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Riforme costituzionali e principi in tema di sfera pubblica e di interessi privati

di - 1 Agosto 2012
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Un antidoto contro tale epidemia di revisioni, che sono solo apparentemente attente ai frammenti di disposizioni, per perseguire obiettivi politici, che non vengono sempre alla luce del giorno, resta quello di ampliare le proprie fonti di conoscenza del diritto costituzionale, di approfondire la storia, lo studio dei classici del pensiero politico, le trattazioni sistematiche di carattere più generale. In un momento storico di passaggio da un ordine costituzionale statale ad un ordine economico e finanziario sovranazionale, si ha l’impressione, in particolare, che le proposte in tema di costituzione economica aprano la strada a una concezione del diritto costituzionale che riduce quest’ultimo a una disciplina servente rispetto agli interessi del capitale finanziario e delle grandi imprese private sovranazionali. Di fronte al pericolo che i ritocchi alla costituzione italiana minaccino i principi costitutivi dell’ordine repubblicano, occorre insistere, a mio avviso, nell’osservazione che la revisione della costituzione non può essere considerata come lo strumento tecnico migliore per il passaggio da un ordine costituzionale ad un altro, perché a tal fine sarebbe necessaria una nuova assemblea costituente.
Le costituzioni non possono essere considerate come raffazzonati “testi unici”, che possano raccogliere frammenti sparsi di affermazioni di principio del tutto estemporanee, ma rappresentano fondamentali testimonianze nella storia di un popolo. La sola via per riaffermare un’idea di costituzione nazionale sana e vitale nel rispetto del pensiero dei classici del costituzionalismo e delle tradizioni democratiche è quella di moltiplicare le iniziative per la diffusione della cultura costituzionale. E’ fondamentale, nello scrivere o emendare dei testi costituzionali, non uscire dai contesti storici, non sviluppare discorsi solo interni a specifici gruppi d’interesse o a circoli culturali ristretti, ma tenere soprattutto conto dell’esigenza di aprire prospettive realisticamente orientate verso la storia, il diritto e l’economia di ciascuna collettività nazionale, altrimenti il processo di integrazione europea, costruito da tecnici sempre più distanti dai problemi sociali e umani, non potrà che arrestarsi, e avvolgersi in contraddizioni irrisolvibili. Occorre anzitutto restituire alla cultura politica e alla storia e alla filosofia gli spazi che sono loro sempre spettati nella storia costituzionale, in ogni contesto giuridico, politico e economico. Scrivere delle costituzioni e emendare i testi costituzionali esistenti è sempre stata un’attività di grande importanza nella storia del diritto e della politica, ma non deve diventare un delirio di onnipotenza per chiunque abbia raggiunto una qualunque maggioranza in parlamento, perché altrimenti ci si può tornare ad illudere di costruire dall’alto progetti di società ideali senza tener conto degli elementi umani e delle situazioni reali. Sarebbe il caso di investire del danaro nella apertura di locali, musei, circoli culturali, esposizioni, programmi televisivi per illustrare il lungo processo storico che ha portato alla nostra Costituzione, in Italia, così come in altri Paesi; solo in questo modo si può valutare l’attualità e la necessità di realizzare una riforma delle istituzioni, non ascoltando solo le voci dei circoli finanziari o lasciandosi condizionare dalle dichiarazioni dei protagonisti delle manovre finanziarie internazionali. Le costituzioni più longeve sono quelle che lasciano aperti spazi di iniziativa privata e pubblica, secondo criteri che tengano conto delle esigenze sociali e di quelle dello sviluppo economico. Per garantire il mantenimento di una costituzione vale soprattutto l’antico insegnamento aristotelico che fa leva sull’educazione pubblica, sulla cultura del popolo e sull’abitudine a mantenere vivo nella collettività il discorso sui valori costituzionali. Insistere sulla cultura e sull’educazione dei cittadini in un’epoca in cui sembra venuta meno l’abitudine al confronto sui valori tradizionali e sul bisogno di un’innovazione condivisa da tutti, sembra necessario di fronte a mezzi di comunicazione di massa che tendono a incanalare la discussione solo sulla descrizione delle strutture del potere.
La costituzione prevede una serie di garanzie costituzionali che vanno dall’indipendenza della magistratura agli interventi del Capo dello Stato, all’uso della revisione costituzionale come strumento di garanzia dei valori costituzionali; e questo istituto non può essere utilizzato per eliminare la sovranità popolare, la distinzione tra una sfera del pubblico e una del privato, la tutela del lavoro e dei diritti delle minoranze, per fare solo degli esempi. Va anche ricordato che uno dei maggiori costituzionalisti italiani, Costantino Mortati ha riflettuto a lungo sui limiti materiali della revisione costituzionale, distinguendo nettamente la potestà di revisione costituzionale dal potere costituente e insistendo sulla possibilità di individuare un nucleo di valori costituzionali fondanti, non modificabili attraverso una semplice legge di revisione del testo costituzionale, nonostante la non chiarissima formulazione degli art. 138 e 139 Cost. Sembra interessante sottolineare che questo scrittore si muove secondo parametri sistematici aperti a un discorso giuridico che rivolge particolare attenzione alla storia e alla cultura giuridica e sociale del nostro Paese, individuando i principi costitutivi dell’ordine repubblicano nei valori fondanti tale ordine costituzionale. La concezione di Mortati è stata spesso fraintesa, per la pregiudiziale imperativistica e dogmatistica che continua a dominare lo studio del diritto costituzione italiano, che rende difficile concepire scientificamente una distinzione tra un nucleo di valori costituzionali ritenuti immodificabili e la restante parte delle regole della Costituzione.
Purtroppo la dottrina prevalente del diritto costituzionale contemporaneo rifiuta di considerare lo studio della storia come il principale strumento per l’interpretazione delle costituzioni viventi ed è convinta tuttora del fondamento esclusivamente imperativo del diritto costituzionale, persino quando si tratta di approfondire la comprensione degli sviluppi del pensiero giuridico nel suo insieme e dei parametri interpretativi utilizzati per dare un significato attuale ai precetti costituzionali. E’ evidente che per distinguere i valori che fanno parte del “nucleo essenziale” della Costituzione occorre una sensibilità storica e non una razionalità fondata esclusivamente sull’efficacia formale degli atti giuridici, costituzioni e leggi costituzionali comprese. Non si tratta di aprire una controversia sul metodo di studio del diritto costituzionale, quanto di persuadere tutti gli interpreti della Costituzione che non ogni disposizione costituzionale equivale all’altra e che alcune enunciazioni, volte a testimoniare la connessione delle parole usate dal costituente con le stesse radici costitutive dell’ordine repubblicano, non possono essere considerate alla stregua dei supporti tecnico- esegetici sui quali si fondano i metodi interpretativi della Costituzione. Secondo Mortati, dovrebbe essere giuridicamente inammissibile pretendere di mutare dall’alto i valori portanti dell’ordine costituzionale repubblicano, attraverso riforme apparentemente dirette a modificare o integrare parzialmente singole frasi o parole del disposto testuale della Costituzione, ma che colpiscono in realtà i valori fondativi della Repubblica.

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