratta quindi di informazioni estratte con le usuali tecniche statistiche da dati raccolti attraverso una rilevazione su un campione di imprese estratto dall’universo di riferimento. In questa situazione è difficile valutare la qualità dell’informazione raccolta che può in alcuni casi dipendere dalle intepretazioni soggettive dei rispondenti. Va detto tuttavia che la peculiarità della metodologia è dovuta anche alla necessità di raccogliere informazioni per un grande numero di paesi a costi non proibitivi. Una implicita riassicurazione sulla qualità dell’informazione raccolta viene dal fatto che le graduatuorie di Doing Business sono coerenti con quelle prodotte da altre istituzioni, come L’OECD.

3. La posizione dell’Italia nelle graduatorie di Doing Business.
Nell’ultimo rapporto pubblicato nell’ottobre del 2011, l’Italia figurava nella 87-esima posizione della graduatoria aggregata. È una posizione molto lontana dalle migliori pratiche ma anche da quella dei nostri partner europei con i quali ci rapportiamo tradizionalmente. Ad esempio, le altre grandi economie dell’area dell’euro occupavano posizioni molto migliori: la Germania occupava la posizione n.19, la Francia la posizione n.29 e la Spagna quella n. 44. In generale la posizione media dei paesi OCSE[2] ad alto reddito era 29.
Una analisi più attenta dei singoli indicatori mette in rilievo che il ritardo dell’Italia si riscontra su tutti gli indicatori, come testimoniato dal fatto che la nostra posizione è sempre peggiore di quella della media dei paesi OCSE ad alto reddito (cfr. tavola 2 in calce). Ma il ritardo è particolarmente acuto negli indicatori relativi all’ottenere il rispetto dei contratti per via giudiziaria (posizione 158), al pagamento delle tasse (posizione 134), all’allaccio alla rete elettrica (posizione 109). Vi influiscono l’elevato numero delle procedure, i tempi della loro esecuzione e i costi associati. A titolo di esempio si consideri l’indicatore nel quale l’Italia occupa la posizione peggiore, vale a dire quello dell’ottenimento per via giudiziaria del rispetto dei contratti e lo si confronti con l’analogo indicatore per i paesi OCSE ad alto reddito. Il numero delle procedure previste in Italia è 41 contro circa 30 del gruppo di controllo. Da noi i costi arrivano al 30 per cento del valore del contratto di cui si richiede il rispetto, contro meno del 20 per cento degli altri; da noi ci vogliono in media 1210 giorni per avere soddisfazione dei propri diritti contro meno della metà del gruppo di confronto.
Analoghe considerazioni si possono fare sugli altri indicatori[3].
Nel tempo la posizione dell’Italia si è progressivamente deteriorata nonostante gli innegabili sforzi compiuti dai diversi governi per rendere la regolamentazione dell’attività di impresa più snella, meno costosa e incerta. Tra il 2005 e il 2011, la distanza dell’Italia dalle migliori pratiche è rimasta sostanzialmente inalterata se non addirittura aumentata, caso quasi unico tra le economie che partecipano al Doing Business.
La ragione di questa progressivo slittamento sta nel fatto che le graduatorie di Doing Busienss sono graduatorie relative e, pertanto, un paese può perdere posizioni anche se ha migliorato la propria regolazione se nel frattempo altri paesi hanno fatto riforme più incisive. Questa notazione va al di là del mero fatto di perdere posizioni in una graduatoria. Se le imprese decidono dove localizzarsi anche in funzione della qualità della regolamentazione, allora una perdita di efficienza relativa di quest’ultima implica una possibile perdita di attrattività del paese per le proprie imprese e quelle di altri paesi. Si pone pertanto un serio problema di rapidità di adattamento della regolazione nazionale a quanto accade alle regolazioni di altri paesi. Un caso molto interessante in proposito è costituito dalla riforma del diritto fallimentare.
La riforma del diritto fallimentare è un cantiere aperto dal 2004. Il legislatore è intervenuto sulla materia anche nell’ultimo decreto sviluppo, convertito in legge all’inizio dello scorso agosto. Nonostante i grandi progressi fatti in materia, la nuova regolamentazione non è considerata “state of the art” visto che l’Italia occupa la trentesima posizione, peggiore di quella della media dei Paesi OCSE ad alto reddito. È presumibile che questa distanza aumenti nei prossimi anni a meno di un’opera di manutenzione continua della nostra legislazione in materia.

4. Cautele.
Come tutti gli esercizi di analisi comparata tra paesi anche Doing Business non è esente da problemi metodologici che impongono cautela nell’interpretazione dei risultati.
Tradizionalmente la critica più forte all’esercizio viene dai paesi di Civil Law, che tendono in generale ad avere risultati peggiori di quelli di Common Law. Il punto conteso è se l’impianto di Doing Business non sia distorto da una scelta ideologica secondo cui una regolazione leggera è sempre meglio di una regolazione più incisiva, indipendentemente dai contesti. Questa distorsione deriverebbe dal fatto che Doing Business assume l’ottica dell’impresa mentre la regolamentazione dell’attività imprenditoriale di una paese dovrebbe tenere conto del welfare complessivo che a volte può implicare scelte che all’impresa appaiono dannose ma che sono effettivamente Pareto improving dal punto di vista della collettività.
Su un piano più metodologico le critiche si appuntano sul fatto che la connessione tra gli indicatori scelti e il ritmo di crescita del reddito è tutt’altro che certa, poiché molte delle analisi empiriche dedicate a valutare queste connessioni hanno potuto riscontare più spesso semplici correlazioni che rapporti di causa-effetto.
Esiste poi un serio problema di rappresentatività di tutto l’esercizio che ricordiamo si fonda sull’esame di una singola tipologia di impresa. Poiché la rilevanza del tipo di impresa presa in considerazione può variare molto tra paesi, occorre cautela nell’estendere i risultati di Doing Business all’intera economia. Analoghe considerazioni possono farsi per quanto riguarda la copertura territoriale dell’esercizio. Poiché molti degli indicatori utilizzati sono influenzati dalla regolamentazione regionale o municipale, si pensi per esempio ai permessi di costruzione, ci possono essere all’interno di un paese delle ampie differenze che vengono ingnorate dall’impianto metodologico di Doing Business. Questo aspetto è particolarmente importante perché le imprese possono scegliere di localizzarsi in aree dove la regolamentazione è a loro più favorevole. Pertanto può esserci una correlazione negativa tra la stringenza della regolamentazione e il numero delle imprese a cui essa si applica. Occorre dire che per l’Italia questo fenomeno è particolarmente acuto, perché la città di riferimento è Roma. Saremo in grado di valutare meglio questi effetti quando, nel mese di settembre, verrà pubblicato il primo esercizio di Doing Business regionale condotto in Italia, in cui sono state valutate le regolamentazioni in molte citta italiane, scelte per rappresentare la quasi totalità delle regioni.

Tavola 1. Gli indicatori di Boing Business

Fasi della vita dell’impresa

Indicatori (Azioni: cosa si fa)

Variabili misurate

Nascita dell’impresa

Registrazione dell’impresa

Capitale minimo; numero delle procedure da eseguire; costi e
tempi

Avvio dell’impresa

Registrazione della proprietà

Procedure da eseguire, tempi e costi

Accedere al credito

Sistemi di misurazione del merito di credito; regole sul
collaterale

Proteggere gli investitori

Regolazione delle transazioni con parti correlate

Ottenere il rispetto dei contratti

Procedure da eseguire, tempi e costi per risolvere una disputa
commerciale.

Attività Ordinaria

Ottenere un permesso di costruzione

Procedure da eseguire, tempi e costi

Ottenere l’allaccio alla rete elettrica

Procedure da eseguire, tempi e costi

Pagamento delle tasse

Numero dei pagamenti, tempi e aliquota complessiva

Commerciare con l’estero

Documenti necessari, tempi e costi

Assumere Lavoratori*

Flessibilità nella gestione della forza lavoro (facilità
nell’assumere, flessibilità nell’orario di lavoro, vincoli al licenziamento)

Costo della risoluzione n del contratto di lavoro

Fallimento

Risolvere una situazione di insolvenza

Tempi, costi e tasso di recupero del credito da parte del
creditore

*Indicatore escluso dalla graduatoria finale

Tavola 2. Posizione dell’Italia e di alcuni partner nelle graduatorie dei singoli
indicatori

Indicatori

Posizione nella graduatoria 2011

 

Italia

Francia

Germania

Spagna

OECD ad alto reddito

Registrazione dell’impresa

77

25

98

133

57

Registrazione della proprietà

84

149

77

56

58

Accedere al credito

98

48

24

48

41

Proteggere gli investitori

65

79

97

97

62

Ottenere il rispetto dei contratti

158

6

8

54

37

Ottenere un permesso di costruzione

96

30

15

38

53

Ottenere l’allaccio alla rete elettrica

109

62

2

69

53

Pagamento delle tasse

134

58

89

48

62

Commerciare con l’estero

63

24

12

55

33

Assumere Lavoratori*

nd

nd

nd

nd

nd

Risolvere una situazione di insolvenza

30

46

36

20

27

Note

1.  Secondo l’ultimo rapporto 873 papers pubblicati su riviste con referee e 2332 working papers utilizzano dati e informazioni dedotte dai database di Doing Business.

2.  La Banca Mondiale classifica come paesi OCSE ad alto reddito i seguenti paesi: Australia, Austria, Belgio, Canada, repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Israele, Giappone, Corea del Sud, Lussemburgo, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti.

3.  Le informazioni di dettaglio sono contenute nel rapporto specifico per l’Italia disponibile al seguente indirizzo http://www.doingbusiness.org/~/media/FPDKM/Doing%20Business/Documents/Profiles/Country/ITA.pdf